*** CAPITOLO
VIII
LE
MALATTIE DA TABAGISMO : CONSIDERAZIONI MEDICHE.
SEZIONE I
ANALISI MEDICA.
SOMMARIO : 1. Il fumo e i suoi
effetti sulla salute umana. 2. Analisi dei differenti fattori causali
delle malattie da tabagismo. 3. Approfondimento su alcune delle più
frequenti patologie dei fumatori : la bronchite e l’enfisema. 4.
(segue) : Il carcinoma della laringe e del polmone. 5. Un sintetico
bilancio sulla situazione attuale. 6. Un piano d’azione della medicina
generale contro il fumo. 7. Il fumo passivo.
1.IL FUMO E I SUOI EFFETTI SULLA
SALUTE UMANA.
Il fumo è il prodotto gassoso della
combustione di una sostanza, il tabacco, che viene inalato dai fumatori.
L’abitudine a fumare tabacco comporta numerosi effetti negativi per la
salute che complessivamente superano quelli degli inquinanti atmosferici.
In Europa sono 500.000 all’anno i decessi per cause collegate al fumo e
in Italia fra i quindici milioni di fumatori si contano ogni anno 60.000 -
80.000 morti. Benché la percentuale complessiva dei fumatori sia in calo,
negli ultimi anni è aumentato il numero delle giovani donne fumatrici, in
particolare nell’Europa occidentale.
Si definisce fumo attivo quello che
viene inalato da un fumatore e fumo passivo quello, altrettanto dannoso,
che viene inalato da un non fumatore che si trova in prossimità di
fumatori.
Tra le diverse modalità con cui il
tabacco può essere consumato, le sigarette sono certamente le più
nocive, anche se il fumo prodotto dalla pipa o da un sigaro non è privo
di rischi ; i tabacchi da fiuto e quelli da masticare sono stati, di
recente, riconosciuti come la causa di numerose malattie della bocca e del
cancro della cavità orale.
La composizione del fumo di tabacco
che viene inalato è stata oggetto di molti studi, dai quali risulta che
neppure l’uso di filtri è sufficiente a proteggere il fumatore da
alcuni potenti cancerogeni, come gli idrocarburi policiclici, le
betanaftilammine e le nitrosammine, che hanno dato origine a tumori sulle
cavie ; il filtro infatti espone i fumatori che ne fanno uso a un
rischio di sviluppo di tumori elevato, anche se inferiore del 20-30%
rispetto a quelli che non lo usano.
Il fumo contiene sostanze tossiche
come ammoniaca, formaldeide, ossidi di azoto e monossidi di carbonio ;
quest’ultimo è responsabile di un ridotto afflusso di ossigeno ai
tessuti, che danneggia le cellule. La principale componente del fumo di
tabacco è la nicotina, che provoca costrizione dei vasi sanguigni,
aumento della pressione del sangue e del battito cardiaco e un incremento
dell’attività dei nervi simpatici.
Chi fuma in media un pacchetto di
sigarette al giorno compie circa 70.000 atti inalatori di fumo all’anno,
che portano le sostanze nocive contenute nel fumo a contatto con i tessuti
interni dell’organismo.
Al fumo vengono ricondotte malattie
come il cancro ai polmoni, alle labbra, al cavo orale, alla faringe,
all’esofago e al pancreas ; malattie dell’apparato
cardiovascolare, come le coronaropatie, l’ictus, le emorragie cerebrali
e le vasculopatie periferiche ; la pneumopatia cronica ostruttiva,
che comprende la bronchite cronica e l’enfisema.
Le coronaropatie e in particolare
l’infarto del miocardio rappresentano la causa principale di morte
legata al fumo di sigaretta e sono dovute principalmente agli effetti
della nicotina e del monossido di carbonio, che favoriscono la comparsa di
aterosclerosi.
La seconda causa di morte legata al
fumo è il cancro ai polmoni, che presenta un legame diretto di
causa-effetto con il fumo, come si evince confrontando la differenza di
incidenza di questa patologia tra gruppi di fumatori e di non fumatori ;
oltre ai polmoni sono numerosi gli organi colpiti da tumori per i quali è
dimostrato un rapporto causale con il fumo, come quelli del cavo orale,
della faringe e del pancreas. Questi tumori, nel loro complesso, sono
causa di morbilità e mortalità elevate nella popolazione generale e il
loro rischio di insorgenza è direttamente proporzionale al numero totale
di sigarette fumate.
La pneumopatia cronica ostruttiva è
una causa importante di morbilità e mortalità nella popolazione generale
e presenta, anch’essa, una relazione diretta di causa-effetto con il
fumo.
Le vasculopatie periferiche, che
colpiscono gli arti inferiori, sono più diffuse tra i fumatori e sono
provocate dallo sviluppo di placche aterosclerotiche sulle pareti dei vasi
sanguigni ; nei casi più gravi, in cui si sviluppa una gangrena, può
essere necessario ricorrere all’amputazione della parte interessata.
Anche in questo caso, il rischio di comparsa della malattia è
strettamente dipendente dalla quantità di sigarette fumate.
Qualsiasi intervento chirurgico
comporta, per i fumatori, un rischio maggiore di complicazioni
postoperatorie, come la trombosi venosa profonda che può provocare
embolia polmonare e, talvolta, la morte.
Quasi tutti gli accidenti
cerebrovascolari potenzialmente mortali, in particolare l’ictus e
l’emorragia cerebrale, presentano correlazioni con il fumo.
Anche i nascituri non sfuggono agli
effetti nocivi del fumo : molti studi hanno evidenziato l’esistenza
di una relazione tra il numero di sigarette fumate dalla madre e
l’insorgenza di gravi complicazioni durante la gravidanza, la nascita di
bambini morti o scarsamente vitali e alcuni casi di morte neonatale
improvvisa.
L’esposizione volontaria al fumo
passivo è anch’essa molto pericolosa per la salute e, in base ad alcuni
dati recenti, comporta un rischio di sviluppo di cancro ai polmoni
superiore dell’1,5% rispetto a quello che corrono i non fumatori che
vivono in ambienti non inquinati dal fumo ; il rischio di infarto e
di malattie cerebrovascolari per fumo passivo non è stato quantificato
altrettanto precisamente, ma è anch’esso più elevato che nei soggetti
non esposti.
Quando una persona smette di fumare,
il rischio di mortalità legata al fumo diminuisce lentamente, anche se
per tornare al valore iniziale possono essere necessari più di
vent’anni. [1]
2. ANALISI DEI DIFFERENTI FATTORI
CAUSALI DELLE MALATTIE DA TABAGISMO.
Come emerge da quanto detto poco
sopra, il fumo è la causa di numerose malattie, le quali però, a loro
volta, possono essere provocate anche da altri fattori quali le abitudini
alimentari, il tipo di professione svolta, il luogo in cui si vive (città
con alto inquinamento piuttosto che aperta campagna). E’ quindi utile
passare brevemente in rassegna queste altre cause, visto che in ambito
processuale vengono effettuate delle perizie mediche proprio per cercare
di stabilire qual’è stata la causa effettiva della malattia : ad
es. un fumatore con un cancro ai polmoni avrà diritto al risarcimento
solo se la sua patologia è stata determinata dal fumo e non invece da
altri fattori.
