Il contratto a titolo gratuito, caratteri e disciplina giuridica

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Il contratto a titolo gratuito è quel contratto nel quale una parte, a fronte della propria prestazione, non ottiene dall’altra parte un vantaggio economico, finanziario o patrimoniale significativo, e si contrappone al contratto a titolo oneroso.

In questo contratto, la prestazione e la controprestazione sono perfettamente equivalenti o, almeno, così sono considerate dalle parti nella loro autonomia negoziale (ricorrendo questa ipotesi, si dice che le due prestazioni sono legate da nesso sinallagmatico), oppure, una parte rende una prestazione alla quale corrisponde una controprestazione non sinallagmatica, ma che produce lo stesso un vantaggio economico, finanziario o patrimoniale significativo.

Esempi di contratto a titolo oneroso con relazione di sinallagmaticità tra le prestazioni sono la vendita, l’appalto, la somministrazione, la permuta, la locazione e quei contratti nei quali il legislatore pone prestazione e controprestazione su un piano di parità.

Esempi di contratti a titolo oneroso privi di sinallagma tra prestazione e controprestazione sono la dazione di ipoteca in favore del creditore, il quale, a fronte della garanzia reale ricevuta, concede una dilazione nel pagamento del debito o una qualche altra utilità economica, patrimoniale o finanziaria significativa (ad esempio, la riduzione del tasso di interesse).

Esempi di contratto a titolo gratuito sono la dazione di ipoteca a favore del creditore, il quale, a fronte della garanzia reale ricevuta, non concede al debitore alcun vantaggio economico, patrimoniale o finanziario, ovvero gliene concede uno sostanzialmente privo di significato economico (ad esempio, dilazione nel pagamento assolutamente irrisoria, riduzione sostanzialmente ininfluente del tasso di interesse, la costituzione di un fondo patrimoniale).

Questi contratti sono visti con sfavore dall’ordinamento, e possono essere aggrediti attraverso l’azione revocatoria ordinaria o, nel caso di fallimento del disponente, mediante l’azione revocatoria fallimentare.

I contratti a titolo gratuito non vanno confusi con i contratti che hanno causa di liberalità, i quali sono caratterizzati dalla volontà di una parte di arricchire l’altra, senza ricevere nessuna prestazione in cambio.

Esempio tipico è la donazione, con la quale il donante vuole trasferire nel patrimonio del donatario un bene o, comunque, una qualche utilità, ma senza ricevere nulla in cambio.

Si dovrebbe parlare non di contratti a titolo oneroso o gratuito, ma di atti (giuridici) a titolo oneroso. Nel concetto più vasto di atto giuridico rientra ovviamente anche il contratto.

In relazione agli atti (anziché ai contratti), si può tracciare il seguente schema che può servire a comprendere la distinzione:

Atti di liberalità, nei quali il disponente vuole arricchire l’altra parte per spirito di liberalità e senza ricevere nulla in cambio.

Atti a titolo gratuito, nei quali il disponente si determina a compiere l’atto non per spirito di liberalità.

Nei fatti egli riceve una controprestazione, ma essa non è legata alla prestazione del disponente da nesso sinallagmatico e non è significativa sotto il profilo patrimoniale, economico o finanziario.

Atti a titolo oneroso, nei quali il disponente riceve una controprestazione, che, pur non essendo legata alla prestazione da nesso sinallagmatico, ha lo stesso, un rilievo economico, patrimoniale o finanziario.

Atti caratterizzati da vincolo sinallagmatico, nei quali il disponente riceve una controprestazione che, per legge o per l’autonomia negoziale delle parti, è considerata economicamente equivalente alla sua prestazione.

La gratuità si distingue dalla liberalità.

La causa liberale di un atto implica che si abbia una parte che viene arricchita dal punto di vista di un incremento patrimoniale in esito al correlativo depauperamento dell’altra parte.

La semplice gratuità implica soltanto l’assenza di un corrispettivo a fronte di un’attribuzione che non comporta un depauperamento in senso tecnico nell’altra parte del contratto.

Così se Tizio presta a Caio un libro per leggerlo o l’auto per una sera il patrimonio del disponente non subisce una modificazione in senso peggiorativo (se si prescinde dal pur sempre necessario, ancorchè tenue, deterioramento della cosa che segue anche al normale utilizzo della stessa).

Il codice civile prevede alcune fattispecie contrattuali che sono suscettibili di essere costruite dai contraenti sia come a titolo oneroso, sia a titolo gratuito: si pensi al mutuo (art.1813  cod.civ. ), al deposito (art. 1766  cod.civ.), al mandato (art. 1703 cod.civ.). Anche la fidejussione (1936 cod.civ.) è costruibile secondo questo duplice paradigma.

Che cosa accade se il titolo è muto circa la qualità onerosa o gratuita dell’elemento causale? La legge ha dettato in proposito specifiche presunzioni semplici. Così il mandato ed il mutuo si presumono onerosi (artt. 1709 , 1815  cod.civ.), mentre il deposito si presume gratuito (artt. 1767  cod.civ.). In tema di fidejussione, nel silenzio della legge, gli interpreti desumono una ordinaria natura gratuita.

La donazione è rubricata nel Titolo V del libro II delle successioni, a partire all’articolo 769 e seguenti del codice civile, che ne fornisce una prima definizione che verrà poi resa esaustiva dal novero di altre norme, atte a stabilirne limiti, portata, tipologie, forma, effetti e casi di nullità e revocazione.

Si tratta di un negozio tipico gratuito a norma dell’articolo 1321 del Codice Civile, distinto dagli altri per lo spirito di liberalità che lo connota.

