Coppie di fatto e soddisfacimento dei bisogni familiari

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Le coppie di fatto, in relazione a numerose tutele, sono state equiparate a quelle sposate, anche se restano alcune importanti differenze, tra le quali costituisce un esempio l’eredità.

Le coppie di fatto non hanno i tradizionali obblighi del matrimonio, come quello della coabitazione e della fedeltà e non è possibile scegliere un regime patrimoniale come la comunione dei beni, salvo concludere un patto di convivenza.

In relazione alle questioni sopra scritte, ci si chiede in che modo possa essere diviso lo stipendio del convivente di una coppia di fatto.

Dopo avere visto come si deve dividere lo stipendio tra moglie e marito, in questa sede cercheremo rivolgere le attenzioni sulle coppie di fatto.

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La Legge 76 del 2016 disciplina il contratto di convivenza, definito come l’accordo mediante il quale i partner decidono di regolamentare gli aspetti economici della convivenza.Questa nuovissima opera esplica la forma, il contenuto e gli aspetti patrimoniali del contratto di convivenza e chiarisce tutte le criticità del nuovo istituto, fornendo soluzioni ai dubbi più ricorrenti.Completato da un’utile appendice normativa, il testo si pone come uno strumento agile e di immediata utilità per quanti chiamati a confrontarsi con la redazione dei suddetti contratti.Matteo Santini Svolge l’attività di avvocato in Roma, prevalentemente in materia di diritto familiare. Organizzatore e relatore di convegni su argomenti riguardanti la famiglia e i minori.Presidente nazionale del Centro Studi e Ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori. Autore di numerose pubblicazioni giuridiche. Collabora con diverse riviste giuridiche del settore famiglia.

a cua cura di Matteo Santini | 2017 Maggioli Editore

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In che cosa consiste la convivenza di fatto

Con la legge Cirinnà (Legge n. 76/2016 del 20/05/2016), in Italia è stata introdotta la disciplina per le coppie che, di fatto, vivono come se fossero unite da vincolo matrimoniale.

Sono le convivenze di fatto.

Secondo la legge, si intendono per conviventi di fatto, due persone maggiorenni unite in modo stabile da legami affettivi di coppia e di reciproca  assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile.

La convivenza di fatto tra persone eterosessuali oppure dello stesso sesso, viene attestata attraverso un’autocertificazione in carta libera, presentata al comune di residenza, nella quale i conviventi dichiarano di convivere allo stesso indirizzo.

Il Comune, una volta abbia provveduto agli opportuni accertamenti, rilascerà il certificato di residenza e stato di famiglia.

I conviventi non hanno nessun obbligo di presentare la sopra menzionata autocertificazione, perché la convivenza può essere provata con ogni strumento, anche con dichiarazioni testimoniali.

La convivenza di fatto viene rivolta a coloro che sia che siano eterosessuali, sia che siano omosessuali, hanno deciso di non contrarre matrimonio né di sancire il loro legame attraverso l’unione civile, ma che sono allo stesso modo meritevoli di tutela rispetto a determinati aspetti della vita.

La convivenza di fatto tra due persone, quando viene formalizzata nei modi dei quali si è scritto in precedenza, pone in essere un nucleo familiare che, nonostante sia diverso da quello matrimoniale, è, allo stesso modo, meritevole di tutela.

In presenza di una convivenza di fatto nascono i seguenti diritti e doveri:

Stessi diritti che spettano al coniuge nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario.

La possibilità di far visita al proprio partner in carcere.

Il diritto reciproco di visita, di assistenza e di accesso alle informazioni personali, in caso di malattia o di ricovero del convivente di fatto.

Il convivente di fatto può essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno, se il partner venga dichiarato interdetto, inabilitato o beneficiario dell’amministrazione di sostegno.

Le coppie di fatto e la comunione dei beni

Nelle coppie sposate, lo stipendio resta di esclusiva proprietà di chi lo percepisce che ne può disporre come vuole, con due importanti limitazioni.

La prima è che deve allo stesso modo contribuire ai bisogni della famiglia e prestare, all’altro coniuge, se privo di risorse economiche per badare a sé stesso, il sostegno materiale, con denaro o in natura, acquistando i beni dei quali ha bisogno.

La seconda limitazione si verifica in caso di separazione di una coppia in regime di comunione dei beni, quando i coniugi si separano, il conto corrente, anche se intestato a uno dei due e alimentato dal suo reddito, deve essere diviso in parti uguali, dal giudice o con accordo pacifico.

Nelle coppie di fatto, non esiste il regime della comunione dei beni.

In presenza di separazione, il conto corrente con lo stipendio accreditato non dovrà essere diviso, restando di proprietà di chi lo percepisce.

Sono previste due eccezioni.

La prima è rappresentata da un conto corrente cointestato.

Se il conto dovesse essere intestato sia al marito sia alla moglie, i due resterebbero contitolari anche dopo essersi lasciati.

Spetterà a loro decidere se e quando dividere i soldi.

Se non si dovessero accordare, ognuno dei due si può rivolgere i al tribunale in modo che disponga la separazione.

 

Potrebbe accadere che la cointestazione del conto sia fittizia, una simulazione per consentire, al partner che non ha reddito, di disporre delle risorse necessarie ai bisogni domestici.

In presenza di simili circostanze, dimostrando l’esistenza di una simulazione, ad esempio provando che il conto è alimentato in modo esclusivo dai redditi di uno dei due partner, si può evitare la divisione del denaro depositato in banca.

La seconda eccezione si ha in presenza di una coppia che abbia deciso di convivere adottando il regime della comunione dei beni.

In presenza di simili circostanze, dovranno essere gli stessi partner a stabilire che cosa entra nella comunione e che cosa non entra.

Potrebbero decidere di dividere lo stipendio di uno dei due o di non farlo, è rimesso all’autonomia delle parti.

In che modo si divide lo stipendio del convivente

Lo stipendio del partner resta di sua proprietà, e la stessa persona può decidere di spenderlo come vuole.

Nelle coppie di fatto, vale a dire, quelle di due persone conviventi, esiste il dovere di contribuzione ai bisogni familiari previsto per le coppie sposate e quello di occuparsi delle necessità del partner.

In presenza di simili circostanze, ognuno dei conviventi dovrà sottostare agli obblighi di solidarietà familiare previsti alle origini per le coppie sposate.

Gli obblighi derivano dal fatto di avere scelto un percorso di vita comune e stabile.

La legge non dice quanto un convivente debba contribuire alle necessità della famiglia e dell’altro.

Non fissa degli importi predeterminati o in percentuale, ma di sicuro non verrebbero tollerate situazioni di disuguaglianza in uno stesso nucleo familiare.

Ad esempio, un uomo che lavora e che conduce un tenore di vita elevato, al contrario della compagna che essendo disoccupata, non può provvedere alle sue necessità.

La violazione di un simile obbligo, nelle coppie sposate porta alla separazione con addebito, mentre in quelle di fatto non ha conseguenze giuridiche.

La maggior parte delle volte, il partner “abbandonato” si limiterà a lasciare l’altro e no potrà  pretendere il mantenimento.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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