La più diffusa causa di morte legata
al fumo è certamente il cancro. Il cancro è una neoformazione di tessuto
che origina da una continua proliferazione anomala di cellule, capaci di
invadere e danneggiare altri tessuti. Il cancro, o tumore maligno, può
insorgere da qualunque tipo di cellula e in qualunque tessuto corporeo, e
non è una singola malattia, ma un vasto insieme di patologie classificate
in tre grandi categorie secondo l’origine embrionale del tessuto da cui
derivano. Il cancro è un processo multifasico durante il quale,
all’interno della cellula dell’organismo di un individuo, si verifica
una serie di errori genetici irreversibili. Le prime fasi (esordio) sono
decisive per l’avvio di tale processo, mentre i mutamenti successivi
portano alla diffusione e all’aumento della velocità di crescita e sono
alimentati da una serie di fattori esterni, noti come promuoventi. Tali
errori possono essere difetti congeniti, ereditari o verificarsi perché
l’individuo si è esposto ad agenti cancerogeni chimici o biologici.
La maggior parte delle cause di cancro
è attribuibile prevalentemente a cause ambientali piuttosto che
ereditarie, anche se i due fattori possono interagire.
Circa l’80% dei cancri è
potenzialmente prevenibile. La causa nota più importante è il fumo, al
quale è dovuto il 30% dei decessi per questa patologia. Sebbene non siano
ancora state individuate tutte le cause del cancro, sono in aumento le
prove che indicano in fumo, dieta, radiazioni, fattori ereditari, ormoni,
sostanze chimiche e alcuni tipi di infezione, le cause dirette o
indirette.
Il fumo è una delle maggiori cause di
morte prematura nel mondo occidentale. Non solo causa oltre un terzo dei
casi di cancro, ma provoca cardiopatie e gravi malattie polmonari, quali
la bronchite cronica e l’enfisema. In passato il fumo ha già ucciso
milioni di persone in tutto il mondo e, a meno che non si modifichino le
attuali abitudini, è probabile che in futuro ne uccida molte altre. In
Italia il cancro del polmone è il killer tumorale numero uno, con 30.000
morti all’anno. Statisticamente, su 1000 giovani adulti fumatori, in
media uno muore di morte violenta, 6 muoiono in incidenti stradali e 250
vengono uccisi dal fumo nella mezza età.
Il fumo causa il 90% dei casi di
cancro al polmone, ma può provocare il cancro anche in altre zone del
corpo, come la bocca, la faringe, la laringe, l’esofago, il pancreas, i
reni, la vescica e il collo dell’utero. Smettere di fumare è, pertanto,
un importante fattore di riduzione del rischio.
La dieta è probabilmente collegata a
circa il 30-35% dei tumori maligni e molti ricercatori ritengono che essa
svolga un ruolo rilevante nello sviluppo di molti dei tipi più comuni di
cancro, come quelli della mammella e dell’intestino. Per ora non vi è,
tuttavia, alcuna prova concreta che indichi quali composti e alimenti
concorrano a provocare il cancro e quali aiutino a prevenirlo. Oltre a
seguire una dieta sana, anche tenere sotto controllo il peso è una misura
di prevenzione importante contro il cancro. L’obesità aumenta il
rischio di cancro della mammella, dell’intestino, dell’utero e della
prostata. Alcuni studi recenti hanno dimostrato che l’esercizio fisico
moderato può svolgere un ruolo nella prevenzione del cancro, oltre che,
in generale, nel mantenimento della buona salute. Il consumo eccessivo di
bevande alcoliche è responsabile del 3% dei decessi per cancro. Ad esso e
legato il cancro della bocca, della gola, della laringe e dell’esofago,
e i soggetti più a rischio sono quelli che oltre a bere eccessivamente
fumano sigarette.
E’ provato in misura sempre maggiore
che alcune infezioni virali sono correlate a certi tipi di cancro, ad
esempio al cancro dello stomaco, del fegato e del collo dell’utero,
nonché al sarcoma di kaposi, un tumore raro, comune nei malati di AIDS.
Il batterio Helicobacter pylori può contribuire a causare molti casi di
cancro allo stomaco, come indicano alcuni studi, secondo i cui risultati
le persone infette da questo batterio sarebbero quattro volte più esposte
al rischio di contrarre questo tipo di cancro. Le persone portatrici di
alcuni tipi di virus sono esposte a un maggior rischio di sviluppare il
cancro. Le infezioni infantili possono essere particolarmente importanti :
quando si contraggono alla nascita o durante la prima infanzia malattie
come l’epatite B (che contribuisce al cancro del fegato), il paziente
diventa un portatore del virus responsabile dell’infezione.
Alcuni tipi di cancro, in particolare
quelli della mammella e della prostata, risiedono in organi che producono
e che secernono ormoni e, quindi, alcuni ricercatori sono del parere che
queste sostanze possano fungere da promotori tumorali di questi tipi di
cancro.
Oltre a rappresentare una terapia
efficace contro il cancro, le radiazioni possono anche esserne la causa.
Il rischio proveniente dalle radiazioni è direttamente proporzionale alla
dose ricevuta e, quindi, per la maggior parte della persone la quantità
ricevuta nell’arco della vita è relativamente bassa. Chi vive in aree
con alte concentrazioni di radon, un gas radioattivo, è, ad esempio,
esposto a un rischio maggiore di sviluppare il cancro ai polmoni. I raggi
ultravioletti (UV) di tipo A e B provenienti dal sole sono responsabili
della maggior parte di casi di cancro della pelle e sono più forti
durante i mesi estivi.
Alcune professioni implicano un
elevato rischio di cancro perché chi le esercita è esposto a sostanze
pericolose, come composti chimici o radiazioni. E’ quindi molto
importante che si stabiliscano procedure e norme per la sicurezza
professionale, in modo da fornire ai lavoratori la maggior protezione
possibile.
Infine circa il 3% dei casi di cancro
sembra avere una base ereditaria : partendo da questo dato sono in
corso estese ricerche, che in parte hanno già individuato i geni
difettosi, o oncogeni, responsabili di questa patologia.
Uno degli organi più danneggiati dal
fumo è il polmone. Le infezioni polmonari più frequenti sono la
polmonite, di natura batterica o virale, e la tubercolosi. Tra le
patologie non contagiose è molto comune il cancro del polmone, il tumore
maligno che causa il maggior tasso di mortalità nell’emisfero
occidentale e che è strettamente correlato al fumo di sigaretta. Il fumo
contribuisce, peraltro, anche all’insorgenza di bronchiti croniche ed
enfisemi. L’asma bronchiale è dovuta a una grave costrizione
bronchiale, che può essere provocata dall’ipersensibilità a sostanze
naturali come il polline o a sostanze chimiche di uso industriale. La
fibrosi o cicatrizzazione polmonare può essere causata dall’esposizione
a sostanze come la povere di carbone e l’asbeto.
Tra le affezioni più comuni dei
polmoni vi è la bronchite, ossia un’infiammazione acuta o cronica di
una parte dei bronchi. I bronchi sono strutture polmonari estremamente
ramificate e delicate, che sono collegate alla trachea e trasportano
l’aria ai tubuli più piccoli (bronchioli) dei polmoni. La bronchite
acuta è generalmente caratterizzata da febbre, dolore al torace e forte
tosse.
La malattia può essere causata
dall’inalazione di vapori o polveri irritanti, oppure si può sviluppare
da un’infezione delle vie aeree superiori. La bronchite acuta colpisce i
rami bronchiali e può trasformarsi in broncopolmonite o in polmonite
lobare. Attacchi ripetuti di bronchite acuta possono far insorgere la
bronchite cronica, un’affezione grave e inguaribile. La causa principale
della bronchite cronica è il fumo, che può provocare anche la bronchite
acuta.
