La Procura della Repubblica, disciplina giuridica e caratteri

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La procura della Repubblica, nell’ordinamento della Repubblica Italiana, indica gli uffici del pubblico ministero presso il tribunale ordinario, il tribunale per i minorenni e il tribunale militare.

La loro disciplina, come in generale quella degli uffici del pubblico ministero, è contenuta principalmente nel Titolo III, Capo I, del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario) il cui testo originario, tuttavia, parla di procura del Re Imperatore, nome attribuito all’ufficio durante il periodo monarchico.

Alcune disposizioni di rilievo sono contenute anche nel codice di procedura penale, nella legge 24 maggio 1951, n. 392 e nel decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106.

L’ufficio svolge una serie di attività molto diverse tra loro e sinteticamente descritte dall’articolo73 del Regio Decreto 30 gennaio 1941, n. 12.

La norma menzionata è relativa al pubblico ministero, in servizio presso detto ufficio, che hanno i seguenti compiti.

La sorveglianza sull’osservanza delle leggi e sulla pronta e regolare amministrazione della giustizia.

La tutela dei diritti dello Stato, delle persone giuridiche e degli incapaci.

La repressione dei reati

L’esecuzione dei giudicati

Ogni procura della Repubblica ha un procuratore della Repubblica, affiancato da sostituti procuratori della Repubblica ed eventualmente da uno o più procuratori aggiunti della Repubblica, costoro in numero non superiore a uno ogni dieci sostituti (ma ce ne può, comunque, essere almeno uno nelle procure dove è istituita la direzione distrettuale antimafia).

Per i procuratori è richiesta la qualifica di magistrato di cassazione nelle sedi più importanti, di magistrato d’appello nelle altre, per i procuratori aggiunti la qualifica di magistrato d’appello, i sostituti possono essere magistrati di tribunale o uditori giudiziari dopo un anno di tirocinio.

Oltre a questi magistrati di carriera, nelle procure presso il tribunale ordinario possono esserci magistrati onorari, i vice procuratori onorari della Repubblica (VPO), nominati dal Consiglio Superiore della Magistratura per un periodo di tre anni.

Il procuratore della Repubblica dirige l’ufficio, ne organizza l’attività ed esercita personalmente le funzioni attribuite dalla legge al pubblico ministero o le assegna, sulla base di criteri prestabiliti, agli altri magistrati addetti all’ufficio. Può designare, tra i procuratori aggiunti, il vicario, che esercita le sue funzioni in caso di assenza, impedimento o posto vacante; in mancanza, la supplenza è esercitata dal procuratore aggiunto o dal sostituto con maggiore anzianità di servizio.

Può, anche, delegare a uno o più procuratori aggiunti oppure anche a uno o più magistrati addetti all’ufficio la cura di specifici settori di affari, individuati in aree omogenee di procedimenti oppure in ambiti di attività dell’ufficio che necessitano di uniforme indirizzo, i gruppi di magistrati, coordinati da un procuratore aggiunto o altro magistrato, ai quali è assegnato uno specifico settore di affari sono noti nel linguaggio corrente come pool.

Ciascun magistrato svolge le indagini relative ai procedimenti penali e prende parte alle udienze dei processi penali e civili che gli sono stati assegnati.

I vice procuratori onorari possono, però, esercitare esclusivamente alcune di queste funzioni e, in particolare, partecipare alle udienze che si tengono davanti al tribunale in composizione monocratica e al giudice di pace.

Nel corso delle udienze penali, il magistrato designato svolge le funzioni del pubblico ministero con piena autonomia e può essere sostituito solo nei casi previsti dal codice di procedura penale.

L’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale riserva alla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario del capoluogo del distretto la competenza per una serie di reati correlati alla criminalità organizzata di stampo mafioso.

Per la trattazione dei procedimenti relativi a questi reati il procuratore della Repubblica (cd. procuratore distrettuale) costituisce, nell’ambito del suo ufficio, una direzione distrettuale antimafia (DDA) designando, sentito il procuratore nazionale antimafia, i magistrati che devono farne parte per almeno due anni (esclusi gli uditori giudiziari).

Alla direzione distrettuale antimafia è preposto il procuratore distrettuale o un magistrato da lui delegato.

