*** Autorità, Colleghe e Colleghi,
Signore e Signori,
quest’anno, per iniziativa del
Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, viene instaurata
una prassi – quella dell’inaugurazione solenne dell’anno giudiziario
intesa come rendiconto all’opinione pubblica dell’amministrazione
della giustizia svolta nell’anno precedente – nuova per la
giurisdizione amministrativa.
1. L’occasione coincide con un
momento particolarmente significativo della storia dei tribunali
amministrativi regionali: a quasi trent’anni dal loro insediamento e
dopo l’entrata a regime della legge n. 205 del 2000, che si è proposta,
sotto il profilo sia dell’ambito giurisdizionale che del processo, come
riforma "mirata" della giustizia amministrativa.
Quella legge del 1971 - la n. 1034 -
che istituì i tribunali amministrativi regionali attuando il precetto
costituzionale del doppio grado di giudizio in materia di giurisdizione
amministrativa, sembra davvero lontana.
Non soltanto perché allora quei
tribunali amministrativi che oggi sono realtà solidamente radicata nelle
istituzioni e nella coscienza dei cittadini apparivano come
un’incognita, ma perché quella legge era espressione di una temperie
culturale specifica: la coscienza della crisi dei ricorsi amministrativi
ordinari e la transizione alla tutela giurisdizionale immediata, con la
eliminazione del presupposto processuale della definitività del
provvedimento amministrativo.
A condurre questo nuovo processo
amministrativo di primo grado, nel quale erano destinati a confluire anche
tutti i delusi dei ricorsi amministrativi ordinari e in particolare dei
ricorsi gerarchici, privi del presupposto ordinamentale minimo di terzietà
indispensabile per far funzionare efficacemente l’autodichia della
pubblica amministrazione, veniva chiamato un manipolo di 220 magistrati,
che soltanto nel 1982 - con la legge n. 186 - sarebbe stato aumentato ad
appena 310 unità, oltre a 22 presidenti, senza dimenticare i 2 magistrati
del Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento designati da
quel Consiglio provinciale e gli 8 magistrati collocati nel ruolo speciale
dei consiglieri della sezione autonoma di Bolzano del Tribunale regionale
di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige.
Diciotto anni più tardi - con la
legge n. 205 del 2000 – sarebbe poi stato previsto un aumento di
organico di sole 60 unità.
La dotazione organica del personale
amministrativo era per l’intero plesso giurisdizionale, compreso il
Consiglio di Stato, di sole 935 unità, poi aumentato della legge 205 di
appena 40 unità.
I primi entusiasmi per il successo
della riforma, reso evidente anche dal tangibile e crescente aumento della
domanda di giustizia amministrativa, cedettero presto il passo alla
preoccupazione per l’evidente inadeguatezza delle risorse disponibili a
fronte della struttura sempre più complessa della società e
dell’amministrazione contemporanea.
L’opera mirabile della
giurisprudenza amministrativa intesa a rendere duttile il contenuto della
sola cautela prevista, quella tipica - la sospensione dell’efficacia
dell’atto impugnato – dissimulava, a leggerla controluce, il sintomo
certo dell’aumento incontrollabile delle controversie: lo spostamento
del baricentro del processo dal merito al procedimento cautelare, un
fenomeno analogo alla c.d. "settecentizzazione" del processo
civile.
Le statistiche dei tribunali
amministrativi regionali, così come quelle del Consiglio di Stato giudice
d’appello, cominciarono ben presto ad apparire in rosso e come tali
venivano denunciate invariabilmente dai Presidenti del Consiglio di Stato
nella solennità dei loro discorsi di insediamento.
Ma invano si attesero interventi
strutturali del legislatore.
Anche se, nel frattempo, alla cultura
della tutela giurisdizionale immediata si era venuta sostituendo tra gli
addetti ai lavori una cultura fondata piuttosto sulla ricerca di misure
deflattive del carico giurisdizionale: la cultura della risoluzione non
giurisdizionale delle controversie.