Il requisito ricorre quando l’arricchimento, insito nella donazione e a favore di una data parte, avvenga non esclusivamente in modo gratuita, ma sia il frutto di una elargizione diretta, libera, immediata e spontanea che non nasconda alcun doppio fine e che sia svincolata da quei costringimenti conseguenti a rapporti giuridici o extragiuridici, rilevanti per legge, o di adempimenti di obblighi morali e sociali.

Se, da un lato, l’animus donandi ne costituisce il presupposto soggettivo, dall’altro, l’incremento patrimoniale altrui e l’impoverimento volontario del donante, che deriva dall’assunzione di un obbligo o dal consentire la piena disponibilità di un proprio diritto, ne è il presupposto oggettivo.

In un primo approccio letterale, sembra che alla base di ogni donazione ci sia un intento benefico e altruistico, ma la giurisprudenza chiarisce che la causa di un simile atto di liberalità è quella di attribuire gratuitamente un diritto o un bene, per come volontariamente dichiarato, indipendentemente da ogni sorte d’indagine sull’elemento psicologico con la quale abbia agito il donante.

Il legislatore delimita l’area di azione dove viga sullo stesso la piena e consapevole capacità di donare, che viene meno in casi di declarata incapacità di agire, in presenza di minore d’età, di emancipato, di interdetto, di inabilitato, seppur sussistono specifiche eccezioni in questo senso delle quali gli articoli 774 e seguenti ne sono diretta estrinsecazione.

In relazione alle espresse formalità prescritte in tema di pactum donationis, si richiede la forma scritta a norma dell’articolo 2699 del codice civile, a pena della sua nullità e, ai fini del suo perfezionarsi, rientrando a pieno titolo nella categoria dei contratti, bisogna anche che la volontà del donante incontri l’accettazione del donatario.

Per completare quello che è il quadro della tracciata disciplina legislativa, in materia di donazione, si devono ricordare i casi in presenza dei quali scatti il regime sanzionatorio della nullità e quelli che legittimino la parte che l’ha disposta a richiederne la revocazione.

Le ipotesi del dal legislatore si riducono a due , nelle quali il donante abbia la facoltà di sottoporre il bene e/o diritto oggetto di donazione ad un giudizio di revocabilità, id est l’ingratitudine del donatario e la sopravvenienza dei figli, casistica contenuta all’articolo 800 del codice civile dell’impianto codicistico, cui ha fatto seguito tutta una vasta produzione giurisprudenziale finalizzata a definirne meglio l’operatività, la portata e i confini.

In relazione alle ipotesi di nullità dell’atto di donazione, che ne rendano possibile l’impugnazione, rientrano tra queste, oltre al già menzionato vizio di forma, l’errore sul motivo, quando esso sia stato l’unico determinante e risultante dall’atto, l’illiceità stessa del motivo, l’apposizione di un onere illecito o impossibile.

L’articolo 809 del codice civile , la quale introduce una forma donativa sui generis cosiddetta indiretta.

Essa appartiene al genus delle liberalità atipiche e si concretizza in un effetto sostanzialmente identico a quello della donazione tipica, cioè l’arricchimento, ma facendo ricorso a strumenti giuridici contrattuali differenti rispetto a quelli donativi.

A sorreggere la legittimità atipica di una simile figura, ci sono gli orientamenti giurisprudenziali per i quali, ferma restando la finalità di realizzazione di una liberalità, la stessa può essere conseguita con mezzi vari, pur sempre nei limiti imposti dall’ordinamento.

Il non assoggettamento, diversamente dalla donazione a norma dell’articolo 769 del codice civile, a quella forma ad substantiam, essendo semplicemente sufficiente per questa liberalità atipica, la forma prescritta dallo schema negoziale di volta in volta adottato.

La breve parentesi, in tema di donazione indiretta, consente di porre le prime basi laddove si voglia affrontare il tema della atipicità gratuita dei contratti.

In primis, perché ben si sa che il mezzo utilizzato e voluto dall’articolo 809 del Codice Civile diverge da quello tipico a norma dell’articolo 769 del Codice Civile, e in secundis, perché si parla della donazione indiretta come di una pur sempre manifestazione della gratuità combinata alla liberalità.

Premesso che è gratuito quell’atto compiuto senza nessun corrispettivo (in senso giuridico), liberale quello la quale ragione giustificativa è l’intento di arricchire un altro disinteressatamente e atipico quello che secondo il meccanismo del quale all’articolo 1322 del codice civile utilizza schemi non normativizzati, la donazione indiretta rispecchia questo metodo tripartito di caratteristiche ma non sempre la categoria della gratuità coincide con quella della liberalità.

Esistono contratti gratuiti ma non liberali perché “interessati”, cioè colorati, causalmente parlando, di un fine anche sempre economico.

Se, da un lato, la prassi negoziale ammette la coesistenza di validi esempi di contratti non onerosi e non liberali ma animati dal perseguimento di interessi economici, dall’altro, la prassi giurisprudenziale, all’inizio, ha teso a ridimensionare e contenere gli argini di un simile fenomeno, addirittura escludendo, in specifici e singoli casi, l’eventuale ambito di azione di fattispecie gratuite non codificate, evidenziandosi per lo più scettica davanti a questi spostamenti patrimoniali che non hanno come schema causale giustificativo né un principio di scambio né uno di liberalità.

Sull’onda di simili orientamenti giurisprudenziali, anche parte della dottrina ha poi propeso per la nullità dei contratti gratuiti atipici, sul presupposto secondo il quale gli unici contratti gratuiti da ritenersi validi siano quelli previsti.

Il legislatore sembra non proferire nessuna parola in relazione al menzionato schema donativo, concludendo ogni sua utile rassegna in quel solo divieto di donazione di beni futuri ex articolo 771 del codice civile.

Dott.ssa Concas Alessandra

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