inserito in Diritto&Diritti nel settembre 2002

LA RESPONSABILITA' DEL PRODUTTORE DI SIGARETTE IN ITALIA, FRANCIA E STATI UNITI D'AMERICA

di  Luisa Nava

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Indice

CAPITOLO VIII

LE MALATTIE DA TABAGISMO : CONSIDERAZIONI MEDICHE.

 

SEZIONE I

ANALISI MEDICA.

 

 

SOMMARIO : 1. Il fumo e i suoi effetti sulla salute umana. 2. Analisi dei differenti fattori causali delle malattie da tabagismo. 3. Approfondimento su alcune delle più frequenti patologie dei fumatori : la bronchite e l’enfisema. 4. (segue) : Il carcinoma della laringe e del polmone. 5. Un sintetico bilancio sulla situazione attuale. 6. Un piano d’azione della medicina generale contro il fumo. 7. Il fumo passivo.

 

 

1.IL FUMO E I SUOI EFFETTI SULLA SALUTE UMANA.

Il fumo è il prodotto gassoso della combustione di una sostanza, il tabacco, che viene inalato dai fumatori. L’abitudine a fumare tabacco comporta numerosi effetti negativi per la salute che complessivamente superano quelli degli inquinanti atmosferici. In Europa sono 500.000 all’anno i decessi per cause collegate al fumo e in Italia fra i quindici milioni di fumatori si contano ogni anno 60.000 - 80.000 morti. Benché la percentuale complessiva dei fumatori sia in calo, negli ultimi anni è aumentato il numero delle giovani donne fumatrici, in particolare nell’Europa occidentale.

Si definisce fumo attivo quello che viene inalato da un fumatore e fumo passivo quello, altrettanto dannoso, che viene inalato da un non fumatore che si trova in prossimità di fumatori.

Tra le diverse modalità con cui il tabacco può essere consumato, le sigarette sono certamente le più nocive, anche se il fumo prodotto dalla pipa o da un sigaro non è privo di rischi ; i tabacchi da fiuto e quelli da masticare sono stati, di recente, riconosciuti come la causa di numerose malattie della bocca e del cancro della cavità orale.

La composizione del fumo di tabacco che viene inalato è stata oggetto di molti studi, dai quali risulta che neppure l’uso di filtri è sufficiente a proteggere il fumatore da alcuni potenti cancerogeni, come gli idrocarburi policiclici, le betanaftilammine e le nitrosammine, che hanno dato origine a tumori sulle cavie ; il filtro infatti espone i fumatori che ne fanno uso a un rischio di sviluppo di tumori elevato, anche se inferiore del 20-30% rispetto a quelli che non lo usano.

Il fumo contiene sostanze tossiche come ammoniaca, formaldeide, ossidi di azoto e monossidi di carbonio ; quest’ultimo è responsabile di un ridotto afflusso di ossigeno ai tessuti, che danneggia le cellule. La principale componente del fumo di tabacco è la nicotina, che provoca costrizione dei vasi sanguigni, aumento della pressione del sangue e del battito cardiaco e un incremento dell’attività dei nervi simpatici.

Chi fuma in media un pacchetto di sigarette al giorno compie circa 70.000 atti inalatori di fumo all’anno, che portano le sostanze nocive contenute nel fumo a contatto con i tessuti interni dell’organismo.

Al fumo vengono ricondotte malattie come il cancro ai polmoni, alle labbra, al cavo orale, alla faringe, all’esofago e al pancreas ; malattie dell’apparato cardiovascolare, come le coronaropatie, l’ictus, le emorragie cerebrali e le vasculopatie periferiche ; la pneumopatia cronica ostruttiva, che comprende la bronchite cronica e l’enfisema.

Le coronaropatie e in particolare l’infarto del miocardio rappresentano la causa principale di morte legata al fumo di sigaretta e sono dovute principalmente agli effetti della nicotina e del monossido di carbonio, che favoriscono la comparsa di aterosclerosi.

La seconda causa di morte legata al fumo è il cancro ai polmoni, che presenta un legame diretto di causa-effetto con il fumo, come si evince confrontando la differenza di incidenza di questa patologia tra gruppi di fumatori e di non fumatori ; oltre ai polmoni sono numerosi gli organi colpiti da tumori per i quali è dimostrato un rapporto causale con il fumo, come quelli del cavo orale, della faringe e del pancreas. Questi tumori, nel loro complesso, sono causa di morbilità e mortalità elevate nella popolazione generale e il loro rischio di insorgenza è direttamente proporzionale al numero totale di sigarette fumate.

La pneumopatia cronica ostruttiva è una causa importante di morbilità e mortalità nella popolazione generale e presenta, anch’essa, una relazione diretta di causa-effetto con il fumo.

Le vasculopatie periferiche, che colpiscono gli arti inferiori, sono più diffuse tra i fumatori e sono provocate dallo sviluppo di placche aterosclerotiche sulle pareti dei vasi sanguigni ; nei casi più gravi, in cui si sviluppa una gangrena, può essere necessario ricorrere all’amputazione della parte interessata. Anche in questo caso, il rischio di comparsa della malattia è strettamente dipendente dalla quantità di sigarette fumate.

Qualsiasi intervento chirurgico comporta, per i fumatori, un rischio maggiore di complicazioni postoperatorie, come la trombosi venosa profonda che può provocare embolia polmonare e, talvolta, la morte.

Quasi tutti gli accidenti cerebrovascolari potenzialmente mortali, in particolare l’ictus e l’emorragia cerebrale, presentano correlazioni con il fumo.

Anche i nascituri non sfuggono agli effetti nocivi del fumo : molti studi hanno evidenziato l’esistenza di una relazione tra il numero di sigarette fumate dalla madre e l’insorgenza di gravi complicazioni durante la gravidanza, la nascita di bambini morti o scarsamente vitali e alcuni casi di morte neonatale improvvisa.

L’esposizione volontaria al fumo passivo è anch’essa molto pericolosa per la salute e, in base ad alcuni dati recenti, comporta un rischio di sviluppo di cancro ai polmoni superiore dell’1,5% rispetto a quello che corrono i non fumatori che vivono in ambienti non inquinati dal fumo ; il rischio di infarto e di malattie cerebrovascolari per fumo passivo non è stato quantificato altrettanto precisamente, ma è anch’esso più elevato che nei soggetti non esposti.

Quando una persona smette di fumare, il rischio di mortalità legata al fumo diminuisce lentamente, anche se per tornare al valore iniziale possono essere necessari più di vent’anni. [1]

2. ANALISI DEI DIFFERENTI FATTORI CAUSALI DELLE MALATTIE DA TABAGISMO.

Come emerge da quanto detto poco sopra, il fumo è la causa di numerose malattie, le quali però, a loro volta, possono essere provocate anche da altri fattori quali le abitudini alimentari, il tipo di professione svolta, il luogo in cui si vive (città con alto inquinamento piuttosto che aperta campagna). E’ quindi utile passare brevemente in rassegna queste altre cause, visto che in ambito processuale vengono effettuate delle perizie mediche proprio per cercare di stabilire qual’è stata la causa effettiva della malattia : ad es. un fumatore con un cancro ai polmoni avrà diritto al risarcimento solo se la sua patologia è stata determinata dal fumo e non invece da altri fattori.

