La casa coniugale e l’assegno di mantenimento in seguito a separazione o divorzio

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Casa coniugale e assegno di mantenimento rappresentano altri due capisaldi della separazione e del divorzio.

La casa coniugale

L’attribuzione del diritto di abitare nella casa familiare è indipendente dal regime patrimoniale scelto, da chi ne sia proprietario, o intestatario del contratto di locazione, o di chi abbia pagato.

In presenza di figli, la legge dà la preferenza al genitore al quale sono affidati o con il quale convivono, anche se maggiorenni.

In caso di affido separato, quando uno o più figli siano stati affidati alla madre e uno o più figli al padre, il giudice dovrà decidere caso per caso tenendo conto dell’età dei figli, delle esigenze scolastiche e affettive, dello stato di salute.

L’assegnazione è meno sicura se non ci sono figli, anche se l’orientamento più recente nega il diritto di abitare la casa familiare al coniuge che non ne è proprietario.

Le azioni degli ex coniugi

Per mantenere il diritto sulla casa assegnata, il coniuge la deve abitare, facendone la dimora abituale  L’assegnazione della casa impone un utilizzo personale della stessa e non è possibile darla in locazione.

Le spese ordinarie della casa coniugale, come manutenzione ordinaria, bollette, riscaldamento, gravano su chi occupa la casa, mentre quelle straordinarie, ad esempio le ristrutturazioni, sono al cinquanta per cento ognuno.

Secondo i giudici, al fine di dare serenità e agiatezza ai figli, risulta essere importante che i beni presenti nella casa ci restino, di conseguenza l’assegnazione della casa a uno dei coniugi comprende anche mobili, arredi ed elettrodomestici, indipendentemente da chi ne sia proprietario.

Costituiscono un’eccezione i beni di utilizzo strettamente personale, quelli che servono per l’esercizio della professione o quelli voluttuari, come soprammobili, quadri e simili

Se il coniuge al quale viene assegnato l’immobile trasloca, l’altro, in base all’orientamento prevalente, può reclamare i beni di sua proprietà e chiedere che vengano divisi quelli comuni.

Se il giudice dovesse decidere di assegnare la casa al coniuge non intestatario del contratto di locazione, lo stesso dovrà avvisare il proprietario dell’appartamento, comunicandogli di essere subentrato nel contratto.

Il proprietario non si potrà opporre alla decisione.

Il proprietario può liberamente vendere la casa, ma l’acquirente non può pretendere canoni di locazione, né mandare via chi ci abita.

Il diritto è riconosciuto da due sentenze della Suprema Corte di cassazione, secondo le quali il coniuge può restare anche se non ha fatto trascrivere l’assegnazione dell’immobile nei registri immobiliari.

La trascrizione è necessaria se l’assegnazione dura più di nove anni.

In presenza di una coppia di fatto, per tutelare i figli naturali, la Corte Costituzionale ha stabilito che anche in caso di scioglimento della famiglia il diritto all’assegnazione della casa spetti al genitore che convive con i figli.

Leggi anche:”Assegno di divorzio: novità in vista”

L’assegno di mantenimento

Durante la procedura di separazione, il giudice può stabilire che un coniuge paghi un assegno di mantenimento all’altro, quando lo stesso non abbia mezzi sufficienti per continuare a tenere un tenore di vita analogo a quello che conduceva, o che avrebbe potuto pretendere, in costanza di matrimonio.

L’assegno di mantenimento è dovuto se, al coniuge che ne fa richiesta, non sia stata addebitata la separazione.

L’assegno di divorzio è diverso.

Non ha il fine di garantire lo stesso tenore di vita che si aveva durante il matrimonio, ma è subordinato alla condizione che chi lo percepisce non abbia redditi adeguati.

Un’altra cosa  rappresentano gli alimenti, un contributo minimo e indispensabile per consentire al coniuge la sopravvivenza.

Non possono eccedere lo stretto indispensabile.

 

Ogni coniuge è obbligato a prestare gli alimenti se l’altro versa in stato di bisogno e non è in grado, per ragioni obiettive, di provvedere a se stesso in modo autonomo, mentre se il coniuge beneficiario è in grado di lavorare, non ne ha diritto.

Se ricorrono giustificati motivi, ognuno dei coniugi può chiedere al giudice che vengano modificate le condizioni di separazione.

La modifica è possibile anche se l’assegno di mantenimento è stato stabilito di comune accordo, con la separazione consensuale.

Una sentenza della Suprema Corte di Cassazione  consente di ridurre l’assegno di mantenimento quando al coniuge che lo percepisce venga assegnata la casa.

L’entità dell’assegno di divorzio è indipendente dall’importo dell’assegno di mantenimento attribuito con la sentenza di separazione, visto che i presupposti sono diversi.

Al fine di provare la loro situazione, i coniugi possono presentare all’udienza di comparizione la dichiarazione dei redditi e le documentazione relative ai redditi e al patrimonio.

Se uno dei coniugi contesta i redditi dell’altro, il tribunale può disporre indagini avvalendosi anche della polizia tributaria.

Al fine di fare una valutazione si prende in considerazione la durata del matrimonio.

La sentenza deve anche stabilire un criterio di adeguamento automatico dell’assegno, almeno in relazione agli indici di svalutazione monetaria.

Se il coniuge tenuto a versare l’assegno di divorzio non paga, dopo avere sollecitato il pagamento con lettera raccomandata con avviso di ricevimento se non riceve il pagamento entro i successivi trenta giorni, il beneficiario può notificare la sentenza di divorzio a chi di solito corrisponde somme di denaro all’ex coniuge.

In questo modo si possono chiedere le somme direttamente a loro, e se rifiutano, è possibile chiedere al giudice di adottare provvedimenti esecutivi nei loro confronti.

Un’altra via per ottenere i pagamenti è rivolgersi al Tribunale, al fine di ottenere le normali azioni esecutive per il recupero del credito.

Il Tribunale può disporre il sequestro dei beni del debitore e di metà dei suoi crediti per prestazioni lavorative.

Al posto dell’assegno mensile è possibile stabilire il pagamento di una somma per la liquidazione del rapporto, ma i coniugi devono essere d’accordo e il tribunale deve giudicare giusta la liquidazione.

Quando si accetta questa soluzione non si potrà avanzare più nessuna richiesta di contenuto economico.

Se il coniuge che percepisce l’assegno si risposa, dipende dal tenore di vita che mantiene in questo nucleo, anche se, quasi sempre i giudici dichiarano la perdita di questo diritto in modo automatico.

Se c’è pericolo che il coniuge obbligato a corrispondere l’assegno si possa sottrarre all’adempimento dei suoi obblighi, il giudice gli può imporre di fornire garanzie adeguate, ad esempio l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale sui suoi beni.

Il coniuge che non corrisponda l’assegno può essere denunciato penalmente, chi non adempie è punibile a querela di parte con la reclusione sino a un anno o pagando una multa.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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