Non alludo qui al ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica, che richiede pur sempre
l’intervento di un organo di giustizia, il Consiglio di Stato.
Alludo piuttosto agli istituti,
praticati negli ordinamenti anglo-americani, riconducibili all’acronimo
inglese ADR (Alternative Dispute Resolution): conciliazioni,
mediazioni, transazioni, procedimenti ridotti (mini trial), sui
quali ha scritto con grande chiarezza e precisione il professor Mario
Chiti, e grazie ai quali nei Paesi in cui sono vigenti soltanto una minima
parte delle controversie viene sottoposta ai giudici.
Alludo agli istituti comunitari,
previsti nella direttiva 92/13 in materia di settori esclusi, della
procedura di conciliazione, del meccanismo correttore e
dell’attestazione.
Alludo all’ipotesi di rivitalizzare
il ricorso gerarchico improprio dinanzi a commissioni dotate di effettiva
terzietà, ipotesi cui si è richiamato anche il relatore della legge 205,
sen. Pellegrino, segnalando la necessità dell’introduzione "di
una serie di filtri che scremino i conflitti, consentendo l’accesso al
giudice togato di una conflittualità già preventivamente selezionata; e
ciò almeno per quanto riguarda la microconflittualità…".
Alludo a qualsiasi altro strumento che
sottragga all’aumento del contenzioso il carattere di una ineludibile
fatalità.
2. L’esigenza di filtri si avverte
con particolare intensità nel settore della giustizia amministrativa.
Qui, l’esperienza insegna che le
controversie insorgono e restano cristallizzate, formando arretrato, anche
nei casi in cui sarebbe possibile da parte dell’amministrazione un
diverso apprezzamento dell’interesse pubblico che tenga conto del punto
di vista fatto valere dal ricorrente.
L’insorgenza precoce di questo tipo
di controversie dipende dal fatto che dinanzi al giudice amministrativo il
ricorso giurisdizionale, di regola, è soggetto ad un breve termine di
decadenza e che gli interessati, quindi, non dispongono di tempi adeguati
per negoziare un riesame stragiudiziale.
La cristallizzazione dipende spesso da
immobilismo burocratico delle amministrazioni, che non procedono ad un
riesame dei provvedimenti impugnati se non a udienza di discussione al Tar
già fissata, con la conseguenza abnorme che allo scopo di perfezionare la
composizione della controversia le parti chiedono rinvii dell’udienza di
trattazione anche in procedimenti di data molto remota.
In qualche caso, in situazioni in cui
era necessaria una composizione di interessi che la decisione della
controversia non era in grado di realizzare, il Tar ha dovuto emanare
ordinanze istruttorie con cui ha ordinato all’amministrazione di
convocare una conferenza di servizi con la partecipazione dei soggetti
interessati in vista di un riesame del provvedimento impugnato.
Vero è che a partire dagli anni ’90
il legislatore ha introdotto qualche istituto di deflazione del carico
giurisdizionale.
Concernono la giustizia amministrativa
le procedure di conciliazione e arbitrato presso le Autorità per i
servizi di pubblica utilità per le controversie tra gestori del servizio
e utenti (art. 2, comma 20, lett. e) l. n. 481/95); le procedure, presso
l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, di soluzione delle
controversie in tema di interconnessione e di accesso alle infrastrutture
di telecomunicazione (art. 1, comma 6, lett. e) l n. 249/97); le procedure
di conciliazione presso le Camere di commercio in tema di diritti dei
consumatori promosse dalle associazioni dei consumatori ed utenti (art. 3,
comma 2, l. n. 281 del 1998).
Ma si tratta, come ognuno può vedere,
di interventi settoriali di ambito circoscritto, di cui non consta un
esito significativo.
Non c’è, invece, nessun intervento
organico, come sarebbe l’introduzione di una condizione di procedibilità,
quale il tentativo obbligatorio di conciliazione dinanzi ai collegi di
conciliazione nelle controversie di lavoro pubblico (art. 65 d. lgs. n.
