L’affido condiviso attraverso le parole dei ragazzi protagonisti, il libro della dott.ssa Michela Capone, giudice presso il Tribunale dei Minori di Cagliari

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“Ascoltami –  le parole dei figli spezzati”, è il titolo del recente libro della dott.ssa Michela Capone, giudice presso il Tribunale dei Minori di Cagliari

Genitori separati e figli contesi, questo è il binomio che caratterizza un numero sempre più crescente di famiglie in Italia.

Quello che ci si chiede è:

In caso di separazione, i genitori pensano davvero al bene dei propri figli? In questo testo, l’autrice ha raccolto le testimonianze dei figli dell’affidamento condiviso, adolescenti “spezzati” e molto spesso inascoltati.

 

Il dovere di cronaca e la sede giuridica ci impone di dire in che consiste l’affidamento condiviso.

 

L’affidamento condiviso regola l’affidamento dei figli e l’esercizio della potestà genitoriale in caso di cessazione di convivenza dei genitori in modo che ciascuno di essi sia responsabile quando i figli sono con lui.

Al contrario dell’affidamento congiunto, che richiede completa cooperazione tra i genitori, l’affidamento condiviso, in caso di conflitto, suddivide in modo equilibrato le responsabilità specifiche e la permanenza presso ciascun genitore, mantenendo inalterata la genitorialità di entrambi e tutelando la relazione genitoriale con i figli.

Il provvedimento costituisce un cambiamento molto rilevante, perché stabilisce il così detto “principio della bigenitorialità”, alla separazione personale dei genitori non consegue, necessariamente, come nella precedente disciplina, l’affidamento esclusivo, ad uno dei due genitori dei figli.

La Legge 54/2006, sulla scorta dell’esperienza maturata in molti paesi europei, prevede, come regola standard e di partenza per le separazioni l’affidamento dei figli a entrambi i genitori.

Adesso, la legge non è applicata da ogni tribunale o è applicata in modo da mantenere molte delle caratteristiche della giurisprudenza precedente.

Esiste un’ampia varietà di interpretazioni sul territorio nazionale.

In particolare l’affidamento condiviso era stato disegnato dal legislatore per gestire sia il caso conflittuale sia quello non conflittuale, questo trattato dalla giurisprudenza precedente attraverso l’affidamento congiunto.

Molti Tribunali spesso non applicano questo istituto, privilegiando ancora l’istituto dell’affido esclusivo del minore.

L’affidamento congiunto ha un significato più propriamente giuridico inteso come esercizio congiunto della potestà genitoriale (in precedenza il termine utilizzato era il tradizionale patria potestà).

Con l’affidamento condiviso, i genitori conservano entrambi l’esercizio della potestà genitoriale sul figlio.

Anche se le norme in materia di affidamento condiviso non lo prevedono, molte sentenze hanno introdotto la prassi della collocazione del figlio presso uno dei genitori come dimora prevalente (in precedenza l’espressione utilizzata era casa familiare), che comporta altre disposizioni tipiche dell’affidamento esclusivo (assegnazione della casa familiare al genitore cosiddetto collocatario dei figli, al quale spetterebbe la corresponsione dell’assegno di mantenimento dei figli), prassi contestata tra l’altro dalle associazioni di padri, perché contradirebbe il comma 1 dell’articolo 155 del Codice civile:

 “Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione potestà genitoriale (precedentemente il termine usato era il tradizionale patria potestà). Con l’affidamento condiviso, quindi, i genitori conservano entrambi l’esercizio di detta potestà genitoriale sul figlio.

e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale” .

In realtà, in Italia si è verificato lo stesso fenomeno che si è manifestato in precedenza nei Paesi nei quali si era promulgata la legge sull’affidamento condiviso senza una connotazione materiale e una indicazione dei tempi di coabitazione presso le due figure genitoriali.

Negli anni ’80 negli USA si distingueva tra affido legalmente condiviso e affido materialmente condiviso.

In Svezia la legge sull’affidamento condiviso esisteva dal 1989 e, avendo avuto scarsi risultati, gli Svedesi la dovettero modificare  dopo alcuni anni.

Una visione globale e approfondita consente di affermare che il legislatore non ha assolutamente tenuto conto delle esperienze maturate all’estero, avviandosi a un fallimento annunciato.

Dovrebbe essere sempre stabilito il progetto comune di educazione nella quale i genitori si devono suddividere i compiti di amministrazione ordinaria gestendoli anche in modo disgiunto.

Questi progetti sono in utilizzo da molti anni in diversi Paesi (Olanda, USA, Canada e Belgio) e prendono il nome di parental plans.

La riforma legislativa della 54/06, però, non si è dimostrata idonea a creare le premesse per il cambiamento che si poneva come obiettivo, e questo malgrado il legislatore avesse pensato di introdurre la figura del mediatore che dovrebbe aiutare i genitori a costruire un canale di comunicazione per realizzare insieme questo progetto, ma in concreto ben poche sono le esperienze positive in questo senso.

La normativa dell’affidamento condiviso, nel caso di figli naturali riconosciuti da entrambi i genitori, sembra si possa applicare esclusivamente a seguito di esplicita domanda da parte dei genitori all’attenzione del giudice (competente in Italia sino alla fine del 2012 era il Tribunale per i minorenni anziché il Tribunale ordinario) in relazione l’affidamento stesso e l’esercizio della potestà, altrimenti resta al genitore convivente.

 

Abbiamo assistito alla presentazione del libro della dott.ssa Michela Capone, che introducendo l’argomento trattato ha parlato proprio di affidamento condiviso.

Queste sono state le sue parole:

 

In questo libro i bambini parlano al posto dei genitori – spiega Michela Capone – . Sento spesso dei commenti che parlano dei e delle madri senza prestare la dovuta attenzione ai bambini, che diventano un possesso, i genitori che si contendono un pezzo di figlio che deve essere uguale sia per l’uno sia per l’altro, mentre i ragazzi dicono:

 ‘ascoltateci, ci vogliamo riappropriare della nostra vita’, e a volte chiedono di essere allontanati dai genitori”.

 

“I genitori dovrebbero mantenere la compattezza genitoriale, – prosegue la scrittrice/giudice – non ci dovrebbe essere contesa e cattiva comunicazione tra loro.

Non si deve attuare una sorta di ‘oggettivizzazione’, i figli non devono essere ‘oggettivizzati’ dalle esigenze dei genitori”.

 

“Nel corso dei colloqui a volte i ragazzi dicono:

‘Mio padre e mia madre mi portano in Tribunale perché vogliono vincere’.

Lo sentono dire in macchina nel tragitto per arrivare in Tribunale”.

 

La cosa che  vorrei sottolineare è che si devrebbe fare sempre l’interesse dei figli, non quello dei genitori”.

 

L’intento dell’autrice con la stesura di questo libro è quello di sensibilizzare i lettori sull’atteggiamento dei bambini contesi negli affidamenti condivisi.

Il suo lavoro è quello di decidere il loro futuro e per poterlo fare nei casi delle “famiglie patologiche” deve sentire il parere dei minori, parlare con loro e cercare di comprendere quale sia il meglio per loro.

Come abbiamo accennato all’inizio, nel libro vengono riportate le parole dei ragazzi, i loro pensieri, i loro desideri, le loro aspettative, che dovrebbero fare riflettere i lettori su quale sia la situazione di queste “giovani e innocenti vittime” degli errori degli adulti loro genitori.

 

Dott.ssa Concas Alessandra

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