LA DIRETTIVA 98/44/CE SULLE BIOTECNOLOGIE BREVETTABILI

a cura di Andrea Sirotti Gaudenzi
Avvocato in Cesena

 1. L’esigenza di armonizzare le discipline nazionali in tema di biotecnologie.

La direttiva 98/44/CE sulla brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche è venuta alla luce dopo un lungo e travagliato percorso e il testo definitivo è il risultato di un’intensa operazione di compromesso tra diverse opinioni sul modo di tutelare le biotecnologie (1).

Un recente convegno organizzato dall’Università degli Studi di Milano, con il concorso della Società Italiana per lo studio della proprietà intellettuale, ha ripercorso il difficile cammino intrapreso dal legislatore comunitario nel tentativo di risolvere i problemi relativi alla brevettabilità delle biotecnologie. (2) In quella sede, è stato evidenziato come le difficoltà maggiori incontrate dalle istituzioni comunitarie siano state quelle di coordinare la disciplina giuridica dei brevetti con le norme etiche che regolano questo delicatissimo settore delle scoperte ed invenzioni.

La prima proposta presentata dalla Commissione nel 1988 fallì, subissata da una serie di feroci critiche, dovute principalmente all'assenza di riferimenti alla "questione etica" (3). Dopo la bocciatura di un altro progetto datato 1992 (4), la Commissione presentò nel 1996 una nuova proposta che, accolta tiepidamente dal Parlamento, si è trasformata nella direttiva 98/44/CE (5).
Il panorama delle discipline nazionali in tema di invenzione e brevetto, prima dell’emanazione della direttiva, era coordinato unicamente dai principi contenuti nella Convenzione sul Brevetto Europeo e dagli schemi contenuti dalla Convenzione di Strasburgo del 27 novembre 1963, nata in un periodo storico in cui il problema delle biotecnologie non era stata ancora avvertito (6).
Da più parti, quindi, era stata indicata la necessità di formulare una protezione efficace e armonizzata in tutti gli Stati membri al fine di mantenere e promuovere gli investimenti nel settore della biotecnologia, rappresentante una voce sempre più importante nella ricerca industriale (7).

La direttiva 98/44/CE, che trova il proprio fondamento nel principio di armonizzazione espresso dall’art. 100 A del Trattato UE, si basa sulla considerazione che la biotecnologia e l'ingegneria genetica stiano acquisendo una funzione crescente in una vasta gamma di attività industriali, nonché sulla previsione che la protezione delle invenzioni biotecnologiche possa assumere un'importanza fondamentale per lo sviluppo industriale della Comunità.

Il preambolo della direttiva, costituito da ben 56 "considerando", rappresenta un valido aiuto nell’interpretazione dei successivi 18 articoli di cui è composta la direttiva.
Innanzitutto, si fa presente come nel settore della protezione delle invenzioni biotecnologiche, esistano divergenze tra le legislazioni e le pratiche dei diversi Stati membri; tali disparità creano ostacoli agli scambi e costituiscono quindi un impedimento al funzionamento del mercato interno, in aperto contrasto con i principi espressi dal Trattato U.E.

Si fa riferimento, inoltre, all'accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPs), sottoscritto dalla Comunità europea e dagli Stati membri e al fatto che quest’accordo prevede che la tutela brevettuale per prodotti e procedimenti sia garantita in tutti i campi della tecnologia. Si pone l'accento, inoltre, sulla mancanza di divieti o esclusioni di principio in ordine alla materia della brevettabilità del materiale biologico nelle norme che regolano il diritto europeo dei brevetti (Convenzione di Monaco).

 

2. L’oggetto della direttiva e i limiti della brevettabilità.

Il primo capitolo della direttiva, occupandosi della "Brevettabilità", si richiama alle norme dettate nell’ambito dell’art. 2 della direttiva e stabilisce cosa si debba intendere per "materiale biologico" ("un materiale contenente informazioni genetiche, autoriproducibile o capace di riprodursi in un sistema biologico") e per "procedimento microbiologico" ("qualsiasi procedimento nel quale si utilizzi un materiale microbiologico, che comporta un intervento su materiale microbiologico, o che produce un materiale microbiologico"). Per la nozione di "varietà vegetale" si fa rinvio al Reg. 2100/94/CE.

L’art. 3 indica i requisiti delle invenzioni brevettabili nel campo della biotecnologie:  "sono brevettabili le invenzioni nuove che comportino un'attività inventiva e siano suscettibili di applicazione industriale, anche se hanno ad oggetto un prodotto consistente in materiale biologico o che lo contiene, o un procedimento attraverso il quale viene prodotto, lavorato o impiegato materiale biologico". Lo stesso articolo precisa che: "un materiale biologico che viene isolato dal suo ambiente naturale o viene prodotto tramite un procedimento tecnico può essere oggetto di invenzione, anche se preesisteva allo stato naturale."

