La responsabilità patrimoniale del debitore dal codice civile del 1865 all’attuale disciplina giuridica

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Il codice civile vigente riproduce nell’articolo 2740, la formula che con gli stessi termini esisteva nell’articolo 1948 del codice civile del 1865.

L’art. 1948 del codice civile del 1865 stabiliva che il debitore fosse “tenuto ad adempiere le contratte obbligazioni con i suoi beni mobili e immobili, presenti e futuri”.

L’espressione era imprecisa perché sembrava dirigere il complesso dei beni alla prestazione, cioè all’adempimento.

Prima dell’entrata in vigore del codice civile del 1942 poteva avvenire che i mezzi, non di adempimento ma di difesa dell’obbligazione, venissero considerati, specie nella manualistica, in modo indifferenziato.

Si facevano rientrare in essi gli strumenti diretti a mantenere in vita il diritto di credito e ad assicurarne la realizzazione, come il chiederne la ricognizione, cioè l’accertamento del titolo, il compiere atti interruttivi della prescrizione, e in senso più stretto a mantenere integro il patrimonio del debitore, o meglio ad impedire che valori ad esso pertinenti ne uscissero o valori ad esso diretti ne restasssero fuori per dolo o incuria del titolare.

In realtà l’imprecisione derivava dal fatto che l’espressione sopra menzionata non era né originale né,nel 1865, recente, era la traduzione dell’articolo 2092 del codice civile francese (del 1804 ma l’articolo è ancora oggi in vigore), secondo il quale:

“quiconque s’est obligé personellement, est tenu de remplir son engagement sur tous ses biens mobiliers et immobiliers, présents et à venir”, che tradotto significa:

“Chiunque si obblighi personalmente, è tenuto a adempiere al suo impegno sui suioi beni mobili e immobili presenti e futuri”.

Entrambi gli enunciati, italiano e francese, erano inseriti nei titoli dei rispettivi codici che non si riferivano all’adempimento delle obbligazioni, ma i privilegi e le ipoteche, vale a dire la fase della realizzazione coattiva del credito, successiva all’inadempimento.

Era perciò facile per la dottrina chiarire come il patrimonio del debitore fosse assoggettato al potere di aggressione del creditore, il quale, in mancanza dell’adempimento, poteva soddisfare l’interesse economico sottostante all’obbligazione attraverso l’espropriazione e la vendita degli interi o di parte dei beni di quel patrimonio, proporzionale all’entità del credito, e il conseguimento della somma ricavata dalla vendita.

La previsione dell’art. 1948 era funzionalmente collegata non con l’adempimento, ma con il fenomeno opposto, cioè con l’inadempimento.

Il successivo articolo 2740 del codice civile del 1942 precisa, perché stabilisce nel comma 1 che i beni del debitore, presenti e futuri, servono al debitore non per adempiere bensì per rispondere dell’inadempimento.

Questo articolo non si trova nel quarto libro, dove è contenuta la disciplina giuridica delle obbligazioni, soprattutto il contenuto e le vicende dei vari diritti di credito, ma nel libro sesto, che raccoglie a raccogliere materie in gran parte collocate in modo “frammentario e irrazionale” nel libro terzo del vecchio codice, e disciplina il modo o appresta i mezzi con i quali quei diritti trovano attuazione in caso di violazione.

A questo libro, anche se progettato e messo in cantiere quasi in extremis e disprezzato al momento della sua pubblicazione, fu riconosciuta la funzione di “contenere i congegni più delicati dell’ordinamento giuridico”, tra i quali quelli diretti a rendere possibile o agevolare l’esecuzione forzata.

Al centro dell’articolo 2740 c’è il concetto di responsabilità, che, entro la nozione del rapporto obbligatorio, usa essere distinta dal debito, cioè dal dovere di prestazione.

