L’ergastolo, in che cosa consiste e quanti anni dura

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Oggi le leggi stanno diventando molto severe nei confronti di chi commette reati di estrema gravità, anche perché i cittadini non credono più nella rieducazione del reo, paventata e declamata nel dettato del comma 2 dell’articolo 27 della Costituzione, e non vogliono più giustificare chi commette dei reati. In Italia, l’ergastolo è una pena detentiva perpetua, che viene inflitta a coloro che commettono delitti molto gravi e deve essere scontata in uno degli stabilimenti a questo consoni, con l’obbligo del lavoro e con l’imposizione dell’isolamento notturno. Si tratta della pena massima riconosciuta nel nostro Paese che consiste nella detenzione a vita, dal momento dell’ingresso in carcere sino alla morte del condannato. L’ergastolo viene inflitto per reati come l’omicidio o per quelli di stampo mafioso. Nonostante l’ergastolo sia definito carcere a vita non sempre costringe il detenuto a non vedere più la luce del sole, dipende dal tipo di ergastolo che viene inflitto, che può essere semplice oppure ostativo. Nel primo caso, si ha diritto alle misure premiali riconosciute dal nostro ordinamento, nel secondo non viene concesso nessun beneficio, nessuna misura diversa dal carcere per scontare la condanna. Nel corso degli anni, nonostante sia stato dichiarato, sia nello scenario italiano sia europeo, come una pena molto severa e contraria ai diritti dell’uomo, l’ergastolo rappresenta sempre una realtà.

Indice

1. In che cosa consiste l’ergastolo


L’ergastolo è la pena più elevata prevista dal nostro ordinamento e, nella sua definizione, equivale alla reclusione a vita (art. 22 c.p.). L’articolo 22 del codice penale, rubricato “Ergastolo” recita: La pena dell’ergastolo è perpetua, ed è scontata in uno degli istituti a ciò destinati, con l’obbligo del lavoro e con l’isolamento notturno. Il condannato all’ergastolo può essere ammesso al lavoro all’aperto. Questo istituto è da sempre molto discusso nel nostro Paese perché, come scritto sopra, dovrebbe tenere fede al principio costituzionale della rieducazione del reo reinserendolo nella società, che si scontra con l’idea di una condanna perpetua, da scontare in un istituto di pena. A causa di questo, l’ergastolo, nonostante privi il condannato della sua libertà a vita, gli riconosce il diritto di beneficiare di permessi premio, semilibertà e liberazione condizionale.

2. L’ergastolano e il diritto di uscire dal carcere


I condannati, che in carcere mantengono una condotta regolare e che non risultano pericolosi per la società, hanno diritto di ottenere i permessi premio (art. 30 L. n. 354 del 26/07/1975), vale a dire uscite dal carcere di durata non superiore a 15 giorni consecutivi, ideati per consentire loro di coltivare interessi affettivi, culturali e di lavoro. La durata complessiva dei permessi non può superare 45 giorni di ogni anno di espiazione della condanna. I condannati all’ergastolo hanno diritto ai permessi premio, hanno diritto alle cosiddette uscite dal carcere, ma esclusivamente dopo avere espiato almeno dieci anni di pena. Questi permessi consentono loro in occasioni particolari, che possono essere rappresentate, ad esempio da una festività, di trascorrere dei giorni fuori dell’istituto penitenziario, magari insieme alla loro famiglia.


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3. L’ergastolano e la giornata fuori dal carcere


Un altro beneficio che la legge prevede, al quale possono accedere i condannati a pena definitiva, vale a dire che non può più essere impugnato, è la semilibertà (art. 48 L. n. 354 del 26/07/1975) che consiste nella possibilità di trascorrere parte del giorno fuori dell’istituto penitenziario per partecipare alle attività lavorative, istruttive o utili al reinserimento sociale. Anche il condannato all’ergastolo, dopo avere espiato almeno venti anni di pena detentiva (art. 50 L. n. 354 del 26/07/975), può essere ammesso a scontare la stessa in modalità diversa dalla detenzione carceraria.

4. L’ergastolo e la sua durata


I permessi premio e la semilibertà non incidono sulla durata dell’ergastolo, ma consentono di capire che, anche durante l’espiazione di una pena perpetua, vale a dire a vita, l’ergastolano ha la possibilità di uscire per incontrare i suoi familiari, anche se per un numero di giorni determinato, oppure di lavorare fuori dell’istituto penitenziario, al fine di consentirne un graduale reinserimento nella società. Alcuni si sono chiesti per quale motivo si debba consentire all’ergastolano di uscire e lavorare all’esterno se poi dovesse essere condannato a restare in carcere a vita, chiedendo che tipo di risocializzazione sarebbe prevista per lui. Ogni soggetto condannato può ottenere la liberazione condizionale che gli consente di trascorrere la parte finale della sua pena in libertà vigilata, vale a dire fuori del carcere, al fine di realizzare la risocializzazione e il riavvicinamento alla società (art.176 c.p.). L’articolo 176 comma 1 del codice penale, rubricato “Liberazione condizionale”, recita: Il condannato a pena detentiva che, durante il tempo di esecuzione della pena, abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento, può essere ammesso alla liberazione condizionale, se ha scontato almeno trenta mesi e comunque almeno metà della pena inflittagli qualora il rimanente della pena non superi i cinque anni. La liberazione condizionale costituisce un momento successivo rispetto all’ammissione al regime di semilibertà e viene concessa quando il detenuto abbia dato prova di essersi ravveduto, nel senso che si è pentito del reato che ha commesso, e abbia scontato in carcere almeno trenta mesi, o almeno metà della pena che gli è stata inflitta, sempre che non gli restino da scontare più di cinque anni. Una domanda frequente è se anche l’ergastolano può uscire dal carcere prima della fine dei suoi giorni. La risposta è affermativa, anche all’ergastolano, nonostante questo tipo di pena sia perpetua, dopo 26 anni di carcere può ottenere la libertà condizionale per buona condotta.

5. L’ergastolo ostativo


L’ergastolo ostativo, essendo ergastolo, è la pena massima prevista nel nostro ordinamento ma, a differenza dell’ergastolo, che viene definito semplice, non consente di ottenere nessun beneficio penitenziario, e non consente di scontare la pena in misure diverse dal carcere, a meno che l’ergastolano non collabori con la giustizia, o la sua collaborazione sia diventata impossibile. Il condannato all’ergastolo ostativo, nonostante molte battaglie e ricorsi alla Corte Costituzionale, a meno che non decida di diventare un pentito, resterà per sempre in carcere. L’ergastolo ostativo si applica ai condannati per reati di estrema gravità (art. 4 bis L. n. 354 del 26/07/1975), come ad esempio terrorismo, associazione mafiosa, sequestro a scopo di estorsione o associazione per traffico di stupefacenti.

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