Riformato l’ordinamento penitenziario: vediamo come

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E’ stato pubblicato il 26 ottobre del 2018 sulla G.U. il decreto legislativo, 2 ottobre 2018, n. 123 con cui è stato riformato l’ordinamento penitenziario, in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 82, 83 e 85, lettere a), d), i), l), m), o), r), t) e u), della legge 23 giugno 2017, n. 103.

Ebbene, vediamo le modifiche apportate da questa normativa.

L’art. 1, intitolato “Modifiche alle norme sull’ordinamento penitenziario in tema di assistenza sanitaria”, emenda questa parte dell’ordinamento penitenziario nei seguenti termini: “1. L’articolo 11 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e’ sostituito dal seguente: «Art. 11 (Servizio sanitario). – 1. Il servizio sanitario nazionale opera negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni nel rispetto della disciplina sul riordino della medicina penitenziaria. 2. Garantisce a ogni istituto un servizio sanitario rispondente alle esigenze profilattiche e di cura della salute dei detenuti e degli internati. 3. La carta dei servizi sanitari di cui al decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230, per i detenuti e gli internati[1], adottata da ogni azienda sanitaria locale nel cui ambito e’ ubicato un istituto penitenziario, e’ messa a disposizione dei detenuti e degli internati con idonei mezzi di pubblicita’. 4. Ove siano necessarie cure o accertamenti sanitari che non possono essere apprestati dai servizi sanitari presso gli istituti, gli imputati sono trasferiti in strutture sanitarie esterne di diagnosi o di cura, con provvedimento del giudice che procede. Se il giudice e’ in composizione collegiale, il provvedimento e’ adottato dal presidente. Prima dell’esercizio dell’azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari; provvede il pubblico ministero in caso di giudizio direttissimo e fino alla presentazione dell’imputato in udienza per la contestuale convalida dell’arresto in flagranza. Se e’ proposto ricorso per cassazione, provvede il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. Per i condannati e gli internati provvede il magistrato di sorveglianza. Il provvedimento puo’ essere modificato per sopravvenute ragioni di sicurezza ed e’ revocato appena vengono meno le ragioni che lo hanno determinato. 5. Quando non vi sia pericolo di fuga, i detenuti e gli internati trasferiti in strutture sanitarie esterne di diagnosi e di cura possono non essere sottoposti a piantonamento durante la degenza, salvo che sia necessario per la tutela della incolumita’ personale loro o altrui. 6. Il detenuto o l’internato che si allontana dal luogo di diagnosi o di cura senza giustificato motivo e’ punibile a norma del primo comma dell’articolo 385 del codice penale[2]. 7. All’atto dell’ingresso nell’istituto il detenuto e l’internato sono sottoposti a visita medica generale e ricevono dal medico informazioni complete sul proprio stato di salute. Nella cartella clinica il medico annota immediatamente ogni informazione relativa a segni o indici che facciano apparire che la persona possa aver subito violenze o maltrattamenti e, fermo l’obbligo di referto, ne da’ comunicazione al direttore dell’istituto e al magistrato di sorveglianza. I detenuti e gli internati hanno diritto altresi’ di ricevere informazioni complete sul proprio stato di salute durante il periodo di detenzione e all’atto della rimessione in liberta’. Durante la permanenza nell’istituto, l’assistenza sanitaria e’ prestata con periodici riscontri, effettuati con cadenza allineata ai bisogni di salute del detenuto, e si uniforma ai principi di metodo proattivo, di globalita’ dell’intervento sulle cause di pregiudizio della salute, di unitarieta’ dei servizi e delle prestazioni, d’integrazione dell’assistenza sociale e sanitaria e di garanzia della continuita’ terapeutica. 8. Il medico del servizio sanitario garantisce quotidianamente la visita dei detenuti ammalati e di quelli che ne fanno richiesta quando risulta necessaria in base a criteri di appropriatezza clinica. L’Amministrazione penitenziaria assicura il completo espletamento delle attivita’ sanitarie senza limiti orari che ne impediscono l’effettuazione. Il medico competente che effettua la sorveglianza sanitaria della struttura penitenziaria, secondo le disposizioni attuative del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81[3], controlla l’idoneita’ dei soggetti ai lavori cui sono addetti. In ogni istituto penitenziario per donne sono in funzione servizi speciali per l’assistenza sanitaria alle gestanti e alle puerpere. 9. Quando i detenuti e gli internati sono trasferiti e’ loro garantita la necessaria continuita’ con il piano terapeutico individuale in corso. 10. Ai detenuti e agli internati che, al momento della custodia cautelare in carcere o dell’esecuzione dell’ordine di carcerazione, abbiano in corso un programma terapeutico ai fini di cui alla legge 14 aprile 1982, n. 164[4], sono assicurati la prosecuzione del programma e il necessario supporto psicologico. 11. Nel caso di diagnosi anche sospetta di malattia contagiosa sono messi in atto tutti gli interventi di controllo per evitare insorgenza di casi secondari, compreso l’isolamento. Il direttore dell’istituto e’ immediatamente informato dell’isolamento e ne da’ comunicazione al magistrato di sorveglianza. 12. I detenuti e gli internati, possono richiedere di essere visitati a proprie spese da un esercente di una professione sanitaria di loro fiducia. L’autorizzazione per gli imputati e’ data dal giudice che procede, e per gli imputati dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, per i condannati e gli internati e’ data dal direttore dell’istituto. Con le medesime forme possono essere autorizzati trattamenti medici, chirurgici e terapeutici da effettuarsi a spese degli interessati da parte di sanitari e tecnici di fiducia nelle infermerie o nei reparti clinici e chirurgici all’interno degli istituti, previ accordi con l’azienda sanitaria competente e nel rispetto delle indicazioni organizzative fornite dalla stessa. 13. Il direttore generale dell’azienda unita’ sanitaria dispone la visita almeno due volte l’anno degli istituti di prevenzione e di pena, allo scopo di accertare, anche in base alle segnalazioni ricevute, l’adeguatezza delle misure di profilassi contro le malattie infettive e le condizioni igieniche e sanitarie degli istituti. 14. Il direttore generale dell’azienda unita’ sanitaria riferisce al Ministero della salute e al Ministero della giustizia sulle visite compiute e sui provvedimenti da adottare, informando altresi’ i competenti uffici regionali, comunali e il magistrato di sorveglianza.». 2. All’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230, dopo la parola: «efficaci» e’ inserita la seguente: «, tempestive». 3. All’articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, i commi 6 e 7 sono abrogati”.