165/01), ma che fosse strutturata in modo da garantirne l’efficacia.
3. Questo è il contesto in cui
operano i giudici amministrativi e quindi il Tribunale amministrativo per
il Veneto.
Esso dispone attualmente di un
organico di 15 magistrati divisi in tre sezioni e di 26 unità di
personale amministrativo.
Per quasi tutto l’anno 2002 ha
funzionato con 14 magistrati, essendo stato coperto soltanto in chiusura
d’anno il posto resosi vacante all’inizio.
All’attività giurisdizionale hanno
concorso efficacemente i due strumenti acceleratori dell’art. 9 della
legge 205.
Primo: la perenzione dei ricorsi
ultradecennali dichiarata con decreto presidenziale reclamabile, nel caso
in cui la parte non presenti nuova istanza di fissazione di udienza:
strumento, questo, non nuovo nell’esperienza giuridica, di riduzione del
carico arretrato mediante verifica della persistenza dell’interesse al
ricorso, ma attuato mediante atto personalissimo per il quale non è
sufficiente la sottoscrizione del difensore, ma è richiesta quella della
parte.
Strumento di razionalizzazione
dell’esistente, questo, di carattere congiunturale - a volte
dall’amaro sapore, quando le carte processuali lasciano intuire che
l’abnorme decorso del tempo ha reso inutile la decisione per il
ricorrente senza risolvere la questione controversa – ma inidoneo a
incidere strutturalmente sull’efficienza del processo.
Con decreto monocratico reclamabile al
collegio possono essere altresì dichiarate le altre cause di estinzione
del giudizio.
Secondo: la definizione del giudizio
con sentenza in forma semplificata, nei casi di manifesta fondatezza
ovvero di manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o
infondatezza del ricorso.
Disposizione innovativa,
quest’ultima, non tanto se applicata alla fase di merito, giacchè le
norme vigenti già segnalavano - a chi ne conservasse memoria - una
succinta motivazione delle sentenze, quanto piuttosto se applicata alla
fase cautelare, in quanto dà luogo ad un rito abbreviato, caratterizzato
dal trapasso immediato, sentite sul punto le parti, dalla fase cautelare
alla fase di merito, con pronuncia immediata della sentenza definitiva.
Presso il Tar vige la prassi, di cui
meniamo vanto, di esaminare le domande cautelari nella prima camera di
consiglio utile, dunque entro quindici giorni dal deposito del ricorso.
Qualora venga applicato il rito
abbreviato, le parti ottengono la sentenza di merito di regola entro venti
giorni dal deposito del ricorso, del che, credo, possono restare
soddisfatte.
Peraltro, in presenza di un pesante
carico arretrato il ricorso al rito abbreviato in sede cautelare va
strettamente limitato ai casi in cui ne ricorrono i presupposti, per
evitare sperequazioni nei confronti dei procedimenti pendenti che non
hanno potuto giovarsi di questo rito e abusi dello strumento cautelare.
In quest’ultimo caso,
l’accertamento della mancanza del requisito del periculum in mora assorbe
ogni altra questione, quindi anche l’esame del fumus boni juris,
così precludendo l’eventuale trasformazione del rito cautelare in rito
abbreviato.
4. Nell’anno 2002 sono sopravvenuti
2844 procedimenti e ne sono stati definiti 7053.
Sono stati pronunciati 6801
provvedimenti decisori, con un incremento complessivo rispetto all’anno
precedente del 51,94%: 2576 sentenze, con un incremento del 22,14%, di cui
957 in forma semplificata e 1619 ordinarie, e 4225 decreti decisori.
Sono state pronunciate 816 ordinanze
cautelari collegiali, oltre a 127 ordinanze istruttorie, 192 ordinanze
presidenziali e 6 decreti ingiuntivi.
L’inversione di tendenza già
manifestatasi per la prima volta nel 2001 circa il numero dei procedimenti
pendenti è stata confermata.
Nel 2001 questo numero era diminuito
da 35.733 a 34.064, nel 2002 è ulteriormente diminuito a 29.855, con un
decremento del 12,36%.
