L’EVOLUZIONE
DELLA PROFESSIONE FORENSE
ALLA
LUCE DELLE MODIFICHE INTRODOTTE
Sintesi
degli interventi sul futuro dell’avvocato italiano svolti durante il
convegno “Il diritto della Comunità Europea: rapporti con il diritto
interno”
di Andrea Sirotti Gaudenzi, Avvocato in Cesena Il
convegno intitolato “Il diritto della Comunità Europea: rapporti con il
diritto interno ed effetti sulla realtà locale”, tenutosi a Forlì lo
scorso 15.10.99 ha fornito interessanti spunti di riflessione sul futuro della
professione forense, di fronte ad un processo di integrazione europea sempre
più intenso.
In particolare, su questo tema, si segnala l’intervento della Prof.ssa Lucia Serena Rossi, docente di diritto comunitario presso l’Università di Bologna, che ha trattato i problemi attinenti a tariffe forensi, libera circolazione degli avvocati all’interno della Comunità, conseguenze per gli ordini professionali. Recentemente, il problema delle tariffe è stato posto all’attenzione degli operatori del diritto per la presunta violazione della normativa comunitaria in tema di concorrenza tra le imprese. Com’è noto, molti giuristi, qualificando il professionista come un vero e proprio “imprenditore” (nell’accezione comunitaria del termine), ritengono che la presenza di un tariffario forense debba essere ritenuto un “accordo di cartello”, teso a falsare la concorrenza. Ben nota è la posizione degli avvocati italiani che, contestando questa impostazione, invocano il mantenimento dell’attuale regime tariffario e, in particolar modo, dei “minimi tariffari”, facendo riferimento alla necessità di tutelare la dignità e il decoro della classe forense. Sull’argomento
delle tariffe, non sono mancate pronunce giurisprudenziali che hanno
“assolto” in pieno questo regime, o –rectius- hanno sostenuto la tesi in
virtù della quale i singoli professionisti non possono essere ritenuti
responsabili di questo meccanismo e non si può imporre loro di disapplicare
spontaneamente le tariffe stabilite dal C.N.F. (Trib. Di Tempio Pausania, sent. 28.05.98).
Di
segno opposto è la sentenza con cui la Corte d’Appello di Torino ha
disapplicato i minimi tariffari, sostenendo la violazione della disciplina
comunitaria in tema di concorrenza (Corte d’App. di Torino, sent. 19.06.98).
In
attesa di conoscere la decisione della Corte di Giustizia della CE con
riferimento alla causa C-35/99 (caso “Arduino”), su questione
pregiudiziale sollevata dal Pretore di Pinerolo, bisogna constatare che il
rilancio del disegno di legge Mirone (ddl 5092) avvenuto in questi giorni
sembra condurre verso l’abolizione definitiva dei minimi tariffari, in linea
con le indicazioni provenienti dalle istituzioni comunitarie.
Sul
problema della libertà di stabilimento per gli avvocati, la prof.ssa Rossi ha
rilevato l’inadeguatezza del sistema realizzatosi nel nostro Paese con la
direttiva 48/89. L’Italia, infatti, fino ad oggi ha rilasciato attestato di
riconoscimento automatico dei titoli stranieri di avvocato, a condizione che
venisse superata una “prova complementare” in tema di deontologia
professionale.
Questo
sistema ha dato origine a molte perplessità (si pensi, per esempio, al fatto
che in Spagna si diventi “abogado” subito dopo la laurea, semplicemente
iscrivendosi all’ordine professionale; un “abogado” spagnolo può
diventare avvocato in Italia senza aver superato alcun esame d’accesso –neppure
nel suo Paese- semplicemente attraverso la prova complementare).
La
recente direttiva 5/98 (le cui indicazioni verranno recepite dalla prossima
“legge comunitaria”) risolve il problema consentendo all’avvocato
straniero di esercitare la professione forense con il proprio titolo in tre
materie, vale a dire nel diritto dello Stato in cui si stabilisce, nel diritto
dello Stato di provenienza e nel diritto internazionale e comunitario.
La
recente direttiva stabilisce che, dopo tre anni di esercizio in Italia, il
legale straniero (o –meglio- con titolo straniero) possa chiedere
l’iscrizione all’albo nazionale, con la possibilità di utilizzare il
titolo professionale del Paese in cui esercita.
Durante
il convegno è stato ribadito più volte come l’evoluzione della professione
forense alla luce del diritto comunitario debba avere come fine principale la
tutela del consumatore, che ha il diritto di farsi assistere da professionisti
competenti.
A
questo proposito, il prof. Paolo Mengozzi, giudice del Tribunale di primo
grado delle Comunità Europee, ha sottolineato l’importanza che in “una
nuova società che si basa su di un nuovo diritto” la professione forense
riesca a realizzare appieno la propria vocazione di professione di tutela dei
consumatori, svolgendo così un ruolo di pubblico interesse.
Alla
conclusione del convegno, i relatori si sono trovati d’accordo
nell’esprimere la necessità che gli Ordini Professionali si muovano in
questa direzione, cogliendo la “scossa elettrica” (per usare
l’espressione usata dal prof. Mengozzi) che discende da questo mondo in
continua evoluzione.
Ottobre
1999.
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