LA NATURA GIURIDICA DI INTERNET

di Michele Iaselli

Il problema della natura giuridica di Internet sta assumendo negli ultimi tempi una rilevanza particolare considerata anche l’enorme diffusione della "Rete delle reti" che anche in Italia si sta guadagnando un ruolo di primo piano tra le nuove forme di comunicazione.

Nonostante la dottrina abbia affrontato più volte la problematica in argomento, ritengo che il dibattito sia ancora aperto e forse difficilmente si potrà trovare una soluzione definitiva. Tutto ciò perché Internet non appartiene a nessuno, non è finanziata da istituzioni, governi o organizzazioni internazionali e non è un servizio commerciale. Questa realtà costituisce contemporaneamente sia la forza che la debolezza di Internet. La forza poiché tale rete planetaria non può essere soggetta a nessuna influenza esterna assumendo quindi un’indipendenza assoluta; la debolezza poiché la sua connotazione acentrica ed in un certo senso "anarchica" comporta tutti quegli inconvenienti derivanti dalla mancanza di un effettivo controllo dall’alto, con la nascita di nuove fattispecie criminose sulle quali torneremo in seguito.

Per la verità esiste un organismo, la Internet Society (ISOC, composta da volontari), che svolge funzioni di direzione e controllo sulla Rete. La ISOC elegge un consiglio, l’Internet Architecture Board (IAB), ed i membri di questo consiglio affrontano le questioni delle regole, delle risorse, degli indirizzi della Rete. Un altro organismo formato da volontari, l’Internet Engineering Task Force (IEFT), si occupa invece del vero e proprio funzionamento di Internet.

Da un’attenta analisi, però, si deduce facilmente che gli organismi in argomento, ai quali con il tempo se ne sono aggiunti anche altri, si occupano essenzialmente del governo tecnico della Rete, mentre non è individuabile alcuna infrastruttura né identificabile alcun soggetto responsabile a cui si possa imputare l’effettiva gestione della Rete.

Ma cerchiamo adesso di fare il punto della situazione sintetizzando le principali posizioni assunte dalle maggiori correnti dottrinarie sulla natura giuridica di Internet.

Una prima dottrina parte dall’assunto che Internet non è altro che un accorgimento tecnico, fondato su regole tecniche, che consente il collegamento tra un numero indefinito di soggetti che si trovano nelle stesse condizioni. In altri termini Internet è da considerarsi una struttura logica.

Considerato, quindi, che Internet non è un soggetto, questa dottrina sul presupposto che tutti i rapporti telematici non si realizzano con la Rete, ma nella Rete tra soggetti diversi, ritiene che Internet sia un luogo. A questo punto, però, la dottrina in esame comprendendo che la nozione tradizionale di territorio mal si adatta ad una realtà virtuale come Internet (dove non è possibile determinare un confine fra le varie reti territoriali che attraversano i singoli stati) ha creato un nuovo concetto il cd. "meta-territorio" che sarebbe una sorta di territorio virtuale dove i confini fra i vari stati sarebbero non fisici, ma logici. Internet, quindi secondo questa costruzione dottrinaria è un meta-territorio.

La dottrina in esame a parere dello scrivente ha molti pregi quali la corretta impostazione del problema, l’originalità della soluzione; l’unico neo è rappresentato da un’incompatibilità di fondo tra il problema che si vuole risolvere (natura giuridica) che richiede, comunque, un’impostazione giuridica nel senso tradizionale del termine e la soluzione che ha connotati tutt’altro che giuridici. Internet è già una realtà virtuale, non sembra opportuno ricorrere ad un’altra costruzione virtuale per giustificarne la natura giuridica, anche perché non bisogna dimenticare che coloro che operano in Internet sono soggetti reali i cui comportamenti producono effetti nel mondo reale.

Una seconda dottrina pur condividendo l’impostazione della prima dottrina pone l’accento sul connotato di sovranazionalità di Internet più che di transnazionalità, quasi a voler sottolineare la portata del fenomeno che investe non il singolo stato, ma tutte le nazioni dotate di un’infrastruttura di telecomunicazioni. Questa dottrina più che ricorrere a costruzioni particolarmente audaci ritiene opportuno ricondurre la problematica della natura giuridica di Internet nell’ambito dell’inquadramento giuridico di tutti i servizi di Internet, esaminando in particolare il regime di responsabilità dell’Internet Service Provider, del sysop da intendersi come il gestore del sistema informatico, del proprietario delle infrastrutture di rete.

La carenza di tale dottrina è piuttosto evidente: essa con notevole abilità, aggira il problema, ma non lo risolve, anzi non lo affronta nemmeno.

Una terza dottrina soffermandosi sulla definizione di Internet come procedimento di telecomunicazione a livello planetario, ritiene che Internet comporti l’avvento di un’epoca nuova definita della "metapolitica", poiché verrebbero superati gli attuali termini di riferimento politico quali lo Stato nazionale, la sovranità limitata dal territorio (il cd. meta-territorio?), la definizione dei confini e degli attributi di potere fra Stato e Stato etc.

Questa dottrina presenta per la verità gli inconvenienti sia della prima che della seconda corrente dottrinaria, ma consapevole dei propri limiti imposta il problema in termini molto generali senza entrare nello specifico, per cui in realtà alla fine è forse la meno criticabile in quanto comunque sottolinea una prospettiva piuttosto realistica di Internet.