Non elogio in questa sede, che non
deve essere autocelebrativa, i magistrati e il personale amministrativo
del Tar: ma credo che i dati statistici siano sufficientemente eloquenti.
Come sempre, la maggior parte dei
procedimenti sopravvenuti si riferisce alla materia: edilizia-urbanistica,
con il 35,62%.
Trasferita al giudice ordinario la
giurisdizione in materia di pubblico impiego contrattualizzato, la materia
che segue per numero di procedimenti è quella della pubblica sicurezza,
relativa principalmente al soggiorno dei cittadini extracomunitari, unita
a leva e tributi, con il 13,71%.
Seguono attività della P.A.-gestione
servizi, ove sono compresi gli affidamenti di appalti pubblici di lavori,
forniture e servizi, con l’11,71%, industria-commercio-artigianato,
pubblico impiego, lavori pubblici.
Le situazioni di conflitto sociale che
sono alla base del contenzioso sono note: il modo con cui vengono
esercitati il potere di pianificazione urbanistica, generale e attuativa e
il potere di vigilanza urbanistico-edilizia; l’eterno conflitto tra
criteri di determinazione dell’indennizzo per le espropriazioni per
pubblico interesse e aspettative dei proprietari ad ottenere un
risarcimento pieno; la gestione del soggiorno dei cittadini
extracomunitari; il conflitto tra realizzazione delle opere pubbliche,
svolgimento dei servizi pubblici e interesse dei cittadini alla salute,
all’ambiente, al paesaggio; il rapporto tra tutela della concorrenza e
compagine delle società miste deputate allo svolgimento dei servizi
pubblici locali o procedimenti di affidamento di lavori, forniture e
servizi e quant’altro.
L’estensione del modulo del
procedimento ad evidenza pubblica a nuovi segmenti di attività
amministrativa – tali l’affidamento degli incarichi di progettazione
"esterna" delle opere pubbliche e la scelta del socio privato
nelle società miste deputate allo svolgimento dei servizi pubblici locali
– ha comportato un immediato incremento della conflittualità.
Soltanto pochi rilievi.
Primo: la riluttanza
dell’amministrazione ad attuare, a distanza di oltre dieci anni dalla
legge sul procedimento amministrativo, istituti di garanzia, come la
comunicazione di avvio del procedimento, e di trasparenza, come
l’accesso ai documenti amministrativi.
Nel primo caso, la frequente omissione
della comunicazione di avvio del procedimento, oltre a ledere - in qualche
caso in maniera sostanziale - la facoltà di partecipazione
dell’interessato al procedimento amministrativo, rende il provvedimento
un agevole bersaglio per i tiratori scelti dell’agguerrito foro locale.
Nel secondo caso, l’amministrazione
dà a volte all’osservatore la sensazione di non aver inteso che il
rifiuto dell’accesso ai documenti amministrativi non è oggetto di un
potere discrezionale, esercitabile, se del caso, in pregiudizio degli
importuni al fine di intralciarne la tutela giurisdizionale, ma è un
comportamento consentito soltanto nei casi tassativamente previsti dalla
normazione, a tutela di esigenze di riservatezza su alcune delle quali -
quelle dei terzi - prevale comunque lo scopo del richiedente di curare o
difendere propri interessi giuridici.
Secondo: il disagio e le disfunzioni
dell’amministrazione quando deve esperire procedimenti, come quello
disciplinare, di carattere paragiurisdizionale e scanditi, in base a leggi
recenti, da termini posti a garanzia del diritto di difesa.
Una sanzione disciplinare ad un
dipendente potrà essere anche sacrosanta nel merito, ma se nel corso del
procedimento è stata violata una norma a garanzia del diritto di difesa
il provvedimento disciplinare non potrà che essere dichiarato
illegittimo, quale che sia il grado di riprovazione sociale
dell’addebito: del che, non potrà poi farsi carico al giudice, come ben
sanno anche gli organi di informazione.
