La prova indiziaria, definizione e caratteri

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La prova indiziaria o indizio, si contrappone alla prova rappresentativa e vuole che l’esistenza del fatto da provare si ricavi attraverso una relazione costituita o da leggi scientifiche o da una massima di esperienza.

Ad esempio, in un’abitazione viene trovata una persona morta pugnalata.

Se si ha un testimone che viene a dire che circa mezz’ora prima del momento nel quale questa persona è deceduta ha visto qualcuno uscire di corsa dall’abitazione e questa persona viene successivamente identificata, il giudice potrà avere un indizio a carico di questa persona del fatto che possa essere l’autore dell’omicidio.

Non avrà in nessun caso una prova dichiarativa, perché nessuno ha visto come si sono svolti i fatti relativi.

Per cercare di dare una definizione di indizio ci si rivolge a due concetti.

Il primo è la massima di esperienza ed il secondo è la legge scientifica.

Le massime di esperienza come dice la parola stessa sono ricavate dalla comune esperienza tenuto conto di quello che succede nella generalità dei casi.

La legge scientifica, è una legge che si caratterizza perché è soggetta a verifica attraverso un metodo sperimentale, cioè attraverso uno specialista della materia (perito) che potrà fare conoscere al giudice una legge scientifica.

Una delle regole che il codice di procedura penale pone in materia di prova è quella secondo la quale la prova di un fatto reato non può essere ricavata se non da indizi che siano gravi precisi e concordanti.

Questa regola dei principi fondamentali si trova illustrata nell’articolo192  comma 2 del codice di procedura penale.

L’esistenza di un fatto non può essere dedotta da indizi a meno che questi non siano gravi precisi e concordanti.

Un indizio è gravr quando è dotato di un grado di persuasività elevato e riesce a resistere a eventuali obiezioni.

Un indizio è preciso quando non è suscettibile di diverse interpretazioni.

Un indizio è concordante nel senso che ci devono essere più indizi che confluiscono nella stessa direzione.

A esempio, una persona viene trovata in una determinata via dalla polizia e scappa.

Questa persona viene trovata in possesso di un modico quantitativo di sostanza stupefacente.

Il fatto che sia scappata non è un indizio preciso che quella persona sia uno spacciatore perché anche un tossicodipendente ha interesse a non farsi trovare in possesso di sostanze stupefacenti, perché commette lo stesso un illecito amministrativo.

Questo è il tipico caso nel quale quello che può sembrare un indizio non ha il carattere della precisione.

Le regole fondamentali in tema di ammissione della si trovano nell’articolo 190 del codice di procedura penale, secondo il quale le prove sono ammesse a richiesta di parte e il Giudice che provvede esclude, innanzitutto le prove che sono vietate dalla legge, in secondo luogo quelle che sono manifestamente superflue o irrilevanti”.

L’articolo 190 del codice di procedura penale rubricato diritto alla prova recita testualmente:

Le prove sono ammesse a richiesta di parte. Il giudice provvede senza ritardo con ordinanza escludendo le prove vietate dalla legge e quelle che manifestamente sono superflue o irrilevanti.

La legge stabilisce i casi in cui le prove sono ammesse di ufficio.

I provvedimenti sull’ammissione della prova possono essere revocati sentite le parti in contraddittorio.

Una prova vietata dalla legge è, ad esempio, la perizia criminologica, cioè quella perizia che accerta le qualità psichiche della persona imputata che non dipendono da una patologia.

Un tipo di perizia che è prevista in altri ordinamenti ma che non è ammessa nel nostro.

La spiegazione che di solito si da è che l’ammissione di una perizia criminologica contrastetrebbe con il principio della presunzione di innocenza e con il fatto che in un processo penale non si devono accertare le qualità morali di una persona ma esclusivamente se abbia commesso un fatto che costituisce reato.

Le prove devono essere non manifestamente superflue e non irrilevanti.

Per provare una determinata circostanza, si possono introdurre dei testimoni.

Il giudice, nonostante siano testimoni rilevanti, ne potrebbe escludere alcuni quando ritenga che il numero di testimoni presentati sia manifestamente eccessivo rispetto all’oggetto della testimonianza.

Prima dell’inizio del giudizio, almeno una settimana prima del dibattimento, il pubblico ministero, così come il difensore, devono presentare una lista testi nella quale vengono indicati, tra gli altri, i nomi dei testimoni da escludere e le circostanze sulle quali deve vertere l’esame.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha affermato che un principio potrà essere condivisibile oppure no, ma che rappresenta il diritto vivente, quando si fa riferimento al diritto vivente si intende fare riferimento a un orientamento giurisprudenziale non contestato.

Questo principio ritiene che sia sufficiente indicare come circostanza sulla quale il teste deve essere sentito, i fatti relativi all’imputazione, e molte volte, nella lista testi vengono indicati una serie lunga di testimoni sulle circostanze relative all’imputazione, senza precisare altro e in questo modo il giudice comprende poco o niente dell’oggetto sul quale è chiamato a testimoniare la persona.

Se le persone vengono indicate sui fatti relativi all’imputazione, il giudice ne potrà escludere alcuni dicendo che queste testimonianze sono sovrabbondanti anche se, in realtà, questi testimoni nonostante siano chiamati a rispondere sui fatti relativi all’imputazione, dovrebbero ciascuno descrivere delle circostanze diverse.

Questo è un inconveniente che a volte assume rilevanza pratica nei processi, perché l’imputazione è in realtà un qualcosa di molto complesso nella quale ci sono degli aspetti particolari.

L’indizio è il segno di un fatto, non univoco, che può condurre a conclusioni anche oppose, secondo un metodo interpretativo di tipo induttivo, ed esclusivamente in presenza di indizi gravi precisi e concordanti si può dedurre l’esistenza di un fatto e la prova dello stesso.
Il giudice non può decidere se non sulla base delle prove delle parti stesse, salvo l’eccezionale potere di acquisizione della prova d’ufficio conferito al giudice.

La prova si deve formare al dibattimento, secondo il principio dell’oralità, davanti al giudice, il quale deve valutare la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e delle misure adottate tenuto conto dell’esito complessivo dell’istruttoria.
La prova acquisita in modo illegittimo non è utilizzabile.

La testimonianza è il tipico mezzo di prova, che garantisce sia l’oralità della stessa sia diritto al contraddittorio attraverso il cosiddetto esame incrociato.

Nella fase preliminare non si può parlare di testimonianza in senso tecnico ma esclusivamente di “informazioni” rese da persone informate sui fatti relativi al processo stesso.

Dott.ssa Concas Alessandra

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