Un’altra grave patologia a carico
dei polmoni è l’enfisema. E’ una malattia respiratoria progressiva,
caratterizzata da tosse, respiro corto e sibilante e difficoltà
respiratoria ; nei casi più gravi può provocare anche invalidità e
morte. Fattori che possono contribuire all’insorgere dell’enfisema
polmonare sono gli spasmi, le infezioni e le irritazioni bronchiali, oltre
all’esposizione a sostanze irritanti come il fumo di sigaretta o le
particelle di pulviscolo presenti nell’inquinamento atmosferico. Tra le
malattie che più comunemente causano enfisema polmonare vi sono la
bronchite cronica e l’asma.
Nonostante il deterioramento dei
polmoni causato dall’enfisema sia permanente e irreversibile, esistono
strategie comportamentali e terapie che possono incrementare la capacità
respiratoria e dare sollievo al malato : tra di esse vi sono
l’astensione dal fumo e il cambio di lavoro o di residenza nei casi in
cui l’inquinamento atmosferico di questi luoghi aggravi i sintomi
dell’enfisema.
Il fumo risulta essere anche la causa
di ictus e infarto, anche se non è l’unica. Queste due malattie infatti
sono provocate anche da un’assunzione eccessiva di colesterolo e di
grassi animali, una vita sedentaria e una scarsa forma fisica. Anche le
personalità dal temperamento perfezionista e competitivo sono state
associate a un incremento del rischio di infarto.
Il fumo infine è responsabile anche
dell’ulcera. La causa diretta di questa malattia è la distruzione del
rivestimento mucoso gastrico o intestinale da parte dell’acido
cloridrico, un acido normalmente presente nei succhi gastrici. Fattori che
sembrano contribuire alla determinazione di questa condizione patologica
sono l’infezione da parte del batterio Helicobacter pylori,
l’assunzione di farmaci antinfiammatori non steroidei, l’eccessiva
secrezione di acido cloridrico, la predisposizione genetica, il fumo e lo
stress psicologico. [2]
3. APPROFONDIMENTI SU ALCUNE DELLE
PIU’ FREQUENTI PATOLOGIE DEI FUMATORI : LA BRONCHITE E
L’ENFISEMA.
La trachea e i bronchi possono essere
colpiti da processi infiammatori aspecifici ; se questi interessano
isolatamente solo la trachea si parla di tracheiti, mentre se interessano
anche i bronchi si avrà una tracheo-bronchite ; se risulta colpito
il sistema bronchiale nel suo complesso si è in presenza di una bronchite
diffusa, invece se l’infiammazione interessa solo il tratto terminale si
parla di bronchiti capillari. Più comune è la tracheobronchite.
Le infiammazioni croniche sono
frequenti a livello bronchiale, in rapporto per lo più con irritazioni
persistenti prodotte dal fumo, da polveri (carbone, cemento, zolfo, ferro,
alluminio) e gas industriali ( anidride solforosa, vapori nitrosi, di
cloro, ecc.). L’importanza dell’inquinamento atmosferico da parte di
fumi e gas nocivi spiega la maggior frequenza delle bronchiti croniche
nelle città industriali, specie se a clima freddo e umido. E’ inoltre
nota la frequenza della bronchite cronica nei forti fumatori di tabacco.
Si tratta in prevalenza di forme
catarrali, in cui i fattori infettivi microbici (strepto-, stafilo-,
pneumococchi, Haemophilus influentiae e micrococco catarrale) sembrano
avere scarsa importanza, al di fuori delle ricorrenti riacutizzazioni.
Causa predisponente è la stasi venosa
cronica (tracheo-bronchiti dei cardiopatici). Le bronchiti croniche che si
instaurano nei soggetti anziani o defedati riconoscono più spesso
un’origine da processi acuti muco-purulenti non guariti.
Macroscopicamente, la parete dei bronchi può apparire ispessita con
presenza nel lume, spesso dilatata, di più o meno abbondante contenuto
mucopurulento. Spesso coesiste enfisema.
Istologicamente può aversi il quadro
della bronchite ipertrofica, più frequente nei forti fumatori, la mucosa
congesta può essere ispessita e vellutata per iperplasia papillare
dell’epitelio di rivestimento, ove spicca l’abbondanza di cellule
caliciformi tra gli epiteli cilindrici ; questa metaplasia mucosa
dell’epitelio bronchiale è talora molto spiccata a livello dei
bronchioli. Frequenti, specie nei bronchi di grosso e medio calibro, sono
anche le aree di metaplasia squamosa dell’epitelio, talora con
corneificazione.
Nei casi di bronchite atrofica
l’epitelio è ridotto di spessore, e le varie strutture della parete
risultano sclero-atrofiche. La flogosi spesso si estende ai tessuti
peribronchiali residuandone un certo grado di fibrosi.
Dopo aver analizzato la bronchite, è
tempo invece di considerare un’altra importante e seria patologia :
l’enfisema.
Per enfisema si intende un aumento
patologico del contenuto aereo polmonare. Poiché di regola l’aumento
riguarda l’aria endoalveolare, l’enfisema polmonare è abitualmente un
enfisema alveolare (o vescicolare) ; per i casi, molto più rari, in
cui l’aria si raccoglie in quantità nel tessuto interstiziale si parla
invece di enfisema interstiziale. L’enfisema alveolare può essere
circoscritto o diffuso, acuto o cronico ; di esso si distinguono
tradizionalmente le seguenti forme anatomocliniche :
1) enfisema acuto (enfisema da
iperdistensione alveolare acuta) ;
2) enfisema vicario o compensatorio ;
3) enfisema senile o atrofico ;
4) enfisema cronico.
Nell’ambito di queste quattro forme
è l’ultima ad avere la maggiore importanza pratica. L’enfisema
vescicolare cronico è detto anche "sostanziale o genuino",
"essenziale o idiopatico", "universale o
generalizzato", "ipertrofico" od anche "ostruttivo",
per i casi assai frequenti in cui concomita una bronchite cronica con
fenomeni ostruttivi a livello dei piccoli bronchi. E’ la forma classica
di enfisema corrispondente, per definizione, ad una "sovradistensione
cronica e permanente degli spazi aerei distali ai bronchioli terminali,
associata a fenomeni distruttivi delle pareti alveolari.
Le ricerche sistematiche eseguite su
sezioni di polmoni interi fissati in espansione o su stampi plastici
ottenuti per corrosione hanno permesso di individuare due forme
fondamentali di enfisema : l’enfisema centrolobulare e l’enfisema
panlobulare, peraltro non sempre nettamente separabili.
Nell’enfisema centroacinoso (o
centrolobulare, quello che ci interessa), di più frequente riscontro nel
c.d. enfisema ostruttivo, sono selettivamente e prevalentemente colpiti i
bronchioli respiratori. La iperdistensione è peraltro caratteristicamente
localizzata al centro dell’acino sotto forma di dilatazioni più o meno
cospicue dei bronchioli respiratori e degli alveoli adiacenti, la cui
confluenza può dare luogo, al centro dell’acino, ad una vescicola
comune intersecata da sottili sepimenti fibrovascolari. La parte
periferica dell’acino stesso conserva, invece, almeno per un certo
tempo, pressochè inalterata la sua struttura.
Istologicamente è pressoché costante
il reperto di infiltrati flogistici nelle pareti dei bronchioli terminali
e dei bronchioli respiratori superstiti, con presenza di linfociti,
plasmacellule, granulociti ed incostanti eosinofili ; talora si
riscontra soltanto fibrosi. L’enfisema centrolobulare è più frequente
negli uomini, è abitualmente più grave nei lobi superiori e si associa
costantemente a bronchite cronica.