In una parte della distinzione c’è il dovere, che grava sul debitore e avente ad oggetto un determinato comportamento, di dare, di fare o di non fare (prestazione), preteso dal creditore, e dall’altra parte c’è la responsabilità, che grava sul debitore se egli non adempia, cioè non tenga spontaneamente quel comportamento, e si realizza attraverso l’esecuzione forzata (ex artt. 2910-2931 c.c. e 474-632 c.p.c.).

Questa, quando si svolge nelle forme dell’esecuzione per espropriazione (ex artt. 2910-2929 c.c. e 483-604 c.p.c.), comporta che i beni del debitore, una volta espropriati, siano venduti per conto della controparte (si parla di potere di aggressione) e il patrimonio del debitore costituisce, secondo il comune modo di dire, la garanzia alla soddisfazione del creditore.

Questo significa che il patrimonio del debitore si dirige all’azione esecutiva.

Una situazione potenziale, perché in caso di inadempimento i beni saranno oggetto dell’esecuzione ma esclusivamente quelli che, per valore, siano sufficienti a soddisfare il creditore.

In mancanza di una nozione legale di patrimonio, si può dire che i beni presenti e futuri dei quali all’articolo 2740 del codice civile, sono le cose, materiali e immateriali, che costituiscono oggetto di diritti soggettivi del debitore, con esclusione dei diritti della personalità e di alcuni rapporti di diritto familiare fondati sul matrimonio e sulla parentela.

Una definizione approssimativa, perché alcuni beni non appartengono al debitore, e qualunque siano i rapporti dei quali essi sono oggetto, possono essere assoggettati ad esecuzione mentre possono essere assoggettati, a determinate condizioni, beni di un terzo (ex art. 2910, comma 2 c.c.).

La “responsabilità patrimoniale”, questa è la rubrica dell’articolo 2740 del codice civile, si risolve in un vincolo di garanzia.

All’inizio questo vincolo di destinazione alla soddisfazione di un altrui interesse poteva anche essere personale e tradursi nell’assoggettamento del responsabile a schiavitù e così alla resa di prestazioni lavorative.

Alcuni autori ravvisano una superstite responsabilità personale in quella penale oppure, nel campo del diritto privato, nella revoca di un ufficio (ma l’affermazione potrebbe valere anche per le sanzioni disciplinari personali nel diritto pubblico), nell’odierna responsabilità del debitore l’assoggettamento riguarda esclusivamente il patrimonio, si costituisce al momento della nascita dell’obbligazione e si scioglie, prima di poter funzionare, se il debitore adempie o i beni vanno distrutti, il vincolo funziona se manca l’adempimento.

Oggi vale ancora la risalente definizione di responsabilità come posizione creata a un soggetto dalla necessità giuridica di subire un effetto sfavorevole al fine di riparazione e in dipendenza di un determonato evento e in ragione di un torto messo dalla legge a suo carico.

Si tratta di una situazione che consegue alla rottura di un equilibrio voluto dall’ordinamento e per lo più, ma non sempre, connesso a un giudizio di disvalore.

In particolare la responsabilità patrimoniale assicura il risultato utile del rapporto obbligatorio anche contro l’inerzia o la cattiva volontà del debitore, esponendone i beni all’azione esecutiva promossa dal creditore.

L’attuazione del rapporto obbligatorio è in definitiva affidata nel sistema del codice a un complesso di regole dirette in primo luogo al fatto che il debitore esegua esattamente la prestazione, cioè attui il debito soddisfacendo con esso l’interesse primario del creditore, e in secondo luogo, che attraverso la responsabilità del debitore e il correlativo potere di aggressione del suo patrimonio, il creditore deluso soddisfi l’interesse secondario a conseguire l’utilità economica della prestazione non eseguita.

Il vero argomento centrale nella disciplina dellapresponsabilità patrimoniale, è quello della forza espansiva che assuma la regola alla luce dell’emergere di altri istituti nemmeno ipotizzati al tempo dell’emanazione del codice civile, come ad esempio la efficacia del trust nei confronti dei creditori.

Dott.ssa Concas Alessandra

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