Il contratto a favore di terzi.

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Il contratto a favore di terzi ricorre quando una parte (lo stipulante) designa un terzo come avente diritto alla prestazione alla quale è obbligato il promittente.

E’ disciplinato dall’articolo 1411 del codice civile rubricato “Del contratto a favore di terzi” che recita testualmente:

“E’ valida la stipulazione a favore di un terzo, qualora lo stipulante vi abbia interesse .

Salvo patto contrario, il terzo acquista il diritto contro il promittente per effetto della stipulazione.

Questa però può essere revocata o modificata dallo stipulante, finché il terzo non abbia dichiarato, anche in confronto del promittente, di volerne profittare .

In caso di revoca della stipulazione o di rifiuto del terzo di profittarne, la prestazione rimane a beneficio dello stipulante, salvo che diversamente risulti dalla volontà delle parti o dalla natura del contratto”.

Il terzo acquista il diritto alla prestazione verso il promittente e lo stipulante può modificare o revocare l’attribuzione a favore del terzo sino a quando costui non dichiara di volerne approfittare. Vista la relatività del contratto, la figura del contratto a favore di terzo si può utilizzare ogni volta che produce per il terzo effetti favorevoli semplici, cioè quando attribuisce al terzo facoltà o poteri: non si può utilizzare quando gli impone oneri od obblighi (per questo il contratto a favore del terzo non può attribuire a costui diritti di proprietà o usufrutto, visti gli oneri connessi a queste posizioni giuridiche).

Nell’ordinamento italiano è previsto il principio della relatività del contratto, secondo la quale il contratto ha forza di legge tra le parti e non produce effetti rispetto ai terzi, se non nei casi stabiliti dalla legge (art. 1372 c.c.).

Questo perché il contratto è un autoregolamento di interessi attraverso il quale le parti disciplinano la propria sfera patrimoniale e personale.

Se la convenzione realizza anche effetti favorevoli verso un terzo, non c’è ragione di impedirglielo, fatta salva la facoltà del terzo di rinunciarvi.

Diversa dal contratto a favore di terzi è la rappresentanza diretta, perché la designazione del terzo non implica mai una gestione per conto del designato.

È poi necessario che lo stipulante abbia un interesse che giustifichi l’attribuzione al terzo:

questo interesse è la causa del contratto ed è diverso dall’interesse del terzo come creditore della prestazione (art. 1174 c.c.).

Se la causa manca o è illecita, la disposizione favorevole al terzo è nulla, mentre resta fermo il rapporto tra stipulante e promittente:

la prestazione sarà dovuta allo stipulante, come nel caso nel quale egli revochi la stipulazione in favore del terzo o il terzo stesso la rifiuti.

L’articolo 1411 del codice civile, introduce la figura dell’accordo in forza del quale viene attribuito a un terzo, soggetto che può non essere ancora venuto ad esistenza, il diritto di pretendere, come avente diritto, l’adempimento di un contratto anche se questo è stato stipulato da altri soggetti.

Nonostante il titolo dell’articolo, che parla di contratto a favore di terzo, la figura corrisponde a una semplice pattuizione, a una clausola che ha come effetto quello di dirigere il vantaggio che deriva dal contratto, dotato di una propria autonoma causa:

assicurazione, rendita vitalizia, trasporto, verso un soggetto diverso dai contraenti, cioè verso un terzo.

I contraenti assumono tecnicamente la veste di stipulante (che corrisponde alla parte che intende attribuire il diritto a favore di terzo ed a carico della quale è posto l’onere economico della pattuizione) e di promittente (che corrisponde alla parte che assume l’obbligo nei confronti dello stipulante di dar corso all’attribuzione favorevole al terzo).

Il terzo rimane estraneo alla stipulazione:

il suo ruolo si limita alla dichiarazione di voler profittare del beneficio, all’eventuale dichiarazione di rifiuto dello stesso, venendo ad assumere una posizione che si può definire come esterna rispetto alla fattispecie contrattuale.

Perché si abbia contratto a favore di terzi è indispensabile che stipulante e promittente abbiano espressamente convenuto a vantaggio di costui non un mero vantaggio di fatto, di natura eminentemente economica.

E’ necessaria l’attribuzione al terzo di un vero e proprio diritto soggettivo, eventualmente azionabile in giudizio in caso di inadempimento dell’obbligato.

Il contratto a favore di terzi si differenzia dalla rappresentanza sia diretta sia indiretta nota.

Lo stipulante non agisce né in nome né per conto del terzo, che non assume mai la veste di parte del contratto, neppure quando abbia dichiarato di volere profittare della stipulazione in suo favore.

Lo stipulante agisce, inoltre, in nome proprio e nel proprio interesse permanendo, in qualità di contraente, titolare di tutti i diritti e i doveri scaturenti dal contratto:

costui è per il terzo soltanto la fonte dell’attribuzione prevista a suo favore, e questo spiega perché il perfezionamento del contratto con il quale il genitore viene ad acquistare diritti su un bene oppure ad assicurarsi l’effettuazione di prestazioni a favore del figlio minore non abbisogna di alcuna autorizzazione tutoria.

La figura del contratto a favore di terzi pone una vera e propria regola che informa con maggiore compiutezza il principio di relatività degli effetti contrattuali.

Se il terzo non può mai essere pregiudicato dagli effetti del contratto concluso tra altri soggetti, può tuttavia giovarsi dell’efficacia favorevole.

Questo implica che il beneficio che scaturisce per il terzo dalla stipulazione in suo favore, sia “puro”, vale a dire non implichi l’assunzione da parte di costui di correlativi obblighi o oneri.

Non si può parlare di contratto a favore di terzo quando al terzo sia messa a disposizione una posizione dalla quale scaturiscano diritti e correlativi obblighi.

Sarebbe in questo caso più appropriato parlare di una eventuale proposta alla quale l’oblato è libero di aderire, assumendo così la veste dell’accettante, quindi della parte.

Nella stipulazione a favore del terzo, egli invece rimane tale proprio perché non gli incombono situazioni giuridiche soggettive passive.

L’opinione prevalente è favorevolmente orientata nel senso che il contratto a favore di terzi produca effetti traslaticvi reali.

L’effetto del trasferimento di un diritto reale non potrebbe comportare l’assunzione da parte del terzo di obblighi, quello che accadrebbe nel caso di attribuzione ex art. 1411 del codice civile, di una enfiteusi, di un diritto di usufrutto, della proprietà stessa.

In questi casi, alla titolarità del diritto si associano una serie di oneri, che riguardano il fatto di dovere apportare miglioramenti al bene, il pagamento di imposte, le spese di manutenzione, che impediscono di configurare l’effetto favorevole per il terzo come “puro”.

Questo non accade, al contrario, in tema di costituzione di diritto di servitù, in relazione al quale la giurisprudenza, ha ammesso esplicitamente la costituzione ex art. 1411 del codice civile.

Questione da considerare separatamente è quella della trascrizione del contratto, con particolare riferimento all’esercizio della facoltà di revoca dello stipulante.

Elementi di importanza centrale allo scopo di delineare meglio la figura, sono costituiti dall’interesse dello stipulante all’attribuzione del vantaggio al terzo, cioè all’elemento causale stesso del contratto a favore di terzo nonché dalla disamina del meccanismo di perfezionamento dell’attribuzione del vantaggio al terzo.

Costui, acquista il diritto per effetto della semplice stipulazione a suo favore.

Essa può essere revocata o modificata dallo stipulante sino al momento nel quale il terzo non abbia dichiarato di volerne profittare ( comma 2 art. 1411 c.c.).

Dott.ssa Concas Alessandra

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