La responsabilità contrattuale ed extracontrattuale

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La responsabilità contrattuale è la responsabilità che deriva dall’inadempimento, dall’inesatto adempimento e dall’adempimento tardivo di una preesistente obbligazione qualunque sia la fonte (ad esclusione del fatto illecito) e si distingue dalla responsabilità extracontrattuale che deriva dalla violazione del generico obbligo di non ledere alcuno senza che prima della violazione sia possibile l’individuazione di una obbligazione.

Il termine contrattuale è improprio non facendo riferimento esclusivamente a un contratto ma alle altre fonti di obbligazione diverse dal fatto illecito, dando così luogo a responsabilità contrattuale, oltre l’inadempimento di obbligazioni che derivaano da contratti, quello di obbligazioni che derivano dalla legge e da altre fonti atipiche (ad esempio da titoli di credito, indebito, arricchimento senza causa, gestione di affari, alimenti e da contatto sociale).

Nell’adempimento dell’obbligazione il debitore deve mantenere un comportamento conforme alla diligenza del buon padre di famiglia, in modo da non incorrere in responsabilità contrattuale.

Se l’obbligato ha un comportamento negligente sarà di sicuro colpevole dell’eventuale inadempimento, inesatto adempimento o adempimento tardivo e dovrà risarcire i danni causati alla parte attiva.

Se l’obbligazione riguarda l’attività professionale del soggetto nell’esecuzione della prestazione oggetto del vincolo non dovrà utilizzare la diligenza media, quella del buon padre di famiglia, ma dovrà avere un comportamento professionale e una diligenza superiore rispetto a quella richiesta nei rapporti obbligatori ordinari.

Se nell’esecuzione della prestazione il soggetto si serve di ausiliari, cioè di soggetti che adempiono a suo nome e nel suo interesse, l’obbligato sarà responsabile anche degli eventuali atti illeciti, dolosi o colposi, commessi da questi (ex art. 1228 c.c.).

Questa responsabilità trova giustificazione nel principio in forza del quale l’allargamento della sfera giuridica e degli interessi del debitore o di un soggetto in genere non può essere pregiudizievole nei confronti dei terzi.

Nel sistema di Common Law la violazione del contratto non dipende dalla colpa ma esclusivamente dalla mancata esecuzione della prestazione, e non è richiesto un giudizio sulla presenza di cause di giustificazione.

Nel Common Law manca un concetto generale di obbligazione e ogni forma di responsabilità diversa dai torts è assorbita nella violazione del contratto, nozione ultra-generale che comprende ogni ipotesi di inesecuzione o di difettosa esecuzione di obblighi riconducibili a contratti.

Anche nei Principi UNIDROIT (relativi ai contratti commerciali internazionali) è adottata tale nozione, comprensiva sia delle forme di inesecuzione scusabili come di quelle non scusabili.

Nel Codice civile tedesco (BGB), la responsabilità contrattuale attiene al caso di impossibilità sopravvenuta della prestazione. Laddove la prestazione fosse ancora possibile, c’è spazio per il solo risarcimento.

Il modello italiano di responsabilità contrattuale contiene ancora alcune analogie con quello francese, anche se l’attuale articolo 1218 del codice civile, si sia in gran parte discostato dagli abrogati articoli 1225 e 1226 del Codice del 1865, i quali, a loro volta, erano modellati sulle reciproche disposizioni del Code Civil.

La responsabilità da inadempimento di un rapporto obbligatorio, per tradizione riassunta nella locuzione “responsabilità contrattuale”, può essere organizzata secondo due grandi modelli.

Uno ad imputazione oggettiva del fatto, l’altro fondato sulla rimproverabilità del fatto stesso.

La differerenza risiede nel contenuto dell’eventuale prova liberatoria consentita al debitore per sottrarsi all’obbligo risarcitorio in caso di mancata soddisfazione dell’interesse creditorio.

Naturalmente maggiori saranno i fatti dei quali è consentita la prova onde sottrarsi a responsabilità, minore sarà la possibilità che il creditore veda soddisfatto il suo diritto.

Nei sistemi ad imputazione per colpa possono rinvenirsi dei sottosistemi con inversione dell’onere probatorio.

Accogliendo la tesi secondo la quale nel nostro ordinamento la responsabilità contrattuale si basa sulla colpa, è corretto affermare che trova applicazione questo modello.

La disciplina della responsabilità extracontrattuale o responsabilità aquiliana, ha la sua origine in un plebiscito romano del III secolo a.C. denominato Lex Aquilia de damno (iniuria dato), divenne Lex in seguito alla Lex Hortensia del 286 a.C. che equiparò il plebiscitum alla lex; Aquilia perché promossa dal tribuno C. Aquilio, de damno iniuria dato perché era volta a punire quanti avessero arrecato (dato), con un loro comportamento contrario al jus (iniuria), un qualsivoglia danno a beni appartenenti al soggetto interessato.

Essa introdusse nel diritto romano la responsabilità ex-delicto, cioè del principio in virtù del quale la lesione di un diritto soggettivo assoluto (o “erga omnes”, cioè opponibile a chiunque, ad esempio, il diritto alla vita e quelli della persona, la proprietà e i diritti reali) obbliga l’autore della lesione a risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniali.

Il danno è risarcibile, in linea di principio, se l’autore ha agito con dolo o con colpa, cioè quando l’evento è stato intenzionalmente determinato (dolo) oppure si è verificato a causa di negligenza, imprudenza o imperizia oppure dell’inosservanza di norme.

Il fondamento della responsabilità aquiliana è il principio di convivenza del neminem laedere sostanzialmente corrispondente a quello (“non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto al te”) presente anche nel pensiero orientale (Lao Tze) di un paio di secoli prima e, addirittura, nell’ancora più remoto Codice di Hammurabi, sino ad arrivare al successivo e forse più noto richiamo evangelico.

In quello fissato dal diritto romano si afferma, in termini e con effetti meno filosofici e più giuridici, la responsabilità che ogni individuo si assume per qualsiasi danno arrecato ad altri a causa del proprio comportamento riprovevole, perché lesivo di un diritto altrui, e colpevole, perché direttamente voluto oppure frutto di una volontà “indiretta”, cioè non sufficientemente cosciente,vigile o cauta.

Su questa riprovevolezza e su questa colpevolezza che, per la legge Aquilia così come per gli ordinamenti giuridici moderni, si giustifica la sanzione (il risarcimento del danno) diretta a ripristinare i diritti lesi ma anche a garantirne il rispetto.

Con una storica sentenza della Corte di Cassazione del 1971 (“Caso Meroni”) questa responsabilità venne estesa anche per fatti lesivi dei diritti soggettivi relativi, come i diritti di credito e, in seguito, anche degli interessi soggettivi e delle posizioni o aspettative giuridiche tutelate dall’ordinamento.

Dott.ssa Concas Alessandra

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