Il segreto investigativo -scheda di diritto-

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Il segreto investigativo ha sostituito il segreto istruttorio, un istituto formale del codice di procedura penale che stabiliva il divieto di divulgazioni di notizie relative a indagini giudiziarie. È stato abolito nel 1989 con l’emanazione del codice di procedura penale vigente.

     Indice

  1. La disciplina
  2. La differenza tra segreto istruttorio e segreto investigativo
  3. L’articolo 329 del codice di procedura penale

1. La disciplina

Il segreto è regolato dall’articolo 329 del codice di procedura penale, dove si sancisce, al comma 1, la segretezza degli atti d’indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sino a quando gli stessi non possono essere conosciuti dall’imputato, ma non oltre le indagini preliminari.

Il segreto istruttorio fu oggetto della sentenza della Corte Costituzionale del 20 luglio 1990 n. 348, nella quale ribadì l’importanza del diritto di essere informati, ma che questo aspetto presenta una garanzia preliminare per l’attuazione dello Stato democratico, evidenziò la necessità del segreto in ambito giudiziario.


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2. La differenza tra segreto istruttorio e segreto investigativo

Il segreto istruttorio, nel codice di procedura penale del 1930, garantiva che non avvenisse diffusione di informazioni per l’intera durata dell’istruttoria.

Nel codice di procedura penale del 1988 rappresenta il segreto delle indagini preliminari.

Non è assoluto, perché:

  • dura non oltre l’avviso di conclusione delle indagini
  • copre singoli atti di indagine o una loro sequenza
  • decade per gli atti che il pubblico ministero rende noti all’indagato (art. 329 c.p.p.)   salvo il caso nel quale si risponda la secretazione con apposito provvedimento giudiziario.

Quando il segreto investigativo decade, il Pubblico Ministero notifica l’accusa con un’informazione di garanzia, con un invito a interrogatorio, con un ordine di custodia cautelare, con un mandato di perquisizione o con un’ordinanza di sequestro.

Dal momento nel quale l’indagato viene a conoscenza dell’indagine sul suo conto, l’atto non è più segreto e può essere divulgato ai cittadini, entro i limiti dettati dall’articolo 114 del codice di procedura penale.

Secondo alcune interpretazioni non comporta nessuna violazione la pubblicazione del contenuto delle informazioni di garanzia, di verbali di interrogatorio e di ordinanze di perquisizione, anche quando accompagnate dalle trascrizioni delle intercettazioni e da altre fonti di prova, purché la pubblicazione, anche parziale, del contenuto degli atti non più coperti dal segreto abbia luogo dopo la conclusione delle indagini preliminari o il termine dell’udienza preliminare.

A presidio di questi limiti agisce il reato del quale all’articolo 684 del codice penale “Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale”, a proposito del quale è stato notato da Nello Rossi che in altri Paesi ci sono giornali che hanno chiuso per le pesanti sanzioni economiche in cui sono incorsi per pubblicazioni “arbitrarie”, vale a dire, contra legem.

In Italia il rischio è risibile, afferma sempre Nello Rossi, perché pagando una modesta oblazione si sana ogni violazione.

3. L’articolo 329 del codice di procedura penale

L’articolo 329 del codice di procedura penale rubricato “obbligo del segreto” recita:

Gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, le richieste del pubblico ministero di autorizzazione al compimento di atti di indagine e gli atti del giudice che provvedono su tali richieste sono coperti dal segreto fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari.

  1. Quando è strettamente necessario per la prosecuzione delle indagini, il pubblico ministero può, in deroga a quanto previsto dall’articolo 114, consentire, con decreto motivato, la pubblicazione di singoli atti o di parti di essi. In tal caso, gli atti pubblicati sono depositati presso la segreteria del pubblico ministero.
  2. Anche quando gli atti non sono più coperti dal segreto a norma del comma 1, il pubblico ministero, in caso di necessità per la prosecuzione delle indagini, può disporre con decreto motivato:

a) l’obbligo del segreto per singoli atti, quando l’imputato lo consente o quando la conoscenza dell’atto può ostacolare le indagini riguardanti altre persone;

b) il divieto di pubblicare il contenuto di singoli atti o notizie specifiche relative a determinate operazioni.

Essendo il rito penale strutturato in chiave accusatoria, la sfera del segreto è determinata in rapporto alla conoscenza legittima che la persona sottoposta alle indagini possa avere degli atti d’indagine compiuti dal Pubblico Ministero e dalla Procura.

La norma in commento, strettamente collegata a quella della quale all’articolo 114 del codice di procedura penale, per motivi di tutela della regolare prosecuzione delle indagini nei confronti dell’indagato che, se a conoscenza delle attività di indagini, potrebbe non esclusivamente inquinare le prove, ma anche compromettere l’efficace ampliamento delle indagini nei confronti di altri soggetti o di altri fatti relativi all’inchiesta, stabilisce che gli atti dell’attività investigativa sono coperti da segreto sino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza, o sino alla chiusura della fase delle indagini preliminari.

Per speculari motivi di efficace svolgimento delle indagini, il Pubblico Ministero può consentire con decreto motivato la pubblicazione di parti dell’attività investigativa, ad esempio al fine di reperire persone informate sui fatti che, una volta presa conoscenza di alcuni dettagli dell’inchiesta, potrebbero capire di avere assistito alla commissione di reati.

Al contrario, anche quando gli atti non sono più coperti da segreto ai sensi del comma 1, sempre al fine di agevolare la prosecuzione delle indagini, può disporre con decreto la segretazione per singoli atti ai sensi dell’articolo 114 del codice di procedura penale, ma esclusivamente quando l’imputato lo consente o quando la conoscenza dell’atto può ostacolare le indagini su altri soggetti i quali, se a conoscenza degli atti, potrebbero inquinare le prove o smettere di delinquere, rendendo molto più difficoltosa la ricostruzione di un adeguato quadro probatorio.

Allo stesso modo, può decretare il divieto di pubblicazione in relazione a singoli atti o a specifiche azioni investigative.


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Dott.ssa Concas Alessandra

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