La madre non ascolta i figli: vengono affidati al padre

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Secondo la Suprema Corte di Cassazione risulta corretto affidare ii figli in via esclusiva al padre se la madre non ascolta i loro bisogni e cerca di alimentare il conflitto.

In che cosa consiste l’affidamento dei figli

Quando due coniugi si separano, il tribunale decide sull’affidamento dei figli se gli stessi sono  minorenni, vale a dire se non hanno ancora compiuto i 18 anni.

Superata questa età, i ragazzi, anche se forse sono immaturi e non autosufficienti,  per la legge sono maggiorenni e possono liberamente scegliere il genitore con il quale abitare.

Se non dovessero essere in grado di farlo possono anche decidere di vivere per conto proprio.

Per decidere i giudici tengono dell’interesse del minore, che prevale su ogni altra cosa.

Assistere a continui litigi o addirittura a scene di violenza è di sicuro peggio che avere i genitori separati.

La legge vuole che i giudici nel decidere tengano conto dell’esclusivo interesse morale e materiale del figlio, per consentirgli di superare, per quello che sia possibile, il trauma dello scioglimento della famiglia.

Per raggiungere questo fine, la regola è quella dell’affidamento condiviso (art. 337 ter c.c.).

Il minore viene affidato ad entrambi i genitori, che se ne devono occupare mantenendo con lui un rapporto sereno ed equilibrato.

Il padre e la madre gli devono continuare a garantire cura, educazione e istruzione, ed agevolare i rapporti con i componenti delle rispettive famiglie di origine, vale a dire nonni, zii e cugini.

Se ci si sta separando e dal matrimonio sono nati dei figli ancora minorenni, quasi di sicuro i giudici decideranno che sia la madre.

Responsabilità genitoriale revocata

Con l’ordinanza 31 dicembre 2020 n. 29999, la Suprema Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di una madre, giudicata in precedenza da parte della Corte d’Appello, responsabile di determinati comportamenti che, se non giustificano la revoca della responsabilità genitoriale, costituiscono il motivo dell’affidamento super esclusivo dei figli al padre.

Gli Ermellini sono arrivati a questa conclusione a causa di precise regioni.

Il Giudice d’Appello aveva revocato il provvedimento con il quale il Tribunale per i minorenni aveva dichiarato la decadenza della responsabilità genitoriale nei confronti di una madre, attribuendola al padre, al quale venivano affidati in via esclusiva i figli, lasciandolo libero di decidere sulle questioni agli stessi relative, senza il necessario consenso della ex moglie.

La Suprema Corte, rispettando le indicazioni del C.t.u. (Consulente tecnico d’ufficio), ha invitato la donna a seguire un percorso di terapia, disponendo a suo carico il pagamento di un assegno di mantenimento di 800 Euro per i figli.

Secondo il giudice del gravame la decadenza della potestà genitoriale della madre è stata dichiarata in assenza di prove relative alle asserite violazioni da parte sua dei doveri di genitrice, sostenendo che il comportamento della stessa non avesse una gravità che giustificasse un simile provvedimento.

Corretta la valutazione relativa alle difficoltà della donna a soddisfare le esigenze dei figli e comprendere i suoi errori anche in relazione al fatto che avesse alimentato il conflitto genitoriale. Una simile situazione, nel caso specifico, doveva essere risolta con l’affidamento super esclusivo al padre dei figli, senza per questo privare la madre della sua responsabilità genitoriale.

Inammissibili perché tardive, ma anche infondate e illegittime le doglianze di natura economica da parte della donna, la quale decise di impugnare il decreto della Corte d’Appello davanti alla Suprema Corte di Cassazione sollevando tre motivi di doglianza.

Con il primo motivo, lamentava la contraddittorietà della decisione del giudice del gravame perché nonostante non avesse ritenuto il suo comportamento grave da portare alla decadenza della sua responsabilità genitoriale, ha ravvisato l’esistenza dei presupposti necessari all’applicazione dell’affido esclusivo.

Con il secondo motivo, si doleva dell’omesso esame di un fatto decisivo, vale a dire, l’assenza di prove che potessero giustificare la determinazione dell’assegno di mantenimento a suo carico in favore dei figli.

Con il terzo motivo, contestava la mancata ammissione di una sua richiesta istruttoria, che avrebbe potuto essere decisiva ai fini della decisione.

La decisione della Suprema Corte di Cassazione

La Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 29999/2020 ha respinto il ricorso della madre ritenendo i motivi infondati e inammissibili.

Secondo i Supremi Giudici, il primo motivo del ricorso è infondato.

La Corte d’Appello, dall’insieme delle prove a disposizione, aveva accertato l’esistenza di un clima molto conflittuale, un misto di rabbia, paura e sfiducia, che i minori attribuivano al comportamento della madre.

Pensiero che gli stessi hanno espresso senza nessun condizionamento da parte del padre, la quale figura, secondo i figli è la parte debole del conflitto.

La situazione ha provocato il progressivo allontanamento dei minori dalla madre e il loro rifiuto a incontrarla.

Durante il giudizio è emerso che la donna non ha compreso i suoi errori e non ha avuto la necessaria  consapevolezza sul fatto che il suo comportamento non faceva che alimentare il conflitto, rendendolo cronico.

La ricorrente non è riuscita a instaurare un rapporto di affetto e di relazione con i figli, non è stata ritenuta capace di svolgere una funzione educativa.

Il disappunto da Lei sollevato, era finalizzato a ottenere una rilettura dei fatti a suo favore.

La donna si limitava a smentire i comportamenti che le venivano attribuiti allo scopo di negare le sue responsabilità nell’ambito delle vicende familiari.

I Supremi Giudici hanno anche precisato che il giudice, quando accerta che un genitore viola o trascura i suoi doveri, oppure abusa dei suoi poteri con grave pregiudizio per i figli, può decidere di non pronunciarsi sulla decadenza della responsabilità genitoriale.

Il Giudicante “può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l’allontanamento di lui dalla residenza familiare ovvero l’allontanamento del genitore convivente che maltratta o abusa del minore”.

Corretta, di conseguenza, nel caso specifico, la decisione di lasciare scegliere i minori se incontrare la madre, rispettando il principio di autodeterminazione.

Il secondo motivo, con il quale la donna contestava l’ingiustizia delle statuizioni economiche e il terzo, perché la ricorrente non indicava, nello specifico, il fatto da lei ritenuto decisivo in relazione alla  decisione, sono stati dichiarati inammissibili.

 

 

Dott.ssa Concas Alessandra

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