La famiglia di fatto,  in che cosa consiste e quali sono le varie dinamiche della convivenza

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La famiglia di fatto è un nucleo nel quale una coppia convive stabilmente e nel rispetto dei diritti e dei doveri coniugali, ma la loro unione non è ufficializzata da un matrimonio.

La famiglia di fatto deve avere determinati requisiti:

La diversità di sesso nella coppia, caratteristica che la rende diversa dall’unione civile.

La convivenza deve essere qualificata e ci deve essere uno scopo di vita materiale e spirituale in comune.

La mancanza di un atto matrimoniale.

Il riconoscimento sociale, che esclude la convivenza clandestina o di breve durata non nota nell’ambiente nel quale abita la coppia.

La stabilità del rapporto.

Ci deve essere un vero progetto di convivenza come se si fosse sposati.

I diritti e doveri della coppia

La non esistenza di un legame matrimoniale che la unisce, esclude nella famiglia di fatto i reciproci diritti e doveri caratteristici del rapporto tra marito e moglie, vale a dire quelli sanciti dal codice civile.

La coppia di fatto, però acquisisce dei diritti legali sia a livello reciproco sia nei confronti della società.

L’ordinamento riconosce per i conviventi di una famiglia di fatto determinate norme:

La possibilità di astenersi durante un processo penale di testimoniare contro il compagno o la compagna.

L’accesso alla procreazione assistita.

La possibilità di nominare un amministratore di sostegno per il partner.

L’esercizio della responsabilità genitoriale nei confronti dei figli riconosciuti dalla coppia.

La facoltà di subentrare nel contratto di affitto intestato al partner se costui venga a mancare.

L’accesso alle prestazioni dello stato sociale, come l’assegnazione di una casa popolare

La possibilità di accogliere in affido un minore privo di una famiglia in modo temporaneo.

La tutela possessoria della casa nella quale la coppia convive.

Il diritto al risarcimento del danno subito dal partner, ad esempio, se resta vittima di un incidente mortale o di un omicidio.

La tutela contro la violenza domestica.

La tutela patrimoniale in caso di separazione.

La possibilità di dare soldi al partner per le esigenze della coppia senza l’obbligo di restituzione, a meno che ci sia una evidente sproporzione tra la somma elargita e la necessità da soddisfare.

La tutela patrimoniale della coppia

In relazione al patrimonio la legge non dice molto.

Ci si affida all’iniziativa del Consiglio Nazionale del Notariato rivolta a tutelare le coppie dal lato in questione.

Si tratta della possibilità di sottoscrivere dei veri e propri contratti di convivenza riconosciuti dalla legge (legge n. 76/2016), in grado di regolare gli aspetti patrimoniali relativi sia alla convivenza sia all’eventuale separazione.

Si mette per iscritto che cosa succede con la casa, il mantenimento, i beni, il testamento.

Avendo la forma di scrittura provata autenticata, queste clausole, attraverso il contratto di convivenza siglato da un notaio, acquisiscono valore legale perché hanno forma di scrittura privata o di atto pubblico.

Il mantenimento

Senza il contratto di convivenza la legge non riconosce il diritto al mantenimento da parte del convivente in una famiglia di fatto.

Lo stesso concetto è stato chiarito anche dalla Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4204/1994, nella quale stabilisce che la convivenza non può essere assimilata al matrimonio, perché i partner non  si sono voluti assumere i diritti e i doveri dei coniugi legalmente sposati.

Per lo stesso motivo, il convivente non è neanche tenuto a garantire all’altro un assegno alimentare.

I rapporti con i figli

Se le coppie che hanno posto in essere una famiglia di fatto non vengono paragonate dalla legislazione alle coppie sposate, non succede lo stesso con i figli.

Dal 2013 c’è la completa equiparazione tra i bambini nati da una coppia sposata e quelli nati da una coppia di fatto o fuori dal matrimonio (Dlgs. n. 154/2013).

Nell’ordinamento giuridico, grazie a questa legge, non ci sono più termini come “figlio naturale” e “figlio legittimo”.

La stessa legge sancisce per la coppia di fatto la possibilità di esercitare la responsabilità genitoriale e non più la potestà genitoriale.

La differenza consiste nel fatto che la coppia acquisisce l’obbligo di mantenere, educare e istruire i figli nati dal loro rapporto.

Da parte sua, il figlio deve rispettare i suoi doveri nei confronti del genitore e contribuire, in base alle sue possibilità, al mantenimento della famiglia sino q quando resterà in quella casa.

La separazione

Quando la famiglia di fatto si frantuma e cessa la convivenza a causa di un disaccordo tra i partner, non esiste nessun obbligo o diritto reciproco.

Questo significa che ognuno si deve riprendere la sua roba senza che l’altro possa pretendere niente che non sia suo, perché non esiste una comunione dei beni.

Esempio:

Se nel corso della convivenza sono stati acquistati oggetti, mobili o altro, ogni bene, dopo la separazione sarà di appartenenza di chi lo ha pagato, anche se sono stati acquistati relativi a oggetti utilizzati in comune o di beneficio comune.

Lo stesso vale per la casa nella quale la coppia ha vissuto insieme.

Il convivente che non è proprietario dell’immobile e che non ha nessun diritto di godimento, ad esempio, un affitto, viene considerato alla stregua di un ospite, e non è in grado di vantare nessun diritto sull’utilizzo della casa stessa.

Sempre in caso di cessazione della convivenza a causa di disaccordi tra i due, in presenza di figli minorenni ognuno dei conviventi si può rivolgere al Tribunale per i minorenni, in modo che vengano stabiliti:

il loro affidamento, il diritto di visita, l’assegno necessario al loro mantenimento e il luogo nel quale devono abitare, vale a dire l’assegnazione della casa familiare.

La morte di uno dei due conviventi

L’altro motivo per il quale può cessare la convivenza in una famiglia di fatto, è la morte di uno dei due partner.

La legislazione risulta essere carente anche in questo caso.

Se il partner muore per cause naturali, al convivente non spetta nessun diritto successorio, se non esiste un testamento che nomina il compagno o la compagna erede.

Se la morte è stata provocata da una terza persona, il convivente superstite avrebbe diritto al risarcimento del danno.

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