La più diffusa causa di morte legata al fumo è certamente il cancro. Il cancro è una neoformazione di tessuto che origina da una continua proliferazione anomala di cellule, capaci di invadere e danneggiare altri tessuti. Il cancro, o tumore maligno, può insorgere da qualunque tipo di cellula e in qualunque tessuto corporeo, e non è una singola malattia, ma un vasto insieme di patologie classificate in tre grandi categorie secondo l’origine embrionale del tessuto da cui derivano. Il cancro è un processo multifasico durante il quale, all’interno della cellula dell’organismo di un individuo, si verifica una serie di errori genetici irreversibili. Le prime fasi (esordio) sono decisive per l’avvio di tale processo, mentre i mutamenti successivi portano alla diffusione e all’aumento della velocità di crescita e sono alimentati da una serie di fattori esterni, noti come promuoventi. Tali errori possono essere difetti congeniti, ereditari o verificarsi perché l’individuo si è esposto ad agenti cancerogeni chimici o biologici.

La maggior parte delle cause di cancro è attribuibile prevalentemente a cause ambientali piuttosto che ereditarie, anche se i due fattori possono interagire.

Circa l’80% dei cancri è potenzialmente prevenibile. La causa nota più importante è il fumo, al quale è dovuto il 30% dei decessi per questa patologia. Sebbene non siano ancora state individuate tutte le cause del cancro, sono in aumento le prove che indicano in fumo, dieta, radiazioni, fattori ereditari, ormoni, sostanze chimiche e alcuni tipi di infezione, le cause dirette o indirette.

Il fumo è una delle maggiori cause di morte prematura nel mondo occidentale. Non solo causa oltre un terzo dei casi di cancro, ma provoca cardiopatie e gravi malattie polmonari, quali la bronchite cronica e l’enfisema. In passato il fumo ha già ucciso milioni di persone in tutto il mondo e, a meno che non si modifichino le attuali abitudini, è probabile che in futuro ne uccida molte altre. In Italia il cancro del polmone è il killer tumorale numero uno, con 30.000 morti all’anno. Statisticamente, su 1000 giovani adulti fumatori, in media uno muore di morte violenta, 6 muoiono in incidenti stradali e 250 vengono uccisi dal fumo nella mezza età.

Il fumo causa il 90% dei casi di cancro al polmone, ma può provocare il cancro anche in altre zone del corpo, come la bocca, la faringe, la laringe, l’esofago, il pancreas, i reni, la vescica e il collo dell’utero. Smettere di fumare è, pertanto, un importante fattore di riduzione del rischio.

La dieta è probabilmente collegata a circa il 30-35% dei tumori maligni e molti ricercatori ritengono che essa svolga un ruolo rilevante nello sviluppo di molti dei tipi più comuni di cancro, come quelli della mammella e dell’intestino. Per ora non vi è, tuttavia, alcuna prova concreta che indichi quali composti e alimenti concorrano a provocare il cancro e quali aiutino a prevenirlo. Oltre a seguire una dieta sana, anche tenere sotto controllo il peso è una misura di prevenzione importante contro il cancro. L’obesità aumenta il rischio di cancro della mammella, dell’intestino, dell’utero e della prostata. Alcuni studi recenti hanno dimostrato che l’esercizio fisico moderato può svolgere un ruolo nella prevenzione del cancro, oltre che, in generale, nel mantenimento della buona salute. Il consumo eccessivo di bevande alcoliche è responsabile del 3% dei decessi per cancro. Ad esso e legato il cancro della bocca, della gola, della laringe e dell’esofago, e i soggetti più a rischio sono quelli che oltre a bere eccessivamente fumano sigarette.

E’ provato in misura sempre maggiore che alcune infezioni virali sono correlate a certi tipi di cancro, ad esempio al cancro dello stomaco, del fegato e del collo dell’utero, nonché al sarcoma di kaposi, un tumore raro, comune nei malati di AIDS. Il batterio Helicobacter pylori può contribuire a causare molti casi di cancro allo stomaco, come indicano alcuni studi, secondo i cui risultati le persone infette da questo batterio sarebbero quattro volte più esposte al rischio di contrarre questo tipo di cancro. Le persone portatrici di alcuni tipi di virus sono esposte a un maggior rischio di sviluppare il cancro. Le infezioni infantili possono essere particolarmente importanti : quando si contraggono alla nascita o durante la prima infanzia malattie come l’epatite B (che contribuisce al cancro del fegato), il paziente diventa un portatore del virus responsabile dell’infezione.

Alcuni tipi di cancro, in particolare quelli della mammella e della prostata, risiedono in organi che producono e che secernono ormoni e, quindi, alcuni ricercatori sono del parere che queste sostanze possano fungere da promotori tumorali di questi tipi di cancro.

Oltre a rappresentare una terapia efficace contro il cancro, le radiazioni possono anche esserne la causa. Il rischio proveniente dalle radiazioni è direttamente proporzionale alla dose ricevuta e, quindi, per la maggior parte della persone la quantità ricevuta nell’arco della vita è relativamente bassa. Chi vive in aree con alte concentrazioni di radon, un gas radioattivo, è, ad esempio, esposto a un rischio maggiore di sviluppare il cancro ai polmoni. I raggi ultravioletti (UV) di tipo A e B provenienti dal sole sono responsabili della maggior parte di casi di cancro della pelle e sono più forti durante i mesi estivi.

Alcune professioni implicano un elevato rischio di cancro perché chi le esercita è esposto a sostanze pericolose, come composti chimici o radiazioni. E’ quindi molto importante che si stabiliscano procedure e norme per la sicurezza professionale, in modo da fornire ai lavoratori la maggior protezione possibile.

Infine circa il 3% dei casi di cancro sembra avere una base ereditaria : partendo da questo dato sono in corso estese ricerche, che in parte hanno già individuato i geni difettosi, o oncogeni, responsabili di questa patologia.

Uno degli organi più danneggiati dal fumo è il polmone. Le infezioni polmonari più frequenti sono la polmonite, di natura batterica o virale, e la tubercolosi. Tra le patologie non contagiose è molto comune il cancro del polmone, il tumore maligno che causa il maggior tasso di mortalità nell’emisfero occidentale e che è strettamente correlato al fumo di sigaretta. Il fumo contribuisce, peraltro, anche all’insorgenza di bronchiti croniche ed enfisemi. L’asma bronchiale è dovuta a una grave costrizione bronchiale, che può essere provocata dall’ipersensibilità a sostanze naturali come il polline o a sostanze chimiche di uso industriale. La fibrosi o cicatrizzazione polmonare può essere causata dall’esposizione a sostanze come la povere di carbone e l’asbeto.

Tra le affezioni più comuni dei polmoni vi è la bronchite, ossia un’infiammazione acuta o cronica di una parte dei bronchi. I bronchi sono strutture polmonari estremamente ramificate e delicate, che sono collegate alla trachea e trasportano l’aria ai tubuli più piccoli (bronchioli) dei polmoni. La bronchite acuta è generalmente caratterizzata da febbre, dolore al torace e forte tosse.

La malattia può essere causata dall’inalazione di vapori o polveri irritanti, oppure si può sviluppare da un’infezione delle vie aeree superiori. La bronchite acuta colpisce i rami bronchiali e può trasformarsi in broncopolmonite o in polmonite lobare. Attacchi ripetuti di bronchite acuta possono far insorgere la bronchite cronica, un’affezione grave e inguaribile. La causa principale della bronchite cronica è il fumo, che può provocare anche la bronchite acuta.

