La N.A.S.p.I. e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 410 c.p.c.. La Nota del 12 febbraio 2016 della Direzione Generale degli Ammortizzatori Sociali ed Incentivi all’Occupazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche S

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La N.A.S.p.I. (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego), istituita dal D.Lgs. 22/2015, attuativo della Legge Delega 183/2014 (c.d. Jobs Act), è l’indennità di disoccupazione che dal 1° maggio 2015 spetta ai lavoratori subordinati (tra cui apprendisti, soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato, personale artistico con rapporto di lavoro subordinato, pubblici dipendenti con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato) che abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro.

 

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I requisiti di accesso alla prestazione sono tre:

lavorativo (sinteticamente, nei dodici mesi precedenti il periodo di disoccupazione, è necessario avere maturato almeno trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo e dalla loro durata oraria);

contributivo (in breve, nei quattro anni che precedono lo stato di disoccupazione, sono richieste almeno tredici settimane di contribuzione, compresa quella dovuta ma non versata, contro la disoccupazione, purché risulti erogata o dovuta una retribuzione non inferiore ai minimali settimanali ai sensi della L. 638/1983 e L. 389/1989);

stato di disoccupazione involontario, per cui si ritiene opportuno chiarire alcuni dubbi sollevati dai richiedenti l’indennità.

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Premesso che sono considerati disoccupati i lavoratori privi di rapporto di lavoro che sottoscrivono la Dichiarazione di Immediata Disponibilità (c.d. D.I.D.) a svolgere attività lavorativa e a partecipare a misure di politica attiva del lavoro, l’indennità non spetta nelle ipotesi in cui il rapporto di lavoro sia cessato a seguito di dimissioni o risoluzione consensuale, tranne nei casi particolari qui di seguito esposti.

Per quanto riguarda l’ipotesi di dimissioni, la N.A.S.p.I., che come detto spetta soltanto in caso di cessazione involontaria del rapporto di lavoro, può essere concessa in caso di dimissioni per giusta causa, come affermato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 269 depositata il 24 giugno 2002: “Nel nostro ordinamento, l’ipotesi della giusta causa è presa in considerazione dall’art. 2119 cod. civ. che ai fini della suddetta qualificazione del recesso del contraente richiede che si verifichi “una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto”. In presenza di una condizione di improseguibilità del rapporto, la cui ricorrenza deve essere valutata dal giudice, l’atto di dimissioni, ancorché proveniente dal lavoratore, sarebbe comunque da ascrivere al comportamento di un altro soggetto ed il conseguente stato di disoccupazione non potrebbe che ritenersi, ai sensi dell’art. 38 della Costituzione, involontario.” Tale orientamento è stato recepito successivamente dall’I.N.P.S., che con la Circolare n. 163 del 20 ottobre 2003 ha chiarito i casi in cui le dimissioni sono considerate per giusta causa, basandosi su quanto indicato dalla giurisprudenza:

mancato pagamento della retribuzione;

– aver subito molestie sessuali nei luoghi di lavoro;

modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative;

mobbing, comportamenti vessatori da parte dei superiori gerarchici o dei colleghi (ex multis, sentenza della Corte di Cassazione n.143 dell’8 gennaio 2000);

notevoli variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione dell’azienda (cfr. sentenza della Corte di Giustizia Europea del 24 gennaio 2002);

spostamento del lavoratore da una sede ad un’altra, senza che sussistano ragioni tecniche, organizzative e produttive ai sensi dell’art. 2103 c.c. (cfr. sentenza della Corte di Cassazione n. 1074/1999);

comportamento ingiurioso posto in essere dal superiore gerarchico nei confronti del dipendente (cfr. sentenza della Corte di Cassazione n. 5977/1985).

In merito all’ipotesi di risoluzione consensuale del contratto, l’indennità N.A.S.p.I. spetta nei seguenti casi:

– procedura conciliativa nanti la Direzione Territoriale del Lavoro ai sensi della L. 604/1966 art. 7 (come modificato dalla L. 92/2012 art. 1 comma 40);

– licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione proposta dal datore di lavoro, ai sensi del D.Lgs. 23/2015 art. 6 comma 1, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento (cioè sessanta giorni dalla comunicazione in forma scritta del licenziamento ai sensi della L. 604/1966 art. 6);

– rifiuto del lavoratore al trasferimento ad altra sede della medesima azienda, distante oltre 50 km e/o raggiungibile in circa 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblici dalla propria residenza.

Al fine di chiarire le ulteriori ipotesi in cui è possibile ottenere la N.A.S.p.I., con Nota del 12 febbraio 2016, dopo avere  acquisito il parere dell’Ufficio Legislativo, la Direzione  Generale degli Ammortizzatori Sociali ed Incentivi all’Occupazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha chiarito che l’indennità non spetta al soggetto disoccupato in caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 410 c.p.c. con un datore di lavoro avente meno di quindici dipendenti.

In base all’art. 3 c. 2 del D.Lgs. 22/2015, infatti,  la N.A.S.p.I. è riconosciuta, come già detto, oltre che nei casi di licenziamento e di dimissioni per giusta causa, anche nei casi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, ma soltanto se avvenuta secondo la procedura prevista dalla L. 604/1966 art. 7 come modificato dalla L. 92/2012 art. 1 c. 40.

Pertanto, in caso di disoccupazione a seguito di richiesta congiunta di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 410 c.p.c. con azienda con meno di quindici dipendenti, al soggetto disoccupato non spetta l’indennità mensile di disoccupazione N.A.S.p.I. .

Genova – Savona, lì 27 febbraio 2016

Sentenza collegata

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Dott. Assenza Carmelo

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