Terzo: in sede di controllo
sull’attuazione del principio di proporzionalità dell’attività
amministrativa e del parametro di adeguatezza, che consiste nel non
provocare agli interessi incisi un sacrificio superiore a quello minimo
necessario, si è riscontrato che atti di pianificazione urbanistica o di
approvazione di progetti di opere pubbliche sono stati formati - in più
di un caso- senza un’adeguata istruttoria circa la situazione attuale
dei luoghi, con la conseguenza che per effetto della localizzazione del
tracciato di una strada o di una linea ferroviaria i proprietari
espropriati sono stati assoggettati non alla sola ablazione del bene
necessario per la realizzazione dell’opera pubblica, ma anche a
drastiche e non ineluttabili limitazioni funzionali al godimento
dell’abitazione o di un fondo o all’esercizio di un’impresa.
Quarto: dall’esame delle tabelle
statistiche allegate a questa relazione e relative al periodo 1988/2002,
si desume che la percentuale media delle sentenze di accoglimento è del
29,75% ed è compresa in una forbice che va dal 23,81% dell’anno 1993 al
40,11% dell’anno 2001.
Ciò smentisce, quanto meno per il
nostro Tar, l’idea ricevuta di tribunali amministrativi regionali
eccessivamente severi con le amministrazioni, dal momento che viene
accolto mediamente meno di un terzo dei ricorsi.
E’ bene che ciò sia tenuto a mente
anche da coloro – e la cosa accade non infrequentemente –che
propongono, al solo scopo di tentare la sorte, ricorsi temerari, fondati
su motivi privi di un minimo di plausibilità, con l’obbiettivo
risultato di impegnare energie del collegio che potrebbero essere più
utilmente impiegate per l’esame di altri procedimenti.
5. Il controllo di legalità che il
Tar svolge ha riguardato vicende che sono al centro della vita
amministrativa e sociale della regione e in particolare:
Progetti di opere pubbliche di
primaria importanza o relative gare di appalto, quali:
il progetto di regolazione dei flussi
di marea alle bocche di porto della laguna di Venezia, presentato dal
Magistrato alle acque di Venezia e sul quale era stato espresso giudizio
negativo di compatibilità ambientale;
il progetto di collegamento
dell’autostrada A28 con l’autostrada A27 Mestre-Belluno all’altezza
di Conegliano;
l’appalto-concorso per la
realizzazione della nuova sede dell’Accademia delle Belle Arti di
Venezia;
la gara di appalto per la
realizzazione del quarto ponte sul Canal Grande a Venezia ( ricorso
depositato il 20 settembre 2002, sentenza pubblicata il 5 ottobre 2002);
la procedura ristretta di affidamento
della direzione lavori e del coordinamento per la sicurezza in fase di
esecuzione relativi alla realizzazione della metrotranvia di superficie
del Comune di Verona.
Fatti di organizzazione di servizi
pubblici quali:
il trasferimento della sede del Casinò
di Venezia;
la designazione degli organi di
amministrazione e di revisione dell’Azienda Consorzio Trasporti
Veneziano s.p.a.;
la determinazione delle tariffe per la
frequenza degli asili nido comunali e delle condizioni del servizio di
refezione scolastica nelle scuole pubbliche materne, elementari e medie
inferiori del Comune di Padova;
il referendum per l’abrogazione
della legge regionale concernente "Interventi a favore delle famiglie
degli alunni delle scuole statali e paritarie".
Manifestazioni rievocative quale
la Regata storica, ove il rigetto del reclamo di un equipaggio è stato
dichiarato illegittimo per irregolare composizione della commissione
tecnica decidente.
Tutela della concorrenza:
il bando di gara per l’affidamento
del servizio di tesoreria di un comune, dichiarato illegittimo perchè
attribuiva peso determinante al numero di sportelli disponibili nel
territorio comunale da parte delle imprese bancarie offerenti e al
contempo escludeva dalla presentazione di offerte i raggruppamenti di
imprese;
il bando di gara per l’assegnazione
di aree di piani per l’edilizia economica e popolare che attribuiva un
punteggio differenziale alle cooperative edilizie aventi base regionale e
con programmi di edilizia convenzionata attuati in due diverse province,
dichiarato illegittimo perché favoriva cooperative organizzate secondo
criteri imprenditoriali e per finalità speculative.
