I comitati

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Il comitato è un ente, previsto dall’ordinamento giuridico, che persegue uno scopo altruistico, di solito di pubblica utilità, da parte di una pluralità di persone che, non disponendo dei mezzi patrimoniali adeguati, promuovono una pubblica sottoscrizione per raccogliere i fondi necessari a realizzarlo.

Costituiscono esempi i comitati di soccorso o di beneficenza e i comitati promotori di opere pubbliche, monumenti, esposizioni, mostre, festeggiamenti.

La disciplina giuridica

La disciplina giuridica dei comitati è contenuta negli articoli da 39 a 42 del codice civile.

L’articolo 39, in particolare, afferma che “i comitati di soccorso o di beneficenza e i comitati promotori di opere pubbliche, monumenti, esposizioni, mostre, festeggiamenti e simili sono regolati dalle disposizioni seguenti, salvo quanto è stabilito nelle leggi speciali”.

Per costituire un comitato, è sufficiente che un gruppo di persone, in modo spontaneo, individui un nome e fissi gli obiettivi che s’intendono perseguire.

Si può provvedere anche attraverso una semplice scrittura privata.

Eventualmente, si può redigere uno statuto.

I componenti organizzatori del comitato, detti promotori, di solito si riuniscono e rendono noto al pubblico lo scopo da perseguire, invitando a effettuare offerte di denaro o altri beni, dette oblazioni, che verranno destinate alla realizzazione dello scopo annunciato.

L’atto costitutivo, vale a dire l’accordo tra i componenti del comitato che dà vita allo stesso, non richiede forme particolari ma deve lo stesso specificare lo scopo in vista del quale il comitato è costituito.

I componenti del comitato, che prendono il nome di promotori, annunciano al pubblico lo scopo da perseguire e invitano ad effettuare offerte in denaro o di altri beni.

Il denaro e i beni, nei modi raccolti, di solito sono rappresentati da donazioni, vanno a costituire il fondo del comitato.

Non appartengono ai promoter allo scopo annunciato.

Il comitato possiede una sua autonomia patrimoniale anche se è imperfetta.

Se i fondi raccolti dovessero essere insufficienti allo scopo, oppure lo stesso non possa essere più attuabile, oppure, raggiunto lo scopo, si abbia un residuo di fondi, l’autorità governativa stabilisce la devoluzione dei beni, se la stessa non è stata disciplinata al momento della costituzione.

 

Delle obbligazioni assunte verso terzi rispondono non esclusivamente il comitato con il suo fondo, ma anche, personalmente e solidalmente, i suoi componenti.

Se ottiene il riconoscimento, il comitato diventa una fondazione, oppure, secondo altri, un’associazione riconosciuta, sempre una persona giuridica, che risponde delle obbligazioni in modo esclusivo con il suo patrimonio.

Nessuna responsabilità per le obbligazioni del comitato grava, sugli oblatori, che sono tenuti esclusivamente a effettuare le oblazioni promesse.

I componenti del comitato compongono l’assemblea dello stesso, organo non menzionato dal codice civile al quale si ritiene spettino le decisioni necessarie alla vita dell’ente.

L’assemblea affida l’incarico di gestire l’attività dell’ente agli organizzatori, non necessariamente scelti tra i promotori del comitato.

Gli organizzatori e coloro che assumono la gestione dei fondi raccolti sono responsabili, personalmente e solidalmente, della conservazione dei fondi e della loro destinazione allo scopo annunziato, però, si discute se una simile responsabilità sussista nei confronti dell’ente o degli oblatori.

Il comitato può stare in giudizio nella persona del suo presidente.

La natura giuridica

I comitati non sono persone giuridiche, anche se potrebbero essere riconosciuti come tali se dovessero avere i requisiti.

In relazione alla loro autonomia patrimoniale, sono considerati lo stesso soggetti di diritto da coloro che distinguono la soggettività dalla personalità giuridica.

In dottrina è discusso se i comitati siano riconducibili alle associazioni o alle fondazioni.

Secondo alcuni autori il comitato è una fondazione non riconosciuta.

Secondo una tesi attualmente molto diffusa e condivisa anche dalla Suprema Corte di Cassazione (Cass. 23 giugno 1994, n. 6032) la natura del comitato sarebbe duplice.

Associativa nella fase iniziale di raccolta dei fondi, di fondazione nella fase successiva, dove i fondi raccolti vengono destinati allo scopo annunciato.

L’eventuale riconoscimento sarebbe concesso alla fondazione promossa dal comitato, non al gruppo associato dei suoi componenti, mentre tra coloro che vedono nel comitato un’associazione non riconosciuta, alcuni ritengono che con il riconoscimento lo stesso diventi una normale associazione riconosciuta, mentre secondo altri diventerebbe una persona giuridica sui generis.

Il comitato riconosciuto, al quale si continua l’applicazione delle norme sulla responsabilità degli organizzatori e sulla devoluzione dei beni, proprie dei comitati.

I componenti del comitato

La dottrina giuridica tende a suddividere i componenti del comitato in:

promotori, coloro che costituiscono il comitato e determinano lo scopo e il modo per perseguirlo, e  organizzatori, coloro che gestiscono i fondi, utilizzandoli in maniera conforme alle finalità istituzionali.

Ci sono poi i sottoscrittori, vale a dire, coloro che rilasciano in modo volontario e discrezionale somme a sostegno della causa dell’ente.

Le responsabilità del comitato

In relazione alle responsabilità, il codice civile stabilisce che “gli organizzatori e coloro che assumono la gestione dei fondi raccolti sono responsabili personalmente e solidalmente della conservazione dei fondi e della loro destinazione allo scopo annunciato”(art. 40 c.c.).

Se, poi, il comitato non ha ottenuto la responsabilità giuridica, i suoi componenti rispondono personalmente e solidalmente per le obbligazioni assunte, mentre i sottoscrittori sono tenuti esclusivamente ad effettuare le oblazioni promesse.

La rappresentanza in giudizio, come scritto sopra, spetta al presidente.

Durata ed estinzione del comitato

Nonostante per il comitato sia stata stabilita una durata temporanea, nella prassi non mancano ipotesi di comitati permanenti con scopo ricorrente e ripetibile.

Ad esempio a cadenza annuale, come avviene per esposizioni, mostre e festeggiamenti.

Il perseguimento dello scopo che gli stessi si sono prefissati, porta alla determinazione di un’ipotesi di estinzione degli stessi.

L’articolo 42 del codice civile, oltre all’attuazione dello scopo, elenca, anche se in modo indiretto, le principali ipotesi di estinzione dei comitati, come l’insufficienza dei fondi raccolti e l’inattuabilità sopravvenuta dello scopo.

Gli eventuali fondi residui possono essere devoluti a un altro ente con analoghe finalità, ma esclusivamente se stabilito dallo statuto.

In presenza di altre circostanze della loro sorte si occupa l’autorità governativa competente.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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