Novità

Tal che detta disposizione legislativa presenta le seguenti peculiarità normative: a) rispetto alla previgente previsione dell’art. 11 della legge n. 354/1974 sono previste una serie di novità, anche nell’ottica di un ampliamento dei diritti riconosciuti ai detenuti e segnatamente: I) è sancito che il servizio sanitario nazionale opera negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni nel rispetto della disciplina sul riordino della medicina penitenziaria e garantisce a ogni istituto un servizio sanitario rispondente alle esigenze profilattiche e di cura della salute dei detenuti e degli internati; II) si prevede che la carta dei servizi sanitari di cui al decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230, per i detenuti e gli internati, adottata da ogni azienda sanitaria locale nel cui ambito e’ ubicato un istituto penitenziario, e’ messa a disposizione dei detenuti e degli internati con idonei mezzi di pubblicita’; III) è ora disposto che, ove siano necessarie cure o accertamenti sanitari che non possono essere apprestati dai servizi sanitari presso gli istituti, gli imputati sono trasferiti in strutture sanitarie esterne di diagnosi o di cura, non più, come previsto prima, nei seguenti termini: “dopo la pronunzia della sentenza di primo grado, dal magistrato di sorveglianza; prima della pronunzia della sentenza di primo grado, dal giudice istruttore, durante l’istruttoria formale; dal pubblico ministero, durante l’istruzione sommaria e, in caso di giudizio direttissimo, fino alla presentazione dell’imputato in udienza; dal presidente, durante gli atti preliminari al giudizio e nel corso del giudizio; dal pretore, nei procedimenti di sua competenza; dal presidente della corte di appello, nel corso degli atti preliminari al giudizio dinanzi la corte di assise, fino alla convocazione della corte stessa e dal presidente di essa successivamente alla convocazione”, ma con provvedimento del giudice che procede fermo restando che, se il giudice e’ in composizione collegiale, il provvedimento e’ adottato dal presidente mentre, prima dell’esercizio dell’azione penale, provvede il giudice per le indagini preliminari così come provvede il pubblico ministero in caso di giudizio direttissimo e fino alla presentazione dell’imputato in udienza per la contestuale convalida dell’arresto in flagranza; invece, se e’ proposto ricorso per cassazione, provvede il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato e, per i condannati e gli internati provvede il magistrato di sorveglianza; III) è ora disposto che il provvedimento di cui al punto II) puo’ essere modificato per sopravvenute ragioni di sicurezza ed e’ revocato appena vengono meno le ragioni che lo hanno determinato; IV) è ora enunciato che, quando non vi sia pericolo di fuga, i detenuti e gli internati trasferiti in strutture sanitarie esterne di diagnosi e di cura possono non essere sottoposti a piantonamento durante la degenza, salvo che sia necessario per la tutela della incolumita’ personale loro o altrui (mentre prima il riferimento era solo alla loro incolumità e non quella di altri); V) è ora espressamente contemplato che il detenuto o l’internato che si allontana dal luogo di diagnosi o di cura senza giustificato motivo e’ punibile a norma del primo comma dell’articolo 385 del codice penale; VI) è adesso espressamente riconosciuto che, all’atto dell’ingresso nell’istituto, il detenuto e l’internato sono sottoposti a visita medica generale e ricevono dal medico informazioni complete sul proprio stato di salute così come è al contempo previsto che nella cartella clinica il medico annota immediatamente ogni informazione relativa a segni o indici che facciano apparire che la persona possa aver subito violenze o maltrattamenti e, fermo l’obbligo di referto, ne da’ comunicazione al direttore dell’istituto e al magistrato di sorveglianza; VII) si riconosce ai detenuti e agli internati il diritto di ricevere informazioni complete sul proprio stato di salute durante il periodo di detenzione e all’atto della rimessione in liberta’ fermo restando che, durante la permanenza nell’istituto, l’assistenza sanitaria e’ prestata con periodici riscontri, effettuati con cadenza allineata ai bisogni di salute del detenuto, e si uniforma ai principi