inserito in Diritto&Diritti nel gennaio 2001

E’ illegittima l’occupazione acquisitiva o accessione invertita

( Corte Europea dei Diritti dell’uomo Sez. II sent. 30 maggio 2000. Ric. 31524/96 )

commento dell’Avv. Bruno Sechi del Foro di Cagliari

La Corte Europea dei diritti dell’uomo, nella sentenza del 30 maggio sul ricorso n° 31524/96, ha stabilito che l’occupazione acquisitiva (o accessione invertita ), compiuta da una istituzione pubblica, è illegittima , poiché vìola l’art. 1 della Convenzione Europea Prot. 1 (tutela della proprietà ).

Nella realtà giuridica italiana, l’occupazione acquisitiva è diventato un vero istituto, che consente all’autorità pubblica occupante di acquisire la proprietà dell’immobile privato, qualora l’opera di pubblica utilità sia stata realizzata, nonostante la mancata adozione del provvedimento di espropriazione nel termine quinquennale, decorrente dall’occupazione d’urgenza ( v. l. n° 85 del 22 ottobre 1971 ).

 

La irreversibile trasformazione del bene occupato ( id est la realizzazione dell’opera pubblica ) rende impossibile la restituzione del medesimo al legittimo titolare, il quale potrà azionare il diritto al risarcimento del danno, per la perdita del bene stesso a causa del "comportamento illecito" dell’amministrazione pubblica.

L’illiceità del comportamento consiste nell’aver protratto per oltre cinque anni l’occupazione d’urgenza, senza addivenire alla definizione della procedura ablativa.

L’occupazione, in tal caso, è illegittima.

 

La giurisprudenza italiana ha conosciuto momenti di contrasto interno.

Possiamo schematizzarne l’evoluzione piu’ recente: è opportuno considerare primariamente la Cass. n° 1464 del 16 febbraio 1983 ( e la n° 3243 del 1979 )che basa il principio dell’accessione invertita sul criterio della trasformazione irreversibile del bene (realizzazione dell’opera pubblica ); il diritto al risarcimento è soggetto alla prescrizione quinquennale in quanto riferibile ad un fatto illecito ex art. 2043 c.c.

La Giurisprudenza italiana attuale conferma il principio di cui sopra ma esclude l’acquisizione della proprietà nelle seguenti ipotesi:

bulletannullamento, da parte del TAR, del decreto di occupazione d’urgenza e dei relativi atti procedurali (CdS n° 874 del 1996); la Cassazione, invece, ( SS.UU. n° 6515 del 1997 ) ammette la possibilità della richiesta di restituzione del bene originario o del risarcimento del danno, soggetta alla prescrizione quinquennale, decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza del TAR;
bulletnullità ab inizio dei medesimi atti ( es. la dichiarazione di pubblica utilità ); in tal caso il privato può chiedere o la restituzione del bene ed il suo ripristino ( restituito in integrum ) o il risarcimento del danno, senza dover rispettare alcun termine prescrizionale, in quanto il fatto illecito della P.A. sortisce effetti permanenti;
bulletè importante sottolineare la presa di posizione della Corte Cost. ( sent. 188/95 ) la quale precisa che il fondamento dell’occupazione acquisitiva risiede nella prevalenza dell’interesse pubblico ( conservazione dell’opera pubblica ) sull’interesse privato ( diritto di proprietà ). L’acquisizione della proprietà, inoltre, non compromette il diritto al risarcimento del danno per fatto illecito. In altri termini, la giurisprudenza italiana afferma che un comportamento illegittimo può costituire titolo per l’acquisto originario della proprietà.

 

In virtu’ della legge finanziaria n. 662/96, l’integrale risarcimento per la perdita del fondo si applica per le occupazioni illecite successive al 30 settembre 1996 ( relativamente a quelle anteriori si adottano i criteri per l’indennizzo dell’espropriazione: val. venale +Reddito dominicale: 2 ), con esclusione della riduzione del 40% e con la maggiorazione del 10%.

 

La Corte Europea, nella sentenza in esame, prende in considerazione la decisione del CdS SS. UU. del 7 febbraio 1996 ( Giudice d’Appello ) il quale, confermando il giudizio di ottemperanza del TAR " nega " la restituzione del fondo alla ricorrente, per impossibilità derivante dalla irreversibile trasformazione del medesimo ( realizzazione di una strada ).

Il CdS ha ritenuto che non sussistono gli estremi della denegata giustizia, poiché l’opera pubblica è stata ultimata anteriormente alla sentenza del TAR ( Giudice di I° grado ), che aveva annullato il provvedimento di occupazione d’urgenza.

In altri termini, l’impossibilità della restituzione del bene era già maturata prima dell’intervento del TAR.

La situazione di fatto "sviliva" ab inizio qualsiasi decisione giurisdizionale favorevole alla ricorrente.

La Corte Europea stabilisce, ab contrario, che l’accessione invertita è una palese violazione della Convenzione Europea, in particolare il par. 2 dell’art. 1 Prot. 1, che si riporta: " Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale ".

La disposizione in esame stabilisce il principio di legalità nella tutela dei beni di ogni persona fisica o giuridica.

In conformità al predetto principio, " l’ingerenza della pubblica autorità " nella proprietà privata deve essere improntata al " giusto equilibrio " tra l’interesse generale della collettività e i diritti fondamentali della persona.

 

Il principio di legalità ( e, pertanto, della preminenza del diritto ) impone allo Stato e alla pubblica autorità di " conformarsi ad una decisione o sentenza adottata nei loro confronti "; inoltre, le leggi interne devono essere " sufficientemente accessibili, precise e prevedibili ".

 

I contrasti giurisprudenziali nella materia in esame sono lo specchio di una legislazione italiana contorta e dannosa al cittadino.

Tutto questo non è in sintonia con l’esigenza di legalità e certezza del diritto.

Nella decisione in esame, la Corte riserva la questione relativa alla giusta riparazione della ricorrente ex art 41 Convenzione ( " equa soddisfazione ); pertanto,Essa non condanna formalmente lo Stato italiano, il quale potrà accordarsi con la controparte sulla forma, entità e modalità del risarcimento.

 

La Corte anticipa la sostanza di una eventuale futura decisione di condanna, esprimendo una linea, che pare generale, sul tema trattato: infatti, Essa ritiene che la riparazione idonea per la ricorrente dovrebbe consistere nella restituzione del bene originario ( restituito in integrum ), nel risarcimento dei danni materiali per il mancato godimento del bene medesimo e in un equo indennizzo per i danni morali.

 

Senorbì-Cagliari, lì 19/XII/2000

Avv. Bruno Sechi

avv.brunosechi@tiscalinet.it