L’enfisema polmonare cronico è
un’affezione notevolmente frequente (7 - 10% del materiale autoptico),
che colpisce soprattutto maschi di età media o avanzata. La netta
predilezione per il sesso maschile (il rapporto è di circa 3 a 1) è in
gran parte dipendente da numerosi fattori predisponenti o coadiuvanti
(lavori pesanti che richiedono sforzi muscolari a glottide chiusa ;
mestieri e professioni, quali i soffiatori di vetro e i suonatori di
strumenti a fiato, che impongono sforzi espiratori ; esposizione a
cause perfrigeranti e ad inalazione continua di polveri o gas con
conseguente irritazione delle vie aeree) che maggiormente incidono
nell’uomo. L’importanza dell’età è chiaramente connessa alla
involuzione fisiologica senile dei polmoni, e del tessuto elastico in
particolare.
Notevole importanza, come causa
predisponente, viene attribuita alla bronchite cronica che, in effetti,
frequentemente, accompagna l’enfisema, spesso precedendolo di molti
anni. Le bronchiti croniche maggiormente chiamate in causa sono quelle che
interessano i bronchioli ed hanno carattere stenosante (bronchioliti
croniche ostruttive) ; la loro azione nociva è collegata non solo ai
bruschi aumenti di pressione endoalveolare che si verificano durante i
colpi di tosse ma anche alla propagazione della flogosi al parenchima
polmonare.
I fattori causali dell’enfisema
polmonare sono notoriamente molteplici. Tra gli agenti esogeni, notevole
importanza si attribuisce al fumo di sigaretta, specie nei riferimenti
dell’enfisema centrolobulare. Valore si attribuisce anche agli
inquinanti atmosferici generici (comprendenti anche l’anidride
solforosa, l’ossido di alluminio, l’azoto, ecc.) e alla inalazione
cronica di polveri e sostanze tossiche. Il comune denominatore di questi
agenti tossici, come di quelli infettivi, sarebbe rappresentato dal danno
elettivo da essi provocato a livello dei bronchioli respiratori.
Di recente è stata richiamata
l’attenzione sull’importanza dei fattori proteolitici nella genesi
dell’enfisema polmonare cronico, in base :
a) all’osservazione di una
deficienza ereditaria di alfa-1-antitripsina (un enzima capace di
inattivare gli enzimi proteolitici di origine macrofagica o leucocitaria)
nel siero di soggetti relativamente giovani (30-40 anni) con enfisema
panlobulare prevalentemente basale ;
b) alle ricerche sperimentali che
hanno dimostrato la possibilità di provocare nei ratti un enfisema di
tipo panlobulare mediante instillazioni endotracheali di papaina, un
enzima proteolitico vegetale o di elastasi di leucociti umani. L’elastasi,
che idrolizza il legame peptidico della elastina, è nel polmone liberata
dai macrofagi alveolari e dai leucociti polimorfonucleati sequestrati dal
sangue circolante. In condizioni normali essa viene inibita
dall’alfa-1-antitripsina del siero che è anche presente nel fluido di
rivestimento dell’alveolo. Un eccesso di elastasi (come si verifica di
regola nei fumatori di sigarette, per l’abbondanza nelle vie aeree di
macrofagi alveolari funzionalmente iperattivi e di granulociti) o un
difetto della sua inibizione (che solo nel 2% degli enfisematosi può
essere addebitato a un deficit ereditario omozigotico di
alfa-1-antitripsina) potrebbe scatenare, secondo questa teoria
proteolitica, un meccanismo autolitico con distruzione di parenchima
polmonare e comparsa di enfisema.
Il frequente reperto, nei fumatori, di
accumuli peribronchiolari e specie attorno ai bronchioli respiratori di
macrofagi alveolari e di granulociti, gli uni e gli altri capaci di
liberare enzimi proteolitici (elastasi) in risposta al fumo di sigaretta
(che di per sé inibisce per fenomeni ossidativi l’azione protettiva
dell’alfa-1-antitripsina), potrebbe spiegare perché l’enfisema dei
fumatori è di regola di tipo centrolobulare. Nei rari casi di deficienza
ereditaria di alfa-1-antitripsina, gli enzimi proteolitici verrebbero
invece forniti dai leucociti circolanti, predisponendo all’enfisema
panlobulare basale. [3]
4. (SEGUE) : IL CARCINOMA DELLA
LARINGE E DEL POLMONE.
Il carcinoma è il più frequente
tumore maligno della laringe. Si sviluppa soprattutto in individui fra i
40 e i 60 anni e colpisce quasi esclusivamente (97-98% dei casi) il sesso
maschile, costituendo l’1-2% del totale dei cancri.
Fra i fattori che possono favorire
l’insorgenza di un carcinoma laringeo vanno ricordati l’abuso della
voce, l’uso smoderato del tabacco e dell’alcool, alcuni processi
flogistici della mucosa laringea ad andamento cronico, la prolungata
esposizione a polveri o gas irritanti, ecc. Fattori ormonali vengono anche
chiamati in causa, soprattutto a motivo della sua comparsa quasi esclusiva
nel sesso maschile e della nota influenza degli ormoni sessuali maschili
sullo sviluppo della laringe all’epoca della pubertà.
Praticamente ha notevole importanza il
fatto che il carcinoma laringeo si impianta spesso su preesistenti lesioni
displastiche dell’epitelio pavimentoso di rivestimento della mucosa
laringea, a tipo di pachidermia o di leucoplachia, comunemente
classificate tra le lesioni precancerose, perlatro a carattere
facoltativo. Significato certamente precanceroso riveste invece il
cosidetto carcinoma in situ che in alta percentuale dei casi trapassa in
carcinoma invasivo, costituendone la fase iniziale e precoce. Il carcinoma
laringeo può essere invasivo sin dal suo inizio senza passare attraverso
la fase del carcinoma in situ.
Nella laringe il carcinoma in situ può
insorgere in ogni parte dell’organo ma la sua sede abituale è
rappresentata dalle corde vocali vere. Esso si sviluppa sempre infatti su
aree normalmente rivestite da epitelio pavimentoso e, quando compare in
aree normalmente ricoperte da epitelio cilindrico a più file, è da
supporre che la metaplasia squamosa abbia preceduto la comparsa del
carcinoma in situ.
Il carcinoma in situ è di regola
preceduto da alterazioni epiteliali proliferativo-displastiche che
prendendo l’avvio nello stato basale si estendono gradatamente agli
strati superiori. Allo stadio di carcinoma in situ l’intero spessore
dell’epitelio risulta occupato da cellule fittamente stipate e spesso
atipiche con nucleo voluminoso ed ipercromatico e citoplasma scarso, senza
tendenza alcuna alla normale stratificazione e maturazione ;
frequenti sono inoltre le mitosi a tutti i livelli. Tali alterazioni
avvengono, però, sempre nello spessore del mantello epiteliale, senza
interruzione della membrana basale o sconfinamento degli epiteli atipici
nel corion sottostante. Le aree di carcinoma in situ sono spesso multiple
e non di rado reperibili ai margini del carcinoma invasivo.
In relazione al loro aspetto
macroscopico i carcinomi della laringe possono essere distinti
schematicamente in forme vegetanti, forme infiltranti e forme ulcerative ;
a seconda invece della sede di impianto possono essere distinti in
intrinseci, marginali ed estrinseci.
