La semilibertà, disciplina giuridica e caratteri

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La semilibertà può essere considerata come una misura alternativa impropria, il soggetto resta in stato di detenzione e il suo reinserimento nell’ambiente libero è parziale.

La sua disciplna giuridica è contenuta all’articolo 48 e seguenti dell’Ordinamento Penitenziario (legge 354/1975) e consiste nel concedere al condannato e all’internato di trascorrere parte del giorno fuori dall’Istituto di pena per partecipare ad attività lavorative, istruttive e utili al reinserimento sociale, in base a un programma di trattamento, la responsabilità del quale è affidata al Direttore dell’Istituto di pena.

I requisiti giuridici in riferimento alla concessione sono:

La pena dell’arresto e pena della reclusione non superiore a sei mesi se il condannato non è affidato al servizio sociale (comma 1 art. 50 o. p.).

La espiazione di almeno metà della pena o, se si tratta di condannato per uno dei delitti indicati nel comma 1 dell’art. 4 bis o. p., di almeno due terzi della pena (comma 2 art. 50 o. p.).

Prima dell’espiazione di metà della pena nei casi previsti dall’art. 47 o. p., se mancano i presupposti per l’affidamento in prova al servizio sociale e la condanna è per un reato diverso da quelli indicati nel comma 1 dell’art. 4 bis o. p.

La espiazione di almeno venti anni di pena per i condannati all’ergastolo.

L’ essere sottoposto ad una misura di sicurezza detentiva (internato).

Sono requisiti soggettivi:

Avere dimostrato la propria volontà di reinserimento nella vita sociale per i casi previsti dal comma 1 (pena non superiore a sei mesi).

Avere compiuto dei progressi nel corso del trattamento, quando ci sono le condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella società, per gli altri casi (comma 4 art. 50 o. p.).

Ci sono dei limiti alla concessione.

I detenuti e gli internati per particolari delitti (ad esempio ex artt. 416-bis e 630 c.p. e art. 74 d.p.r. 309/1990) possono ottenere la semilibertà solo se collaborano con la giustizia come previsto dagli artt. 4-bis e 58-ter l.354/1975.

I detenuti e gli internati per altri particolari delitti ad esempio commessi per finalità di terrorismo, (ex artt. 575, 628 3c., 629 2c c.c.p.), possono essere ammessi alla semilibertà se non ci sono elementi che facciano ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva.

Il decreto legge 306/1992, convertito dalla legge 356/1992 ha anche introdotto altri limiti e divieti relativi alla concessione delle misure alternative, con l’aggiunta di altri commi all’articolo 4bis e all’articolo 58 quater dell’Ordinamento Penitenziario, per i casi di commissione di un delitto doloso di una certa entità commesso durante un’evasione, un permesso premio, il lavoro all’esterno o durante una misura alternativa.

L’istanza di semilibertà deve essere inviata, corredata dalla documentazione necessaria, a soggetti che devono scontare una pena, o anche un residuo pena, non superiore a tre anni.

La sospensione agisce sino alla decisione del Tribunale di Sorveglianza.

Non può essere accordata altra sospensione dell’esecuzione per la stessa pena, anche se vengono presentate altre istanze di diverse misure alternative, (ex art. 656 7c c.p.p. così come modificato dalla l.165/1998), se il soggetto è in libertà, al Pubblico Ministero della Procura che ha disposto la sospensione dell’esecuzione della pena, ai sensi dell’articolo 656 del codice di procedura penale, così come modificato dalla legge 165/1998.

Il Pubblico Ministero trasmette l’istanza al Tribunale di Sorveglianza competente che fissa l’udienza

se il soggetto è detenuto, al Magistrato di Sorveglianza competente in relazione al luogo dell’esecuzione, il quale può sospendere l’esecuzione, ordinare la liberazione del condannato e trasmettere immediatamente gli atti al Tribunale di Sorveglianza, applicando, perché compatibile, il comma 4 dell’articolo 47 legge 354/1975.

Altre categorie di soggetti (condannati con pena superiore a tre anni, internati).

In questi casi l’istanza viene presentata al Tribunale di Sorveglianza.

Se il soggetto è in libertà, svolge l’inchiesta di servizio sociale richiesta dal Tribunale di Sorveglianza.

Se il soggetto è detenuto, partecipa al gruppo per l’osservazione scientifica della personalità e dà il suo contributo di consulenza per elaborare collegialmente la relazione di sintesi da inviare al Tribunale di Sorveglianza.

