In una coppia di due madri unite civilmente chi esercita la potestà sul figlio? 

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Sulla scena giuridica tra i diritti che si stanno aggiungendo c’è quello delle coppie gay.

Il ricorso alla fecondazione eterologa consente alle persone dello stesso sesso di avere un bambino, ma quando il genitore non biologico vuole ottenere il riconoscimento giuridico del figlio, si pongono diverse questioni di carattere pratico.

Ad esempio, ci si chiede se in una coppia lesbica entrambe le madri hanno la potestà, vale a dire se esercitano la responsabilità genitoriale sul figlio biologico di una delle due donne, se l’altra donna può diventare il secondo genitore, in modo che quel bambino abbia legalmente due madri, e ci si chiede che cosa si debba fare in caso di risposta affermativa.

A queste domande ha risposto la Suprema Corte di Cassazione con una recente Ordinanza (Cass. Ord. 13/07/2022 n. 22179).

     Indice

  1. In Italia il figlio di una coppia lesbica può essere riconosciuto da entrambe le madri?
  2. I limiti alla fecondazione eterologa
  3. Genitore biologico e d’intenzione
  4. La responsabilità genitoriale per le coppie lesbiche
  5. In che modo tutelare i figli con due genitori dello stesso sesso

1. In Italia il figlio di una coppia lesbica può essere riconosciuto da entrambe le madri?

La Suprema Corte di Cassazione si è occupata del caso instaurato con la richiesta di rettifica di stato civile di un minorenne, nato con la tecnica della procreazione eterologa medicalmente assistita, che hanno avanzato due donne unite civilmente da una convivenza registrata in Comune.

La fecondazione eterologa era stata compiuta in Spagna, ma il figlio è nato in Italia e nell’atto di nascita viene indicata esclusivamente la madre biologica.

Le due donne, in modo congiunto, avevano chiesto la rettifica per indicare nell’atto di nascita, come secondo genitore, anche la madre d’intenzione.

Il Comune ha respinto la richiesta e le “due madri” si sono rivolte all’autorità giudiziaria.

Nella vicenda che la Suprema Corte ha preso in considerazione, dopo una doppia sconfitta in Tribunale e in Corte d’Appello, le due donne hanno sostenuto l’interesse del bambino a vedersi riconosciuto come figlio di entrambe, secondo i Principi Costituzionali e la Convenzione sui Diritti del fanciullo del 1989.

I Supremi Giudici, però, hanno dato una risposta restrittiva e formale al quesito:

il minorenne, anche se è stato concepito all’estero, è nato in Italia, e per lui si applicano inderogabilmente le disposizioni della legge italiana, che richiedono, per la fecondazione assistita la diversità dei sessi della coppia di genitori e inconvenienti di infertilità o di sterilità, non risolvibili in altri modi.

2. I limiti alla fecondazione eterologa

La legge italiana (art. 4 l. n. 40/2004) consente l’accesso alla fecondazione eterologa alle coppie formate da soggetti di sesso diverso, con inconvenienti di sterilità o di infertilità che non possono essere rimediati se non attraverso il ricorso alla procreazione medicalmente assistita.

Con la finalità di aggirare l’ostacolo, molte coppie dello stesso sesso praticano la fecondazione eterologa all’estero, negli Stati dove questa pratica non è vietata.

Una volta ritornati in Italia, resta però aperta la questione del riconoscimento del figlio da parte di entrambi gli aspiranti genitori nel nostro Paese.


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3. Genitore biologico e d’intenzione

Nel caso del quale si sta scrivendo, la Cassazione nel respingere definitivamente il ricorso della coppia lesbica ha richiamato i suoi precedenti in materia, secondo i quali il riconoscimento di un minorenne, nato da fecondazione eterologa, dal genitore d’intenzione, vale a dire, la persona che è legata da un’unione civile al genitore biologico, si pone in contrasto con i principi del nostro ordinamento giuridico.

Non è consentita la realizzazione di forme di genitorialità diverse da quelle espressamente previste.

I Supremi Giudici, sottolineano che i magistrati non si possono sostituire al legislatore nel realizzare strumenti giuridici per tutelare l’interesse del minorenne alla bigenitorialità.

La pronuncia, richiama anche gli orientamenti espressi in materia da parte della Corte Costituzionale (C. Cost. sent. n. 221/2019) secondo la quale non sussiste la violazione dell’articolo 2 della Costituzione perché la norma, nonostante riconosca anche le unioni omosessuali come “formazioni sociali”, non pone “una nozione di famiglia inscindibilmente correlata alla presenza di figli”, e non si ravvisa una violazione dell’articolo 31 della Costituzione, che tutela la maternità e non la semplice aspirazione a diventare genitori.

4. La responsabilità genitoriale per le coppie lesbiche

Il vuoto di tutela che esiste per simili situazioni potrà essere colmato con una pronuncia del legislatore e, come suggerisce la Corte di Cassazione, ricorrendo, dove sia possibile, all’adozione in casi particolari, che consente di instaurare vincoli di parentela anche con la famiglia del genitore adottivo.

Sulla questione c’è una recente pronuncia della Corte Costituzionale (C. Cost. sent. n. 70/2022) che elimina le disparità di trattamento rispetto all’adozione piena.

La sentenza apre la strada alla possibilità per un bambino di avere, insieme al suo genitore biologico, un secondo genitore adottivo.

>>>Leggi la sentenza n.70/2022<<<

5. In che modo tutelare i figli con due genitori dello stesso sesso

Secondo alcuni Giudici è possibile anche ricorrendo alla fecondazione eterologa di un donatore, non ancora attraverso la maternità surrogata, che il bambino nato possa avere due genitori non biologici dello stesso sesso.

In questo modo, due donne o due uomini che formano una coppia omosessuale per il bambino diventano due “madri” o due “padri”.

In simili casi, secondo una recente decisione della Corte Costituzionale ( C. Cost. sent n. 33/2021) si devono salvaguardare i diritti del bambino a un’adeguata crescita, che avverrà senza le due figure genitoriali di sesso diverso.

In una simile prospettiva, si dovranno presto anche “tutelare i nati da maternità surrogata”, arrivando al “riconoscimento giuridico del legame tra il bambino e la coppia che se ne prende cura”.

Le espressioni che utilizza la Consulta sembrano aprire una porta per il riconoscimento del bambino da parte di coppie omosessuali anche nei casi di maternità surrogata, in modo da colmare l’attuale vuoto di tutela e accentuare l’importanza dei rapporti con coloro che di fatto si comportano come suoi genitori.

La Corte Costituzionale ha lanciato un monito al legislatore, in modo che si pronunci per disciplinare simili situazioni con un’altra normativa in grado di colmare le lacune presenti.

La sentenza sottolinea che il bambino deve avere diritto a “ottenere un riconoscimento anche giuridico dei legami che nella realtà fattuale lo uniscono ad entrambi i componenti della coppia”.

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