Un’altra grave patologia a carico dei polmoni è l’enfisema. E’ una malattia respiratoria progressiva, caratterizzata da tosse, respiro corto e sibilante e difficoltà respiratoria ; nei casi più gravi può provocare anche invalidità e morte. Fattori che possono contribuire all’insorgere dell’enfisema polmonare sono gli spasmi, le infezioni e le irritazioni bronchiali, oltre all’esposizione a sostanze irritanti come il fumo di sigaretta o le particelle di pulviscolo presenti nell’inquinamento atmosferico. Tra le malattie che più comunemente causano enfisema polmonare vi sono la bronchite cronica e l’asma.

Nonostante il deterioramento dei polmoni causato dall’enfisema sia permanente e irreversibile, esistono strategie comportamentali e terapie che possono incrementare la capacità respiratoria e dare sollievo al malato : tra di esse vi sono l’astensione dal fumo e il cambio di lavoro o di residenza nei casi in cui l’inquinamento atmosferico di questi luoghi aggravi i sintomi dell’enfisema.

Il fumo risulta essere anche la causa di ictus e infarto, anche se non è l’unica. Queste due malattie infatti sono provocate anche da un’assunzione eccessiva di colesterolo e di grassi animali, una vita sedentaria e una scarsa forma fisica. Anche le personalità dal temperamento perfezionista e competitivo sono state associate a un incremento del rischio di infarto.

Il fumo infine è responsabile anche dell’ulcera. La causa diretta di questa malattia è la distruzione del rivestimento mucoso gastrico o intestinale da parte dell’acido cloridrico, un acido normalmente presente nei succhi gastrici. Fattori che sembrano contribuire alla determinazione di questa condizione patologica sono l’infezione da parte del batterio Helicobacter pylori, l’assunzione di farmaci antinfiammatori non steroidei, l’eccessiva secrezione di acido cloridrico, la predisposizione genetica, il fumo e lo stress psicologico. [2]

3. APPROFONDIMENTI SU ALCUNE DELLE PIU’ FREQUENTI PATOLOGIE DEI FUMATORI : LA BRONCHITE E L’ENFISEMA.

La trachea e i bronchi possono essere colpiti da processi infiammatori aspecifici ; se questi interessano isolatamente solo la trachea si parla di tracheiti, mentre se interessano anche i bronchi si avrà una tracheo-bronchite ; se risulta colpito il sistema bronchiale nel suo complesso si è in presenza di una bronchite diffusa, invece se l’infiammazione interessa solo il tratto terminale si parla di bronchiti capillari. Più comune è la tracheobronchite.

Le infiammazioni croniche sono frequenti a livello bronchiale, in rapporto per lo più con irritazioni persistenti prodotte dal fumo, da polveri (carbone, cemento, zolfo, ferro, alluminio) e gas industriali ( anidride solforosa, vapori nitrosi, di cloro, ecc.). L’importanza dell’inquinamento atmosferico da parte di fumi e gas nocivi spiega la maggior frequenza delle bronchiti croniche nelle città industriali, specie se a clima freddo e umido. E’ inoltre nota la frequenza della bronchite cronica nei forti fumatori di tabacco.

Si tratta in prevalenza di forme catarrali, in cui i fattori infettivi microbici (strepto-, stafilo-, pneumococchi, Haemophilus influentiae e micrococco catarrale) sembrano avere scarsa importanza, al di fuori delle ricorrenti riacutizzazioni.

Causa predisponente è la stasi venosa cronica (tracheo-bronchiti dei cardiopatici). Le bronchiti croniche che si instaurano nei soggetti anziani o defedati riconoscono più spesso un’origine da processi acuti muco-purulenti non guariti. Macroscopicamente, la parete dei bronchi può apparire ispessita con presenza nel lume, spesso dilatata, di più o meno abbondante contenuto mucopurulento. Spesso coesiste enfisema.

Istologicamente può aversi il quadro della bronchite ipertrofica, più frequente nei forti fumatori, la mucosa congesta può essere ispessita e vellutata per iperplasia papillare dell’epitelio di rivestimento, ove spicca l’abbondanza di cellule caliciformi tra gli epiteli cilindrici ; questa metaplasia mucosa dell’epitelio bronchiale è talora molto spiccata a livello dei bronchioli. Frequenti, specie nei bronchi di grosso e medio calibro, sono anche le aree di metaplasia squamosa dell’epitelio, talora con corneificazione.

Nei casi di bronchite atrofica l’epitelio è ridotto di spessore, e le varie strutture della parete risultano sclero-atrofiche. La flogosi spesso si estende ai tessuti peribronchiali residuandone un certo grado di fibrosi.

Dopo aver analizzato la bronchite, è tempo invece di considerare un’altra importante e seria patologia : l’enfisema.

Per enfisema si intende un aumento patologico del contenuto aereo polmonare. Poiché di regola l’aumento riguarda l’aria endoalveolare, l’enfisema polmonare è abitualmente un enfisema alveolare (o vescicolare) ; per i casi, molto più rari, in cui l’aria si raccoglie in quantità nel tessuto interstiziale si parla invece di enfisema interstiziale. L’enfisema alveolare può essere circoscritto o diffuso, acuto o cronico ; di esso si distinguono tradizionalmente le seguenti forme anatomocliniche :

1) enfisema acuto (enfisema da iperdistensione alveolare acuta) ;

2) enfisema vicario o compensatorio ;

3) enfisema senile o atrofico ;

4) enfisema cronico.

Nell’ambito di queste quattro forme è l’ultima ad avere la maggiore importanza pratica. L’enfisema vescicolare cronico è detto anche "sostanziale o genuino", "essenziale o idiopatico", "universale o generalizzato", "ipertrofico" od anche "ostruttivo", per i casi assai frequenti in cui concomita una bronchite cronica con fenomeni ostruttivi a livello dei piccoli bronchi. E’ la forma classica di enfisema corrispondente, per definizione, ad una "sovradistensione cronica e permanente degli spazi aerei distali ai bronchioli terminali, associata a fenomeni distruttivi delle pareti alveolari.

Le ricerche sistematiche eseguite su sezioni di polmoni interi fissati in espansione o su stampi plastici ottenuti per corrosione hanno permesso di individuare due forme fondamentali di enfisema : l’enfisema centrolobulare e l’enfisema panlobulare, peraltro non sempre nettamente separabili.

Nell’enfisema centroacinoso (o centrolobulare, quello che ci interessa), di più frequente riscontro nel c.d. enfisema ostruttivo, sono selettivamente e prevalentemente colpiti i bronchioli respiratori. La iperdistensione è peraltro caratteristicamente localizzata al centro dell’acino sotto forma di dilatazioni più o meno cospicue dei bronchioli respiratori e degli alveoli adiacenti, la cui confluenza può dare luogo, al centro dell’acino, ad una vescicola comune intersecata da sottili sepimenti fibrovascolari. La parte periferica dell’acino stesso conserva, invece, almeno per un certo tempo, pressochè inalterata la sua struttura.

