Assegno divorzile una tantum: cos’è e a cosa serve

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Quando finisce un matrimonio non si può non parlare dell’assegno di mantenimento o dell’assegno divorzile, però pochi sanno che esiste anche l’assegno divorzile “una tantum”.
Come si può dedurre dalla parola, significa che può essere pagato un’unica volta.

Indice

1. In che cosa consiste l’assegno divorzile

L’assegno divorzile, secondo la legge italiana, è un emolumento economico che può essere stabilito dal Tribunale a seguito del divorzio dei coniugi.
Su accordo delle parti la corresponsione può avvenire in unica soluzione dove questa sia ritenuta equa dal Tribunale.
Normativamente è disciplinato dalla legge 01/12/ 1970 n. 898, così come modificata nel corso degli anni.
In particolare l’articolo 5, comma 6 della stessa, stabilisce che con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il Tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ognuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio individuale o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando lo stesso non abbia mezzi adeguati o non se li possa procurare per motivi oggettivi.
Sin dall’introduzione l’assegno divorzile è stato al centro di un dibattito giurisprudenziale. Tradizionalmente legato al tenore di vita della coppia, è stato oggetto di una decisione delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n.18287/ 2018.
Le stesse hanno stabilito che i presupposti dell’assegno divorzile e il calcolo sono collegati non a un unico fattore, ma a una serie di metodi, enunciando il seguente principio di diritto:
 “Ai sensi dell’art. 5 c. 6 della l. n. 898 del 1970, dopo le modifiche introdotte con la l. n. 74 del 1987, il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale in pari misura compensativa e perequativa, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi o comunque dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l’applicazione dei metodi dei quali alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tener conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto”.
Nello specifico, si deve prima verificare se ci sia una rilevante disparità economica tra gli ex coniugi, poi accertare se tale, eventualmente rilevante disparità, sia dipendente dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio da moglie e marito, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti.

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2. In che cosa consiste l’assegno di mantenimento

L’assegno di mantenimento, ai sensi della legge italiana, è una prestazione di assistenza materiale dovuta per legge alla persona che si trovi in stato di bisogno economico, anche se per propria colpa. La prestazione rientra tra gli obblighi di solidarietà familiare.
Nell’ordinamento italiano, agli articoli 433 e seguenti del codice civile.
Devono essere assegnati in proporzione allo stato di bisogno di chi li chiede e delle condizioni economiche di chi li deve somministrare.
Il diritto agli alimenti, secondo il comma 2 dell’articolo 438 del codice civile, non deve superare quanto sia necessario per la vita della persona in stato di bisogno, in relazione anche alla posizione sociale della persona.
Secondo la norma civile, sono tenuti all’obbligazione alimentare, nell’ordine, i seguenti soggetti:

  • Il coniuge (quando non sussiste l’obbligo di mantenimento oppure il coniuge separato con addebito e il coniuge divorziato che abbia ricevuto la somma capitalizzata dell’assegno di divorzio)
  • I figli, anche se adottivi, e in loro mancanza i discendenti prossimi
  • I genitori e in loro mancanza, gli ascendenti prossimi: con eguali diritti e parità di trattamento sia che si tratti di genitori naturali o adottivi, sposati o conviventi;
  • Gli adottanti
  • I generi e le nuore
  • I suoceri
  • I fratelli e le sorelle germani (di genitori comuni)
  • I fratelli e le sorelle unilaterali (di genitori diversi).

L’obbligo di corrispondere gli alimenti spetta al soggetto che si trova nel grado più vicino, secondo l’ordine sopra indicato.
Nell’ipotesi nella quale ci siano più persone nello stesso grado, l’obbligo si divide in proporzione alle loro condizioni economiche.
Nell’ipotesi nella quale più familiari siano coobbligati in solido, se uno di loro adempia interamente all’obbligo, può vantare diritto di regresso nei confronti degli altri (art. 1299 c.c.).
Sono tenuti all’obbligazione alimentare, il donatario, con precedenza sugli altri obbligati, ma non oltre il beneficio tratto dalla donazione ricevuta, il coniuge al quale sia imputabile la nullità del matrimonio, in favore dell’altro coniuge di buona fede, se non ci sono altri obbligati.
Gli alimenti sono dovuti anche dai genitori al figlio non riconoscibile, se è diventato maggiorenne e si trova in stato di bisogno.
L’obbligo di solidarietà verso l’altro coniuge decade nel caso di tentato uxoricidio o di separazione di fatto non legale, come nella fattispecie di abbandono del tetto coniugale.
L’obbligo di mantenimento da parte di entrambi i genitori sussiste verso ogni figlio, anche per quelli nati fuori del matrimonio (art. 29 C.), anche a seguito di concepimento con dolo o colpa grave per mancata adozione (ed eventuale inganno del partner) delle misure contraccettive da parte della donna.
Per gli obblighi di mantenimento tra coniugi, l’articolo 5 della legge n. 898/1970, come modificato dall’articolo 10 della legge n. 74/1987, stabilisce che l’assegno è dovuto al coniuge privo di mezzi adeguati o che non se li possa procurare per motivi oggettivi.
È sufficiente una delle due condizioni, per questo l’assenza di adeguati mezzi economici motiva l’assegno di mantenimento, indipendentemente dalla condotta e dalla capacità lavorativa e reddituale potenziali del coniuge beneficiario.
L’assegno di mantenimento del coniuge separato o divorziato è deducibile dal reddito imponibile (per chi lo paga) ed è reddito imponibile per chi lo percepisce.
L’assegno per il mantenimento dei figli non è deducibile dal reddito di chi lo paga e non costituisce reddito imponibile per chi lo incassa.
Se i coniugi sono sposati e convivono da più di tre anni, resta l’obbligo dell’assegno di mantenimento, anche se una Sentenza della Sacra Rota dichiara la nullità iniziale del matrimonio religioso (Sentenza n. 16379/2014 delle Sezioni Unite della Cassazione).
In precedenza, con il cosiddetto atto di delibazione agli effetti civili, la Corte d’Appello prendeva atto della decisione del Tribunale Ecclesiastico, dichiarando cessati anche gli obblighi economici del matrimonio.

