La riforma del “sistema sanzionatorio”

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La Camera dei deputati ha di recenre approvato il disegno di legge “Deleghe al governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio”.

 Si ratta di articoli e due deleghe al governo, che introducono diverse innovazioni.

 

In riferimento ai reati puniti con una pena sino a quattro anni si potrà applicare la messa alla prova, una misura alternativa al carcere che preveda un percorso di lavori socialmente utili di almeno dieci giorni.

Il condannato dovrà prestare attività non retribuita in favore della collettività, sono esclusi da questa misura i recidivi che sono circa il 70% di coloro che vengono condannati.

 

Gli arresti o detenzione “domiciliare” dovranno diventare pena principale da applicare in automatico alle contravvenzioni che prevedono arresto e ai delitti il quale massimo edittale è sino a tre anni.

Se il massimo va da tre a cinque anni, il giudice potrà concedere oppure no i “domiciliari” tenendo conto della gravità del reato e della “capacità a delinquere” ,si mette al centro la figura del condannato, il suo ambiente, il suo status sociale molto più che il fatto.

 

La detenzione oraria.

La detenzione non carceraria può avere durata continuativa oppure per singoli giorni della settimana o fasce orarie, e può essere eventualmente prescritto il braccialetto elettronico.

Restano in carcere i delinquenti abituali, professionali e per tendenza, e chi non ha un domicilio idoneo o non rispetta le prescrizioni.

 

La depenalizzazione riguarda ogni infrazione prima punita con la multa o ammenda e altre specifiche fattispecie come ad esempio l’omesso versamento (se non superiore a 10.000 €) di ritenute previdenziali e assistenziali o in materia di atti e spettacoli osceni, abuso della credulità popolare, rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive.

 

Hanno depenalizzato anche il reato di immigrazione clandestina.

Resta la sanzione penale per il reingresso in violazione di un provvedimento di espulsione, si tratta di una ratifica di un dederminato fatto, perché l’introduzione di questo reato aveva creato molti inconvenienti anche giuridici e non aveva rallentato l’immigrazione.

 

La probation, un istituto da tempo sperimentato per i minori.

Nei reati puniti con reclusione sino a quattro anni o pena pecuniaria o per i quali è prevista lacitazione diretta a giudizio, l’imputato può chiedere la sospensione del processo con messa alla prova.

La misura consiste in lavori di pubblica utilità e comporta la prestazione di condotte riparatorie e, se possibile, risarcitorie, con l’affidamento al servizio sociale per lo svolgimento di un programma di recupero.

Se l’esito è positivo, il reato si estingue.

In caso di trasgressione del programma di trattamento o altri reati scatta la revoca e si va in carcere. Durante il periodo di prova la prescrizione è sospesa.

 

La depenalizzazione e i domiciliari dovranno essere regolati con apposito decreto legislativo del governo, da fare al più presto, che dovrà rimanere all’interno di quello che prevede la delega concessa da questa legge.

 

L’abolizione dell’istituto della “contumacia”, cioè potere processare e condannare senza la presenza dell’imputato.

Se l’imputato, dopo un primo tentativo di notifica, è irreperibile, il giudice sospende il processo potendo però acquisire le prove non rinviabili.

Alla scadenza di un anno, e per ogni anno successivo, dispone nuove ricerche dell’imputato.

Sinché dura l’assenza, è sospesa la prescrizione.

 

Nel particolare, la legge  67/2014,  entrata in vigore nel maggio scorso, ha cancellato l’istituto della contumacia. Con questa normativa, quando la notificazione all’imputato della prima udienza non risulta possibile, e sempre che non debba essere pronunciata sentenza ai sensi dell’art. 129 delcodice di procedura penale, (quando manca una condizione di procedibilità o il giudice ritenga di dovere emettere sentenza di proscioglimento, oppure il reato sia estinto), il Giudice dispone con ordinanza

 

Alla scadenza di un anno dalla pronuncia dell’ordinanza di sospensione del processo, il Giudice dispone altre ricerche dell’imputato per la notifica dell’avviso, provvedendo a ogni successiva scadenza annuale, se il procedimento non abbia ripreso il suo corso.

 

Con l’ordinanza di revoca della sospensione del processo, il Giudice fissa la data per un’altra udienza, esclusivamente per l’imputato assente, e cioè colui che nonostante abbia avuto notizia del processo a suo carico decida di non presenziare, è previsto che il processo continui e si concluda in modo ordinario.

 

In riferimento alla decorrenza dei termini di prescrizione, è sospesa sino al momento nel quale l’avviso non sia validamente notificato all’imputato.

Le innovazioni introdotte dalla legge del 2014, pongono però un onterrogativo di carattere intertemporale.

Non risulta che la legge abbia previsto delle norme transitorie che ne disciplinino l’efficacia riguardo i processi in corso.

A titolo esemplificativo, si porrà la questione di come ci si dovrà comportare nei confronti degli imputati contumaci che sono in attesa della notifica della sentenza di condanna o per coloro che sono in fase dibattimentale e per i quali è stata dichiarata la contumacia.

 

Sarebbe opportuno che il governo approvasse una norma di attuazione transitoria con la quale si stabilisse che la norma non si applichi ai procedimenti in corso per i quali sia stata dichiarata la contumacia.

 

In relazione ai benefici, in termini di economia processuale, l’abolizione della contumacia consentirà allo Stato di risparmiare tempo e denaro potendo concentrare le proprie risorse sui procedimenti dei quali l’imputato abbia avuto conoscenza, con la conseguenza di una riduzione dei tempi del processo.

Avere messo le mani a una riforma del sistema sanzionatorio per fuoriuscire dalla “unicità della sanzione, cioè del carcere”, è un fatto positivo che si attendeva da oltre cinquanta anni, però secondo le opinioni degli esperti del settore si è persa una occasione.

 

Secondo loro, il Governo e il Parlamento dovevano procedere in fretta per evitare la sanzione della Corte europea, che scadeva in maggio, e non si è sviluppato un dibattito nel Paese che sarebbe stato molto utile per smentire stereotipi e pregiudizi che inquinano le menti di chi lo abita.

 

Sempre stando al giudizio degli addetti ai lavori, se si mettono in relazione queste misure con le persone reali che oggi varcano le soglie dei tribunali e del carcere, si evidenzia la inconsistenza di queste misure, ne beneficieranno tre o quattro migliaia.

La gran parte di queste persone sono costrette a praticare attività extralegale, essendo preclusa ogni altra possibilità.

Queste persone, i cosiddetti recidivi che diventano sempre più un settore sociale che vive e si riproduce ai margini della legalità, escluderli da questi provvedimenti equivale a non esercitare nessun potere, e significa avere voluto intensificare i controlli su questo settore sociale, sottoponendolo a emarginazione progressiva e differenziazione dal resto della popolazione, producendo i ghetti.

Dott.ssa Concas Alessandra

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