Istologicamente è pressoché costante il reperto di infiltrati flogistici nelle pareti dei bronchioli terminali e dei bronchioli respiratori superstiti, con presenza di linfociti, plasmacellule, granulociti ed incostanti eosinofili ; talora si riscontra soltanto fibrosi. L’enfisema centrolobulare è più frequente negli uomini, è abitualmente più grave nei lobi superiori e si associa costantemente a bronchite cronica.

L’enfisema polmonare cronico è un’affezione notevolmente frequente (7 - 10% del materiale autoptico), che colpisce soprattutto maschi di età media o avanzata. La netta predilezione per il sesso maschile (il rapporto è di circa 3 a 1) è in gran parte dipendente da numerosi fattori predisponenti o coadiuvanti (lavori pesanti che richiedono sforzi muscolari a glottide chiusa ; mestieri e professioni, quali i soffiatori di vetro e i suonatori di strumenti a fiato, che impongono sforzi espiratori ; esposizione a cause perfrigeranti e ad inalazione continua di polveri o gas con conseguente irritazione delle vie aeree) che maggiormente incidono nell’uomo. L’importanza dell’età è chiaramente connessa alla involuzione fisiologica senile dei polmoni, e del tessuto elastico in particolare.

Notevole importanza, come causa predisponente, viene attribuita alla bronchite cronica che, in effetti, frequentemente, accompagna l’enfisema, spesso precedendolo di molti anni. Le bronchiti croniche maggiormente chiamate in causa sono quelle che interessano i bronchioli ed hanno carattere stenosante (bronchioliti croniche ostruttive) ; la loro azione nociva è collegata non solo ai bruschi aumenti di pressione endoalveolare che si verificano durante i colpi di tosse ma anche alla propagazione della flogosi al parenchima polmonare.

I fattori causali dell’enfisema polmonare sono notoriamente molteplici. Tra gli agenti esogeni, notevole importanza si attribuisce al fumo di sigaretta, specie nei riferimenti dell’enfisema centrolobulare. Valore si attribuisce anche agli inquinanti atmosferici generici (comprendenti anche l’anidride solforosa, l’ossido di alluminio, l’azoto, ecc.) e alla inalazione cronica di polveri e sostanze tossiche. Il comune denominatore di questi agenti tossici, come di quelli infettivi, sarebbe rappresentato dal danno elettivo da essi provocato a livello dei bronchioli respiratori.

Di recente è stata richiamata l’attenzione sull’importanza dei fattori proteolitici nella genesi dell’enfisema polmonare cronico, in base :

a) all’osservazione di una deficienza ereditaria di alfa-1-antitripsina (un enzima capace di inattivare gli enzimi proteolitici di origine macrofagica o leucocitaria) nel siero di soggetti relativamente giovani (30-40 anni) con enfisema panlobulare prevalentemente basale ;

b) alle ricerche sperimentali che hanno dimostrato la possibilità di provocare nei ratti un enfisema di tipo panlobulare mediante instillazioni endotracheali di papaina, un enzima proteolitico vegetale o di elastasi di leucociti umani. L’elastasi, che idrolizza il legame peptidico della elastina, è nel polmone liberata dai macrofagi alveolari e dai leucociti polimorfonucleati sequestrati dal sangue circolante. In condizioni normali essa viene inibita dall’alfa-1-antitripsina del siero che è anche presente nel fluido di rivestimento dell’alveolo. Un eccesso di elastasi (come si verifica di regola nei fumatori di sigarette, per l’abbondanza nelle vie aeree di macrofagi alveolari funzionalmente iperattivi e di granulociti) o un difetto della sua inibizione (che solo nel 2% degli enfisematosi può essere addebitato a un deficit ereditario omozigotico di alfa-1-antitripsina) potrebbe scatenare, secondo questa teoria proteolitica, un meccanismo autolitico con distruzione di parenchima polmonare e comparsa di enfisema.

Il frequente reperto, nei fumatori, di accumuli peribronchiolari e specie attorno ai bronchioli respiratori di macrofagi alveolari e di granulociti, gli uni e gli altri capaci di liberare enzimi proteolitici (elastasi) in risposta al fumo di sigaretta (che di per sé inibisce per fenomeni ossidativi l’azione protettiva dell’alfa-1-antitripsina), potrebbe spiegare perché l’enfisema dei fumatori è di regola di tipo centrolobulare. Nei rari casi di deficienza ereditaria di alfa-1-antitripsina, gli enzimi proteolitici verrebbero invece forniti dai leucociti circolanti, predisponendo all’enfisema panlobulare basale. [3]

4. (SEGUE) : IL CARCINOMA DELLA LARINGE E DEL POLMONE.

Il carcinoma è il più frequente tumore maligno della laringe. Si sviluppa soprattutto in individui fra i 40 e i 60 anni e colpisce quasi esclusivamente (97-98% dei casi) il sesso maschile, costituendo l’1-2% del totale dei cancri.

Fra i fattori che possono favorire l’insorgenza di un carcinoma laringeo vanno ricordati l’abuso della voce, l’uso smoderato del tabacco e dell’alcool, alcuni processi flogistici della mucosa laringea ad andamento cronico, la prolungata esposizione a polveri o gas irritanti, ecc. Fattori ormonali vengono anche chiamati in causa, soprattutto a motivo della sua comparsa quasi esclusiva nel sesso maschile e della nota influenza degli ormoni sessuali maschili sullo sviluppo della laringe all’epoca della pubertà.

Praticamente ha notevole importanza il fatto che il carcinoma laringeo si impianta spesso su preesistenti lesioni displastiche dell’epitelio pavimentoso di rivestimento della mucosa laringea, a tipo di pachidermia o di leucoplachia, comunemente classificate tra le lesioni precancerose, perlatro a carattere facoltativo. Significato certamente precanceroso riveste invece il cosidetto carcinoma in situ che in alta percentuale dei casi trapassa in carcinoma invasivo, costituendone la fase iniziale e precoce. Il carcinoma laringeo può essere invasivo sin dal suo inizio senza passare attraverso la fase del carcinoma in situ.

Nella laringe il carcinoma in situ può insorgere in ogni parte dell’organo ma la sua sede abituale è rappresentata dalle corde vocali vere. Esso si sviluppa sempre infatti su aree normalmente rivestite da epitelio pavimentoso e, quando compare in aree normalmente ricoperte da epitelio cilindrico a più file, è da supporre che la metaplasia squamosa abbia preceduto la comparsa del carcinoma in situ.

Il carcinoma in situ è di regola preceduto da alterazioni epiteliali proliferativo-displastiche che prendendo l’avvio nello stato basale si estendono gradatamente agli strati superiori. Allo stadio di carcinoma in situ l’intero spessore dell’epitelio risulta occupato da cellule fittamente stipate e spesso atipiche con nucleo voluminoso ed ipercromatico e citoplasma scarso, senza tendenza alcuna alla normale stratificazione e maturazione ; frequenti sono inoltre le mitosi a tutti i livelli. Tali alterazioni avvengono, però, sempre nello spessore del mantello epiteliale, senza interruzione della membrana basale o sconfinamento degli epiteli atipici nel corion sottostante. Le aree di carcinoma in situ sono spesso multiple e non di rado reperibili ai margini del carcinoma invasivo.

In relazione al loro aspetto macroscopico i carcinomi della laringe possono essere distinti schematicamente in forme vegetanti, forme infiltranti e forme ulcerative ; a seconda invece della sede di impianto possono essere distinti in intrinseci, marginali ed estrinseci.

