La fase del dibattimento nel processo penale

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A seguito dell’introduzione dell’atttuale codice di procedura penale Vassalli, la fase dibattimentale viene preceduta dall’udienza preliminare, che ha uno scopo di filtro, evita dibattimenti inutili, e con essa il gup (giudice delle udienze preliminari) decide sulla fondatezza o no dell’azione penale promossa dal pubblico ministero.

Al soggetto indiziato di reato vengono, di conseguenza, estese le garanzie dell’imputato.

Il gup a chiusura dell’udienza che può essere unica o plurima, emette sentenza di non luogo a procedere o il decreto di rinvio a giudizio.

Il secondo determina il passaggio alla fase dibattimentale.

In linea di principio nel corso dell’udienza preliminare non dovrebbe avere luogo la formazione della prova, essendo la stessa affidata alla fase dibattimentale, ma il codice permette che il gup, ai fini di emettere sentenza di non luogo a procedere, possa ammettere un’integrazione probatoria, d’ufficio o previa exceptio.

A seguito della emissione del decreto che dispone il giudizio, momento molto importante è quello che vede il giudice formare, nel contraddittorio delle parti, il fascicolo del dibattimento, costituendo lo stesso il primo incontro di volontà tra le parti del processo in vista della formazione della prova da utilizzare in sede dibattimentale.

In questa fase il presidente del Tribunale o di Corte d’Assise, ricevuto il decreto che dispone il giudizio del gup, può stabilire un’anticipazione dell’udienza o un posticipo con decreto per giusticati motivi, avvertendo della decisione il pubblico ministero le parti private, nel caso di anticipazione almeno sette giorni prima (ex art. 465 c.p.p.).

Il termine che deve trascorrere tra la data che dispone il decreto e la fissazione dell’udienza non deve essere inferiore a venti giorni, mentre non può essere superiore a sessanta giorni per reati che si riferiscono all’omicidio colposo commesso in violazione delle norme sulla disciplina del codice della strada e per infortuni sul lavoro, come introdotto dalla legge 21 febbraio 2006 n.102.

Il decreto deve essere notificato all’imputato contumace e all’imputato e alla persona offesa non presenti alla lettura del provvedimento (ex art. 429 c.p.p. comma 4), sempre almeno venti giorni prima.

In questo periodo le varie parti e i loro difensori hanno diritto e facoltà di prendere visione, (ex art. 466 c.p.p.) dei beni sequestrati e degli atti e dei documenti raccolti nel fascicolo del dibattimento, conservato presso la cancelleria del giudice che procede, anche per estrarne copia.

L’articolo 468 del codice di procedura penale, delinea la funzione preparatoria delle prove da assumere poi in dibattimento.

Le parti che intendono chiedere esame di testimoni, periti, consulenti tecnici o persone indicate dall’articolo 210 del codice di procedura penale, devono depositare le liste in cancelleria almeno sette giorni prima dalla data fissata per il dibattimento.

Unica deroga a questo termine può avvenire se la parte dimostra, entro i termini della presentazione al giudice delle richieste di prova, di non averle potute indicare tempestivamente.

Il deposito della lista testimoniale è un onere delle parti.

Attraverso questo istituto le parti indicano i fatti che intendono provare e chiedono al giudice l’autorizzazione alla citazione delle persone indagate o imputate in un procedimento connesso o collegato nonché dei periti, mentre per i consulenti tecnici e i testimoni possono essere presentati direttamente al dibattimento.

L’accusa per esempio potrà volere dimostrare la presenza dell’imputato nel luogo nel quale è stato commesso il delitto, la difesa potrà dimostrare una causa di estinzione del reato o la presenza di una causa di giustificazione.

Attraverso il deposito della lista testi si esercita il diritto alla prova diretta cioè l’indicazione di quello che s’intende provare nel corso del processo.

Il deposito assolve anche alla funzione di discovery:

la parte viene a conoscenza degli elementi in possesso della controparte e delle circostanze sulle quali verterà l’esame, in questo modo si potrà preparare per smontare la tesi avversaria.

Se la parte intende chiedere l’ammissione di verbali di prove di altri procedimenti penali o civili ne deve fare richiesta iscritta negli stessi termini previsti per la lista teste.

Il diritto alla prova contraria non è sottoposto ad oneri, e dal combinato degli articoli 468 e 495 del codice di procedura penale, l’imputato ha diritto all’ammissione di prove indicate a suo discarico su fatti che costituiscono oggetto di prova a suo carico e lo stesso vale per la pubblica accusa, in attuazione del principio di parità.