La CBE conteneva già alcune "norme di chiusura" particolarmente interessanti: l’art. 52 escludeva dal novero delle scoperte quelle il cui sfruttamento sarebbe stato contrario all’ordine pubblico ed al buon costume; il successivo art. 53 poneva il divieto di considerare "scoperte" le varietà vegetali e le razze animali, nonchè i procedimenti essenzialmente biologici per l’ottenimento di piante e di animali, con esclusione dei prodotti microbiologici.

L’art.4 della direttiva 98/44/CE riproduce fedelmente la norma contenuta dall’art.53 CBE, mentre l’art.5 pone il divieto della brevettabilità del corpo umano nonché della scoperta di elementi del corpo umano, a tutela della dignità e dell’integrità dell’essere umano: "Il corpo umano, nei vari stadi della sua costituzione e del suo sviluppo, nonché la mera scoperta di uno dei suoi elementi, ivi compresa la sequenza o la sequenza parziale di un gene, non possono costituire invenzioni brevettabili." Nel caso in cui, invece, un elemento sia isolato dal corpo umano o prodotto tramite un procedimento tecnico, la scoperta potrà essere brevettabile (si apre –quindi- la possibilità di introdurre la brevettibilità delle sequenze di geni, nel caso in cui siano utilizzabili industrialmente).

La direttiva recepisce in toto i limiti inseriti dalla CBE: l’art. 6 affronta la "questione morale" ed esclude la possibilità di brevettare le invenzioni il cui sfruttamento economico sia contrario all’ordine pubblico o al buon costume, copiando letteralmente la formulazione dell’art.53.a CBE, presente –peraltro- nella normativa nazionale italiana (8). Sono considerati non brevettabili in particolare: "a) i procedimenti di clonazione di esseri umani; b) i procedimenti di modificazione dell'identità genetica germinale dell'essere umano; c) le utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali; d) i procedimenti di modificazione dell'identità genetica degli animali atti a provocare su di loro sofferenze senza utilità medica sostanziale per l'uomo o l'animale, nonché gli animali risultanti da tali procedimenti" (9). Quello contenuto dall’art. 6 della direttiva 98/44/CE deve intendersi come un elenco a titolo esemplificativo dei comportamenti vietati: ovviamente, non ha la funzione di codificare in maniera esaustiva le ipotesi vietate, ma di indicare agli operatori del diritto solo alcune situazioni, secondo una tecnica già adottata dal legislatore in altre circostanze (10).
L’art.7 della direttiva nomina il Gruppo europeo per l’etica delle scienze e delle nuove tecnologie della Commissione quale organo preposto al controllo di tutti gli aspetti etici relativi alle biotecnologie.

Il secondo capitolo, intitolato "Ambito della protezione", precisa che sono protetti dal brevetto tutti i materiali biologici derivati tramite riproduzione o moltiplicazione dal materiale biologico brevettato "da esso derivati mediante riproduzione o moltiplicazione in forma identica o differenziata e dotati delle stesse proprietà ed aventi le sue identiche caratteristiche" (art.8). Inoltre, " la protezione attribuita da un brevetto relativo ad un procedimento che consente di produrre un materiale biologico dotato, per effetto dell'invenzione, di determinate proprietà si estende al materiale biologico direttamente ottenuto da tale procedimento e a qualsiasi altro materiale biologico derivato dal materiale biologico direttamente ottenuto mediante riproduzione o moltiplicazione in forma identica o differenziata e dotato delle stesse proprietà" (art.8). Esclusa la brevettazione del corpo umano e dei suoi elementi ai sensi dell’art.5, l’art.9 estende la protezione attribuita da un brevetto ad un prodotto contenente o consistente in un'informazione genetica a qualsiasi materiale nel quale il prodotto è incorporato e nel quale l'informazione genetica è contenuta e svolge la sua funzione.