L’Unione Internazionale contro il Cancro ha proposto dei criteri classificativi dei tumori laringei (le neoplasie vengono distinte in 4 stadi anatomo-clinici), facendo riferimento alla diffusione del tumore primitivo, alle caratteristiche delle metastasi linfonodali ed alla presenza o meno di metastasi a distanza.

È ora opportuno passare ad analizzare il carcinoma del polmone.

Il carcinoma non è soltanto il più frequente tumore polmonare primitivo ma è anche uno dei carcinomi di più frequente riscontro in senso assoluto. Nella maggior parte dei casi esso prende origine dall’epitelio dei bronchi ; di conseguenza almeno nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di un carcinoma bronchiale. L’abituale insorgenza in prossimità dell’ilo polmonare, il frequente sconfinamento nel mediastino, la relativa precocità delle metastasi linfonodali, fanno di questo cancro una delle neoplasie più infauste, anche per i risultati di solito poco soddisfacenti dell’intervento chirurgico, peraltro possibile solo nel 20-30% dei casi.

E’ sicuramente accertato che, nell’ultimo trentennio, la frequenza del carcinoma polmonare primitivo ha registrato, pressoché ovunque, un notevole e progressivo aumento, come conseguenza del perfezionamento dei metodi diagnostici e del prolungamento della durata media della vita. Per quanto riguarda il sesso, il carcinoma del polmone predilige di gran lunga i maschi nei confronti delle femmine, con un rapporto che varia da 3 :1 a 11 :1. Un aumento della incidenza nelle donne, di circe tre volte rispetto al 1964, è stato tuttavia accertato in U.S.A. Per quanto riguarda l’età, il massimo di incidenza del cancro polmonare si ha tra i 60 e i 65 anni.

E’ convinzione generale che l’indubbio aumento del carcinoma polmonare, verificatosi negli ultimi 30 anni, sia in rapporto a fattori oncogeni esterni derivanti principalmente dall’inquinamento atmosferico e dall’eccessivo fumo di sigarette.

L’importanza dell’inquinamento atmosferico è suggerita dalla maggiore incidenza del carcinoma polmonare fra la popolazione di città e regioni con intenso sviluppo industriale, nei confronti della popolazione rurale. Si tratta della presenza nell’aria atmosferica di diversi idrocarburi oncogeni, tra cui soprattutto il 3-4 benzoripene, provenienti dai gas di scarico dei motori a scoppio, dalla catramatura delle strade, dalla combustione del carbone, della nafta e di altre sostanze usate nell’industria a scopo civile (sali di cromo, amianto, arsenico, nickel, berillio, ferro cloruro di vinile monomero) ; non va esclusa la possibilità di dispersione di sostanze radioattive di origine industriale o derivanti dalle esplosioni termonucleari.

L’inquinamento atmosferico lascia però insoluti i casi di carcinoma polmonare che si verificano fra la popolazione rurale e non spiega l’elevato tasso di mortalità per cancro polmonare nelle nazioni ove è scarsa l’industrializzazione.

Numerosi autori ritengono pertanto che l’aumento di frequenza della malattia sia piuttosto da attribuire al progressivo aumento del consumo di tabacco da fumo, e particolarmente delle sigarette ; il cancro del polmone, del tutto infrequente nei non fumatori, insorge infatti con frequenza fino a 50 volte più elevato nei forti fumatori che consumano più di 20 sigarette al giorno per un lungo periodo di anni.

La validità della correlazione tra fumo di sigarette e cancro del polmone è convalidata dai seguenti altri fatti :

1) nel fumo di tabacco sono presenti varie sostanze oncogene, fra cui la più importante è il 3-4 benzopirene, che si libera dal tabacco quando questo viene portato a temperature molto elevate (800° C) ;

2) sperimentalmente, con l’applicazione cutanea di derivati del tabacco, è stato possibile ottenere lo sviluppo di tumori cutanei ; praticamente negative sono state invece le ricerche mediante l’uso del fumo di tabacco ;

3) nei forti fumatori è frequente il reperto nell’epitelio bronchiale di alterazioni ritenute a significato precanceroso (aumento di numero delle file di cellule, per iperplasia delle cellule basali, con perdita di ciglia degli epiteli superficiali ; frequente metaplasia epidermoidale, con presenza di cellule displastiche o atipiche fino ad aspetti di carcinoma in situ), alterazioni peraltro presenti nella maggior parte degli individui deceduti per cancro polmonare ;

4) la netta prevalenza del cancro polmonare nel sesso maschile ed il fatto che il carcinoma nei fumatori è di regola di tipo epidermoidale, mentre nel sesso femmninile prevale l’adenocarcinoma, depongono ugualmente a favore dell’importanza del fumo (poiché oggi il fumo è molto diffuso anche tra le donne, sarà interessante vedere come si modificheranno in un prossimo futuro queste differenze tra i due sessi, che tendono già ad attenuarsi) ;

5) i fumatori che hanno avuto un cancro della laringe (notoriamente attribuito al tabacco) presentano una maggiore incidenza di cancro polmonare.

Circa il meccanismo di azione, si presume che gli idrocarburi carcinogeni del fumo di tabacco vengano attivati dall’enzima microsomiale idroossilasi aril-carbonica e che, di conseguenza, l’incidenza del cancro polmonare sia più grave nei fumatori che abbiano un’alta "inducibilità" di idroossilasi aril-carbonica e siano deficienti di vitamina A. Anche la depressione immunitaria, umorale e cellulare, indotta dalla prolungata esposizione al fumo di tabacco (come pure dalla continua inalazione di contaminanti atmosferici : aria industriale), potrebbe avere importanza, in quanto favorirebbe la comparsa e l’affermarsi di cloni cellulari maligni.

Il carcinoma polmonare si sviluppa nel maggior numero dei casi in prossimità dell’ilo prendendo origine nel 75% dei casi dai bronchi di primo, secondo o terz’ordine. I casi a sede periferica derivano dai bronchioli terminali o più di rado dalle cellule del rivestimento alveolare. All’inizio, il carcinoma, stando a quanto risulta dalle osservazioni broncoscopiche, appare sotto forma di un ispessimento circoscritto della mucosa bronchiale, che, in seguito, assume l’aspetto di una escrescenza irregolare che solleva od ulcera l’epitelio di rivestimento. Nell’ulteriore progressione, che si svolge per lo più in senso centripeto, il tumore può tendere ad accrescersi verso il lume bronchiale, sotto forma di una massa fungoide, oppure ad infiltrare profondamente la parete bronchiale, diffondendosi lungo i vasi linfatici peribronchiali ai tessuti circostanti. E’ ammesso che il carcinoma broncogeno a cellule squamose impieghi circa 9 anni per raggiungere le dimensioni di 2 cm. di diametro ; ma già durante questo periodo è possibile la comparsa di metastasi linfonodali e talora anche di metastasi ematogene (ad es. nel cervello) che possono dare l’apparenza di un tumore primitivo.

Negli stadi avanzati il carcinoma polmonare può assumere macroscopicamente aspetti diversi, dipendenti non soltanto dalla sede di insorgenza (ilare o parailare, parenchimale, periferica, apicale, ecc.), ma anche dalla estensione raggiunta e dalle vie seguite nella sua progressione nell’ambito polmonare. Seguendo un criterio ad un tempo topografico e morfologico possono essere prese in considerazione le seguenti forme di carcinoma polmonare : 1) forma infiltrante a partenza dall’ilo (forma centrale) ; 2) forma a nodo unico intraparenchimale (forma periferica) ; 3) forma infiltrante diffusa ; 4) forma plurinodulare.

