Il Principio del Contraddottorio nel diritto processuale penale

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Il principio del contraddottorio inteso nelle sue linee essenziali, evoca l’idea della simultanea e contrapposta compartecipazione delle parti del processo.

La vocatio in judicium e la contestazione dell’accusa ne garantiscono l’attuazione.

Le regole dettate per i casi di mancata comparizione dell’imputato e della sua partecipazione a distanza, costituiscono le variabili di un sistema dedito a delimitare le stasi del processo e a garantire, anche in assenza dell’imputato, l’effettività del sua presenza attiva nel dibattimento.

La normativa sulla elaborazione e la valutazione in contraddittorio della prova completa il mosaico, ed è proprio a questo tassello che in questa sede ci si riferisce, che lontano dal fornire un quadro capillare della disciplina, abbozza un tentativo di ritrovamento di un equo contemperamento tra il diritto al silenzio dell’imputato, il diritto di non rendere dichiarazioni autoincriminanti, il diritto dell’accusato a confrontarsi con l’accusatore, nonché l’interesse generale ad acquisire, ai fini probatori, il patrimonio conoscitivo in possesso dell’imputato e degli altri soggetti coinvolti a vario titolo nella vicenda processuale.

L’art. 111 della Costituzione ai commi 3 e 4, vale a dire nella parte nella quale definisce il principio del contraddittorio, costituisce la norma regina per la lettura e l’esegesi della legge dettata per la sua attuazione, perché consacra le due anime del contraddittorio.

Nel lato oggettivo, esso indica il metodo di accertamento giudiziale dei fatti, in quello soggettivo deve essere inteso come diritto dell’imputato a confrontarsi con il suo accusatore.

Parte della dottrina ritiene, dando un’interpretazione restrittiva di questa norma, che la prova valida per la decisione finale si possa formare esclusivamente oralmente nel corso della cross examination. In questo modo le dichiarazioni rese durante le indagini preliminari, segrete, anche contestate a colui il quale avesse fornito una diversa versione, non sarebbero assolutamente utilizzabili ai fini della prova del fatto affermato in precedenza.

Altra dottrina, rappresentata dal Professor Paolo Tonini, estende il significato del contraddittorio, affermando che il principio sancito dal comma 4 dell’art. 111 della Costituzione, troverebbe piena attuazione anche dove le precedenti dichiarazioni, rese nel circuito delle indagini preliminari, fossero contestate in dibattimento a colui che dia una diversa versione dei fatti, in questo caso la prova valida ai fini della decisione dibattimentale si formerà in modo complesso, nel quale verrà rispettata la dialettica tra accusa e difesa.

Il dichiarante che cambi versione, non si sottrarrà al contraddittorio perché le parti potranno fare domande attraverso le quali sarà possibile chiarire le motivazioni delle differenze rispetto a quello che è stato affermato in precedenza.

I fautori dell’interpretazione restrittiva sostengono che il precetto contenuto nella prima parte dell’art. 111, comma 4, della Costituzione, in virtù del quale “il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova”, pone implicitamente una sanzione di inutilizzabilità per le ipotesi nelle quali non si osservi questo principio.

All’opposto, i sostenitori della tesi estensiva, rilevano che questo primo periodo vada collegato con il secondo periodo dello stesso comma, diversamente non avendo nessun senso la previsione normativa di esso, perché la norma in sé porrebbe già la regola dell’inutilizzabilità delle dichiarazioni assunte in elusione del contraddittorio.

In realtà, comma 4 dell’art. 111 della Costituzione, letto sistematicamente, metterebbe

l’inutilizzabilità come sanzione per un comportamento elusivo del contraddittorio e non come esclusione di un determinato elemento di prova per la sua ontologica inaffidabilità, e questa conclusione sarebbe avvalorata dalla natura esclusivamente relativa della inutilizzabilità deducibile proprio dal secondo periodo del comma 4, in base al quale le dichiarazioni rese da chi ha eluso il contraddittorio possono essere utilizzate in favore dell’imputato.

Il giudice delle leggi, chiamato a pronunciarsi sulla versione dell’art. 500 del codice di procedura penale, ha condiviso l’interpretazione restrittiva, affermando che l’art. 111 della Costituzione ha “espressamente attribuito risalto costituzionale al principio del contraddittorio anche nella prospettiva della impermeabilità del processo.

Sulla formazione della prova, rispetto al materiale raccolto in assenza della dialettica tra le parti, alla stregua di questa opzione, sembra coerente la previsione di istituti che mirino a preservare la fase del dibattimento, nella quale assumono valore paradigmatico i principi dell’oralità e del contraddittorio, da contaminazioni probatorie fondate su atti unilaterali raccolti nel corso delle indagini preliminari” .

Adesso vediamo più nel dettaglio in che consiste il principio del contraddittorio disciplinato dall’articolo 111 della Costituzione.

Introdotto nell’articolo 111 della Costituzione dalla legge 23 novembre 1999 n. 2 (Inserimento dei principi del giusto processo nell’articolo 111 della Costituzione), il principio del contraddittorio costituisce una particolare connotazione della giurisdizione penale, garantendo il pieno esercizio del diritto alla prova, e quindi alla difesa, attuando quella dialettica processuale, propria di un sistema penale di stampo accusatorio.

Il testo dell’art. 111 della Costituzione stabilisce:

il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova”.

Nel suo significato più ristretto, questo principio inerisce la fase delle indagini preliminari, assicurando il diritto del difensore ad essere presente ad un atto di indagine o a conoscerne il verbale, e quella del dibattimento, riconoscendo, ai fini della decisione, la validità della prova esclusivamente se è stata formata oralmente all’interno dell’esame incrociato (come detto sopra).

La conoscenza dei verbali e degli atti di indagine si può definire esaustiva quando il pubblico ministero invia l’avvio di conclusione delle indagini preliminari (ex art. 415 bis c.p.p.).

Nella sua accezione più ampia, il contraddittorio si riferisce alla parità delle parti durante le fasi della formazione della prova.

La piena attuazione del principio assicura un’ampia gamma di diritti strumentali tra i quali si rileva il diritto ad ottenere dal giudice l’ammissione della prova, sia essa orale, documentale o reale (ex art. 190 e 495, comma1, c.p.p.).

Il diritto ad ottenere l’ammissione della prova contraria rispetto alla prova principale richiesta da altri (ex art. 495, comma 2, c.p.p.).

Il diritto di porre domande nell’esame e nel controesame (ex art. 498 c.p.p.), il quale esercizio è controllato dal presidente dell’organo collegiale che valuta la pertinenza e l’ammissibilità della singola domanda (ex art. 499, comma 6, c.p.p.).

In particolare, nell’ambito dell’esame incrociato, le domande sono poste prima dalla parte, pubblico ministero o difensore, che ha chiesto l’esame di una determinata persona (c.d. esame diretto), poi precede al controesame la parte che ha un interesse contrario, poi la parte che ha chiesto l’esame può proporre ulteriori domande.

Il comma 5 dell’art. 111 della Costituzione, pone importanti eccezioni al principio del contraddittorio che, siccome derogatrici di una regola tutelata a livello costituzionale, non possono essere estese analogicamente.

La prova è utilizzabile anche se si è formata fuori dal contraddittorio per consenso dell’imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita.

Dott.ssa Concas Alessandra

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