di metodo proattivo, di globalita’ dell’intervento sulle cause di pregiudizio della salute, di unitarieta’ dei servizi e delle prestazioni, d’integrazione dell’assistenza sociale e sanitaria e di garanzia della continuita’ terapeutica; VIII) è ora stabilito che il medico del servizio sanitario garantisce quotidianamente la visita dei detenuti ammalati e di quelli che ne fanno richiesta solo quando risulta necessaria in base a criteri di appropriatezza clinica prevedendo al contempo che costui deve effettuare la sorveglianza sanitaria della struttura penitenziaria, secondo le disposizioni attuative del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonché controlla l’idoneita’ dei soggetti ai lavori cui sono addetti; IX) è ora previsto che l’Amministrazione penitenziaria assicura il completo espletamento delle attivita’ sanitarie senza limiti orari che ne impediscono l’effettuazione così come rappresenta una novità normativa il fatto che ora è stabilito che in ogni istituto penitenziario per donne sono in funzione servizi speciali per l’assistenza sanitaria alle gestanti e alle puerpere; X) è adesso esplicitamente sancito, per un verso, che ai detenuti e agli internati trasferiti e’ garantita la necessaria continuita’ con il piano terapeutico individuale in corso, per altro verso, che agli detenuti e agli internati che, al momento della custodia cautelare in carcere o dell’esecuzione dell’ordine di carcerazione, abbiano in corso un programma terapeutico ai fini di cui alla legge 14 aprile 1982, n. 164, sono assicurati la prosecuzione del programma e il necessario supporto psicologico; XI) nel caso di diagnosi anche sospetta di malattia contagiosa sono messi in atto tutti gli interventi di controllo per evitare insorgenza di casi secondari, compreso l’isolamento (ma non solo, come previsto prima) e il direttore dell’istituto deve essere adesso immediatamente informato dell’isolamento e ne da’ comunicazione al magistrato di sorveglianza; XII) nel caso in cui i detenuti e gli internati chiedano di essere visitati a proprie spese da un esercente di una professione sanitaria di loro fiducia, nel caso di condannati e gli internati, l’autorizzazione e’ ora data dal direttore dell’istituto fermo restando che adesso si precisa che medesime forme di autorizzazioni possono essere rilasciate in ordine a trattamenti medici, chirurgici e terapeutici da effettuarsi a spese degli interessati da parte di sanitari e tecnici di fiducia nelle infermerie o nei reparti clinici e chirurgici all’interno degli istituti, previ accordi con l’azienda sanitaria competente e nel rispetto delle indicazioni organizzative fornite dalla stessa; XIII) è ora stabilito che spetta al direttore generale dell’azienda unita’ sanitaria (e non più al medico provinciale) disporre la visita almeno due volte l’anno degli istituti di prevenzione e di pena, allo scopo di accertare, anche in base alle segnalazioni ricevute, l’adeguatezza delle misure di profilassi contro le malattie infettive e le condizioni igieniche e sanitarie degli istituti così come sempre il direttore generale dell’azienda unita’ sanitaria (e non più al medico provinciale) riferisce al Ministero della salute e al Ministero della giustizia sulle visite compiute e sui provvedimenti da adottare, informando altresi’ i competenti uffici regionali, comunali e il magistrato di sorveglianza; b) è ora previsto che i detenuti e gli internati hanno diritto, al pari dei cittadini in stato di libertà, alla erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, non solo efficaci e appropriate ma anche tempestive; c) non sono più in vigore il comma sesto (“L’autorizzazione per le visite a proprie spese di un sanitario di fiducia per gli imputati dopo la pronuncia della sentenza di primo grado e per i condannati e gli internati è data dal direttore”) e il comma settimo (“Con le medesime forme previste per la visita a proprie spese possono essere autorizzati trattamenti medici, chirurgici e terapeutici da effettuarsi a spese degli interessati da parte di sanitari e tecnici di fiducia nelle infermerie o nei reparti clinici e chirurgici negli istituti”) dell’art. 17 del d.P.R., 30/06/2000, n. 230, e ciò per evidenti esigenze di coordinamento rispetto al novellato art. 11 della legge n. 354/1975.