3. In che cosa consiste l’assegno divorzile una tantum

L’assegno divorzile una tantum è un tipo di assegno di divorzio che viene erogato per avere partecipato, in relazione alle disponibilità economiche, al mantenimento della famiglia per l’intera durata del vincolo matrimoniale.
La sua funzione è quella di assicurare al coniuge meno abbiente l’autosufficienza e l’indipendenza economica se non dovesse essere in grado di lavorare o di trovare un’occupazione.
A differenza dell’assegno di mantenimento, in caso di separazione, non prende in considerazione il tenore di vita avuto durante il matrimonio.
Per potere richiedere l’assegno divorzile una tantum, si deve fare una domanda di divorzio congiunta.
Le altre procedure, come ad esempio quella effettuata in Comune, non permettono questa richiesta.
L’assegno divorzile una tantum ha diverse caratteristiche.
E’ una soluzione che può essere intrapresa esclusivamente se entrambi i soggetti sono d’accordo.
La modalità di pagamento si sceglie in sede di divorzio e non è una decisione che può essere presa dal giudice.
Nonostante sia una scelta dei coniugi deve essere approvata dal giudice.
Può essere rappresentato anche dal trasferimento di un immobile, come una casa, o in un diritto di reale proprietà.
Chi lo riceve non può vantare altre pretese nei confronti dell’ex coniuge.
Si applica esclusivamente in caso di divorzio.
Anche se all’articolo 5 della legge 01/12/1970 n. 898 non venga specificato in modo chiaro come quantificare la somma dell’assegno una tantum, la somma deve  garantire lo stesso l’indipendenza economica del coniuge che la riceve.
In caso di un immobile, il suo valore deve permettere al beneficiario di trarre un profitto che gli possa garantire una sussistenza.
Come per l’assegno “tradizionale”, l’assegno divorzile una tantum viene calcolato prendendo in considerazione determinati fattori stabiliti dalla legge:
Le cause che hanno determinato la fine del matrimonio e la sua durata, l’età del soggetto al quale spetterebbe l’assegno e i motivi gli impediscono di mantenersi economicamente in modo autonomo, il reddito delle persone coinvolte e l’apporto economico che hanno dato nel corso degli anni. 
Nella maggior parte dei casi si sceglie di ricevere una somma di denaro regolarmente ogni mese, mentre l’assegno divorzile unatantum presenta dei vantaggi che al momento del divorzio dvrebbero essere considerati.  
Spesso a causa delle difficoltà economiche molte persone non riescono a mantenere quello che il giudice ha stabilito e non sempre riescono a versare l’assegno divorzile.
Con il versamento una tantum la questione non si porrebbe. 
Altri vantaggi sono che la somma versata una tantum non viene tassata come capita l’assegno mensile, non c’è il rischio di provvedimenti da parte del Giudice in caso di mancato pagamento, non c’è il rischio di una riduzione della somma da pagare in caso di difficoltà economiche, la persona che riceve la somma non può vantare altre pretese future nei confronti dell’ex coniuge, sempre al beneficiario non spetterà una quota di Tfr nè la pensione di reversibilità in caso di decesso dell’ex.

FORMATO CARTACEO

Assegno divorzile: i parametri dopo le Sezioni Unite n. 18287 dell’11 luglio 2018

Corredata delle più utili formule di riferimento, l’opera esamina, con taglio pratico e forma accessibile, le questioni maggiormente dibattute relative all’assegno divorzile, fino all’analisi della recente sentenza della Cassazione civile a Sezioni Unite n. 18287 dell’11 luglio 2018.Attraverso un’originale struttura, il testo risponde ai quesiti che più frequentemente ci si pone, tra cui: in cosa consiste il tenore di vita ed è ancora valido quale parametro? Come si può ottenere la modifica dell’importo dell’assegno? Quali azioni sono esperibili per il recupero dell’assegno?Con l’ultimo intervento della Suprema Corte, si dà atto di cosa è cambiato e quali siano oggi i parametri di riferimento per la determinazione dell’assegno.Per garantire uno strumento immediatamente operativo le risposte ai quesiti sono accompagnate dalle principali formule di riferimento.Manuela Rinaldi Avvocato in Avezzano; Dottore di ricerca in Diritto dell’Economia e dell’Impresa, Diritto Internazionale e Diritto Processuale Civile, Diritto del Lavoro. Incaricata (a.a. 2016/2017) dell’insegnamento Diritto del Lavoro (IUS 07) presso l’Università degli Studi di Teramo, Facoltà di Giurisprudenza. Dal 2011 Docente Tutor Diritto del Lavoro c/o Università Telematica Internazionale Uninettuno; relatore in vari convegni, master e corsi di formazione. Autore di numerose pubblicazioni, monografiche e collettanee.

Manuela Rinaldi | Maggioli Editore 2018

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