Incidenti mortali: ogni familiare della vittima ha diritto al risarcimento del «suo» danno morale ed esistenziale

Redazione 19/04/13
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Anna Costagliola

La liquidazione del danno non patrimoniale ai congiunti di una persona vittima di un incidente stradale non può essere uguale per tutti gli aventi diritto, né globale, con successiva ripartizione interna tra loro, ma deve necessariamente essere personalizzata, considerando tutte le circostanze del caso e la diversa incidenza dell’improvvisa e definitiva interruzione del rapporto familiare. È quanto emerge dalla sentenza della Cassazione n. 9231 del 17 aprile 2013.

La Corte premette che, in caso di fatto illecito plurioffensivo, ciascun danneggiato è titolare di un autonomo diritto al risarcimento di tutto il danno, nella sua componente morale, vale a dire la sofferenza interiore soggettiva sul piano strettamente morale, e in quella dinamico-relazionale (cd. danno esistenziale), da intendere come ogni pregiudizio di natura non meramente emotiva ed interiore che alteri le abitudini e gli assetti relazionali propri del soggetto. Pertanto, se l’illecito abbia gravemente compromesso il valore «persona», come nel caso della definitiva perdita del rapporto parentale e matrimoniale, ciascuno dei familiari superstiti ha diritto ad una liquidazione comprensiva di tutto il pregiudizio non patrimoniale subito. Tuttavia, appare erronea agli Ermellini la liquidazione di una somma uguale per tutti i componenti della vittima dell’illecito. Ciascuno dei familiari superstiti, infatti, ha diritto ad una somma di entità proporzionata alla durata e all’intensità del vissuto, alla composizione del restante nucleo che può prestare assistenza morale e materiale, avuto riguardo sia all’età della vittima primaria che a quella dei familiari danneggiati, alla personalità individuale di costoro, alla loro capacità di reazione e di sopportazione del trauma e ad ogni altra circostanza del caso concreto.

Tanto premesso, poiché la liquidazione, necessariamente equitativa, deve essere circostanziata, la Corte rileva che, se per ragioni di uniformità il giudice di merito adotti le tabelle del Tribunale di Milano per l’individuazione della concreta somma attribuibile nel range tra il minimo e il massimo, ovvero anche oltre tale limite se il vulnus familiare è di particolare gravità per alcuni dei superstiti, egli deve esplicitare se e come ha considerato tutte le circostanze per risarcire integralmente il danno non patrimoniale subito da ciascuna. In questa direzione va esclusa ogni liquidazione del pregiudizio in una misura pari ad una frazione dell’importo liquidabile a titolo di danno biologico del defunto, perché tale criterio non rende evidente e controllabile l’iter logico attraverso il quale il giudice di merito sia pervenuto alla relativa quantificazione, né permette di stabilire se e come abbia tenuto conto di tutte le circostanze del caso concreto.

È sulla base dei principi suesposti che la Cassazione, nella vicenda de qua, ha accolto il ricorso proposto, ritenendo che il giudice del merito non avesse fatto concreta applicazione degli stessi, pervenendo ad una liquidazione del danno quantificato in una somma eguale per tutti i componenti della famiglia e senza dar conto dell’incidenza dell’improvvisa e definitiva interruzione del rapporto familiare sul coniuge superstite, sia sotto l’aspetto dell’intensità del dolore emotivo, sia sotto quello della definitiva perdita dell’apporto dell’altro genitore nella cura e nella formazione dei figli, né dell’incidenza di tali aspetti su questi ultimi, per tutta la vita che sarebbe rimasta al padre, secondo l’aspettativa media di essa se non fosse stata improvvisamente stroncata.

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