Una quarta teoria sulla natura giuridica di Internet si fonda prevalentemente sulla concezione anarchica e libertaria di Internet e viene enunciata per la prima volta nella "Dichiarazione di indipendenza del Cyberspazio" promulgata da John Perry Barlow a Davos, in Svizzera, l’8 febbraio 1996.

Sostanzialmente, secondo questa teoria, Internet è un Cyberspazio in cui:

bulleti cybernauti possono navigare nella più totale autonomia rispetto ad ogni Autorità Statale;
bulletnon hanno alcun riconoscimento sia i concetti che le categorie giuridiche tradizionali;
bulletè possibile creare una cultura della mente che sia più giusta ed umana.

Questa teoria per quanto suggestiva è contraddistinta da un’eccessiva connotazione utopistica e dimentica che purtroppo negli ultimi tempi i veri beneficiari dell’anarchia di Internet non sono i singoli navigatori, ma le grandi multinazionali e gli apparati di controllo sociale dei governi.

Il problema della natura giuridica di Internet assume una rilevanza particolare in quanto strettamente collegato agli altri rilevanti problemi dell’individuazione della legge applicabile per la regolamentazione di Internet e dell’identificazione del foro competente in caso di conflitti di interessi nell’ambito della Rete.

Problemi, questi, di non facile soluzione poiché nel campo del diritto internazionale i tradizionali principi di individuazione della legge applicabile e del giudice competente in caso di controversie sono stati elaborati pensando ad uno spazio fisico e territoriale per cui sicuramente gli stessi concetti si adattano male ad atti e comportamenti che possono essere commessi in uno spazio cd. virtuale.

Per risolvere questi problemi sono state suggerite dalle maggiori correnti dottrinarie diverse soluzioni che andrò qui di seguito ad elencare:

bulletuna prima soluzione sarebbe quella di affidarsi esclusivamente per la regolamentazione della materia alla cd. netiquette o galateo della Rete. Purtroppo questa teoria non risolve la problematica delle fattispecie di rilevanza penale, per cui ha un limite molto forte.
bulletUn’altra soluzione, specie per regolamentare il regime delle responsabilità degli operatori in Internet, potrebbe essere il tentativo di regolamentare la limitazione e l’esclusione della responsabilità attraverso una disciplina dei cd. disclaimers, che altro non sono che delle dichiarazioni inserite in genere nella home page da parte del provider nella quale si ammoniscono gli utenti circa i contenuti del sito e si dettano alcune regole proprio al fine di limitare o escludere del tutto la responsabilità del provider.

Allo stato attuale, però, questa soluzione non sembra molto praticabile in quanto il valore giuridico del disclaimer si riduce a ben poca cosa non essendo dimostrabile che lo stesso è stato accettato o quanto meno conosciuto dall’utente. Per non parlare poi del problema della lingua utilizzata, considerato lo sviluppo mondiale di Internet.

bulletUna terza soluzione sarebbe quella di far ricorso comunque al potere regolatore dei vari enti statali e sovrastatali: è questa la strada percorsa negli Stati Uniti con il Degency act del 1995, dalla Francia con la legge di riforma delle telecomunicazioni del 1996, o dalla stessa Unione Europea con la comunicazione della Commissione dell’ottobre 1996 in merito ai contenuti illegali e pregiudizievoli circolanti in Internet.

Anche questa soluzione non è esente da critiche in quanto nel caso di interventi di singoli stati il navigatore del cyberspazio potrebbe essere assoggettato alla normativa, anche contraddittoria, di diversi ordinamenti sovrani mentre nel caso di normative internazionali, le stesse potrebbero non essere vincolanti per tutti gli ordinamenti.

bulletUn’ultima soluzione potrebbe essere quella di stipulare accordi a valenza internazionale per regolare il fenomeno Internet. In particolare potrebbe essere promossa la stipula di convenzioni che uniformino la materia sia dal punto di vista delle norme sostanziali che da quello delle norme di conflitto.

Tale soluzione auspicata da più parti potrebbe essere senz’altro valida nel momento in cui rappresenti lo spunto per la creazione di un vero e proprio corpo di norme uniformi che tengano conto anche dell’esperienza maturata dai diversi stati mondiali.

La necessità di una regolamentazione di Internet è diventata urgente negli ultimi tempi contraddistinti da una utilizzazione abusiva, incontrollata e criminale di questo strumento di informazione e di comunicazione. Basti pensare all’inquietante connubio Internet-pedofilia, all’ipotesi di Internet come luogo privilegiato per il riciclaggio di denaro sporco per capire che se non si interviene subito a disciplinare l’uso di Internet e le sue varie applicazioni c’è il rischio di vedere criminalizzata la "Rete delle reti" con la conseguente perdita della libertà che l’ha sempre contraddistinta.

Alla luce di quanto detto sopra ritengo che il vero problema, quindi, non sia quello di elaborare una qualsivoglia qualificazione giuridica nella quale includere il fenomeno Internet (è stato questo il maggiore sforzo della dottrina) ma sia quello di regolamentare lo stesso ponendosi in un’ottica internazionalista e pragmatistica avvalendosi della preziosa collaborazione degli operatori del settore.

Michele Iaselli