L’art. 2, dal canto suo, ha abrogato l’art. 240 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 e dunque non è più in vigore questa disposizione legislativa che così stabiliva: “1. Il provvedimento previsto dall’articolo 11, comma 2, della legge 26 luglio 1975, n. 354 è adottato con ordinanza dal giudice che procede. Prima dell’esercizio dell’azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari. Dopo la pronuncia della sentenza di primo grado provvede il magistrato di sorveglianza. 2. Il provvedimento è revocato appena sono cessate le ragioni che lo hanno determinato e può essere modificato per garantire le esigenze di sicurezza che siano sopravvenute. La competenza per la revoca e per la modifica è determinata a norma del comma 1”.

L’art. 3, invece, apporta una serie di modifiche, per quel che riguarda le norme sull’ordinamento penitenziario in tema di semplificazione delle procedure, così statuendo: “1. Alla legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 18-ter, comma 3, le lettere a) e b) sono sostitute dalle seguenti: «a) nei confronti dei condannati e degli internati, dal magistrato di sorveglianza; b) nei confronti degli imputati, dal giudice indicato nell’articolo 279 del codice di procedura penale; se procede un giudice in composizione collegiale, il provvedimento e’ adottato dal presidente del collegio o della corte di assise.»; b) all’articolo 30, primo comma, il secondo e il terzo periodo sono sostituiti dal seguente: «Agli imputati il permesso e’ concesso dall’autorita’ giudiziaria competente a disporre il trasferimento in luoghi esterni di cura ai sensi dell’articolo 11.»; c) all’articolo 35-bis, comma 1, secondo periodo, le parole: «e ne fa dare avviso anche all’amministrazione interessata, che ha diritto di comparire ovvero di trasmettere osservazioni e richieste» sono sostituite dalle seguenti: «e ne fa dare avviso, oltre che al soggetto che ha proposto reclamo, anche all’amministrazione interessata, a cui e’ comunicato contestualmente il reclamo, e che puo’ comparire con un proprio dipendente ovvero trasmettere osservazioni e richieste»; d) all’articolo 69-bis il comma 5 e’ abrogato”.