In linea generale il carcinoma polmonare si localizza più spesso nel polmone destro (53% dei casi) che in quello sinistro e preferisce i lobi superiori (60% dei casi) ; il lobo medio risulta colpito solo nel 4-5% dei casi.

La più recente classificazione ufficiale (WHO 1981) distingue le seguenti forme istologiche di tumori epiteliali maligni del polmone :

1) Carcinoma a cellule squamose (carcinoma epidermoidale)

ben differenziato

moderatamente differenziato

scarsamente differenziato

Variante : carcinoma (squamoso) a cellule fusate

2) Carcinoma a piccole cellule

a) carcinoma a cellule a grani di avena

b) carcinoma a cellule di tipo intermedio (fusate o poligonali)

3) Adenocarcinoma

a) adenocarcinoma acinare

b) adenocarcinoma papillare

c) carcinoma bronchiolo-alveolare

d) carcinoma solido con formazione di muco

4) Carcinoma a grandi cellule

Varianti :

a) carcinoma a cellule giganti

b) carcinoma a cellule chiare

c) carcinoma composito (a cellule a grani di avena e a cellule epidermoidi)

5) Carcinoma adenosquamoso

6) Carcinoide

7) Carcinoma delle ghiandole bronchiali

a) carcinoma adenoide-cistico

b) carcinoma mucoepidermoidale

Prima di terminare, è però necessario un ultimo approfondimento sul carcinoma epidermoidale (o a cellule squamose) che rappresenta il tipico cancro bronchiale dei fumatori.

Esso risulta di irregolari travate, separate da stroma variamente rappresentato, costituito da cellule epiteliali piatte o poliedriche, eventualmente provviste di ponti intercellulari e tendenti alla evoluzione cornea. Si distingue una forma scarsamente differenziata (più frequente), in cui le cellule disposte in ammassi e cordoni solidi, hanno forma cuboidale o rotondeggiante, sono prive di ponti intercellulari e non tendono alla cheratinizzazione (carcinoma epidermoidale non corneificante), ed una forma ben differenziata, con cellule riunite da ponti intercellulari e tendenti alla formazione di perle cornee, che riproduce gli aspetti istologici dei comuni carcinomi spinocellulari della cute o delle mucose ad epitelio piatto (carcinoma epidermoidale corneificante). Le forme moderatamente differenziate presentano carattere intermedi.

Atipie citoplasmatiche e nucleari, con presenza anche di cellule mostruose e plurinucleate possono essere presenti in tutte le varietà, ma il reperto è indubbiamente più frequente nelle forme scarsamente differenziate che mostrano talora un grado notevole di pleomorfismo, con aree ricche di cellule giganti ; questi tumori sconfinano senza limiti nei carcinomi anaplastici.

La variante a cellule fusate ha un aspetto bifasico, per la contemporanea presenza di una componente carcinomatosa a cellule squamose e di una componente carcinomatosa a cellule fusate, di aspetto sarcomatoso-simile, ricca di atipie cellulari e di mitosi atipiche. La presenza di aree di transizione dimostra trattarsi di una variante del carcinoma squamoso. Può essere confusa con il carcinosarcoma.

Il carcinoma a cellule piatte deriva dall’epitelio bronchiale per metaplasia epidermoidale dell’epitelio cilindrico, la quale di regola precede lo sviluppo del tumore ma può svolgersi contemporaneamente ad esso. Si osserva con fortissima prevalenza nel sesso maschile (33 :1), rappresentando il tipico cancro bronchiale dei fumatori. Predilige l’età avanzata, fra i 50 e i 70 anni, e comprende da solo il 45-60% di tutti i tumori epiteliali maligni del polmone ; insorge nel maggior numero dei casi in sede ilare o parailare e solo di rado in pieno parenchima. Le forme scarsamente differenziate sono prognosticamente più infauste delle forme corneificanti che possono avere un lungo decorso spontaneo (fino a 11 anni) ; la sopravvivenza media del carcinoma a cellule piatte dall’inizio clinico della malattia è di 15 mesi. Frequenti le metastasi ai linfonodi regionali. [4]

5. UN SINTETICO BILANCIO SULLA SITUAZIONE ATTUALE.

Nel 1985 i Capi di stato europei decisero di avviare il Programma Europa contro il cancro ponendosi un obiettivo ambizioso : ridurre la mortalità per tumore del 15% in quindici anni. L’Italia ha ottenuto un risultato soddisfacente : la mortalità è stata abbattuta del 15% negli uomini e del 14% nelle donne. In termini assoluti questo significa che, grazie ai programmi di prevenzione e cura in Europa, solo l’anno scorso si sono registrate 92.000 morti per cancro in meno rispetto allo standard dell’85. Complessivamente in Europa la riduzione dei decessi si è attestata attorno al 10%

negli uomini e all’8% nelle donne.

Il più diffuso rimane il tumore del polmone con 35.000 nuovi casi all’anno e se secondo l’Airc oggi in Italia guarisce il 53% dei pazienti colpiti da tumore, è anche vero che 50.000 dei 140.000 decessi che si verificano ogni anno potrebbero essere evitati con la diagnosi precoce (30.000), con l’omogeneità delle cure (20.000) e attraverso una riduzione delle liste d’attesa. Inoltre un potenziamento degli screening e campagne di informazione o dirette contro le cattive abitudini dovrebbero completare la strategia. Su questo versante si deve segnalare la presa di posizione del Commissario alla salute dell’Unione Europea, David Byrne, il quale ha dichiarato :"In Europa fuma circa il 33% degli adulti, contro il 22% registrato negli U.S.A. Per questo motivo, a partire dall’anno prossimo, daremo il via a una campagna contro la pubblicità del tabacco". [5]

6. UN PIANO D’AZIONE DELLA MEDICINA GENERALE CONTRO IL FUMO.

Le statistiche hanno rivelato che nel 1997 in Italia fumava il 33,1% degli uomini e il 17,3% delle donne sopra i 14 anni. Dal 1993 al 1999 è aumentata costantemente la percentuale di fumatori tra i giovani di età compresa fra i 14 e i 24 anni (dal 17,4 al 21,6%) : il dato è più pesante per i giovani che risiedono in aree metropolitane, dove si arriva al 24,9% (dati Istat 2001). Circa il 50% dei bambini è quotidianamente esposto al fumo passivo nelle mura domestiche, soprattutto nelle famiglie di condizione sociale più bassa.

Una delle ragioni per cui il tabagismo rimane, almeno nel nostro paese, un problema di ampie proporzioni dipende dallo scarso intervento attuato dalla medicina generale. L’ultimo Piano sanitario nazionale (1998 - 2000), in linea con gli intenti degli organismi sanitari internazionali, ha introdotto la lotta al tabagismo tra gli obiettivi diretti a promuovere comportamenti e stili di vita per la salute.

Il documento indica i medici di famiglia come una delle risorse da valorizzare nella serie di interventi contro il tabagismo, ma ciò che è rilevante è soprattutto il fatto che si sottolinei la necessità di programmare interventi "strutturati e di provata efficacia".

