In che cosa consiste la prescrizione presuntiva

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La prescrizione comporta l’estinzione di un diritto in conseguenza del decorrere di un determinato periodo di tempo (diverso a seconda del tipo di diritto, ma variabile tra i 10 e i 2 anni). Ad esempio, il diritto di ottenere il risarcimento dei danni a seguito di un vaso rotto si prescrive in cinque anni mentre quello al risarcimento a seguito di un incidente stradale si prescrive solo in due. Decorso tale periodo di tempo senza che il danneggiato abbia chiesto il risarcimento del danno (con una causa o almeno una raccomandata a/r) si dice che il suo diritto è caduto in prescrizione: il danneggiato cioè non potrà più ottenere alcunché a titolo di risarcimento e anche se avviasse una causa il giudice non potrebbe dargli ragione. Facciamo un altro esempio: il diritto a chiedere il pagamento di una fattura si prescrive in dieci anni mentre in cinque anni si prescrivono i debiti con il condominio; se il creditore, entro tali termini, non fa nulla per reclamare il pagamento (anche in questo caso non è necessario avviare una causa o presentare una richiesta di decreto ingiuntivo, ma è sufficiente una diffida con una posta elettronica certificata, una raccomandata con avviso di ricevimento, un fax o un telegramma) non avrà più diritto a pretendere i propri soldi.

La prescrizione, quindi, comporta la perdita del diritto salvo il caso in cui il diritto stesso venga esercitato con un qualsiasi atto (cosiddetto «atto interruttivo della prescrizione»); a seguito di esso, il termine di prescrizione si interrompe e inizia nuovamente a decorrere da capo. Quindi, almeno in linea teorica, la prescrizione potrebbe non compiersi mai, e il diritto mai scomparire, se il creditore, prima di ogni scadenza del termine, si ricorda di inviare una diffida al debitore. Attenzione però: non è sufficiente reclamare il proprio diritto verbalmente; è sempre necessario lo scritto.

La prescrizione presuntiva ha la caratteristica di essere un termine molto più breve della prescrizione ordinaria (anche detta prescrizione estintiva). Essa infatti è o di tre anni o di un anno. Ad esempio, se è vero che il credito di un contratto si prescrive in dieci anni, per quanto riguarda i crediti dei professionisti si può applicare la prescrizione presuntiva di tre anni. Perché mai? Per spiegarlo dobbiamo prima capire cos’è la prescrizione presuntiva.

Decorsi in termini di cui si dirà a breve, la legge presume che il credito sia stato già pagato. Abbiamo detto «presume»: questo significa che – a differenza della prescrizione ordinaria – è sempre ammessa la prova contraria. Ma, come diremo a breve, si tratta di una prova assai difficile da raggiungere; pertanto, alla fine dei conti, la prescrizione presuntiva realizza in pieno l’interesse del debitore: quello di non pagare o comunque di non adempiere al proprio obbligo, al pari della prescrizione estintiva.

Tale istituto si basa sull’idea che alcuni rapporti della vita quotidiana si esauriscano nel momento stesso in cui la prestazione viene eseguita. In tali circostanze, il debito non si estingue ma si presume che si sia estinto.

I principali termini di prescrizione presuntiva sono i seguenti:

il credito dei commercianti per il prezzo di merci vendute a privati: 1 anno. Ad esempio, se entri in un negozio e acquisti un capo di abbigliamento e magari non hai i soldi per pagare ma il titolare ti fa credito, questi può chiederti i soldi per massimo un anno. Scaduto tale termine il prezzo “si presume” versato, salvo prova contraria (a breve diremo quale deve essere la prova contraria). La prescrizione presuntiva per i commercianti riguarda solo i crediti verso privati e non verso altri commercianti;

il credito dei farmacisti per il pagamento dei medicinali: 1 anno. Anche in questo caso, quindi, se non paghi per un anno il conto delle medicine lasciato in farmacia, il debito si presume pagato, salvo prova contraria;

il credito dei professionisti per il pagamento della propria parcella: 3 anni. Ciò quindi vale per avvocati, medici, commercialisti, notai, architetti, ingegneri, ecc.

