La flagranza di reato, disciplina giuridica e caratteri

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Lo stato di flagranza di reato è disciplinato dall’articolo 382 del codice di procedura penale.

Si verifica lo stato di flagranza quando:

Colui che compie il reato viene colto sul fatto dalla polizia giudiziaria oppure da chi ha subito il reato.

Colui che è colto sul fatto viene inseguito dalla Polizia Giudiziaria.

La persona che viene trovata in possesso di cose o tracce dalle quali si presenti in modo evidente che abbia commesso il reato poco prima.

Specificare lo stato di flagranza ha molta importanza perché dà la possibilità di avviare subito le procedure di limitazione della libertà personale di colui che ha commesso il reato.

Si parla di flagranza differita per i reati commessi in ambito di manifestazioni sportive, quando non sia possibile procedere immediatamente all’arresto per ragioni di sicurezza.

L’arresto in flagranza è una misura precautelare.

Presuppone un arresto a seguito di una fattispecie concreta di flagranza per la sua attuazione.

Si divide in obbligatorio e facoltativo.

L’arresto obbligatorio in flagranza è disciplinato dall’articolo 380 del codice di procedura penale che secondo il quale:

1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all’arresto di chiunque è colto in flagranza di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni.

2. Anche fuori dei casi previsti dal comma 1, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all’arresto di chiunque è colto in flagranza di uno dei seguenti delitti non colposi, consumati o tentati:

a) delitti contro la personalità dello Stato previsti nel Titolo I del Libro II del Codice Penale per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni;

b) delitto di devastazione e saccheggio previsto dall’art. 419 c.p.;

c) delitti contro l’incolumità pubblica previsti nel Titolo VI del Libro II del Codice Penale per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni o nel massimo a dieci anni;

d) delitto di riduzione in schiavitù previsto dall’art. 600 c.p.;

e) delitto di furto, quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall’art. 4 della L. 8 agosto 1977 n. 533 o quella prevista dall’articolo 625, primo comma, numero 2), prima ipotesi, del codice penale, salvo che, in quest’ultimo caso, ricorra la circostanza attenuante di cui all’articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale;

e-bis) delitti di furto previsti dall’articolo 624-bis del codice penale, salvo che ricorra la circostanza attenuante di cui all’articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale;

f) delitto di rapina previsto dall’art. 628 c.p. e di estorsione previsto dall’art. 629 c.p.;

g) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall’art. 2, comma terzo, della L. 18 aprile 1975, n. 110;

h) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope puniti a norma dell’art. 73 del Testo Unico approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, salvo che ricorra la circostanza prevista dal comma 5 del medesimo articolo;

i) delitti commessi per finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni;

l) delitti di promozione, costituzione, direzione e organizzazione delle associazioni segrete previste dall’art. 1 della L. 25 gennaio 1982 n. 17, delle associazioni di carattere militare previste dall’art. 1 della L. 17 aprile 1956 n. 561, delle associazioni dei movimenti o dei gruppi previsti dagli artt. 1 e 2 della L. 20 giugno 1952 n. 645, delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all’art. 3, comma 3 della L. 13 ottobre 1975, n. 654;

l-bis) delitti di partecipazione, promozione, direzione e organizzazione della associazione di tipo mafioso prevista dall’art. 416 bis c.p.;

m) delitti di promozione, direzione, costituzione e organizzazione della associazione per delinquere prevista dall’art. 416 commi 1 e 3 c.p., se l’associazione è diretta alla commissione di più delitti fra quelli previsti dai comma l o dalle lett. a), b), c) d), f), g), i) del presente comma.

3. Se si tratta di delitto perseguibile a querela (120 c.p.), l’arresto in flagranza è eseguito se la querela viene proposta, anche con dichiarazione resa oralmente all’ufficiale o all’agente di polizia giudiziaria presente nel luogo. Se l’avente diritto dichiara di rimettere la querela, l’arrestato è posto immediatamente in libertà.

Anche i privati hanno la possibilità di procedere all’arresto per questi reati purché siano perseguibili d’ufficio.

Gli ufficiali e gli agenti della polizia giudiziaria possono procedere a un arresto facoltativo se

la misura è giustificata dalla gravità del fatto.

Se si procede per un delitto consumato per il quale è prevista la pena della reclusione superiore nel massimo a 3 anni.

L’articolo 382 del codice di procedura penale, ricalcando quasi completamente i concetti di quasi flagranza adottati nell’articolo 237 del codice di  procedura  penale del 1930, modifica significativamente esclusivamente nella parte relativa al rinvenimento di cose o tracce.

Nel vecchio testo queste frasi erano relative a un reato commesso “poco prima”, mentre in questo testo sono relative a un reato commesso subito prima.

Il lasso di tempo superiore a tre ore intercorse dalla commissione del reato, senza che in esso siano avvenuti inseguimenti o iniziate indagini specifiche alla ricerca dei responsabili di quel reato, determina inevitabilmente l’effetto della trascorsa flagranza che impedisce l’arresto.

L’attenzione della dottrina si è incentrata sul concetto di quasi flagranza, ritenuta, da molti, una sorta di fictio iuris, e non si devono revocare in dubbio la circostanza che situazioni fattuali post reato, tra le quali, l’inseguimento del reo e la realtà molto indiziante dell’indagato, rappresentata dalla detenzione di res o dal rinvenimento in capo allo stesso di tracce o elementi sufficienti che gli ascrivano il fatto-reato commesso subito prima, siano ope legis equiparate al flagrante delicto.

Nel concetto di inseguimento da parte della polizia giudiziaria, richiamato dall’articolo 382 del codice di procedura penale rientra non esclusivamente l’inseguimento ma anche l’azione che, senza soluzione di continuità, viene intrapresa subito dopo la commissione di un reato per raggiungere la persona da arrestare.

L’inseguimento da parte della polizia giudiziaria, sul quale si fonda la nozione della cosiddetta quasi flagranza, comprende ogni attività di indagine e ricerca finalizzata alla cattura dell’indiziato di reità, purché questa attività non subisca interruzione dopo la commissione del reato, e anche se si protragga per alcuni giorni.

Stato di flagranza e quasi flagranza sono state oggetto di studio con una sentenza della Cassazione penale del 2007.

La Suprema Corte ha stabilito che esiste una differenza sottile, ma essenziale e rilevante tra lo stato di flagranza e quello di quasi flagranza, affermando che:

“ lo stato di quasi flagranza implica che la polizia giudiziaria abbia avuto immediata e contestuale percezione della commissione del reato e che, in forza della diretta percezione, abbia posto in essere una tempestiva attività di localizzazione e apprensione degli autori del reato”.

Dott.ssa Concas Alessandra

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