Gestione del territorio:
norme di regolamento edilizio comunale
che vietavano l’installazione di stazioni radio base nelle zone
residenziali, dichiarate illegittime perché i comuni hanno soltanto
poteri di natura urbanistico-edilizia, mentre i poteri di natura sanitaria
spettano allo Stato e alla regione.
Tutela della salute e della
sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, ove si è segnalato che il
gestore di un supermercato deve attuare una organizzazione delle casse
tale da assicurare alle operatrici di cassa l’alternanza flessibile
delle posture;
Raccolta e smaltimento dei rifiuti
speciali, ove è stata sollevata questione di legittimità
costituzionale di una disposizione di legge regionale che vietava il
conferimento nelle discariche ubicate nel Veneto di rifiuti speciali
provenienti da fuori regione, salva una riserva pari al 15% della capacità
ricettiva residua alla data di entrata in vigore della legge, questione
poi ritenuta fondata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 505 del
2002;
Provvedimenti di polizia in tema di
fenomeni di violenza in occasione di competizioni sportive, ove è
stato segnalato che il provvedimento che impone il divieto di accesso ai
luoghi sportivi deve contenere una specifica e precisa individuazione
delle manifestazioni sportive e dei luoghi interdetti.
Accesso ai documenti amministrativi,
ove si segnalano due interessanti sentenze nelle quali il diritto
all’accesso:
è stato accertato, per mancanza di
interesse pubblico attuale e concreto alla riservatezza meritevole di
tutela, in relazione a verbale di visita ispettiva disposta dalla Banca
d’Italia nei confronti di ente creditizio non più esistente perché
incorporato in altro;
è stato negato in relazione
all’iscrizione nel registro degli indagati da parte di una Procura della
Repubblica di un soggetto denunciato, sul rilievo della inerenza
dell’atto al regime del processo.
In materia di risarcimento del
danno da lesione di interessi legittimi, innovazione di civiltà
giuridica conseguente al d. lgs. n. 80/98 ed al revirement delle
sezioni unite della Corte di cassazione di cui alla decisione n. 500 del
1999, si sono avute interessanti applicazioni di specie in tema:
di ritardo nell’attribuzione ad
un’area, ricondotta al regime di standard, della destinazione
edificatoria, indicandosi come criterio base del risarcimento del danno la
differenza tra il valore dell’area in regime di edificabilità piena e
quello dell’area in regime di standard rapportata al periodo di
tempo in riferimento;
di pretermissione di un’impresa da
una trattativa privata per l’acquisto di un’apparecchiatura sanitaria,
liquidandosi il danno, qualificato come perdita di chance, nell’utile
presunto d’impresa, pari al 10% del valore del bene, ridotto a metà;
di ordine di polizia di cessazione
dell’attività di raccolta di scommesse successivamente ritirato.
6. Il contenuto conformativo delle
sentenze del Tar è ricollegabile ad una duplice tipologia.
Da un lato, viene sindacato, sotto il
profilo dell’eccesso di potere, l’esercizio della discrezionalità
amministrativa.
Dall’altro, vengono interpretate le
norme amministrative applicabili nella causa, il che costituisce, in un
sistema, come quello amministrativo, non codificato e a produzione
giuridica alluvionale, un punto di riferimento tanto più sicuro quanto più
recente e priva di precedenti giurisprudenziali è la fonte normativa, sia
essa comunale, provinciale, regionale o statale.
Non è infrequente il caso di
amministrazioni che in giudizio, più che difendere a spada tratta la
legittimità dei loro atti, chiedono che il Tar fornisca la sua
interpretazione delle norme rilevanti, al fine di orientare la loro azione
amministrativa presente e futura.