Tal che, per effetto di questo precetto normativo: a) se prima era stabilito che il permesso rilasciato per visitare il familiare o il convivente che si trovava in imminente pericolo di vita poteva avvenire durante il procedimento di primo grado, dalle medesime autorità giudiziarie, competenti ai sensi del secondo comma dell’articolo 11 a disporre il trasferimento in luoghi esterni di cura degli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado fermo restando che, durante il procedimento di appello, provvedeva il presidente del collegio e, nel corso di quello di cassazione, il presidente dell’ufficio giudiziario presso il quale si svolgeva il procedimento di appello, adesso provvede semplicemente l’autorita’ giudiziaria competente a disporre il trasferimento in luoghi esterni di cura ai sensi dell’articolo 11 (già visto prima); b) l’avviso del procedimento relativo al reclamo di cui all’articolo 69, comma 6 – che a sua volta si svolge ai sensi degli articoli 666 e 678 del codice di procedura penale, salvi i casi di manifesta inammissibilita’ della richiesta a norma dell’ articolo 666, comma 2, del codice di procedura penale – viene fatto ora anche che al soggetto che ha proposto reclamo mentre si prevede che all’amministrazione interessata si debba comunicare contestualmente il reclamo riconoscendosi al contempo che costei che puo’ comparire con un proprio dipendente nonchè trasmettere osservazioni e richieste; c) non è più stabilito che il tribunale di sorveglianza, ove nel corso dei procedimenti previsti dall’articolo 70, comma 1, sia stata presentata istanza per la concessione della liberazione anticipata, può trasmetterla al magistrato di sorveglianza.

Oltre a queste emende, altre sono state le modifiche apportate al codice di procedura penale sempre per motivi di semplificazione.

L’art. 4 dispone a questo riguardo che al “codice di procedura penale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 656, al comma 6 il periodo: «Il tribunale di sorveglianza decide entro quarantacinque giorni dal ricevimento dell’istanza.» e’ sostituito dal seguente: «Il tribunale di sorveglianza decide non prima del trentesimo e non oltre il quarantacinquesimo giorno dalla ricezione della richiesta.»; b) all’articolo 678: 1) il comma 1 e’ sostituito dal seguente: «1. Il magistrato di sorveglianza, nelle materie attinenti alle misure di sicurezza e alla dichiarazione di abitualita’ o professionalita’ nel reato o di tendenza a delinquere, e il tribunale di sorveglianza, nelle materie di sua competenza, se non diversamente previsto, procedono, a richiesta del pubblico ministero, dell’interessato, del difensore o di ufficio, a norma dell’articolo 666. Quando vi e’ motivo di dubitare dell’identita’ fisica di una persona, procedono comunque a norma dell’articolo 667, comma 4.»; 2) il comma 1-bis e’ sostituito dal seguente: «1-bis. Il magistrato di sorveglianza, nelle materie attinenti alla rateizzazione e alla conversione delle pene pecuniarie, alla remissione del debito e alla esecuzione della semidetenzione e della liberta’ controllata, e il tribunale di sorveglianza, nelle materie relative alle richieste di riabilitazione, alla valutazione sull’esito dell’affidamento in prova, anche in casi particolari, alla dichiarazione di estinzione del reato conseguente alla liberazione condizionale e al differimento dell’esecuzione della pena nei casi previsti dal primo comma, numeri 1) e 2), dell’articolo 146 del codice penale, procedono a norma dell’articolo 667, comma 4.»; 3) dopo il comma 1-bis e’ inserito il seguente: «1-ter. Quando la pena da espiare non e’ superiore a un anno e sei mesi, per la decisione sulle istanze di cui all’articolo 656, comma 5, il presidente del tribunale di sorveglianza, acquisiti i documenti e le necessarie informazioni, designa il magistrato relatore e fissa un termine entro il quale questi, con ordinanza adottata senza formalita’, puo’ applicare in via provvisoria una delle misure menzionate nell’articolo 656, comma 5. L’ordinanza di applicazione provvisoria della misura e’ comunicata al pubblico ministero e notificata all’interessato e al difensore, i quali possono proporre opposizione al tribunale di sorveglianza entro il termine di dieci giorni. Il tribunale di sorveglianza, decorso il termine per l’opposizione, conferma senza formalita’ la decisione del magistrato. Quando non e’ stata emessa o confermata l’ordinanza provvisoria, o e’ stata proposta opposizione, il tribunale di sorveglianza procede a norma del comma 1. Durante il termine per l’opposizione e fino alla decisione sulla stessa, l’esecuzione dell’ordinanza e’ sospesa.»; 4) dopo il comma 3 sono inseriti i seguenti: «3.1. Quando ne fa richiesta l’interessato l’udienza si svolge in forma pubblica. Si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 471 e 472. 3.2. L’avviso di fissazione dell’udienza, notificato all’interessato, contiene, a pena di nullita’, l’avvertimento della facolta’ di parteciparvi personalmente. Se l’interessato detenuto o internato ne fa richiesta, il giudice dispone la traduzione. Si applicano in ogni caso le forme e le modalita’ di partecipazione a distanza nei procedimenti in camera di consiglio previste dalla legge. La partecipazione all’udienza avviene a distanza anche quando l’interessato, detenuto o internato, ne fa richiesta ovvero quando lo stesso e’ detenuto o internato in un luogo posto fuori dalla circoscrizione del giudice. Ove lo ritenga opportuno, il giudice dispone la traduzione dell’interessato.»”.