Salvi casi eccezionali, il procuratore designa, per l’esercizio delle funzioni di pubblico ministero nei procedimenti riguardanti i predetti reati, i magistrati addetti alla direzione distrettuale antimafia.

Presso ciascuna procura della Repubblica esiste una sezione di polizia giudiziaria, composta da ufficiali e agenti di polizia giudiziaria tratti dall’Arma dei Carabinieri, dalla Polizia di Stato, dalla Guardia di Finanza e da altre forze di polizia, come il Corpo Forestale dello Stato, la Polizia Municipale, il Corpo di Polizia Penitenziaria o la Guardia Costiera.

Gli ufficiali e agenti che appartengono a una determinata forza di polizia costituiscono un’aliquota della sezione di polizia giudiziaria, alla quale è preposto un responsabile, l’ufficiale più elevato in grado o con qualifica superiore.

Gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria dipendono funzionalmente dal procuratore della Repubblica, che dirige la sezione, e svolgono per lui e per gli altri magistrati dell’ufficio, oltre che quelli della procura della Repubblica, le attività investigative loro delegate, rivolte all’accertamento dei  reati e all’individuazione degli autori.

Per queste attività investigative il pubblico ministero si può avvalere anche dei servizi di polizia giudiziaria esterni alla procura e dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria appartenenti agli altri organi cui la legge fa obbligo di compiere indagini a seguito di una notizia di reato.

In servizio presso l’ufficio giudiziario vi sono soggetti appartenenti alla magistratura italiana, personale della polizia giudiziaria  e personale amministrativo, come quello addetto alla segreteria giudiziaria.

In ogni struttura vi sono delle sezioni di polizia giudiziaria che sono dirette dal Procuratore della Repubblica di solito a carattere “interforze”, cioè composti da appartenenti a diverse forze di polizia italiane.

La loro funzione è quella di offrire all’autorità giudiziaria un aiuto continuo e immediato basato su di un rapporto di collaborazione reciproca.

 

A norma dell’articolo 73 dell’ordinamento giudiziario:
“Il pubblico ministero veglia alla osservanza delle leggi, alla pronta e regolare amministrazione della giustizia, alla tutela dei diritti dello Stato, delle persone giuridiche e degli incapaci, richiedendo, nei casi di urgenza, i provvedimenti cautelari che ritiene necessari,
promuove la repressione dei reati e l’applicazione delle misure di sicurezza,
fa eseguire i giudicati ed ogni altro provvedimento del giudice, nei casi stabiliti dalla legge.”

Nell’ordinamento statale il pubblico ministero ha il compito di assicurare il rispetto della legalità. Tutte le attività che è chiamato a svolgere, tanto in materia civile quanto in materia penale, sono finalizzate a questo unico scopo: applicare correttamente la legge.

Questo avviene con i più diversi strumenti processuali ma anche al di fuori dell’ambito della giurisdizione in senso stretto, il pubblico ministero è chiamato a esprimere il proprio parere e ad svolgere un controllo di legalità su numerosi atti estranei all’attività processuale vera e propria come, ad esempio, in materia di stato civile, laddove alcuni atti di particolare importanza vengono sottoposti al cosiddetto visto del pubblico ministero.

Il pubblico ministero può avviare alcuni giudizi civili nell’interesse generale della collettività e, più può dire la sua in ogni causa nella quale si ravvisi un pubblico interesse (ex art. 70 comma 3 c.p.c.).
Significativi esempi di questa funzione sono la possibilità di avviare l’azione di responsabilità )Il p.m. può avviare alcuni giudizi civili nell’interesse generale della collettività e, più in generale, può intervenire in ogni causa nella quale si ravvisi un pubblico interesse (ex art. 70, comma 3 c.p.c.).
Significativi esempi di questa funzione sono la possibilità di avviare l’azione di responsabilità (ex art. 2409 c.c.), nei confronti di amministratori e sindaci delle società sospettati di avere commesso gravi irregolarità, nonché la titolarità dell’iniziativa per la dichiarazione di fallimento o per l’annullamento delle delibere degli organi costitutivi della persone giuridiche.

Dott.ssa Concas Alessandra

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