In questa funzione di orientamento, va
segnalato il contributo, prezioso per completezza dei riferimenti
normativi e dogmatici e ricostruzione sistematica, degli avvocati del foro
locale, leali ausiliari del giudice pur nell’espletamento del ministero
difensivo.
Il contradditorio tra le parti viene
garantito in maniera sostanziale, anche invitando le parti a trattare le
questioni rilevate d’ufficio e le "terze tesi".
Le sentenze rendono esplicite le
modalità con cui le amministrazioni devono dare esecuzione al giudicato,
nei casi dubbi.
Tutti i provvedimenti giurisdizionali
del Tar (sentenze, ordinanze cautelari e non, decreti cautelari
provvisori, decreti decisori, dispositivi pronunciati nei procedimenti a
rito accelerato) vengono inseriti in tempo reale nel sito Internet della
giustizia amministrativa e messi a disposizione degli utenti.
7. Il Tar vive la fase di prima
attuazione del nuovo processo amministrativo conseguente alla legge 205.
Una buona legge, questa, se si
prescinde da taluni profili di tecnica legislativa che hanno suscitato i
malumori dei giuristi.
Ma qui si tratta non di correggere
allievi negligenti, ma di capire dove va il legislatore.
E qui il legislatore ha tenuto
presenti tre obbiettivi, che stanno dalla parte giusta, quella
dell’utente del servizio giustizia amministrativa.
Primo: la semplificazione.
Oltre a recepire orientamenti
giurisprudenziali evolutivi, la legge 205 ha disposto, nelle nuove materie
di giurisdizione amministrativa esclusiva – servizi pubblici,
urbanistica ed edilizia - una concentrazione processuale di proporzioni
nuove, che consente al ricorrente di far valere dinanzi al giudice
amministrativo, senza doversi sottoporre all’onere di un ulteriore
giudizio civile, interessi legittimi e diritti soggettivi, ivi compreso
quello al risarcimento del danno, la cui cognizione - essa sì - è la
vera grande novità per la giurisdizione amministrativa.
Secondo: l’accelerazione.
Oltre alle decisioni in forma
semplificata, in particolari controversie, attinenti a comportamenti
significativi dell’amministrazione (silenzio-rifiuto) o a "materie
sensibili" (come gli affidamenti di appalti pubblici di lavori,
servizi e forniture e i provvedimenti espropriativi), sono stati istituiti
riti speciali che prevedono la definizione del procedimento in tempi
brevi, o incondizionatamente (come nel caso del silenzio-rifiuto) o nei
soli casi in cui la delibazione del ricorso conduca ad una prognosi
favorevole al suo accoglimento (come nel caso degli appalti pubblici, con
disposizione coloritamente definita salva-cantieri), disponendosi al
contempo presupposti di ammissibilità della tutela cautelare rinforzati,
e cioè estrema gravità ed urgenza.
In base a queste disposizioni -
rimodulazione di quelle del 1997 che le hanno introdotte - in materia di
appalti pubblici, se la causa non può essere definita in sede cautelare
con il rito abbreviato, il ricorso appare fondato e vi è pericolo nel
ritardo, la causa viene fissata direttamente per il merito alla prima
udienza successiva al termine di trenta giorni, in modo da sottrarre il
corso delle opere pubbliche da realizzare a lunghi periodi di incertezza.
Terzo: l’effettività della
giurisdizione.
A questo obbiettivo si può ascrivere,
tra l’altro, il potere di pieno accertamento del fatto, riconosciuto al
giudice amministrativo grazie al nuovo mezzo istruttorio della consulenza
tecnica, che ha liquidato il feticcio della insindacabilità della
discrezionalità tecnica.
Queste novità danno luogo ad un nuovo
processo, più moderno e dinamico, ma anche più impegnativo, di cui il
giudice amministrativo, disponendo di ampliati poteri di impulso e di
cognizione, può divenire il dominus.