Pertanto, alla stregua di queste modifiche procedurali, si registrano le seguenti novità: a) se prima era previsto che, sull’istanza volta ad ottenere la concessione di una delle misure alternative alla detenzione di cui agli articoli 47, 47-ter e 50, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e di cui all’articolo 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, ovvero la sospensione dell’esecuzione della pena di cui all’articolo 90 dello stesso testo unico, il tribunale di sorveglianza decideva entro quarantacinque giorni dal ricevimento dell’istanza, adesso ciò accade non prima del trentesimo e non oltre il quarantacinquesimo giorno dalla ricezione della richiesta, b) se prima era disposto che il tribunale di sorveglianza nelle materie di sua competenza, e il magistrato di sorveglianza nelle materie attinenti alla rateizzazione e alla conversione delle pene pecuniarie, alla remissione del debito, ai ricoveri previsti dall’articolo 148 del codice penale, alle misure di sicurezza, alla esecuzione della semidetenzione e della libertà controllata e alla dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere, procedono, a richiesta del pubblico ministero, dell’interessato, del difensore o di ufficio, a norma dell’articolo 666, adesso è previsto che il magistrato di sorveglianza, nelle materie attinenti alle misure di sicurezza e alla dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere, e il tribunale di sorveglianza, nelle materie di sua competenza, se non diversamente previsto, procedono, a richiesta del pubblico ministero, dell’interessato, del difensore o di ufficio, a norma dell’articolo 666 c.p.p. così come se prima era disposto che tuttavia, quando vi è motivo di dubitare della identità fisica di una persona, procedono a norma dell’articolo 667, adesso detta evenienza viene regolata a norma si dell’art. 667 c.p.p., ma solo in relazione a quanto previsto dal comma quarto di questo articolo (“Il giudice dell’esecuzione provvede in ogni caso senza formalità con ordinanza comunicata al pubblico ministero e notificata all’interessato. Contro l’ordinanza possono proporre opposizione davanti allo stesso giudice il pubblico ministero, l’interessato e il difensore; in tal caso si procede a norma dell’articolo 666. L’opposizione è proposta, a pena di decadenza, entro quindici giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell’ordinanza ”); c) se prima era previsto che il “magistrato di sorveglianza, nelle materie attinenti alla rateizzazione e alla conversione delle pene pecuniarie, alla remissione del debito e alla esecuzione della semidetenzione e della libertà controllata, ed il tribunale di sorveglianza, nelle materie relative alle richieste di riabilitazione ed alla valutazione sull’esito dell’affidamento in prova al servizio sociale, anche in casi particolari, procedono a norma dell’articolo 667 comma 4”, adesso è disposto che il “magistrato di sorveglianza, nelle materie attinenti alla rateizzazione e alla conversione delle pene pecuniarie, alla remissione del debito e alla esecuzione della semidetenzione e della libertà controllata, e il tribunale di sorveglianza, nelle materie relative alle richieste di riabilitazione, alla valutazione sull’esito dell’affidamento in prova, anche in casi particolari, alla dichiarazione di estinzione del reato conseguente alla liberazione condizionale e al differimento dell’esecuzione della pena nei casi previsti dal primo comma, numeri 1) e 2), dell’articolo 146 del codice penale, procedono a norma dell’articolo 667, comma 4”, c.p.p.; d) è ora stabilito che, se la pena da espiare non e’ superiore a un anno e sei mesi, per la decisione sulle istanze di cui all’articolo 656, comma 5, il presidente del tribunale di sorveglianza, acquisiti i documenti e le necessarie informazioni, designa il magistrato relatore e fissa un termine entro il quale questi, con ordinanza adottata senza formalita’, puo’ applicare in via provvisoria una delle misure menzionate nell’articolo 656, comma 5 e l’ordinanza di applicazione provvisoria della misura e’ comunicata al pubblico ministero e notificata all’interessato e al difensore, i quali possono proporre opposizione al tribunale di sorveglianza entro il termine di dieci giorni; a sua volta il tribunale di sorveglianza, decorso il termine per l’opposizione, conferma senza formalita’ la decisione del magistrato e, quando non e’ stata emessa o confermata l’ordinanza provvisoria, o e’ stata proposta opposizione, il tribunale di sorveglianza procede a norma del comma 1 fermo restando che, durante il termine per l’opposizione e fino alla decisione sulla stessa, l’esecuzione dell’ordinanza e’ sospesa; e) sempre per quanto attiene la procedura prevista dall’art. 678 c.p.p., è ora stabilito che, quando ne fa richiesta l’interessato, l’udienza si svolge in forma pubblica e si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 471 e 472 c.p.p. prevedendosi al contempo che l’avviso di fissazione dell’udienza, notificato all’interessato, contiene, a pena di nullita’, l’avvertimento della facolta’ di parteciparvi personalmente e se l’interessato detenuto o internato ne fa richiesta, il giudice dispone la traduzione; oltre a ciò, è disposto che si applicano in ogni caso le forme e le modalita’ di partecipazione a distanza nei procedimenti in camera di consiglio previste dalla legge e la partecipazione all’udienza avviene a distanza anche quando l’interessato, detenuto o internato, ne fa richiesta ovvero quando lo stesso e’ detenuto o internato in un luogo posto fuori dalla circoscrizione del giudice fermo restando che, ove lo ritenga opportuno, il giudice dispone la traduzione dell’interessato.

