Decorre dalla conoscenza dell’adulterio il termine per l’azione di disconoscimento della paternità

Redazione 03/06/13
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Lucia Nacciarone

A precisarlo è la prima sezione civile della Cassazione (sent. n. 13638 del 30 maggio 2013) che ha rigettato il ricorso di un uomo, sulla base del fatto che risultava provata, a causa della sua partecipazione ad una riunione presso uno studio legale su questo tema, la conoscenza dell’adulterio della moglie e la consapevolezza della non paternità oltre un anno prima la proposizione dell’azione.

Infatti, precisano i giudici di legittimità, il termine annuale di decadenza per il disconoscimento, secondo quanto prevede l’art. 235 c.c., comma 1, n. 3 e l’art. 244 c.c., comma 2, come emendato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 134 del 1985, decorre dalla data di acquisizione della conoscenza dell’adulterio e non da quella di raggiunta ‘certezza’ negativa della paternità biologica.

Una diversa interpretazione del quadro normativo in esame, spiega la Corte, la quale differisse a tempo indeterminato l’azione di disconoscimento, facendone decorrere il termine di proponibilità dai risultati di un’indagine stragiudiziale cui non è dato a priori sapere se e quando i genitori possano addivenire, sacrificherebbe in misura irragionevole i valori di certezza e stabilità degli status e dei rapporti familiari, a garanzia dei quali la norma è, invece, predisposta.

L’attore deve fornire la prova che l’azione sia stata proposta entro il termine previsto dopo la scoperta dell’adulterio, scoperta che deve essere intesa come acquisizione certa della conoscenza (e non come un mero sospetto) di un fatto, diverso dalla semplice infatuazione o dalla mera relazione sentimentale, rappresentato da un incontro o una serie di incontri idonei a determinare il concepimento del figlio che si vuole disconoscere.

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