I magistrati e il personale
amministrativo del Tar vivono questa fase riformatrice, che tra l’altro
vede per la prima volta diminuire il numero delle controversie pendenti,
con forte senso di appartenenza, sentendosi responsabilmente elementi
attivi di un progetto complessivo e di un laboratorio istituzionale a
servizio del cittadino.
8. Ciò detto, non si può tacere che,
nonostante i risultati conseguiti, le proporzioni del carico pendente sono
tali da non poter essere fronteggiate con le risorse umane attuali.
L’imperativo di assicurare una
durata ragionevole del processo è vanificato da una massa di circa
trentamila procedimenti arretrati.
La disposizione sulla perenzione dei
ricorsi ultradecennali rappresenta, di per sé, la confessione di uno
stato di fatto di abnorme difformità dai precetti costituzionali.
La coperta dei riti abbreviati,
distesa sugli interessi differenziati, lascia scoperti i procedimenti dei
soggetti non garantiti.
Anche tenendo conto dell’arretrato
apparente, costituito dai procedimenti pendenti cui i ricorrenti non hanno
più interesse, non potremo farcela mai, con le nostre sole forze, a
eliminare il carico arretrato e a fronteggiare i nuovi procedimenti.
Sono necessari interventi legislativi,
che rechino misure organizzative straordinarie per i procedimenti
pendenti, aumenti di organico e mezzi di risoluzione non giurisdizionale
delle controversie per la microconflittualità.
Chiedere interventi organici per la
giustizia è stato sempre, invero, un vano esercizio.
Ma la situazione attuale è singolare.
Con la legge n. 89 del 2001 – la
c.d. legge Pinto - il legislatore ha previsto un’equa riparazione per i
casi di violazione del termine ragionevole di durata del processo,
istituendo un rimedio interno per le violazioni dell’art. 6 della
Convenzione dei diritti dell’uomo e così ridistribuendo tra le Corti
d’appello nazionali la massa dei ricorsi che avevano intasato la Corte
europea dei diritti dell’uomo.
Logica vorrebbe che a questo
intervento fossero seguite misure organiche atte a rimuovere le cause di
quella durata non ragionevole.
Invece, nulla di ciò.
Anzi, un decreto-legge - il n. 179 del
2001 - che istituiva presso la giurisdizione amministrativa sezioni
stralcio e disponeva un aumento di organico - non è stato convertito in
legge, senza essere seguito, a tutt’oggi, da altre misure.
Del che il legislatore dovrebbe
preoccuparsi per una questione di immagine, perché tale inerzia potrebbe
lasciar credere che non si intende mettere mano alle cause del fenomeno,
ma che ci si accontenta di lavare in casa i panni sporchi delle violazioni
alla durata non ragionevole del processo, monetizzandole con la legge
Pinto.
Inoltre, il successivo decreto
legislativo n. 190 del 2002, emanato in attuazione della legge di delega
n. 443 del 2001 – la c.d. legge obbiettivo – in materia di
infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici, va bel al di là
dell’accelerazione già prevista dalla disposizione salva-cantieri, in
quanto al tempo stesso aggrava ulteriormente i presupposti di ammissibilità
della tutela cautelare confinandola in ambiti angusti e prevede, in
asserita applicazione del diritto comunitario, che l’annullamento
dell’aggiudicazione non determina la risoluzione del contratto
eventualmente già stipulato, ma soltanto il risarcimento per equivalente:
donde non è difficile immaginare vertiginose fughe in avanti verso le
stipulazioni.
Sembra dunque che l’interesse del
legislatore si vada appuntando piuttosto su una categoria di controversie
- quelle attinenti alle materie sensibili – nelle quali la tutela
costitutiva del giudice amministrativo viene affievolita, che non sul
problema generale della giustizia amministrativa.
Altrimenti detto, più che la tutela della
giustizia amministrativa sembra che in tal modo si voglia realizzare
la tutela dalla giustizia amministrativa.
Noi continueremo a fare il nostro dovere, confidando, come personaggi di qualche commedia di Cechov, almeno nella felicità delle generazioni future. |
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