La custodia cautelare, definizione e caratteri

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La custodia cautelare in carcere è una misura cautelare personale, coercitiva e custodiale, prevista e disciplinata dall’articolo 285 codice di procedura penale.

 

Il giudice può disporre la custodia cautelare in carcere se il soggetto risulti imputato o sia stato sottoposto a un’altra misura cautelare per uno dei delitti previsti dall’articolo 380 del codice di procedura penale, in relazione a fatti commessi dopo l’applicazione delle misure disposte nei suoi confronti.

 

Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente, oppure padre, se la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, oppure persona che ha superato l’età di settanta anni.

 

Se la persona da sottoporre a custodia cautelare sia donna incinta o madre di prole di età non superiore a sei anni, oppure padre, se la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, il giudice può disporre la custodia presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri, dove le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza lo consentano.

 

Una particolare disposizione è relativa alle modalità tese a determinare la pena da eseguire (ex art. 657 c.p.p.), la previsione si applica anche quando si tratti di custodia cautelare subita all’estero in conseguenza di una domanda di estradizione, oppure nel caso di rinnovamento del giudizio (ex art. 11 c.p.).

 

Nel determinare la pena detentiva da eseguire, il pubblico ministero computa il periodo di custodia cautelare subita per lo stesso o per altro reato, anche se la custodia è ancora in corso.

Allo stesso modo procede in caso di applicazione provvisoria di una misura di sicurezza detentiva, se questa non è stata applicata definitivamente.

 

Il pubblico ministero computa anche il periodo di pena detentiva espiata per un reato diverso, quando la relativa condanna è stata revocata, quando per il reato è stata concessa amnistia o quando è stato concesso indulto, nei limiti dello stesso.

 

Nei predetti casi, il condannato può chiedere al pubblico ministero che i periodi di custodia cautelare e di pena detentiva espiata, operato il ragguaglio, siano computati per la determinazione della pena pecuniaria o della sanzione sostitutiva da eseguire.

 

Se sia stata espiata una pena detentiva per un reato diverso e sianoi provvedimenti di revoca, aministia o indulto, il condannato può altresì chiedere che le sanzioni sostitutive espiate siano computate nelle sanzioni sostitutive da eseguire per altro reato.

 

In ogni caso sono computate esclusivamente la custodia cautelare subita o le pene espiate dopo la commissione del reato per il quale deve essere determinata la pena da eseguire.

 

Con il provvedimento che dispone la custodia cautelare, il giudice ordina agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria che l’imputato sia catturato e immediatamente condotto in un istituto di custodia per rimanervi a disposizione dell’autorità giudiziaria.

 

Prima del trasferimento nell’istituto la persona sottoposta a custodia cautelare non può subire limitazione della libertà, se non per il tempo e con le modalità strettamente necessarie alla sua traduzione.

 

La custodia cautelare in carcere può essere disposta quando ogni altra misura risulti inadeguata.

 

È stata dichiarata costituzionalmente illegittima la previsione che poneva una sorta di presunzione relativa circa la sussistenza delle esigenze cautelari, in ordine a qualche delitto (ex artt. 51, commi 3-bis e 3-quater, 575, 600-bis comma 1, 600-ter, escluso il comma 4, 600-quinquies c.p., 609-bis, 609-quater, 609-octies c.p., salvo che ricorrano le circostanze attenuanti dagli stessi contemplate), al ricorrere di gravi indizi di colpevolezza, era applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che non fossero stati acquisiti elementi dai quali fosse risultato che non sarebbero sussistite esigenze cautelari. La disposizione è stata dichiarata illegittima in modo puntiforme, cioè in relazione alle singole fattispecie rispetto alle quali era stato sollevato incidente di costituzionalità.

 

Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputati siano donna incinta o madre di prole di eta inferiore a tre anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, ovvero persona che ha superato l’età di settanta anni.

 

Non può essere disposta ne mantenuta la custodia cautelare in carcere quando l’imputato e persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate con le modalità previste dalla legge, oppure da altra malattia particolarmente grave, per effetto della quale le sue condizioni risultano incompatibili con lo stato di detenzione da non consentire adeguate misure in caso di detenzione in carcere.

 

Se sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza e la custodia cautelare presso idonee strutture sanitarie penitenziarie non e possibile senza pregiudizio per la salute dell’imputato o di quella degli altri detenuti, il giudice dispone la misura degli arresti domiciliari presso un luogo di assistenza o di accoglienza.

 

Se l’imputato è persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, gli arresti domiciliari possono essere disposti presso le unita operative  nell’assistenza ai casi di AIDS, oppure presso una residenza collettiva o casa alloggio.

 

Le misure cautelari sono provvedimenti previsti dal codice di procedura penale italiano, che consistono in limitazioni di libertà personale, assistite dalla garanzia giurisdizionale sin dal momento iniziale.

Sono disposte da un giudice, sia nella fase delle indagini preliminari che nella fase processuale, lasciando un certo margine di discrezionalità, condizionato dalla presenza di presupposti stabiliti dalla legge.

 

Le misure cautelari personali si suddividono in coercitive e interdittive. La loro applicazione è condizionata alla assenza di una qualunque causa estintiva del reato o causa estintiva della pena, di giustificazione o di non punibilità (ex art. 273 c.p.p.).

 

Le misure cautelari personali richiedono per la loro applicazione l’esistenza di due ordini di requisiti, la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza (ex art. 273 c. 1 c.p.p.) nonché di esigenze cautelari (ex art. 274 c.p.p.).

 

Per esigenze cautelari si intende:

 

Il rischio di inquinamento delle prove, purché si tratti di pericolo concreto e attuale (ex art. 274 c. 1 c.p.p.).

Il rischio di fuga dell’imputato: l’imputato si è dato alla fuga o vi è concreto pericolo che egli si dia alla fuga, sempre che il giudice ritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due anni di reclusione (ex art. 274 c. 2 c.p.p.).

 

Il rischio di reiterazione del reato, ossia il sussistere del concreto pericolo che il soggetto indagato commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l’ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata, oppure – ipotesi assai più frequente – della stessa specie di quello per il quale si procede.

In questo caso può essere disposta la custodia cautelare se la pena massima prevista per il reato in questione è uguale o superiore a quattro anni.

 

Dott.ssa Concas Alessandra

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