BREVI CONSIDERAZIONI SULLE
CONSULENZE ON LINE

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di Andrea Sirotti Gaudenzi
Avvocato del foro di Forlì-Cesena

(sirottigaudenzi@worldonline.it)
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Il rapporto tra nuove tecnologie e professione forense è stato recentemente al centro di un serrato dibattito, soprattutto con riferimento ai risvolti deontologici legati alla presenza degli avvocati su internet.

 

Negli ultimi tempi, anche in Italia, si è assistito al fenomeno della nascita di siti giuridici che offrono consulenze legali on line. Sul web, sono già presenti alcune pagine che ospitano un modulo da compilare con i propri dati. A fronte dell’esborso di cifre estremamente contenute (in alcuni casi 100.000 lire o poco più), viene promessa una risposta al quesito giuridico nel giro di pochi giorni da parte di avvocati regolarmente abilitati.

La nuova formulazione dell’art. 17 del Codice Deontologico, che ha rappresentato l’abolizione (o –rectius- la parziale abolizione) del divieto di pubblicità per gli avvocati, permette all’avvocato di “dare informazioni sulla propria attività professionale, secondo correttezza e verità, nel rispetto della dignità e del decoro della professione e degli obblighi di segretezza e di riservatezza”. Lo stesso codice inserisce le “reti telematiche” tra i mezzi attraverso i quali il legale può fornire informazioni relative all’attività svolta.

Le recenti interpretazioni fornite dai membri del Consiglio Nazionale Forense in merito alle modifiche apportate al Codice Deontologico individua nell’offerta di consulenza on-line da parte degli studi legali una violazione dei principi ai quali deve ispirarsi la professione forense.

In particolare, si pone l’accento sul fatto che questa pratica rappresenti una forma di “accaparramento” scorretto della clientela, nonché sul fatto che sia impossibile instaurare un rapporto tra avvocato e cliente, in mancanza della conoscenza personale, indispensabile per la costruzione di quel rapporto di fiducia che sta alla base dell’attività del professionista.

I fautori delle consulenze on-line, invece, sottolineano come questo strumento venga già utilizzato in quasi tutti i Paesi europei; inoltre, fanno notare come nessuna norma deontologica possa urtare contro quanto disposto dai principi espressi dalla nostra Costituzione in tema di libertà di manifestazione del pensiero attraverso ogni mezzo di diffusione (art.21) ed in tema di iniziativa economica privata (art. 41).

 

Un recente convegno organizzato dall’Associazione Italiana Giovani Avvocati e svoltosi a Ravenna (14 - 15 aprile 2000) ha trattato questo ed altri argomenti legati alla “Professione forense nel terzo millennio”. Alcuni dei relatori hanno teorizzato come il problema delle consulenze on-line sia destinato ad esaurirsi in breve tempo o ad avere, comunque, un ruolo marginale per motivi di natura pratica.

In effetti, al di là delle considerazioni che investono la sfera deontologica, ci si deve chiedere come sia materialmente possibile per un professionista formulare un parere e fornire la soluzione di un quesito, senza aver avuto la possibilità di parlare direttamente con il cliente, di conoscerlo, di acquisire i dati relativi al caso in concreto…

Si deve ammettere che, in linea di massima, non è necessario dialogare con il cliente per spiegare cosa sia l’usucapione o per dare informazioni sul contratto di locazione, ma se il caso dev’essere approfondito, appare indispensabile un esame che difficilmente può esaurirsi per via telematica.

La mia modestissima opinione è che –nella maggior parte delle ipotesi- la consulenza legale fornita on-line ad un cliente di cui si sa quel poco che viene riferito in una comunicazione fatta a mezzo di posta elettronica difficilmente possa rappresentare un valido ed efficace strumento per chi sia alla ricerca di soluzioni dei propri problemi. 

L’avvocato non è un condensato di nozioni giuridiche, nè può essere paragonato ad un juke-box, pronto a suonare il motivo desiderato a seguito dell’introduzione della monetina: soprattutto di fronte a casi complessi, per fornire un parere soddisfacente, appare necessaria una consultazione personale, che implichi la nascita di un rapporto ben più profondo di quello realizzatosi attraverso una sola e-mail. L’avvocato deve parlare con il cliente, deve saperlo ascoltare, deve consigliarlo, prospettandogli la soluzione più consona al caso proposto, tra le mille che la legge rende praticabili.

 

In questo senso, mi sembra che meriti una menzione l’impostazione di alcuni studi legali presenti sul web, che all’interno delle proprie pagine non offrono semplici consulenze on-line, ma danno ai visitatori la possibilità di essere contattati, prenotando appuntamenti in studio. Altri ancora, poi, sono in grado di fornire una password che consente ai clienti di prendere visione delle proprie pratiche direttamente da casa..

Casi come questi ultimi, evidentemente, non possono rappresentare in alcun modo violazioni del codice deontologico, ma costituiscono solo la prova del fatto che le nuove tecnologie possano essere messe efficacemente al servizio della professione forense.