L’Unione Internazionale contro il
Cancro ha proposto dei criteri classificativi dei tumori laringei (le
neoplasie vengono distinte in 4 stadi anatomo-clinici), facendo
riferimento alla diffusione del tumore primitivo, alle caratteristiche
delle metastasi linfonodali ed alla presenza o meno di metastasi a
distanza.
È ora opportuno passare ad analizzare
il carcinoma del polmone.
Il carcinoma non è soltanto il più
frequente tumore polmonare primitivo ma è anche uno dei carcinomi di più
frequente riscontro in senso assoluto. Nella maggior parte dei casi esso
prende origine dall’epitelio dei bronchi ; di conseguenza almeno
nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di un carcinoma
bronchiale. L’abituale insorgenza in prossimità dell’ilo polmonare,
il frequente sconfinamento nel mediastino, la relativa precocità delle
metastasi linfonodali, fanno di questo cancro una delle neoplasie più
infauste, anche per i risultati di solito poco soddisfacenti
dell’intervento chirurgico, peraltro possibile solo nel 20-30% dei casi.
E’ sicuramente accertato che,
nell’ultimo trentennio, la frequenza del carcinoma polmonare primitivo
ha registrato, pressoché ovunque, un notevole e progressivo aumento, come
conseguenza del perfezionamento dei metodi diagnostici e del prolungamento
della durata media della vita. Per quanto riguarda il sesso, il carcinoma
del polmone predilige di gran lunga i maschi nei confronti delle femmine,
con un rapporto che varia da 3 :1 a 11 :1. Un aumento della
incidenza nelle donne, di circe tre volte rispetto al 1964, è stato
tuttavia accertato in U.S.A. Per quanto riguarda l’età, il massimo di
incidenza del cancro polmonare si ha tra i 60 e i 65 anni.
E’ convinzione generale che
l’indubbio aumento del carcinoma polmonare, verificatosi negli ultimi 30
anni, sia in rapporto a fattori oncogeni esterni derivanti principalmente
dall’inquinamento atmosferico e dall’eccessivo fumo di sigarette.
L’importanza dell’inquinamento
atmosferico è suggerita dalla maggiore incidenza del carcinoma polmonare
fra la popolazione di città e regioni con intenso sviluppo industriale,
nei confronti della popolazione rurale. Si tratta della presenza
nell’aria atmosferica di diversi idrocarburi oncogeni, tra cui
soprattutto il 3-4 benzoripene, provenienti dai gas di scarico dei motori
a scoppio, dalla catramatura delle strade, dalla combustione del carbone,
della nafta e di altre sostanze usate nell’industria a scopo civile (sali
di cromo, amianto, arsenico, nickel, berillio, ferro cloruro di vinile
monomero) ; non va esclusa la possibilità di dispersione di sostanze
radioattive di origine industriale o derivanti dalle esplosioni
termonucleari.
L’inquinamento atmosferico lascia
però insoluti i casi di carcinoma polmonare che si verificano fra la
popolazione rurale e non spiega l’elevato tasso di mortalità per cancro
polmonare nelle nazioni ove è scarsa l’industrializzazione.
Numerosi autori ritengono pertanto che
l’aumento di frequenza della malattia sia piuttosto da attribuire al
progressivo aumento del consumo di tabacco da fumo, e particolarmente
delle sigarette ; il cancro del polmone, del tutto infrequente nei
non fumatori, insorge infatti con frequenza fino a 50 volte più elevato
nei forti fumatori che consumano più di 20 sigarette al giorno per un
lungo periodo di anni.
La validità della correlazione tra
fumo di sigarette e cancro del polmone è convalidata dai seguenti altri
fatti :
1) nel fumo di tabacco sono presenti
varie sostanze oncogene, fra cui la più importante è il 3-4 benzopirene,
che si libera dal tabacco quando questo viene portato a temperature molto
elevate (800° C) ;
2) sperimentalmente, con
l’applicazione cutanea di derivati del tabacco, è stato possibile
ottenere lo sviluppo di tumori cutanei ; praticamente negative sono
state invece le ricerche mediante l’uso del fumo di tabacco ;
3) nei forti fumatori è frequente il
reperto nell’epitelio bronchiale di alterazioni ritenute a significato
precanceroso (aumento di numero delle file di cellule, per iperplasia
delle cellule basali, con perdita di ciglia degli epiteli superficiali ;
frequente metaplasia epidermoidale, con presenza di cellule displastiche o
atipiche fino ad aspetti di carcinoma in situ), alterazioni peraltro
presenti nella maggior parte degli individui deceduti per cancro polmonare ;
4) la netta prevalenza del cancro
polmonare nel sesso maschile ed il fatto che il carcinoma nei fumatori è
di regola di tipo epidermoidale, mentre nel sesso femmninile prevale l’adenocarcinoma,
depongono ugualmente a favore dell’importanza del fumo (poiché oggi il
fumo è molto diffuso anche tra le donne, sarà interessante vedere come
si modificheranno in un prossimo futuro queste differenze tra i due sessi,
che tendono già ad attenuarsi) ;
5) i fumatori che hanno avuto un
cancro della laringe (notoriamente attribuito al tabacco) presentano una
maggiore incidenza di cancro polmonare.
Circa il meccanismo di azione, si
presume che gli idrocarburi carcinogeni del fumo di tabacco vengano
attivati dall’enzima microsomiale idroossilasi aril-carbonica e che, di
conseguenza, l’incidenza del cancro polmonare sia più grave nei
fumatori che abbiano un’alta "inducibilità" di idroossilasi
aril-carbonica e siano deficienti di vitamina A. Anche la depressione
immunitaria, umorale e cellulare, indotta dalla prolungata esposizione al
fumo di tabacco (come pure dalla continua inalazione di contaminanti
atmosferici : aria industriale), potrebbe avere importanza, in quanto
favorirebbe la comparsa e l’affermarsi di cloni cellulari maligni.
Il carcinoma polmonare si sviluppa nel
maggior numero dei casi in prossimità dell’ilo prendendo origine nel
75% dei casi dai bronchi di primo, secondo o terz’ordine. I casi a sede
periferica derivano dai bronchioli terminali o più di rado dalle cellule
del rivestimento alveolare. All’inizio, il carcinoma, stando a quanto
risulta dalle osservazioni broncoscopiche, appare sotto forma di un
ispessimento circoscritto della mucosa bronchiale, che, in seguito, assume
l’aspetto di una escrescenza irregolare che solleva od ulcera
l’epitelio di rivestimento. Nell’ulteriore progressione, che si svolge
per lo più in senso centripeto, il tumore può tendere ad accrescersi
verso il lume bronchiale, sotto forma di una massa fungoide, oppure ad
infiltrare profondamente la parete bronchiale, diffondendosi lungo i vasi
linfatici peribronchiali ai tessuti circostanti. E’ ammesso che il
carcinoma broncogeno a cellule squamose impieghi circa 9 anni per
raggiungere le dimensioni di 2 cm. di diametro ; ma già durante
questo periodo è possibile la comparsa di metastasi linfonodali e talora
anche di metastasi ematogene (ad es. nel cervello) che possono dare
l’apparenza di un tumore primitivo.
Negli stadi avanzati il carcinoma
polmonare può assumere macroscopicamente aspetti diversi, dipendenti non
soltanto dalla sede di insorgenza (ilare o parailare, parenchimale,
periferica, apicale, ecc.), ma anche dalla estensione raggiunta e dalle
vie seguite nella sua progressione nell’ambito polmonare. Seguendo un
criterio ad un tempo topografico e morfologico possono essere prese in
considerazione le seguenti forme di carcinoma polmonare : 1) forma
infiltrante a partenza dall’ilo (forma centrale) ; 2) forma a nodo
unico intraparenchimale (forma periferica) ; 3) forma infiltrante
diffusa ; 4) forma plurinodulare.
