Affidamento condiviso dei figli minori e distanza geografica dei genitori

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A volte può accadere che dopo la separazione o il divorzio gli ex coniugi decidano di abitare in città diverse.

Quando ci sono dei figli minori la situazione diventa più complicata, perché a loro deve essere garantito il “diritto alla bigenitorialità”, vale a dire, la sicurezza di mantenere un legame solido sia con il padre sia con la madre.

Il diritto prevederà un calendario di incontri periodici tra i bambini e il genitore “non collocatario” , che non convive con i figli, e lo stesso deve essere stabilito con l’accordo dei genitori oppure dal tribunale.

In relazione all’affidamento dei figli, con un’ordinanza recente (Cass. ord. n. 19323/20) la Suprema Corte di Cassazione  ha ancora una volta chiarito in che modo conciliare le esigenze dei minori di avere una vita tranquilla, permettendogli di vedere anche il genitore non collocatario che risiede a distanza di diversi chilometri.

In questa sede scriveremo in relazione alla questione.

In che cosa consiste l’affidamento condiviso

L’affidamento condiviso, in base al dettato della relativa legge,  prevede che durante il procedimento di separazione o di divorzio della coppia, l’affidamento dei figli spetta ad entrambi i  genitori.

 

Nell’affidamento condiviso è prevista cooperazione da parte di entrambi i genitori per le attenzioni e le responsabilità primarie della prole.

 

Un’altra differenza tra i due istituti sta nel fatto che con l’affidamento condiviso, in caso di contrasti tra i genitori, anziché ricorrere all’affidamento esclusivo, si ha la possibilità di suddividere in parti uguali le responsabilità e la durata della presenza del figlio presso i singoli coniugi, determinando una strada più facile da percorrere.

 

L’affidamento condiviso, oltre ad essere la regola, è quello più  voluto e consigliato sia dal legislatore sia dai giudici che sono chiamati a rispondere sui procedimenti di separazione o divorzio, perché può risultare meno pesante da sopportare da parte del minore.

 

La collocazione del figlio e il suo affidamento

Quando si parla di affidamento del figlio minore s’intende l’attribuzione del potere/dovere dei genitori a prendere le decisioni più importanti per la vita, la crescita, l’educazione e l’istruzione del giovane.

 

Ad esempio, la scelta della scuola, l’autorizzazione per i viaggi all’estero.

 

L’affidamento di solito è congiunto, mentre quello condiviso, attribuito a un genitore, scatta esclusivamente nei casi di grave impedimento che può derivare dall’incapacità di uno dei genitori o dalla sua pericolosità per il minore.

 

Il concetto di collocazione è diverso rispetto al concetto di affidamento.

La collocazione indica esclusivamente il luogo, meglio identificata come la residenza, nella quale il figlio stabilirà la sua dimora abituale.

Come noto, di solito, la residenza è quella della madre.

 

 

La collocazione deve però essere conciliata con il diritto dell’altro genitore di vedere in modo periodico i figli secondo un calendario che può essere concordato di volta in volta dai genitori, oppure, se gli stessi non sono d’accordo, deve essere prefissato dal giudice della separazione o del divorzio.

 

Il diritto di visita e la distanza geografica dei genitori

Spesso ci si chiede in che modo si concilia il diritto di visita del genitore non collocatario con l’eventuale distanza geografica rispetto all’abitazione dell’ex coniuge.

 

Secondo la  Suprema Corte di Cassazione, se è vero che, se non esistono serie ragioni ostative, la condivisione deve comportare una uguale frequentazione dei genitori, allo stesso modo è vero che, se la distanza che esiste tra i luoghi dove abitano i genitori imponga al minore di sopportare tempi e sacrifici di viaggio che potrebbero comprometterne gli studi, il riposo e la vita di relazione, il giudice può individuare nella frequentazione un assetto lontano da questo principio, allo scopo di assicurare al bambino la situazione più adatta al suo benessere e alla sua crescita, che dovrebbe essere armoniosa e serena.

 

La distanza è un elemento che deve essere preso in considerazione dal giudice quando definisce il calendario degli incontri, per non ricadere sul figlio, costringendolo a continui e stancanti viaggi.

 

I Giudici della legittimità, avendo come punto fermo il principio della bigenitorialità, vale a dire la presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, vogliono ribadire che, in tema di affidamento dei figli minori, il giudizio che il giudice, nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve compiere in relazione alle capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella situazione determinata dal finire dell’unione, va formulato tenendo conto del modo nel quale i genitori hanno svolto in passato il loro ruolo, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione, della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare che può offrire.

 

L’affidamento condiviso, che quando si disgrega l’unità familiare,

rappresenta la scelta preferenziale, deve a garantire al minore un rapporto continuativo ed equilibrato con ognuno dei genitori.

Se tra i coniugi esiste un contrasto, lo stesso non preclude il ricorso a questa forma di affidamento, se si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole, mentre giustifica l’affidamento esclusivo se si esprima in forme che mettano in pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psichico e fisico dei minori.

 

In passato, secondo la stessa Cassazione (Cass. sent. n. 3652/20) in tema di affidamento condiviso del minore, la regolamentazione dei rapporti con il genitore non convivente non può avvenire rispettando una determinata simmetria e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza con entrambi i genitori, ma deve essere il risultato di una valutazione del giudice del merito che, avendo presente l’esigenza di garantire al minore la situazione più adatta al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena, deve anche considerare il suo diritto a una significativa e piena relazione con entrambi i genitori e il diritto degli stessi a una piena realizzazione della loro relazione con i figli, in modo da esplicare il loro ruolo di educatori.

Nell’interesse del minore e in presenza di seri motivi, il giudice può individuare un assetto nella frequentazione che assicuri al bambino la situazione più adatta al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena.

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