L’art. 10 limita la portata dei precedenti articoli, escludendo il materiale biologico ottenuto per "riproduzione o moltiplicazione di materiale biologico commercializzato nel territorio di uno Stato membro dal titolare del brevetto o con il suo consenso, qualora la riproduzione o la moltiplicazione derivi necessariamente dall'utilizzazione per la quale il materiale biologico è stato commercializzato, purché il materiale ottenuto non venga utilizzato successivamente per altre riproduzioni o moltiplicazioni". Infine, l’art. 11 fa riferimento al c.d. "privilegio dell’agricoltore" , vale a dire alla possibilità riconosciuta all’agricoltore di utilizzare parte del proprio raccolto, ottenuto grazie all’utilizzo del prodotto brevettato (acquistato dal titolare del brevetto), come semente per i propri fondi: " in deroga agli articoli 8 e 9, la vendita o un'altra forma di commercializzazione di materiale di riproduzione di origine vegetale, da parte del titolare del brevetto o con il suo consenso, ad un agricoltore a fini di sfruttamento agricolo implica l'autorizzazione per l'agricoltore ad utilizzare il prodotto del raccolto per la riproduzione o la moltiplicazione in proprio nella propria azienda; l'ambito e le modalità di questa deroga corrispondono a quelli previsti dall'articolo 14 del regolamento (CE) n. 2100/94" (11).

Il terzo capitolo, intitolato "Licenze obbligatorie dipendenti" ospita il lungo art.12 che stabilisce come, nell’ipotesi in cui un costitutore non possa ottenere o sfruttare commercialmente una privativa sui ritrovati vegetali senza violare un brevetto precedente, possa chiedere una licenza obbligatoria reciproca e non esclusiva perché gli sia possibile sfruttare la nuova varietà vegetale, "dietro pagamento di un canone adeguato" (il comma 2 considera l’ipotesi inversa: "il titolare di un brevetto riguardante un'invenzione biotecnologica, qualora non possa sfruttarla senza violare una privativa precedente sui ritrovati vegetali, può chiedere una licenza obbligatoria per l'uso non esclusivo della varietà protetta dalla privativa, dietro pagamento di un canone adeguato. Gli Stati membri stabiliscono che, in caso di concessione della licenza, il titolare della privativa per ritrovati vegetali ha reciprocamente diritto ad una licenza a condizioni ragionevoli per utilizzare l'invenzione protetta").

Il quarto capitolo "Deposito, accesso e nuovo deposito del materiale" disciplina le formalità da compiere per ottenere il brevetto, richiedendo il deposito presso un istituto riconosciuto ai sensi del Trattato di Budapest.
L’art. 15, contenuto nelle "disposizioni finali" (cap. quinto) indica quale ultimo termine per gli Stati membri la data del 30 luglio 2000 per conformarsi alla direttiva.

Come si vede, quindi, la direttiva non introduce grandi novità nella disciplina delle invenzioni e dei brevetti; forse, la preoccupazione maggiore avvertita dalle istituzioni dell’Unione Europea non è stata quella di coordinare le discipline nazionali, quanto –piuttosto- quella di porre alcuni limiti in una materia che, se lasciata andare a se stessa, rischia di generare mostruosità non solo in campo etico, ma anche in campo giuridico.

 

 

Note

  1. Il testo in lingua italiana della direttiva 98/44/CE è pubblicato sulla pagina http://europa.eu.int/eur-lex/it/lif/dat/1998/it_398L0044.html .
  2. G. Delli Santi, Le biotecnologie brevettabili, su Il Sole 24 ore del 10.09.99. Il sito http://www.ilsole24ore.it/informatica ospita una sintesi del convegno.
  3. Proposta di direttiva del Consiglio COM(88)496 del 20.10.88.
  4. Proposta modificata di direttiva del Consiglio COM(92)589 del 16.12.92.
  5. Proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio COM(95)661 del 25.01.96.
  6. P. Rambelli, La direttiva europea sulla protezione delle invenzioni biotecnologiche, in Contratto e Impresa/Europa n.1, Padova, 1999.
  7. B. Guidetti, La direttiva 98/44/CE sulle invenzioni biotecnologiche, in Contratto e Impresa/Europa n.1, Padova, 1999.
  8. Il concetto viene espresso anche nei "considerando" della direttiva: "nella presente direttiva, va altresì riaffermato il principio secondo cui sono escluse dalla brevettabilità le invenzioni il cui sfruttamento commerciale sia contrario all'ordine pubblico o al buon costume".
  9. Il "considerando" n.41 offre una definizione di clonazione: "i procedimenti di clonazione dell'essere umano possono essere definiti come qualsiasi procedimento, ivi comprese le tecniche di scissione degli embrioni, volto a produrre un essere umano con le stesse informazioni genetiche nucleari di un altro essere umano, vivo o morto".
  10. Cfr.: direttiva 93/13/CE sulle clausole vessatorie nei contratti conclusi dai consumatori.
  11. Il privilegio dell’agricoltore fu ritenuta una questione di fondamentale importanza dal Parlamento europeo (cfr.: B. Guidetti, op. cit.).

settembre '99