Immobili e titolo di provenienza

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Qualcuno potrebbe avere avuto l’occasione di sentire parlare di “atto di provenienza”.

La prima reazione potrebbe essere stata quella di sentirsi ignari di fronte a questa dicitura e per per saperne di più, come oggi spesso si fa, si consulta Internet, digitando le parole sul relativo spazio di input di un motore di ricerca, oppure come si faceva in passato si cerca sul vocabolario.

A questo proposito lo scritto di questa sede potrebbe essere utile al fine di spiegare il significato di questa espressione, scrivendo anche in che modo funziona l’atto di provenienza e a che cosa serve.

In che cosa consiste l’atto di provenienza

Quando la proprietà di una casa, di un terreno, di un garage o un altro immobile passa da un soggetto a un altro si richiede necessario un atto notarile che prende il nome di rogito.

A questo proposito, si può pensare ad esempio alla compravendita o alla donazione.

In casi eccezionali, il trasferimento della titolarità di un immobile può avvenire anche con una sentenza.

L’atto pubblico redatto da un notaio o da un giudice che trasferisce la proprietà di un bene immobile viene definito “atto di provenienza”.

A volte si parla anche di “titolo di provenienza”, ed è la stessa cosa.

Esempi

Tizio vende la abitazione a Caio.

I due firmano prima un compromesso e in un momento successivo si recano da un notaio per concludere il contratto definitivo.

Questo atto trasferisce in modo esclusivo la proprietà del bene, e di conseguenza, viene definito “atto di provenienza”.

Sempronio regala un magazzino al nipote Mevio, in modo che lui questa aprire una sua attività commerciale.

L’atto di donazione viene stipulato, in conformità agli obblighi di legge, davanti a un notaio.

L’atto in questione costituisce l’atto di provenienza.

Tizio muore e lascia in eredità ai suoi figli un terreno in campagna.

L’atto di successione con il quale il notaio dà lettura del testamento e trasferisce la proprietà del fondo agli eredi costituisce l’atto di provenienza.

Come dice il nome stesso, l’atto di provenienza è il documento che stabilisce, e al tempo stesso, dimostra la “provenienza”, vale a dire il passaggio della proprietà da un soggetto a un altro.

Il più delle volte, l’atto di provenienza è un contratto di compravendita o di donazione, ma potrebbe anche essere un testamento o una sentenza del tribunale.

Esempio

Tizio sostiene di avere arato per venti anni il terreno di Caio, di averlo coltivato, di avere realizzato dei lavori straordinari e delle staccionate.

Tizio agisce in tribunale contro Caio per ottenere l’accertamento dell’usucapione.

Il giudice accoglie la sua richiesta e dichiara, con sentenza, il trasferimento della proprietà.

La sentenza costituisce l’atto di provenienza del bene.

Ai fini del trasferimento dei beni immobili, l’atto di provenienza non può che essere un atto pubblico, rogato da un notaio o da un altro pubblico ufficiale, come il giudice.

A questo proposito si deve dire che esclusivamente gli atti pubblici possono essere trascritti nei pubblici registri mobiliari, un passaggio necessario al fine di decretare il trasferimento della proprietà.

Una donazione posta in essere su un semplice foglio di carta firmato dalle parti o una vendita con scrittura privata non avrebbero ai fini legali nessun valore.

L’atto di provenienza e la sua valenza

Siccome l’atto di provenienza di un immobile è un atto redatto da un pubblico ufficiale esso fa “pubblica fede”, vale a dire fa piena prova sino a “querela di falso”.

La querela di falso è un procedimento speciale che, nonostante il suo nome, è di natura civilista.

La sua utilità è quella di dimostrare la falsità di un documento.

A questo proposito scalfire la validità di un atto di provenienza non rappresenta di sicuro un facile procedimento.

L’utilità dell’atto di provenienza

L’atto di provenienza è anche il metodo più veloce per dimostrare la proprietà di un immobile.

Chi ne è in possesso viene riconosciuto ufficialmente come il proprietario del bene, sempre che la sua identità sia davvero quella del soggetto identificato nell’atto stesso.

La Suprema Corte di Cassazione, attraverso la sentenza 27366 del 2016, ha sostenuto che l’atto di provenienza potrebbe non bastare al fine di dimostrare la proprietà del bene.

Il ragionamento fatto dalla Suprema Corte si può spiegare e comprendere in modo migliore  attraverso un esempio.

Tizio vende un appartamento a Caia.

Tizio in realtà non è l’unico proprietario dell’immobile perché lo ha ricevuto in eredità insieme a Sempronio e a Mevia.

L’atto di vendita di Tizio risulta nullo.

Caia ha fatto un acquisto che ai fino del diritto non ha nessun valore, e di conseguenza, il suo atto di acquisto non può superare questo grave inconveniente di carattere giuridico.

Al fine di avere la sicurezza che chi rivendica la proprietà del bene lo ha acquistato da chi ne era davvero il proprietario e che anche costui, a sua volta, lo abbia ricevuto dall’avente diritto, e così via a ritroso sino al primo proprietario, la legge pone un particolare onere a chi vuole dimostrare di essere l’autentico proprietario di un immobile.

Egli deve ricostruire la catena delle varie cessioni dell’immobile.

È sufficiente fermarsi agli ultimi venti anni, vale a dire al tempo necessario all’usucapione, che rappresenta un titolo valido per sanare qualsiasi tipo di acquisto “dal non proprietario”.

A che cosa serve l’atto di proprietà

L’atto di proprietà di un immobile possiede la funzione di dimostrare chi è il legittimo proprietario di un immobile.

Si rende necessario quando la proprietà viene contestata da terzi che si rivendicano come i proprietari dell’immobile.

Al fine di dimostrare la proprietà non basta in modo esclusivo l’atto di compravendita firmato davanti al notaio, vale a dire il rogito con il contratto di acquisto, ma si rende opportuno dimostrare di avere acquistato la casa da chi ne era il vero proprietario e che lo stesso a sua volta l’abbia acquistata dal legittimo titolare.

A questo proposito, l’unico modo per farlo è munirsi di atto di proprietà.

Quando la proprietà di un immobile viene messa in discussione, il legittimo proprietario può dimostrare la titolarità sul bene anche attraverso l’usucapione, vale a dire il possesso pacifico e ripetuto su un bene per un periodo che determina la legge.

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