Condanna per mobbing sessuale al gestore di un bar

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 La Suprema Corte di Cassazione con relativa sentenza 29/12/2022 n. 49464, ha confermato la condanna per mobbing sessuale nei confronti del gestore di un bar del Capoluogo sardo.
>>>Corte di Cassazione -sez. III pen.- sentenza n. 49464 del 29-12-2022<<<

Indice

1. I fatti in causa

La Corte d’Appello di Cagliari con relativa sentenza, ha confermato la condanna a due anni e due mesi di reclusione nei confronti del gestore di un bar del luogo, ritenuto responsabile di mobbing sessuale ai danni di sue tre dipendenti e violenza sessuale in forma di minore gravità ai danni delle stesse.
L’imputato, attraverso il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione articolato in quattro motivi.
Con il primo motivo contesta la prescrizione del reato di maltrattamenti contestato.
Con il secondo motivo contesta l’omessa verifica dell’attendibilità in relazione alla violenza sessuale della quale è accusato.
Con il terzo motivo contesta un vizio di violazione di legge e un vizio motivazionale.
Con il quarto motivo contesta l’insufficienza della motivazione resa in ordine al diniego delle attenuanti generiche. 

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2. La decisione della Suprema Corte di Cassazione

La Suprema Corte di Cassazione, accoglie il primo motivo, relativo alla prescrizione del reato di maltrattamenti contestato e dichiara gli altri tre motivi inammissibili.
I Supremi Giudici evidenziano la continuità del comportamento dell’imputato che ledeva la sfera sessuale delle sue dipendenti, incidendo sulla libertà di autodeterminazione delle persone offese.
Gli stessi Supremi Giudici non rilevano nessun dubbio sulla natura sessuale degli atteggiamenti tenuti dall’imputato nei confronti delle sue dipendenti, il quale, in orario lavorativo, si permetteva di compiere strusciamenti del suo corpo sul fondo schiena delle ragazze, baci sul collo e abbracci, esternando la natura libidinosa delle sue azioni, arrivando a minacciare il loro licenziamento se non consenzienti.
La motivazione della Suprema Corte parla di “un’atmosfera di pesante promiscuità dove persino i nomi dati ai cocktail associati agli ordini dei clienti mettevano in imbarazzo le sue dipendenti da essere ricondotte al paradigma dell’articolo 609 bis del codice penale nella forma consumata e non tentata”.
La stessa Corte conclude affermando che “la pena finale deve essere determinata in due anni e due mesi di reclusione con conferma delle statuizioni in favore della parte civile”. 

3. Il mobbing di genere sui luoghi di lavoro

A conclusione dell’articolo, facciamo un cenno al mobbing di genere sui luoghi di lavoro.
La normativa vigente tutela in modo deciso le lavoratrici (così come i lavoratori) rispetto a dei comportamenti persecutori o marginalizzanti simili a quelli descritti in precedenza.
In relazione allo specifico mobbing di genere, oltre agli articoli 2087 e 2103 del codice civile, viene comunemente richiamata la normativa antidiscriminatoria.
L’articolo 15 dello Statuto dei lavoratori censura qualsiasi atto o patto rivolto a discriminare un lavoratore nell’assegnazione di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari o recargli altrimenti pregiudizio, tra le altre, anche per ragioni di sesso.
Un’altra importante fonte normativa è rappresentata dal Decreto legislativo 11 aprile 2006 n. 198 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna) come modificato dal Decreto Legislativo 5/2010 che inquadra tra le discriminazioni “anche le molestie, vale a dire, quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo”.
Il Codice delle pari opportunità costituisce la fonte normativa principale e contiene l’indicazione degli obblighi, dei divieti e degli strumenti di promozione delle pari opportunità tra generi.
In relazione al mobbing di genere, deve essere ricordata anche la normativa in tema di prevenzione e sicurezza.
La Legge 2 agosto 2007 n. 123 (Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia) promuove la valorizzazione anche attraverso rinvio legislativo, di accordi aziendali, territoriali e nazionali nonché su base volontaria, dei codici di condotta ed etici e delle buone prassi, che orientino i comportamenti dei datori di lavoro anche secondo i principi della responsabilità sociale, dei lavoratori e dei soggetti interessati, ai fini del miglioramento dei livelli di tutela in modo legislativo.
Numerosi datori di lavoro si sono adeguati a questa indicazione, introducendo regolamenti o codici di condotta rivolti a prevenire il mobbing o la marginalizzazione fondati su ragioni legate al sesso.

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