L’art. 5 interviene per quel che riguarda il tema della sopravvenienza di nuovi titoli di privazione della liberta’ e di sospensione e revoca delle misure alternative statuendo nei seguenti termini: “a) all’articolo 51-bis il comma 1 e’ sostituito dal seguente: «1. Quando, durante l’esecuzione di una misura alternativa alla detenzione, sopravviene un titolo esecutivo di altra pena detentiva, il pubblico ministero competente ai sensi dell’articolo 655 del codice di procedura penale informa immediatamente il magistrato di sorveglianza formulando contestualmente le proprie richieste. Il magistrato di sorveglianza, tenuto conto del cumulo delle pene, se rileva che permangono le condizioni di applicabilita’ della misura in esecuzione, ne dispone con ordinanza la prosecuzione; in caso contrario, ne dispone la cessazione e ordina l’accompagnamento del condannato in istituto.»; b) l’articolo 51-ter e’ sostituito dal seguente: «Art. 51-ter (Sospensione cautelativa delle misure alternative). – 1. Se la persona sottoposta a misura alternativa pone in essere comportamenti suscettibili di determinarne la revoca, il magistrato di sorveglianza, nella cui giurisdizione la misura e’ in esecuzione, ne da’ immediata comunicazione al tribunale di sorveglianza affinche’ decida in ordine alla prosecuzione, sostituzione o revoca della misura. 2. Nell’ipotesi di cui al comma 1, il magistrato di sorveglianza puo’ disporre con decreto motivato la provvisoria sospensione della misura alternativa e ordinare l’accompagnamento in istituto del trasgressore. Il provvedimento di sospensione perde efficacia se la decisione del tribunale non interviene entro trenta giorni dalla ricezione degli atti.»”.