In linea generale il carcinoma
polmonare si localizza più spesso nel polmone destro (53% dei casi) che
in quello sinistro e preferisce i lobi superiori (60% dei casi) ; il
lobo medio risulta colpito solo nel 4-5% dei casi.
La più recente classificazione
ufficiale (WHO 1981) distingue le seguenti forme istologiche di tumori
epiteliali maligni del polmone :
1) Carcinoma a cellule squamose
(carcinoma epidermoidale)
ben differenziato
moderatamente differenziato
scarsamente differenziato
Variante : carcinoma (squamoso) a
cellule fusate
2) Carcinoma a piccole cellule
a) carcinoma a cellule a grani di
avena
b) carcinoma a cellule di tipo
intermedio (fusate o poligonali)
3) Adenocarcinoma
a) adenocarcinoma acinare
b) adenocarcinoma papillare
c) carcinoma bronchiolo-alveolare
d) carcinoma solido con formazione di
muco
4) Carcinoma a grandi cellule
Varianti :
a) carcinoma a cellule giganti
b) carcinoma a cellule chiare
c) carcinoma composito (a cellule a
grani di avena e a cellule epidermoidi)
5) Carcinoma adenosquamoso
6) Carcinoide
7) Carcinoma delle ghiandole
bronchiali
a) carcinoma adenoide-cistico
b) carcinoma mucoepidermoidale
Prima di terminare, è però
necessario un ultimo approfondimento sul carcinoma epidermoidale (o a
cellule squamose) che rappresenta il tipico cancro bronchiale dei
fumatori.
Esso risulta di irregolari travate,
separate da stroma variamente rappresentato, costituito da cellule
epiteliali piatte o poliedriche, eventualmente provviste di ponti
intercellulari e tendenti alla evoluzione cornea. Si distingue una forma
scarsamente differenziata (più frequente), in cui le cellule disposte in
ammassi e cordoni solidi, hanno forma cuboidale o rotondeggiante, sono
prive di ponti intercellulari e non tendono alla cheratinizzazione
(carcinoma epidermoidale non corneificante), ed una forma ben
differenziata, con cellule riunite da ponti intercellulari e tendenti alla
formazione di perle cornee, che riproduce gli aspetti istologici dei
comuni carcinomi spinocellulari della cute o delle mucose ad epitelio
piatto (carcinoma epidermoidale corneificante). Le forme moderatamente
differenziate presentano carattere intermedi.
Atipie citoplasmatiche e nucleari, con
presenza anche di cellule mostruose e plurinucleate possono essere
presenti in tutte le varietà, ma il reperto è indubbiamente più
frequente nelle forme scarsamente differenziate che mostrano talora un
grado notevole di pleomorfismo, con aree ricche di cellule giganti ;
questi tumori sconfinano senza limiti nei carcinomi anaplastici.
La variante a cellule fusate ha un
aspetto bifasico, per la contemporanea presenza di una componente
carcinomatosa a cellule squamose e di una componente carcinomatosa a
cellule fusate, di aspetto sarcomatoso-simile, ricca di atipie cellulari e
di mitosi atipiche. La presenza di aree di transizione dimostra trattarsi
di una variante del carcinoma squamoso. Può essere confusa con il
carcinosarcoma.
Il carcinoma a cellule piatte deriva
dall’epitelio bronchiale per metaplasia epidermoidale dell’epitelio
cilindrico, la quale di regola precede lo sviluppo del tumore ma può
svolgersi contemporaneamente ad esso. Si osserva con fortissima prevalenza
nel sesso maschile (33 :1), rappresentando il tipico cancro
bronchiale dei fumatori. Predilige l’età avanzata, fra i 50 e i 70
anni, e comprende da solo il 45-60% di tutti i tumori epiteliali maligni
del polmone ; insorge nel maggior numero dei casi in sede ilare o
parailare e solo di rado in pieno parenchima. Le forme scarsamente
differenziate sono prognosticamente più infauste delle forme
corneificanti che possono avere un lungo decorso spontaneo (fino a 11
anni) ; la sopravvivenza media del carcinoma a cellule piatte
dall’inizio clinico della malattia è di 15 mesi. Frequenti le metastasi
ai linfonodi regionali. [4]
5. UN SINTETICO BILANCIO SULLA
SITUAZIONE ATTUALE.
Nel 1985 i Capi di stato europei
decisero di avviare il Programma Europa contro il cancro ponendosi un
obiettivo ambizioso : ridurre la mortalità per tumore del 15% in
quindici anni. L’Italia ha ottenuto un risultato soddisfacente : la
mortalità è stata abbattuta del 15% negli uomini e del 14% nelle donne.
In termini assoluti questo significa che, grazie ai programmi di
prevenzione e cura in Europa, solo l’anno scorso si sono registrate
92.000 morti per cancro in meno rispetto allo standard dell’85.
Complessivamente in Europa la riduzione dei decessi si è attestata
attorno al 10%
negli uomini e all’8% nelle donne.
Il più diffuso rimane il tumore del
polmone con 35.000 nuovi casi all’anno e se secondo l’Airc oggi in
Italia guarisce il 53% dei pazienti colpiti da tumore, è anche vero che
50.000 dei 140.000 decessi che si verificano ogni anno potrebbero essere
evitati con la diagnosi precoce (30.000), con l’omogeneità delle cure
(20.000) e attraverso una riduzione delle liste d’attesa. Inoltre un
potenziamento degli screening e campagne di informazione o dirette contro
le cattive abitudini dovrebbero completare la strategia. Su questo
versante si deve segnalare la presa di posizione del Commissario alla
salute dell’Unione Europea, David Byrne, il quale ha dichiarato :"In
Europa fuma circa il 33% degli adulti, contro il 22% registrato negli
U.S.A. Per questo motivo, a partire dall’anno prossimo, daremo il via a
una campagna contro la pubblicità del tabacco". [5]
6. UN PIANO D’AZIONE DELLA MEDICINA
GENERALE CONTRO IL FUMO.
Le statistiche hanno rivelato che nel
1997 in Italia fumava il 33,1% degli uomini e il 17,3% delle donne sopra i
14 anni. Dal 1993 al 1999 è aumentata costantemente la percentuale di
fumatori tra i giovani di età compresa fra i 14 e i 24 anni (dal 17,4 al
21,6%) : il dato è più pesante per i giovani che risiedono in aree
metropolitane, dove si arriva al 24,9% (dati Istat 2001). Circa il 50% dei
bambini è quotidianamente esposto al fumo passivo nelle mura domestiche,
soprattutto nelle famiglie di condizione sociale più bassa.
Una delle ragioni per cui il tabagismo
rimane, almeno nel nostro paese, un problema di ampie proporzioni dipende
dallo scarso intervento attuato dalla medicina generale. L’ultimo Piano
sanitario nazionale (1998 - 2000), in linea con gli intenti degli
organismi sanitari internazionali, ha introdotto la lotta al tabagismo tra
gli obiettivi diretti a promuovere comportamenti e stili di vita per la
salute.
Il documento indica i medici di
famiglia come una delle risorse da valorizzare nella serie di interventi
contro il tabagismo, ma ciò che è rilevante è soprattutto il fatto che
si sottolinei la necessità di programmare interventi "strutturati e
di provata efficacia".
