La residenza dei coniugi

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Se i coniugi dovessero avere residenze diverse, questo non impedirebbe loro di rientrare nello stesso nucleo familiare.

Secondo le disposizioni di legge i coniugi fanno sempre parte dello stesso nucleo familiare anche se hanno diversa residenza anagrafica.

Senza accordo la residenza familiare vine individuata nell’ultima residenza comune.

In assenza di essa viene individuata nella residenza del coniuge di maggiore durata.

Per i residenti all’estero

Il coniuge iscritto nelle anagrafi dei cittadini italiani residenti all’estero (Aire), viene attratto nel nucleo anagrafico dell’altro coniuge.

In alcune ipotesi, i coniugi con diversa residenza anagrafica costituiscono diversi nuclei familiari se è stata pronunciata separazione giudiziale o si è verificata l’omologazione della separazione consensuale.

Se la diversa residenza è consentita a seguito dei provvedimenti temporanei e urgenti.

Se uno dei coniugi è stato escluso dalla potestà sui figli o è stato adottato il provvedimento di allontanamento dalla residenza familiare.

Se uno dei coniugi è stato condannato ed è stata proposta domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Se sussiste abbandono del coniuge, accertato in sede giurisdizionale o dalla pubblica autorità competente in materia di servizi sociali.

Se i coniugi hanno residenze anagrafiche in Comuni diversi non entrano nello stesso stato di famiglia, anche se restano parte dello stesso nucleo familiare.

Se i coniugi hanno due diverse residenze e dimore abituali, si deve distinguere tra residenze nello stesso Comune e residenze in Comuni diversi.

Se i Comuni di residenza sono diversi

Se i coniugi risiedono in due diversi immobili che si trovano nello stesso Comune, uno di loro può beneficiare dell’esenzione Imu e Tasi.

In caso contrario sarebbe facilmente eludibile la normativa fiscale, fissando la residenza della moglie presso un indirizzo e quella del marito presso un altro.

Se due immobili si trovano in Comuni diversi, l’esenzione Imu è possibile per entrambi i coniugi, a condizione che la diversa residenza dei coniugi non abbia finalità elusiva ma sia dettata da necessità, ad esempio per motivi di lavoro.

Se uno dei due immobili viene affittato e il coniuge abita nell’immobile del partner, l’esenzione Imu e Tasi è esclusa.

Ai fini dell’esenzione, i coniugi devono scegliere quale delle due residenze dello stesso Comune considerare come abitazione.

Per l’altra graveranno gli obblighi di pagamento Imu e Tasi.

La scelta deve essere comunicata al Comune, in modo da consentire all’Ente di esercitare correttamente il suo potere impositivo.

Secondo i giudici, in tema di agevolazioni prima casa, il requisito della residenza è relativo  alla famiglia, vale a dire che, se l’immobile acquistato è adibito a questa destinazione, non rileva la diversa residenza di uno dei due coniugi che abbiano acquistato in regime di comunione, essendo gli stessi tenuti non a una sede anagrafica comune ma alla coabitazione.

Ai fini delle agevolazioni prima casa, basta che uno  dei due coniugi abbia trasferito la residenza nell’immobile, quello che rileva è che che nell’immobile si realizzi la coabitazione dei coniugi, quello che conta è la residenza della famiglia.

Il codice civile prevede che i coniugi possano avere delle esigenze diverse ai fini della residenza individuale e fissare la residenza della famiglia.

Un indirizzo minoritario della Suprema Corte di Cassazione, ai fini delle agevolazioni prima casa,sostiene che sia indispensabile che entrambi i coniugi abbiano la residenza presso lo stesso Comune.

Questa interpretazione si fonda sulla circostanza che la legge pretenderebbe il rispetto del requisito per entrambi gli acquirenti in regime di comunione dei beni.

I coniugi che hanno diversa residenza anagrafica devono pagare doppio canone Rai.

A differenza di quello che avviene per l’Isee dove i coniugi, indipendentemente dalla residenza, sono considerati parte della stessa famiglia, nel caso del canone Rai, due residenze identificano due famiglie anagrafiche diverse, titolari di due utenze.

L’unico caso nel quale uno dei due coniugi può non pagare il canone Rai, si ha quando non possieda un televisore.

A questo fine egli deve presentare la dichiarazione sostituiva di non detenzione a partire dall’ 1 luglio dell’anno precedente ed entro il 31 gennaio dell’anno in questione.

La dichiarazione di non detenzione presentata dall’ 1 febbraio ed entro il 30 giugno dell’anno in questione, ha effetto per il canone dovuto per il semestre luglio-dicembre dello stesso anno.

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L’assegnazione della casa familiare in caso di separazione o divorzio

La casa coniugale è il teatro della vita familiare, fulcro degli interessi e delle abitudini in cui si realizza la vita della famiglia. La notevole complessità delle problematiche connesse all’abitazione si ripercuote inevitabilmente sulla sua assegnazione, in sede di separazione o divorzio.Non v’è dubbio, infatti, che, in occasione della crisi matrimoniale, l’assegnazione della casa adibita a residenza della famiglia rappresenti uno dei motivi di maggior conflitto, in quanto vengono a scontrarsi esigenze e diritti contrapposti, tutti oggetto di esplicita tutela costituzionale: da un lato, l’esigenza del coniuge, non proprietario, di continuare ad abitare nella casa che ha rappresentato il centro degli affetti e dell’organizzazione domestica; dall’altro, la necessità di tutelare il diritto, costituzionalmente garantito, alla proprietà privata.Il legislatore, nel regolamentare la materia – che non riesce a fornire un’apprezzabile soluzione a tutti i problemi sociali e giuridici –, ha spostato l’attenzione dai genitori alla famiglia, composta anche dai figli, i cui interessi devono essere prioritariamente privilegiati, all’evidente scopo di salvaguardare il bisogno dei minori (o anche dei figli maggiorenni non ancora economicamente autosufficienti o portatori di handicap) di mantenere inalterati i rapporti con l’ambiente in cui sono vissuti.Quindi solo l’interesse dei figli a non subire ulteriori cambiamenti dovuti alla crisi familiare e a conservare un minimo di continuità e regolarità di vita è l’unico motivo che può spingere a sacrificare (limitare) il diritto di proprietà.Giuseppe Bordolli, Consulente legale in Genova ed esperto di diritto immobiliare. Svolge attività di consulenza per amministrazioni condominiali e società di intermediazione immobiliare. È collaboratore del quotidiano Condominio 24 Ore on line e cartaceo e di varie riviste di diritto immobiliare. Autore di numerose pubblicazioni in materia di condominio, mediazione immobiliare, locazione, divisione ereditaria, privacy, nonché di articoli e note a sentenza. È mediatore e docente in corsi di formazione per le professioni immobiliari

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