Il giudice secondo l’art 495 del codice di procedura penale, aetterà i mezzi di prova a richiesta di parte valutando che non siano illegali o evidentemente superflui.

Secondo l’articolo 187 del codice di procedura penale, sono oggetto di prova secondo esclusivamente i fatti relativi all’imputazione, alla punibilità, all’applicazione di norme processuali e per la determinazione della pena, e i fatti che si riferiscono alla responsabilità civile dell’imputato se si è costituita la parte civile.

Una richiesta di prova al di fuori di queste condizioni deve essere respinta dal giudice.

Se si tratta di un reato di criminalità organizzata e la parte chiede l’esame di una persona indagata o imputata in un procedimento connesso o collegato o di un testimone, che abbia già deposto in sede di incidente probatorio, in una fase dibattimentale o che siano già stati acquisiti i verbali di queste deposizioni e a questi atti abbia partecipato il difensore della persona verso la quale le dichiarazioni si intendono utilizzare, è ammessa dal giudice esclusivamente se sussistono esigenze specifiche o se deve essere esaminata su fatti diversi.

Lo stesso vale se si tratta di esaminare un testimone minore di anni sedici per un reato a sfondo sessuale.

La parte può anche chiedere l’ammissione di una prova atipica, cioè non prevista dal legislatore, che può essere ammessa se non pregiudica la libertà morale dell’esaminando e se sia idonea ai fini del processo.

Per la richiesta di prove documentali occorre distinguere:

1) Acquisizioni di scritti o di altri documenti che rappresentano fatti, persone o cose attraverso la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo.

La loro assunzione si ha con il deposito della parte presso il giudice e prima ancora che questi decida sulla loro acquisizione la controparte ne può prendere visione (ex art .495 c.p.p).

Una volta ammessi sono per l’effetto allegati al fascicolo del dibattimento e valutabili ai fini della prova (ex art. 515 c.p.p.)

2) Verbali di mezzi di prova ripetibili di altri procedimenti penali.

La parte deve presentare richiesta per iscritto insieme al deposito della lista testi.

Come condizione per la loro acquisizione è richiesto che queste prove siano state escusse nell’incidente probatorio o nel dibattimento alla presenza del difensore dell’imputato verso il quale i verbali si intendono utilizzare.

In simili casi non è necessario il consenso dell’imputato perché il principio del contraddittorio è stato assicurato, e non è necessario che quel processo penale dal quale si assumono i verbali sia passato in cosa giudicata.

3) Verbali di mezzi di prova ripetibili di altri procedimenti civili.

La loro acquisizione è possibile se la sentenza civile sia passata in cosa giudicata e se fa stato contro l’imputato, non serve il suo consenso.

4) Verbali di mezzi di prova o di documenti irripetibili di altri procedimenti.

Per questi atti è sempre ammessa la loro acquisizione senza condizioni.

5) Verbali di altre dichiarazioni ripetibili che non costituiscono mezzi di prova, ad esempio una dichiarazione resa dall’imputato al pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari in altro procedimento.

Ne è ammessa l’acquisizione, e può valere contro l’imputato, se c’è il suo consenso altrimenti può essere utilizzata per le contestazioni secondo gli articoli 500 e 503 del codice di procedura penale.

Nei i punti 2), 3) e 5) la parte può chiedere l’escussione del dichiarante, il giudice decide prima sulla richiesta di ammissione dei verbali e dopo deciderà sull’eventuale richiesta di riesame, che non potrà avvenire nei casi dei quali all’articolo 190 bis del codice di procedura penale.

Successivamente alla decisione sulle prove inizia l’istruzione probatoria, cioè il momento nel quale è disposta l’assunzione delle prove indicate.

Ognuna delle parti può, con l’accordo della controparte, decidere di rinunciare all’assunzione di alcune prove ammesse a sua richiesta.

Con la fase dibattimentale il rito procede senza possibilità di tornare a fasi antecedenti per il principio di non regressione.

I testimoni sono avvertiti, tranne se sono minori di quattordici anni, dell’obbligo di dire la verità e di rispondere ad ogni domanda, della facoltà di astensione per i prossimi congiunti dell’imputato e devono prestare la seguente dichiarazione prima di deporre:

“consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza”.

L’esame è basato sul modello anglosassone della cross examination.

Il soggetto è esaminato prima dalla parte che ne chiede l’ammissione (esame diretto), poi dalla controparte (controesame) e poi ancora dalla prima se questa lo richiede (riesame).