Gli obiettivi (confermati anche dalla
bozza del Piano sanitario nazionale proposto per il 2001 - 2003) che con
questa azione si intendono perseguire possono essere così riassunti :
la prevalenza dei fumatori con età
superiore ai 14 anni non deve superare il 20% per gli uomini e il 10% per
le donne ;
deve tendere a zero la frequenza delle
donne che fumano in gravidanza ;
deve ridursi la prevalenza dei
fumatori fra gli adolescenti (oggi invece in aumento).
A fronte del pesante bilancio delle
patologie attribuibili al fumo (90.000 decessi l’anno solo in Italia),
la consapevolezza degli effetti negativi del fumo è ancora sottovalutata.
Un piano d’azione è stato sviluppato insieme con l’Istituto superiore
di sanità e alcune associazioni scientifiche e prevede un intervento di
breve durata e di provata efficacia, che può essere realizzato spendendo
anche pochi minuti nel corso di una qualunque visita presso il medico di
famiglia. Diversi organismi nazionali di paesi europei ed extraeuropei lo
hanno indicato come strumento utile nelle principali linee guida prodotte
contro il tabagismo.
E’ un intervento che si articola in
5 fasi : chiedi, raccomanda, identifica, aiuta e pianifica.
Il primo compito del medico generico
è quello di domandare ai pazienti che si presentano in ambulatorio se
sono fumatori. L’argomento fumo deve essere affrontato con tutti gli
assistiti, vecchi e giovani, indipendentemente dal motivo della visita. Ai
pazienti fumatori e a coloro che hanno smesso nell’ultimo anno la
domanda dovrebbe essere ripetuta ad ogni visita.
La condizione e la storia di fumatore
(si/no/in precedenza) dovrebbe essere registrata tra i dati del paziente,
inclusa tra i segni vitali o segnalata con etichette o appositi moduli.
Chi ha smesso di recente deve essere
rinforzato nella sua scelta evidenziando i vantaggi derivanti
dall’astenersi dal fumo (migliore performance fisica, miglioramento del
gusto e dell’olfatto).
In questa fase deve essere valutato il
grado di dipendenza dalla nicotina utilizzando il test di Fagerstrom per
la dipendenza nicotinica.
La seconda fase consiste nel
consigliare ai pazienti di smettere di fumare, esprimendosi in modo chiaro
e inequivocabile. Questo intervento può essere qualificato come
intervento minimo.
Il tempo da dedicare a questa fase è
di almeno tre minuti ; tuttavia l’intervento risulta più efficace
quanto maggiore è la sua durata.
La scelta opportuna delle
argomentazioni è naturalmente cruciale per raggiungere questo scopo. In
generale si può affermare che per avere successo le motivazioni devono
essere il più possibile personalizzate rispetto ad ogni singolo paziente.
E’ compito e responsabilità del
medico decidere se mettere in evidenza i rischi che il paziente corre
continuando a fumare o i benefici che troverebbe smettendo.
In ogni caso è preferibile un
approccio che metta in luce gli aspetti positivi rispetto a quelli
negativi o colpevolizzanti. Andrebbe comunque sottolineato il vantaggio
costituito dall’uscire da uno stato di dipendenza, quindi il fatto che,
rinunciando al fumo, non si perde qualcosa, ma si acquista maggiore libertà.
Uno degli errori più comuni (e
probabile causa del fallimento dell’intervento minimo) è il limitarsi
all’illustrazione delle patologie connesse al tabagismo. Possono invece
entrare in gioco altri argomenti come quelli estetici (pelle meno rugosa,
alito non sgradevole), economici (fumo come spesa), affettivi (rispetto
per la salute dei fammiliari e dei conviventi).
Anche quando sia prevalente
l’aspetto delle possibili patologie, il paziente deve essere comunque
coinvolto nella discussione sui suoi dati anamnestici, per la valutazione
di tutti i fattori di rischio. L’intervento dovrà essere più intenso
per i pazienti affetti da patologie respiratorie o cardiovascolari.
In questa fase può essere utile
servirsi di materiale informativo scritto (opuscoli, manuali, ecc.).
Durante la terza fase devono essere
individuati i pazienti realmente motivati a smettere : per questi è
opportuno fornire subito i consigli comportamentali. Se il paziente invece
non è motivato a smettere dovrebbe essere realizzato un breve intervento
finalizzato a promuoverne la motivazione.
Nella quarta fase va concordata una
data per smettere vicina nel tempo (possibilmente entro le due settimane).
Può essere utile fare sottoscrivere l’impegno al paziente. Deve essere
discusso con il paziente anche il tipo di strategia, che può ad esempio
avvalersi dei seguenti accorgimenti :
riconoscere il "craving" :
insegnare a riconoscere i sintomi da astinenza nicotinica e informare sui
modi per ridurli o annullarli attraverso la terapia farmacologica e
attraverso alcune semplici azioni. Parlare in particolare del desiderio
impellente di fumare (craving), della difficoltà a concentrarsi, dei
sintomi di frustrazione e rabbia, dell’insonnia, spiegando che questi
sintomi sono massimi nei primissimi giorni dopo aver smesso e poi vanno
attenuandosi nel tempo ;
eliminare i simboli : suggerire
l’importanza di eliminare tutto ciò che può ricordare il fumo
(accessori, posacenere, occasioni di incontro con amici e colleghi
fumatori) ;
comprensione ambientale :
informare la famiglia, gli amici e i colleghi di lavoro del tentativo,
perché il paziente trovi comprensione nei momenti critici ;
eliminare le sigarette :
eliminare completamente le sigarette dall’ambiente ;
i rischi di ricaduta :
focalizzare l’attenzione sulle situazioni che possono condurre alla
ricaduta ;
ribadire le motivazioni :
richiamare ad ogni visita i rischi del fumo per il paziente e per i
familiari, i benefici dello smettere, le modalità per evitare gli effetti
indesiderati.
La terapia farmacologica può essere
proposta ai pazienti che fumano più di dieci sigarette al giorno o che
risultino dipendenti al test di Fagerstrom. Sono buoni candidati anche
coloro che hanno gia avuto esperienza di crisi d’astinenza in precedenti
tentativi di smettere.
I farmaci di prima scelta sono i
sostitutivi della nicotina nelle varie forme farmaceutiche (cerotti,
preparato per inalazione, gomme da masticare, compresse sublinguali) e il
bupropione a lento rilascio.
In una prospettiva economica può
essere interessante confrontare le diverse forme farmaceutiche di terapia
nicotinica sostituiva e bupropione :
prodotto costo durata del trattamento
compresse sublinguali 11,36 E.- 21,17
E. 12 settimane poi riduzione
alla settimana graudale
gomme 11,36 E.- 21,17 E. 4 settimane
poi al bisogno
alla settimana
inalatori 11,36 E.- 21,17 E. 8 - 10
settimane, poi metà
alla settimana dose per 2 settimane
cerotti 11,36 E.- 21,17 E. 4 - 8
settimane
alla settimana
bupropione 23,24 E.- 26,85 E. 7 - 9
settimane
alla settimana
A tutti i pazienti che vogliono
smettere dovrebbe essere consigliata la terapia cognitivo-comportamentale
o il counselling professionale, a livello individuale o come terapia di
gruppo. Tali trattamenti devono essere condotti da psicologi, da medici o
da altri operatori sanitari appositamente formati presso centri
specializzati del servizio sanitario nazionale o altre associazioni che
eroghino trattamenti basati sulle prove di efficacia.
