Il risarcimento delle colpe dei figli minori da parte dei genitori

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La colpa di una violenza sessuale commessa da alcuni minori ai danni di un’altra minore ricade sui genitori.

Ricade su di loro l’obbligo di risarcire i danni riconosciuti alla vittima della violenza sessuale, se dalle perizie realizzate al momento dei fatti e successivamente emerge la cattiva educazione dei figli e il loro atteggiamento violento e prevaricatore.

Lo ha stabilito la sentenza n. 63/2020 della Corte d’Appello di Catanzaro.

Prima di scrivere sulla vicenda in questione, qualcosa sulla responsabilità dei genitori per i danni causati dai figli.

La responsabilità dei genitori per i danni causati dai figli

I genitori sono responsabili dei danni procurati dai figli sia alle altre persone sia alle a cose.

Lo sono senza limiti di importo, anche se l’entità del risarcimento dovesse superare le loro capacità economiche, resterebbero allo stesso modo obbligati a indennizzare il danneggiato.

La responsabilità dei genitori per i danni dei figli resta sino a quando gli stessi diventano maggiorenni.

Dai 18 anni in poi, rispondono i figli in persona, non  ha importanza se siano nullatenenti e senza reddito.

Se un figlio maggiore di età, non dovesse essere in grado di risarcire i danni che ha procurato, i suoi genitori non ne risponderanno neanche in via sussidiaria.

Il fatto di convivere con i genitori e di essere a loro carico non comporta nessuna loro responsabilità dei secondi per i comportamenti del figlio.

 

In due occasioni i genitori non sono responsabili dei danni procurati dal figlio minorenne.

 

Se lo stesso era sotto la supervisione di un maestro o un insegnante, ad esempio il tempo nel quale il bambino è a scuola o presso una palestra, una scuola calcio e simili.

In presenza di simili circostanze, è il precettore a rispondere dei danni del minorenne;

 

Se i genitori dimostrano di non avere potuto impedire il fatto.

 

Questo secondo aspetto risulta difficile da dimostrare.

Secondo la giurisprudenza, i genitori devono dare ai loro figli una corretta educazione, rispettosa delle regole giuridiche e sociali, in modo da renderli capaci di autogestirsi nel rispetto di una civile convivenza con il prossimo.

Se il figlio è lontano dalla vista dei genitori, ad esempio quando è al parco con gli amici, non esonera gli stessi da responsabilità per i suoi comportamenti illeciti.

Non è la presenza o l’assenza del genitore a comportare o escludere l’obbligo di risarcire eventuali danni realizzati dal minore.

 

Ritorniamo alla vicenda in questione.

 

I fatti in causa

Alcuni ragazzi e i loro genitori vengono convenuti in giudizio, perché previo accertamento della responsabilità dei giovani, accusati di avere commesso e concorso a commettere violenza sessuale ai danni di una minore, siano condannati a risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.

 

Un pomeriggio di novembre 2004 la minore, colta da una pioggia improvvisa mentre si trovava fuori casa, si rifugiava in una casa in costruzione, dove, dopo essere stata raggiunta da alcuni ragazzi, veniva costretta a subire un rapporto sessuale da uno di loro, mentre un altro tratteneva la sua amica, che non poteva soccorrere la vittima che nel frattempo gridava  e chiedeva aiuto.

 

Il Tribunale accoglie in parte la domanda condannando il violentatore e il complice, nella misura del 30%, a risarcire i danni richiesti.

Una sentenza successiva dispone la condanna all’intero risarcimento del danno commesso ai danni delle vittime.

 

La responsabilità dei genitori se la citazione è notificata quando il figlio è maggiorenne

Due dei genitori citati in giudizio ripropongono in appello, con il primo motivo, la carenza di legittimazione passiva nel procedimento sollevata davanti  al Tribunale, perché al momento della notifica dell’atto di citazione non esercitavano più la potestà sul figlio, che nel frattempo era diventato maggiorenne.

 

Con il secondo motivo rilevano l’erroneità della sentenza di primo grado, che li ha considerati responsabili ai sensi del 2048 del codice civile, non considerando che l’episodio per il quale è causa è fine a se stesso, e non è ascrivibile a mancanza di adeguata educazione familiare, ma a un fatto isolatamente dissonante che spiega l’equipe socio familiare.

 

La decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello, nel respingere le doglianze dei genitori, fa presente che il giudice di primo grado “ha disatteso l’eccezione in parola richiamando la giurisprudenza della Suprema Corte che ha chiarito che la responsabilità dei genitori per il fatto illecito dei minori, ai sensi dell’articolo 2048 del codice civile può concorrere con quella degli stessi minori fondata sull’articolo 2043 del codice civile, se capaci di intendere e  volere, dovendosi ritenere, da un lato sussistente la legittimazione passiva, essendo i giovani maggiorenni all’epoca della proposizione del giudizio, dall’altra quella dei genitori, in proprio, ai sensi dell’articolo 2048 e non in qualità di genitori che esercitano la potestà sul minore.

 

Il primo motivo di appello però per la Corte deve essere esaminato in modo congiunto con il secondo, al quale è strettamente collegato.

Al contrario di quello che sostengono i genitori, il Tribunale non è arrivato a considerare gli stessi automaticamente responsabili per il comportamento del figlio.

“Esso ha ritenuto non raggiunta dai genitori del minore la prova positiva di avere impartito al figlio una buona educazione e di aver esercitato su di lui una vigilanza adeguata, in conformità alle condizioni sociali, familiari, all’età, al carattere e all’indole del minore.

In questo senso, ha evidenziato come alla luce delle evenienze istruttorie di cui si è ampiamente sopra scritto (Relazione redatta dagli operatori della (…), sommarie informazioni rese da ……..), l’episodio di violenza in oggetto perpetrato da (…) non potesse considerarsi come un fatto isolato, ma come strettamente connesso ad una personalità incline alla violenza ed alla sopraffazione degli altri, “che è a sua volta il frutto di un’educazione non adeguata”.

 

Queste conclusioni non vengono scalfite dal fatto che la relazione riporti che i genitori sono sembrate persone in grado di svolgere la loro funzione di educatori e di consentire al figlio una perfetta integrazione nella società e nel mondo del lavoro, perché dalla perizia redatta nei tre anni successivi queste conclusioni positive non sono state confermate.

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