Gli obiettivi (confermati anche dalla bozza del Piano sanitario nazionale proposto per il 2001 - 2003) che con questa azione si intendono perseguire possono essere così riassunti :

la prevalenza dei fumatori con età superiore ai 14 anni non deve superare il 20% per gli uomini e il 10% per le donne ;

deve tendere a zero la frequenza delle donne che fumano in gravidanza ;

deve ridursi la prevalenza dei fumatori fra gli adolescenti (oggi invece in aumento).

A fronte del pesante bilancio delle patologie attribuibili al fumo (90.000 decessi l’anno solo in Italia), la consapevolezza degli effetti negativi del fumo è ancora sottovalutata. Un piano d’azione è stato sviluppato insieme con l’Istituto superiore di sanità e alcune associazioni scientifiche e prevede un intervento di breve durata e di provata efficacia, che può essere realizzato spendendo anche pochi minuti nel corso di una qualunque visita presso il medico di famiglia. Diversi organismi nazionali di paesi europei ed extraeuropei lo hanno indicato come strumento utile nelle principali linee guida prodotte contro il tabagismo.

E’ un intervento che si articola in 5 fasi : chiedi, raccomanda, identifica, aiuta e pianifica.

Il primo compito del medico generico è quello di domandare ai pazienti che si presentano in ambulatorio se sono fumatori. L’argomento fumo deve essere affrontato con tutti gli assistiti, vecchi e giovani, indipendentemente dal motivo della visita. Ai pazienti fumatori e a coloro che hanno smesso nell’ultimo anno la domanda dovrebbe essere ripetuta ad ogni visita.

La condizione e la storia di fumatore (si/no/in precedenza) dovrebbe essere registrata tra i dati del paziente, inclusa tra i segni vitali o segnalata con etichette o appositi moduli.

Chi ha smesso di recente deve essere rinforzato nella sua scelta evidenziando i vantaggi derivanti dall’astenersi dal fumo (migliore performance fisica, miglioramento del gusto e dell’olfatto).

In questa fase deve essere valutato il grado di dipendenza dalla nicotina utilizzando il test di Fagerstrom per la dipendenza nicotinica.

La seconda fase consiste nel consigliare ai pazienti di smettere di fumare, esprimendosi in modo chiaro e inequivocabile. Questo intervento può essere qualificato come intervento minimo.

Il tempo da dedicare a questa fase è di almeno tre minuti ; tuttavia l’intervento risulta più efficace quanto maggiore è la sua durata.

La scelta opportuna delle argomentazioni è naturalmente cruciale per raggiungere questo scopo. In generale si può affermare che per avere successo le motivazioni devono essere il più possibile personalizzate rispetto ad ogni singolo paziente.

E’ compito e responsabilità del medico decidere se mettere in evidenza i rischi che il paziente corre continuando a fumare o i benefici che troverebbe smettendo.

In ogni caso è preferibile un approccio che metta in luce gli aspetti positivi rispetto a quelli negativi o colpevolizzanti. Andrebbe comunque sottolineato il vantaggio costituito dall’uscire da uno stato di dipendenza, quindi il fatto che, rinunciando al fumo, non si perde qualcosa, ma si acquista maggiore libertà.

Uno degli errori più comuni (e probabile causa del fallimento dell’intervento minimo) è il limitarsi all’illustrazione delle patologie connesse al tabagismo. Possono invece entrare in gioco altri argomenti come quelli estetici (pelle meno rugosa, alito non sgradevole), economici (fumo come spesa), affettivi (rispetto per la salute dei fammiliari e dei conviventi).

Anche quando sia prevalente l’aspetto delle possibili patologie, il paziente deve essere comunque coinvolto nella discussione sui suoi dati anamnestici, per la valutazione di tutti i fattori di rischio. L’intervento dovrà essere più intenso per i pazienti affetti da patologie respiratorie o cardiovascolari.

In questa fase può essere utile servirsi di materiale informativo scritto (opuscoli, manuali, ecc.).

Durante la terza fase devono essere individuati i pazienti realmente motivati a smettere : per questi è opportuno fornire subito i consigli comportamentali. Se il paziente invece non è motivato a smettere dovrebbe essere realizzato un breve intervento finalizzato a promuoverne la motivazione.

Nella quarta fase va concordata una data per smettere vicina nel tempo (possibilmente entro le due settimane). Può essere utile fare sottoscrivere l’impegno al paziente. Deve essere discusso con il paziente anche il tipo di strategia, che può ad esempio avvalersi dei seguenti accorgimenti :

riconoscere il "craving" : insegnare a riconoscere i sintomi da astinenza nicotinica e informare sui modi per ridurli o annullarli attraverso la terapia farmacologica e attraverso alcune semplici azioni. Parlare in particolare del desiderio impellente di fumare (craving), della difficoltà a concentrarsi, dei sintomi di frustrazione e rabbia, dell’insonnia, spiegando che questi sintomi sono massimi nei primissimi giorni dopo aver smesso e poi vanno attenuandosi nel tempo ;

eliminare i simboli : suggerire l’importanza di eliminare tutto ciò che può ricordare il fumo (accessori, posacenere, occasioni di incontro con amici e colleghi fumatori) ;

comprensione ambientale : informare la famiglia, gli amici e i colleghi di lavoro del tentativo, perché il paziente trovi comprensione nei momenti critici ;

eliminare le sigarette : eliminare completamente le sigarette dall’ambiente ;

i rischi di ricaduta : focalizzare l’attenzione sulle situazioni che possono condurre alla ricaduta ;

ribadire le motivazioni : richiamare ad ogni visita i rischi del fumo per il paziente e per i familiari, i benefici dello smettere, le modalità per evitare gli effetti indesiderati.

La terapia farmacologica può essere proposta ai pazienti che fumano più di dieci sigarette al giorno o che risultino dipendenti al test di Fagerstrom. Sono buoni candidati anche coloro che hanno gia avuto esperienza di crisi d’astinenza in precedenti tentativi di smettere.

I farmaci di prima scelta sono i sostitutivi della nicotina nelle varie forme farmaceutiche (cerotti, preparato per inalazione, gomme da masticare, compresse sublinguali) e il bupropione a lento rilascio.

In una prospettiva economica può essere interessante confrontare le diverse forme farmaceutiche di terapia nicotinica sostituiva e bupropione :

 

 

 

 

 

 

 

prodotto costo durata del trattamento

compresse sublinguali 11,36 E.- 21,17 E. 12 settimane poi riduzione

alla settimana graudale

gomme 11,36 E.- 21,17 E. 4 settimane poi al bisogno

alla settimana

inalatori 11,36 E.- 21,17 E. 8 - 10 settimane, poi metà

alla settimana dose per 2 settimane

cerotti 11,36 E.- 21,17 E. 4 - 8 settimane

alla settimana

bupropione 23,24 E.- 26,85 E. 7 - 9 settimane

alla settimana

 

A tutti i pazienti che vogliono smettere dovrebbe essere consigliata la terapia cognitivo-comportamentale o il counselling professionale, a livello individuale o come terapia di gruppo. Tali trattamenti devono essere condotti da psicologi, da medici o da altri operatori sanitari appositamente formati presso centri specializzati del servizio sanitario nazionale o altre associazioni che eroghino trattamenti basati sulle prove di efficacia.

