La costituzione di un patrimonio da destinare alla famiglia

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Si potrebbe verificare la circostanza che qualcuno abbia un discreto patrimonio immobiliare e, senza volerlo donare subito ai figli, lo vorrebbe mettere a disposizione delle loro esigenze future, quando diventeranno maggiorenni.

Una simile intenzione, potrebbe essere, per fare un esempio, costituire un fondo nel quale accantonare i canoni di affitto per destinarli alle future spese universitarie o per l’avviamento al lavoro.

Non si è però al corrente di quali strumenti giuridici adottare e che cosa prevede la legge in presenza di simili circostanze.

A questo punto, la persona in questione, si deve rivolgere a un avvocato chiedendogli in che modo destinare i beni ai bisogni dei figli.

Ci potrebbero essere diverse soluzioni.

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La donazione con clausola risolutiva

La prima soluzione, che però  potrebbe non corrispondere alle specifiche esigenze, è quella di fare una donazione con clausola risolutiva.

In parole molto pratiche e poco giuridiche, si dovrebbe intestare la casa al figlio, attraverso un atto notarile, prevedendo una data di scadenza oltre la quale il bene ritornerà nella completa proprietà del donante.

Si tratterebbe di una donazione con una data di scadenza oltre la quale essa perde efficacia.

Senza dubbio, una simile ipotesi priverà la persona non esclusivamente della titolarità del bene ma anche del suo possesso e, se dovesse servire farlo, non risulterà agevole, prima della scadenza della donazione, fare valere un interesse alla conservazione dell’immobile.

In qualità di titolare del bene, il figlio ne potrà farne quello che vuole, l’unica azione che non potrà compiere è venderlo.

Lo potrà dare in affitto o in comodato o costituire un usufrutto.

Se il figlio dovesse essere minorenne, non sarà possibile, non avendo lo stesso la capacità giuridica di concludere contratti, e la donazione con clausola risolutiva si presenta una soluzione complicata e poco utile.

Arrivati a questo punto, potrebbe rappresentare una strada alternativa la conclusione di un contratto di comodato che consentirebbe al figlio di abitare dentro l’immobile sino a una scadenza prefissata, allo stesso modo di qualsiasi inquilino in affitto, ma senza pagare un canone mensile.

Il fondo patrimoniale

Un tipico strumento utilizzato per destinare dei beni immobili al soddisfacimento dei bisogni della famiglia e, in particolare dei figli, è il fondo patrimoniale.

Attraverso questo strumento, si destinano i beni immobili, titoli di credito o beni mobili registrati, come auto e moto, ai bisogni della famiglia.

In realtà non si crea un autentico vincolo, perché nessuno controllerà se i frutti dei beni in questione verranno davvero spesi per gli interessi dei figli.

Allo stesso modo non è obbligatorio creare un conto separato.

 

L’effetto principale del fondo patrimoniale è rendere gli immobili non pignorabili dai creditori quando il debito per il quale gli stessi agiscono è stato contratto per esigenze di natura voluttuaria o speculativa, ad esempio investimenti.

Se si contrae il debito per i bisogni della famiglia, i creditori possono aggredire i beni che fanno parte del fondo patrimoniale.

A causa di questa limitazione, rispetto al passato, il fondo è diventato uno strumento poco utilizzato.

La Suprema Corte di Cassazione, ha affermato che i debiti che derivano dalle tasse o dall’attività lavorativa consentono il pignoramento del fondo patrimoniale.

Il debito però deve essere successivo al fondo, perché se dovesse essere anteriore, il creditore ha tempo di cinque anni per chiedere la cosiddetta “revocatoria”, vale a dire, la dichiarazione di inefficacia dell’atto, alla quale consegue la possibilità di effettuare il pignoramento.

Il fondo patrimoniale si costituisce attraverso un atto redatto alla presenza di un notaio, e può essere effettuato esclusivamente da coniugi o da coppie di un’unione civile.

Il vincolo di destinazione

Un’altra soluzione per destinare beni ai bisogni dei figli è il cosiddetto vincolo di destinazione, che in relazione alle finalità, risulta essere molto simile al fondo patrimoniale.

Il vincolo di destinazione non richiede per forza una coppia sposata e può essere istituito su immobili o mobili registrati allo scopo di realizzare interessi meritevoli di tutela.

L’interesse che deve essere perseguito e al quale sono “destinati” i beni deve essere indicato nell’atto.

La maggiore durata di questo vincolo sono novant’anni oppure l’intera vita della persona beneficiaria dello stesso.

I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati esclusivamente allo scopo di realizzare per la il fine di destinazione e possono essere oggetto di pignoramento esclusivamente per debiti contratti per questa finalità.

Anche in presenza di simili circostanze, il bene soggetto al vincolo non è pignorabile ma è possibile l’azione revocatoria entro i primi cinque anni dall’atto notarile.

Il trust

Il trust indica un istituto di matrice anglosassone e non risulta codificato nel nostro ordinamento, ad eccezione dell’atto di destinazione a norma dell’articolo 2645ter del codice civile, una norma la quale genericità consente di riconoscere la trascrivibilità anche del vincolo del trust.

Il trust come schema negoziale, è stato riconosciuto dal nostro ordinamento con la ratifica della Convenzione dell’Aia del 1985 a mezzo della L. 364/89, la quale consente di riconoscere efficacia nell’ordinamento italiano dei trust regolati da una legge straniera.

Siccome attualmente non esiste una legge italiana che regoli in modo autonomo il funzionamento del trust, lo stesso può essere costituito esclusivamente in relazione a una legge regolatrice, una legge straniera, di solito mutuata da leggi dei Paesi anglosassoni o del Commonwealth, ma anche da Paesi di civil law come la Repubblica di S. Marino.

Nella struttura del trust devono essere presenti tre figure:

il soggetto che costituisce il vincolo (settlor), il soggetto che diventa proprietario dei beni vincolati al fine di attuare il vincolo (trustee) e il soggetto al quale sono destinate le rendite del trust o la devoluzione finale dei beni del trust.

Non si esclude che la figura del settlor possa coincidere con quella del trustee o con quella del beneficiario, mentre non è possibile riunire in un unico soggetto le tre figure.

La figura del cosiddetto guardiano, è un soggetto che può essere preposto dal settlor al controllo dell’attività del trustee e del rispetto del vincolo di destinazione.

In relazione alla durata e alle regole di funzionamento del trust, si tratta di elementi regolati in modo diverso dalle varie leggi che esistono.

Rispetto ai precedenti istituti dei quali si è scritto, il trust offre di sicuro più possibilità di azione e di impiego.

Qualunque bene è conferibile in trust, anche denaro o semplici beni mobili.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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