In entrambi i casi l’Ufficio di esecuzione penale esterna svolge un’inchiesta di servizio sociale per fornire al Tribunale di Sorveglianza o all’Istituto di pena elementi, oggettivi e soggettivi, relativi al condannato con particolare riferimento all’ambiente sociale e familiare di appartenenza e alle risorse personali, familiari, relazionali ed ambientali sulle quali fondare un’ipotesi di inserimento.

La semilibertà viene concessa con provvedimento di ordinanza, se il soggetto è in libertà, dal Tribunale di Sorveglianza del luogo nel quale ha sede il Pubblico Ministero competente dell’esecuzione, se il soggetto è detenuto, dal Tribunale di Sorveglianza che ha giurisdizione sull’Istituto di pena nel quale è ristretto l’interessato al momento della presentazione della domanda.

La semilibertà ha inizio da quando il Magistrato di Sorveglianza approva il piano di trattamento provvisorio che il Direttore dell’Istituto di pena deve predisporre entro cinque giorni dall’arrivo dell’ordinanza.

Se l’ammissione alla semilibertà riguarda una detenuta madre di un figlio di età inferiore a tre anni, essa ha diritto di usufruire della casa per la semilibertà della quale all’ultimo comma dell’articolo 92 del Regolamento d’esecuzione, d.p.r. 431/1976.

Nel programma di trattamento sono indicate le prescrizioni che il soggetto dovrà sottoscrivere e rispettare in riferimento alle attività alle quali si dovrà dedicare fuori dal carcere, come il lavoro, i rapporti con la famiglia e con il Centro di Servizio Sociale e altre attività utili al reinserimento.

Durante la misura il programma di trattamento può essere modificato dal Magistrato di Sorveglianza su segnalazione del Direttore dell’Istituto di pena.

Al soggetto in semilibertà possono essere concessi i benefici previsti dalla normativa riferita ai detenuti, e in particolare la liberazione anticipata, (ex art. 54 l. 354/1975).

Possono anche essere concesse, a titolo di premio, una o più licenze, di durata non superiore a complessivi 45 giorni annui (ex artt. 52 e 53 l. 354/1975), che vengono fruite in regime di libertà vigilata.

L’Ufficio di esecuzione penale esterna, svolge nei confronti dei soggetti in semilibertà i seguenti compiti:

Si prende carico della vigilanza e l’assistenza del soggetto nell’ambiente libero.

Collabora con la Direzione dell’Istituto di pena di pena che rimane titolare della responsabilità del trattamento.

Riferisce periodicamente al Direttore dell’Istituto di pena sull’andamento della semilibertà e sulla situazione di vita del soggetto.

Fornisce al Direttore dell’Istituto di pena ogni informazione rilevante ai fini di un’eventuale modifica del programma di trattamento.

Se durante al semilibertà sopraggiunge un titolo di esecuzione di altra pena detentiva il direttore dell’Istituto di pena informa il Magistrato di Sorveglianza che dispone la prosecuzione provvisoria della misura se permangono le condizioni delle quali all’articolo 50 della legge 354/1975.

Il Magistrato di Sorveglianza trasmette poi gli atti al Tribunale di Sorveglianza che decide la prosecuzione (o la cessazione) della misura.

Il Magistrato di Sorveglianza sospende la semilibertà e trasmette gli atti al Tribunale di Sorveglianza per le decisioni di competenza, quando l’Istituto di pena di pena lo informa di un nuovo titolo di esecuzione di altra pena detentiva che fa venir meno le condizioni per una prosecuzione provvisoria della misura, oppure, quando il semilibero attua comportamenti tali da determinare la revoca della misura.

La semilibertà può essere revocata dal Tribunale di Sorveglianza, in ogni tempo quando il soggetto non sia ritenuto idoneo al trattamento, o si verifichi la sopravvenienza di un altro titolo di esecuzione di pena detentiva che faccia venir meno le condizioni delle quali all’art. 50 dell’Ordinamento Penitenziario.

Se il detenuto si assenta per non più di dodici ore dall’Istituto di pena senza giustificato motivo, è punito in via disciplinare e può essere proposto per la revoca della misura.

Se si assenta per più di dodici ore è punibile in base al comma 1 dell’articolo 385 del codice penale (evasione), la denuncia sospende il beneficio, la condanna comporta la revoca della semilibertà.

Se l’internato si assenta per oltre tre ore dall’Istituto di pena senza giustificato motivo è punito in via disciplinare e può subire la revoca della semilibertà.

Dott.ssa Concas Alessandra

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