L’ultima fase è cruciale. E’ essenziale mantenere un contatto regolare con il paziente dopo la data fissata per la cessazione. Il primo appuntamento dovrebbe essere fissato entro la prima settimana da tale data, possibilmente il giorno stesso. Un ulteriore contattto dovrebbe essere preso entro un mese, ulteriori contatti con cadenza regolare entro l’anno successivo alla cessazione.

Come regola durante questi contatti, molti dei quali possono essere soltanto telefonici, ci si informa della situazione e ci si complimenta per i risultati ottenuti. Si evidenziano i risultati sul piano dei sintomi e si verifica la compliance del paziente ai trattamenti prescritti (comportamentale e/o farmacologico). Si controlla l’esistenza di situazioni che hanno posto il paziente a rischio di ricaduta e si analizzano con l’interessato.

Se il contatto avviene in ambulatorio si controlleranno polso, pressione e peso corporeo, affrontando il problema dell’eventuale aumento ponderale.

Trascorso l’anno senza recidive i controlli potranno essere diradati (praticamente facendoli coincidere con visite routinarie), ma l’argomento non deve essere mai tralasciato. [6]

7. IL FUMO PASSIVO.

Quando si parla di inquinamento atmosferico si dimentica spesso che i livelli più alti di sostanze irritanti e cancerogene non si riscontrano nell’aria esterna, bensì con maggiore frequenza proprio negli ambienti chiusi (abitazioni, uffici, bar, discoteche, ecc.).

Per inquinamento ambientale da fumo si intendono due tipi di inquinamento : uno interno (l’organismo del fumatore) e uno esterno (l’ambiente circostante). Il fumatore è vittima di entrambe le forme di inquinamento mentre il fumatore passivo solo della seconda. Studi, sia teorici che sperimentali, sull’inquinamento in ambiente confinato (ambiente domestico, lavorativo, locali pubblici) hanno dimostrato che nelle comuni condizioni di ventilazione ed affollamento, il livello di particelle sospese respirabili prodotte dai fumatori supera gli effetti della ventilazione, determinando un carico significativo di inquinamento sul pubblico.

Il pericolo si nasconde nel fumo della corrente secondaria (la nuvoletta di fumo intorno al fumatore), che deriva da una combustione del tabacco a temperatura più bassa ; in quell’innocente nuvola, i composti nocivi sono presenti a concetrazioni ancora maggiori che nel fumo della corrente principale (il fumo aspirato dal fumatore), tanto che si può affermare che sono molto di più le sostanze tossiche rilasciate nell’ambiente rispetto a quelle inalate dal fumatore. La presenza di filtri nella sigaretta riduce l’inalazione di sostanze tossiche da parte del fumatore, ma non diminuisce la nocività della corrente secondaria e quindi i danni per se e per i non fumatori presenti.

Il fumo passivo produce diverse conseguenze. Nei soggetti sani l’esposizione acuta comporta irritazione e lacrimazione degli occhi (soprattutto per chi porta le lenti a contatto), mal di testa, tosse, irritazione della mucosa nasale e della gola, nausea.

Uno studio sull’esposizipone al fumo passivo nell’ambiente lavorativo ha mostrato una significativa riduzione di alcuni parametri respiratori in fumatori passivi, riduzione comparabile a quella di fumatori leggeri (1 - 10 sigarette al giorno).

Ogni anno negli U.S.A circa 3.000 non fumatori muoiono per tumore polmonare a causa del fumo passivo. Almeno una trentina di studi epidemiologici hanno dimostrato che l’ambiente domestico è a forte rischio, mettendo in evidenza la maggiore frequenza di tumori polmonari in donne non fumatrici sposate a fumatori rispetto a donne il cui conuige non fuma.

Recenti studi inoltre suggeriscono che i fumatori involontari corrano maggiori rischi di contrarre malattie cardiovascolari e tumori in sedi diverse dal polmone, oltre a registrare un aggravamento di patologie preesistenti come angina pectoris, asma, bronchite cronica ed allergie.

Oggi è possibile dimostrare direttamente la presenza di composti cancerogeni nei non fumatori esposti al fumo altrui : ad esempio, nitrosamine, amine aromatiche e benzopirene. Ecco alcuni degli studi più interessanti apparsi negli ultimi anni :

in una serie di bambini americani di età compresa fra 2 e 5 anni, è stata accertata la presenza di composti cancerogeni (idrocarburi policiclici aromatici) nel sangue, in rapporto diretto con il numero di sigarette fumate in casa dalla madre o da altre persone (Journal of the National Cancer Institute, 1994) ;

già dopo una modesta esposizione al fumo passivo (un’ora e mezza, quanto basta per respirare il fumo di sei sigarette), nelle urine di non fumatori si possono trovare livelli significativi di un composto cancerogeno per il polmone (New England Journal of Medicine, 1993) ;

usando i livelli di cotinina urinaria per verificare i livelli di esposizione al fumo passivo in 500 bambini di età compresa fra 1 e 5 anni, ricercatori greci hanno dimostrato che i bambini esposti avevano un’incidenza tripla di malattie respiratorie rispetto ai bambini non esposti (Lancet, 1995).

Il fumo in gravidanza e negli ambienti dove si trovano bambini può essere causa di gravi problemi :

aumento degli aborti spontanei ;

ridotto peso alla nascita ;

maggior rischio di morte improvvisa in culla ;

maggiore incidenza di infezioni repiratorie ;

maggiore incidenza di sintomi di irritazione respiratoria ;

aumentato rischio di asma ;

peggioramento delle condizioni nei bambini con asma ;

possibile aumento di rischio di tumori durante l’infanzia ;

possibile aumento di rischio di tumori una volta raggiunta l’età adulta.

Dati recenti evidenziano come anche il fumo del padre o di altri componenti della famiglia influenzi lo sviluppo del feto. Per un padre che fuma un pacchetto di sigarette al giorno, inquinando l’ambiente di casa, si riscontra una diminuzione di peso alla nascita di circa 120 gr. Esiste addirittura una cosiddetta "sindrome del lunedì mattina" per la quale aumenta consistentemente il ricorso ai medici o al pronto soccorso di bambini asmatici, con infezioni respiratorie od otiti conseguenti o peggiorate dall’esposizione al fumo dei genitori, durante il fine settimana.

L’inquinamento e quindi l’esposizione dei non fumatori risulta direttamente correlata con il volume dell’ambiente, il grado di ventilazione, il numero di sigarette fumate e la vicinanza alla fonte di inquinamento.

Il fumo è un carcinogeno umano di classe A.

Nei primi giorni del 1993 l’EPA (Environmental Protection Agency) ha ufficialmente confermato che il fumo passivo è da considerarsi un carcinogeno umano di classe A in grado di provocare nei soli Stati Uniti 16.000 dei 53.000 decessi totali. [7]

 

 

NOTE

[1] Enciclopedia Microsoft Encarta 1993-1997.

[2] Enciclopedia Microsoft Encarta 1993-1997.

[3] G. Lanza "Anatomia patologica sistematica", vol. II, II ed., 1985.

[4] G. Lanza "Anatomia patologica sistematica", vol. II, II ed., 1985.

[5] Corriere Medico, 29/11/2001.

[6] Giornale Italiano del Medico di Famiglia, numero 4, novembre 2001.

[7] www.legatumori.it.