Il divorzio e i suoi effetti tra gli ex coniugi

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Quando due persone si sposano, sostengono molte spese e sia per questo sia per il desiderio di creare una famiglia felice, si augurano che il rapporto coniugale sia sempre ottimo, o almeno, sostenibile.

Una relazione comporta diverse difficoltà, che a volte risultano essere insormontabili e si decide prima di separarsi e successivamente si arriva al divorzio.

Il tasso di divorzi è elevato e questo è di sicuro un elemento da non trascurare che spiega la difficoltà di riconciliarsi dopo una discussione o, addirittura, un tradimento.

Il divorzio, che in gergo tecnico viene definito cessazione degli effetti civili del matrimonio, rappresenta una procedura che ha come effetto principale quello di mettere fine al matrimonio per la legge civile.

Con il divorzio si può parlare di ex coniugi, mentre non è esatto definire ex marito o ex moglie il partner dopo che sia avvenuta esclusivamente la separazione.

La libertà di stato civile libero si riacquista esclusivamente con il divorzio, e coloro che lo desiderano si potranno risposare civilmente.

In relazione ai rapporti tra i coniugi esistono anche altri effetti che il divorzio porta con sé.

In questa sede si tratterà di come oggi si può divorziare in Italia e, successivamente, quali sono gli effetti che, una volta si arrivi al divorzio, si producono nella vita di coloro che per la legge furono marito e moglie.

Importante rilevare che il divorzio non produce nessun effetto sul matrimonio canonico, vale a dire sul matrimonio che gli ex coniugi abbiano contratto anche nell’ambito dell’ordinamento canonico della Chiesa cattolica.

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Le modalità del divorzio in Italia

Una recente legge (D. l. n. 132/2014), ha introdotto la possibilità di arrivare in modo più rapido e meno difficoltoso al divorzio.

A questo proposito è possibile che i coniugi sciolgano il vincolo matrimoniale civile attraverso un loro accordo sottoscritto davanti all’ufficiale di stato civile senza avere bisogno dell’assistenza di un avvocato, oppure con la cosiddetta negoziazione assistita.

L’accordo davanti all’ufficiale dello stato civile è possibile:

Se i coniugi non abbiano figli minori o incapaci o maggiorenni ma non autosufficienti economicamente, ed è possibile l’accordo davanti all’ufficiale dello stato civile se ci siano figli, anche minori, avuti da precedenti relazioni o da precedenti matrimoni.

Se i coniugi non stipulino patti di trasferimento patrimoniale, vale a dire accordi con i quali si trasferiscano diritti.

Sono consentiti gli accordi relativi al pagamento di assegni di mantenimento periodico.

Una volta firmato l’accordo, l’ufficiale di stato civile deve riconvocare le parti dopo trenta giorni per riconfermare lo stesso.

Se dopo trenta giorni le due parti non si dovessero ripresentare, vorrebbe dire che l’accordo è decaduto.

L’unico costo per questa procedura è la marca da bollo da sedici euro.

Se le parti preferiscono farsi assistere ognuna dal suo avvocato oppure se ci sono figli minori o incapaci o maggiorenni non autosufficienti o se ci sia il bisogno di accordarsi anche su trasferimenti patrimoniali, si può divorziare con la cosiddetta negoziazione assistita, sempre evitando il tribunale,   attraverso la conclusione di un accordo nello studio di uno dei legali.

La procedura è la seguente:

Se non ci sono figli minori o incapaci o maggiorenni non autosufficienti, l’avvocato dovrà trasmettere l’accordo scritto al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente che verificherà la regolarità dell’atto e darà il suo nullaosta.

Se ci sono figli minori o incapaci o maggiorenni non autosufficienti, l’avvocato dovrà trasmettere lo stesso l’accordo scritto al procuratore della Repubblica che, a sua volta, dovrà verificare che non contrasti con gli interessi dei figli.

Quando il procuratore avrà fatto le sue valutazioni, darà il suo assenso oppure, se riterrà l’accordo lesivo degli interessi dei figli, lo trasmetterà al presidente del tribunale che convocherà i coniugi entro i successivi trenta giorni per tentare di ridefinire l’accordo eliminando gli elementi di contrasto con gli interessi dei figli.

Quando si raggiunge l’accordo, al fine di produrre effetti, dovrà essere trasmesso in copia autentica da uno dei due avvocati all’ufficiale di stato civile.

In alternativa, c’è sempre la possibilità, dopo un anno dalla comparizione davanti  al presidente del tribunale nella separazione giudiziale o dopo sei mesi dalla separazione consensuale, di procedere a un divorzio giudiziale, la procedura avviata dall’avvocato con ricorso al tribunale e che si conclude con una sentenza, a meno che non ci si accordi prima, che definisce gli aspetti della relazione fallita, vale a dire assegni, rapporti con i figli.

Oppure si può procedere a un divorzio congiunto, la procedura nella quale c’è un accordo iniziale che viene portato all’attenzione del giudice che lo omologa pronunciando sentenza di divorzio dopo avere ascoltato i coniugi e se non sia contrario alla legge e agli interessi dei figli.

Gli effetti del divorzio

I principali effetti del divorzio sono rappresentati dai seguenti:

Viene meno lo status di coniuge, ognuno dei due ex coniugi riacquista lo stato civile libero.

Cessano i reciproci obblighi coniugali, vale a dire il diritto agli alimenti in caso di bisogno (art. 59 c.c.), il dovere di fedeltà, di assistenza morale e materiale, alla coabitazione e alla collaborazione nell’interesse della famiglia, di contribuzione ai bisogni della famiglia (art.143 c.c.), a parte gli obblighi nei confronti dei figli che non vengono mai meno.

Se uno dei due ex coniugi va in pensione dopo la pronuncia del divorzio o anche in seguito alla domanda di divorzio depositata in tribunale, all’altro coniuge spetta una quota del trattamento di fine rapporto (Tfr) che gli verrà corrisposta, pari al 40% in relazione agli anni nei quali il rapporto di lavoro è andato insieme al matrimonio, compreso il periodo di separazione legale e sino alla data della sentenza di divorzio.

I presupposti per ottenere questa quota del Tfr sono rappresentati dal fatto che il coniuge percepisca  un assegno periodico e non si sia risposato.

Cessano i diritti di ognuno degli ex coniugi sull’eredità dell’altro.

All’ex coniuge superstite che percepiva un assegno periodico spetta una quota della pensione dell’ex coniuge defunto in relazione alla durata del rapporto dell’ex coniuge e dello stato di bisogno nel quale si trova in quel conesto.

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