Il corrispettivo di un soggiorno in albergo si reputa pagato dal cliente nel momento in cui questi fa il check out.

Nel seguente schema indicheremo quali sono i termini delle prescrizioni presuntive

Si prescrive in un anno il diritto:

degli insegnanti, per la retribuzione delle lezioni che impartiscono a mesi o a giorni o a ore;

dei prestatori di lavoro, per le retribuzioni corrisposte a periodi non superiori al mese;

di coloro che tengono convitto o casa di educazione e di istruzione, per il prezzo della pensione e dell’istruzione;

degli ufficiali giudiziari, per il compenso degli atti compiuti nella loro qualità;

dei commercianti, per il prezzo delle merci vendute a chi non ne fa commercio;

dei farmacisti, per il prezzo dei medicinali.

Si prescrive in tre anni il diritto:

dei prestatori di lavoro, per le retribuzioni corrisposte a periodi superiori al mese;

dei professionisti, per il compenso dell’opera prestata e per il rimborso delle spese correlative;

dei notai, per gli atti del loro ministero;

degli insegnanti, per la retribuzione delle lezioni impartite a tempo più lungo di un mese.

La prescrizione presuntiva, da quanto appena detto, si fonda sulla presunzione che un determinato credito sia stato pagato o sia, comunque, estinto per effetto di qualche altra causa.

Nella prescrizione presuntiva, la legge semplicemente presume che il debito sia stato pagato. Ma il creditore può dimostrare il contrario. Dal punto di vista operativo, tale presunzione consente al debitore di non dover fornire la prova in giudizio di aver pagato. Il creditore deve invece dare la prova che il debito non è esistito, ma questa prova – come abbiamo anticipato in apertura – è tutt’altro che facile. Infatti, il creditore, per vincere la presunzione e dimostrare di non essere stato pagato può solo:

sperare che il debitore ammetta di non aver pagato (cosa che difficilmente farà salvo clamorosi errori processuali);

chiedendo al debitore di giurare davanti al giudice, ossia invitandolo a confermare sotto giuramento che l’obbligazione sia davvero estinta. Anche in questo caso, l’ipotesi è piuttosto rara. Difficilmente si va in causa e poi si dichiara di avere torto.

L’ammissione di non aver pagato può avvenire anche tacitamente. Ad esempio è il caso di chi contesta l’ammontare in un credito. Ad esempio, immaginiamo che una persona venga citata in causa da un professionista per il mancato pagamento della parcella da quest’ultimo emessa quattro anni prima; il cliente, nella sua comparsa di risposta, eccepisce subito la prescrizione presuntiva (per decorso dei tre anni), ma nello stesso tempo contesta la parcella perché la ritiene troppo elevata. Ebbene, secondo la giurisprudenza, poiché non c’è ragione di contestare l’eccessivo ammontare di un credito se questo è già stato onorato, tale comportamento denuncia piuttosto, in modo tacito, che il debito è ancora sussistente. Dunque, chi contesta l’ammontare di un credito ammette di non aver pagato e, pertanto, anche se solleva l’eccezione di prescrizione presuntiva, essa è del tutto inutile. Nel caso di specie, dunque, il debitore avrebbe dovuto semplicemente limitarsi a far rilevare il decorso dei tre anni senza contestare altro.

Il fatto di perdere la possibilità di far valere la prescrizione presuntiva non significa però rimanere obbligato a vita: difatti, chi non vuol valersi di questa possibilità, può sempre attendere il compimento dei più ampi termini della prescrizione ordinaria (quella cioè estintiva). In tal caso il debito cesserà i esistere.

 

Dott.ssa Concas Alessandra

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