Le domande vengono poste direttamente dall’accusa e dalla difesa.

Si deroga a questa procedura se l’esaminando è un minorenne o un maggiorenne infermo di mente, in questo caso è il giudice che pone le domande su richiesta delle parti a meno che queste consentono alle forme ordinarie e questo non pregiudichi la serenità del soggetto.

Nel tribunale monocratico si procede con la disciplina della cross examination se le parti non formulano richiesta che sia il giudice a porre le domande al teste.

Il legislatore prevede all’articolo 499 del codice di procedura penale, che non possano essere fatte domande suggestive almeno per l’esame diretto.

Sono così chiamate quelle domande che possano suggerire la risposta.

Ad esempio porgere una domanda del tipo:

“da quale lato dell’auto è sceso”?

Presuppone che il soggetto sia sceso dall’auto e suggerisce una risposta.

Queste domande non sono vietate nel controesame proprio perché qui si valuta l’attendibilità del teste.

Se il teste diventi ostile, cioè affermi dei fatti contrari alle ragioni della parte che ne ha chiesto l’esame, si può ammettere la possibilità di domande suggestive, nonché delle contestazioni, anche nell’esame diretto.

In ogni caso sono vietate le domande che possono nuocere alla sincerità delle risposte (domande nocive).

È previsto un complesso regime di letture di atti, di verbali, che non si sono formati nel dibattimento ma in fasi antecedenti al processo e che in deroga al principio di immediatezza acquistano rilevanza probatoria.

L’istituto delle contestazioni permette di valutare, fermi i divieti di lettura, le dichiarazioni rilasciate da un testimone o dalla parte privata nel corso delle attività precedenti il dibattimento al fine di valutarne la sua attendibilità.

La contestazione è una lettura parziale di un passaggio contenuto in un verbale di una dichiarazione che sia diversa per intero o in parte, dalla deposizione del soggetto.

La lettura può essere effettuata dopo che sia avvenuto l’esame e nei limiti della parte diversa.

Attraverso questo procedimento si portano all’attenzione del giudice elementi assunti in precedenza per valutare se il deponente è attendibile o no.

Sarà possibile acquisire l’intero verbale della dichiarazione e derogare il divieto di lettura dell’articolo 514 del codice di procedura penale, quando vi sia sospetto che il testimone sia stato minacciato per deporre il falso o gli sia stato offerto denaro o altra utilità.

Allo stesso modo avverrà seci si avvalga, per contestare la deposizione dell’imputato, di dichiarazioni contenute in verbali di atti ai quali il suo difensore aveva diritto ad assistere.

La fase dibattimentale è ispirata a dei princìpi basilari di fondo:

Principio della pubblicità, secondo il quale il processo è pubblico, ma può essere tenuto a porte chiuse nei casi previsti dalla legge se l’imputato ne faccia richiesta o obbligatoriamente in caso di processo a minori, mentre può essere tenuto in aule bunker per ragioni di sicurezza.

La deroga è implicita dove si proceda a giudizio abbreviato, salvo che gli imputati facciano richiesta che si svolga con udienza pubblica, nonché in caso di patteggiamento.

Principio della continuità (ex art. 477 comma 2 c.p.p.), per il quale il dibattimento va sospeso esclusivamente per assoluta necessità e per non più didieci giorni festivi esclusi.

Questo principio vuole anche che l’attività giurisdizionale si svolga esclusivamente presso il tribunale competente.

Una deroga può sussistere nei casi di esame a domicilio o di rogatoria all’estero.

Principio della immediatezza (ex art.525 comma 2 c.p.p.), secondo il quale il giudice o i giudici giudicanti, devono essere gli stessi che hanno partecipato al dibattimento, pena la nullità.

Il giudice chiamato a decidere è lo stesso che ha assunto e valutato le prove, ed è necessario che sia assicurata la presenza della fonte di prova con il giudice che la dovrà valutare.

Se sono disposte le letture (ex art. 511 e ss c.p.p.) è evidente che questo obbligo non sarà rispettato.

Pincipio dispositivo (ex art.190 c.p.p.), il giudice deve giudicare secondo le prove allegate dalle parti, non può assumere prove d’ufficio o esercitare i propri poteri di cognizione su fatti non portati in dibattimento dalle parti, salvo per deroghe stabilite dalla legge, che sono però di carattere eccezionale.

Dott.ssa Concas Alessandra

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