L’ultima fase è cruciale. E’
essenziale mantenere un contatto regolare con il paziente dopo la data
fissata per la cessazione. Il primo appuntamento dovrebbe essere fissato
entro la prima settimana da tale data, possibilmente il giorno stesso. Un
ulteriore contattto dovrebbe essere preso entro un mese, ulteriori
contatti con cadenza regolare entro l’anno successivo alla cessazione.
Come regola durante questi contatti,
molti dei quali possono essere soltanto telefonici, ci si informa della
situazione e ci si complimenta per i risultati ottenuti. Si evidenziano i
risultati sul piano dei sintomi e si verifica la compliance del paziente
ai trattamenti prescritti (comportamentale e/o farmacologico). Si
controlla l’esistenza di situazioni che hanno posto il paziente a
rischio di ricaduta e si analizzano con l’interessato.
Se il contatto avviene in ambulatorio
si controlleranno polso, pressione e peso corporeo, affrontando il
problema dell’eventuale aumento ponderale.
Trascorso l’anno senza recidive i
controlli potranno essere diradati (praticamente facendoli coincidere con
visite routinarie), ma l’argomento non deve essere mai tralasciato. [6]
7. IL FUMO PASSIVO.
Quando si parla di inquinamento
atmosferico si dimentica spesso che i livelli più alti di sostanze
irritanti e cancerogene non si riscontrano nell’aria esterna, bensì con
maggiore frequenza proprio negli ambienti chiusi (abitazioni, uffici, bar,
discoteche, ecc.).
Per inquinamento ambientale da fumo si
intendono due tipi di inquinamento : uno interno (l’organismo del
fumatore) e uno esterno (l’ambiente circostante). Il fumatore è vittima
di entrambe le forme di inquinamento mentre il fumatore passivo solo della
seconda. Studi, sia teorici che sperimentali, sull’inquinamento in
ambiente confinato (ambiente domestico, lavorativo, locali pubblici) hanno
dimostrato che nelle comuni condizioni di ventilazione ed affollamento, il
livello di particelle sospese respirabili prodotte dai fumatori supera gli
effetti della ventilazione, determinando un carico significativo di
inquinamento sul pubblico.
Il pericolo si nasconde nel fumo della
corrente secondaria (la nuvoletta di fumo intorno al fumatore), che deriva
da una combustione del tabacco a temperatura più bassa ; in
quell’innocente nuvola, i composti nocivi sono presenti a concetrazioni
ancora maggiori che nel fumo della corrente principale (il fumo aspirato
dal fumatore), tanto che si può affermare che sono molto di più le
sostanze tossiche rilasciate nell’ambiente rispetto a quelle inalate dal
fumatore. La presenza di filtri nella sigaretta riduce l’inalazione di
sostanze tossiche da parte del fumatore, ma non diminuisce la nocività
della corrente secondaria e quindi i danni per se e per i non fumatori
presenti.
Il fumo passivo produce diverse
conseguenze. Nei soggetti sani l’esposizione acuta comporta irritazione
e lacrimazione degli occhi (soprattutto per chi porta le lenti a
contatto), mal di testa, tosse, irritazione della mucosa nasale e della
gola, nausea.
Uno studio sull’esposizipone al fumo
passivo nell’ambiente lavorativo ha mostrato una significativa riduzione
di alcuni parametri respiratori in fumatori passivi, riduzione comparabile
a quella di fumatori leggeri (1 - 10 sigarette al giorno).
Ogni anno negli U.S.A circa 3.000 non
fumatori muoiono per tumore polmonare a causa del fumo passivo. Almeno una
trentina di studi epidemiologici hanno dimostrato che l’ambiente
domestico è a forte rischio, mettendo in evidenza la maggiore frequenza
di tumori polmonari in donne non fumatrici sposate a fumatori rispetto a
donne il cui conuige non fuma.
Recenti studi inoltre suggeriscono che
i fumatori involontari corrano maggiori rischi di contrarre malattie
cardiovascolari e tumori in sedi diverse dal polmone, oltre a registrare
un aggravamento di patologie preesistenti come angina pectoris, asma,
bronchite cronica ed allergie.
Oggi è possibile dimostrare
direttamente la presenza di composti cancerogeni nei non fumatori esposti
al fumo altrui : ad esempio, nitrosamine, amine aromatiche e
benzopirene. Ecco alcuni degli studi più interessanti apparsi negli
ultimi anni :
in una serie di bambini americani di
età compresa fra 2 e 5 anni, è stata accertata la presenza di composti
cancerogeni (idrocarburi policiclici aromatici) nel sangue, in rapporto
diretto con il numero di sigarette fumate in casa dalla madre o da altre
persone (Journal of the National Cancer Institute, 1994) ;
già dopo una modesta esposizione al
fumo passivo (un’ora e mezza, quanto basta per respirare il fumo di sei
sigarette), nelle urine di non fumatori si possono trovare livelli
significativi di un composto cancerogeno per il polmone (New England
Journal of Medicine, 1993) ;
usando i livelli di cotinina urinaria
per verificare i livelli di esposizione al fumo passivo in 500 bambini di
età compresa fra 1 e 5 anni, ricercatori greci hanno dimostrato che i
bambini esposti avevano un’incidenza tripla di malattie respiratorie
rispetto ai bambini non esposti (Lancet, 1995).
Il fumo in gravidanza e negli ambienti
dove si trovano bambini può essere causa di gravi problemi :
aumento degli aborti spontanei ;
ridotto peso alla nascita ;
maggior rischio di morte improvvisa in
culla ;
maggiore incidenza di infezioni
repiratorie ;
maggiore incidenza di sintomi di
irritazione respiratoria ;
aumentato rischio di asma ;
peggioramento delle condizioni nei
bambini con asma ;
possibile aumento di rischio di tumori
durante l’infanzia ;
possibile aumento di rischio di tumori
una volta raggiunta l’età adulta.
Dati recenti evidenziano come anche il
fumo del padre o di altri componenti della famiglia influenzi lo sviluppo
del feto. Per un padre che fuma un pacchetto di sigarette al giorno,
inquinando l’ambiente di casa, si riscontra una diminuzione di peso alla
nascita di circa 120 gr. Esiste addirittura una cosiddetta "sindrome
del lunedì mattina" per la quale aumenta consistentemente il ricorso
ai medici o al pronto soccorso di bambini asmatici, con infezioni
respiratorie od otiti conseguenti o peggiorate dall’esposizione al fumo
dei genitori, durante il fine settimana.
L’inquinamento e quindi
l’esposizione dei non fumatori risulta direttamente correlata con il
volume dell’ambiente, il grado di ventilazione, il numero di sigarette
fumate e la vicinanza alla fonte di inquinamento.
Il fumo è un carcinogeno umano di
classe A.
Nei primi giorni del 1993 l’EPA (Environmental
Protection Agency) ha ufficialmente confermato che il fumo passivo è da
considerarsi un carcinogeno umano di classe A in grado di provocare nei
soli Stati Uniti 16.000 dei 53.000 decessi totali. [7]
NOTE
[1] Enciclopedia Microsoft Encarta
1993-1997.
[2] Enciclopedia Microsoft Encarta
1993-1997.
[3] G. Lanza "Anatomia patologica
sistematica", vol. II, II ed., 1985.
[4] G. Lanza "Anatomia patologica
sistematica", vol. II, II ed., 1985.
[5] Corriere Medico, 29/11/2001.
[6] Giornale Italiano del Medico di
Famiglia, numero 4, novembre 2001.
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