Tal che: a) se prima era previsto che il pubblico ministero informava immediatamente il magistrato di sorveglianza, formulando contestualmente le proprie richieste quando, durante l’attuazione dell’affidamento in prova al servizio sociale o della detenzione domiciliare o della detenzione domiciliare speciale o del regime di semiliberta’, sopravviene un titolo di esecuzione di altra pena detentiva, ciò ora avviene semplicemente quando questa circostanza si verifica durante l’esecuzione di una misura alternativa alla detenzione: b) se prima era stabilito che il magistrato di sorveglianza disponeva con ordinanza la prosecuzione della misura in corso se permangono le condizioni di cui al comma 1 dell’articolo 47 o ai commi 1 e 1-bis dell’articolo 47-ter o ai commi 1 e 2 dell’articolo 47-quinquies o ai primi tre commi dell’articolo 50, adesso è sufficiente che siffatta permanenza riguardi le condizioni di applicabilita’ della misura in esecuzione senza specificazione alcuna; c) se prima era previsto che, se l’affidato in prova al servizio sociale o l’ammesso al regime di semilibertà o di detenzione domiciliare o di detenzione domiciliare speciale poneva in essere comportamenti tali da determinare la revoca della misura, il magistrato di sorveglianza nella cui giurisdizione essa era in corso ne disponeva con decreto motivato la provvisoria sospensione, ordinando l’accompagnamento del trasgressore in istituto e che costui trasmetteva quindi immediatamente gli atti al tribunale di sorveglianza per le decisioni di competenza fermo restando che il provvedimento di sospensione del magistrato di sorveglianza cessava di avere efficacia se la decisione del tribunale di sorveglianza non interveniva entro trenta giorni dalla ricezione degli atti, è ora invece disposto che, se la persona sottoposta a misura alternativa pone in essere comportamenti suscettibili di determinarne la revoca, il magistrato di sorveglianza, nella cui giurisdizione la misura e’ in esecuzione, ne da’ immediata comunicazione al tribunale di sorveglianza affinche’ decida in ordine alla prosecuzione, sostituzione o revoca della misura; d) è adesso disposto che, nella situazione appena evidenziata, il magistrato di sorveglianza puo’ disporre con decreto motivato la provvisoria sospensione della misura alternativa e ordinare l’accompagnamento in istituto del trasgressore e il provvedimento di sospensione perde efficacia se la decisione del tribunale non interviene entro trenta giorni dalla ricezione degli atti.

L’art. 6, a sua volta, introduce delle modifiche per quel che attiene l’esecuzione delle pene accessorie nel caso di espiazione della pena in misura alternativa così provvedendo:«Art. 51-quater (Disciplina delle pene accessorie in caso di concessione di misure alternative). – 1. In caso di applicazione di una misura alternativa alla detenzione, sono eseguite anche le pene accessorie, salvo che il giudice che ha concesso la misura, tenuto conto delle esigenze di reinserimento sociale del condannato, ne disponga la sospensione. 2. In caso di revoca della misura, ove disposta l’applicazione delle pene accessorie ai sensi del comma 1, l’esecuzione ne viene sospesa, ma il periodo gia’ espiato e’ computato ai fini della loro durata.»”.

Di talchè, operando in tal guisa, il legislatore delegato, per un verso, ha introdotto la norma in base alla quale le pene accessorie sono di norma eseguite nel caso di applicazione di una misura alternativa alla detenzione, per altro verso, nell’ipotesi in cui la misura alternativa venga revocata, la pena accessoria in corso di esecuzione viene sospesa ma il periodo in cui è stata eseguita viene considerato ai fini della sua durata complessiva.

Misure alternative

A sua volta l’art. 7 introduce ulteriori misure di semplificazione in tema di accesso alle misure alternative prevedendo quanto segue: “1. Alla legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 47, comma 2, dopo le parole: «per almeno un mese in istituto,» sono inserite le seguenti: «se il soggetto e’ recluso, e mediante l’intervento dell’ufficio di esecuzione penale esterna, se l’istanza e’ proposta da soggetto in liberta’,»; b) l’articolo 57 e’ sostituito dal seguente: «Art. 57 (Legittimazione alla richiesta di misure). – 1. Le misure alternative e quelle di cui agli articoli 30, 30-ter, 52,53 e 54 nonche’ all’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, possono essere richieste dal condannato, dall’internato, dai loro prossimi congiunti, dal difensore, ovvero proposte dal gruppo di osservazione e trattamento.»”.

Da ciò deriva che: a) il provvedimento di affidamento in prova al servizio sociale e’ adottato sulla base dei risultati della osservazione della personalita’, condotta collegialmente per almeno un mese in istituto, ma solo se il soggetto e’ recluso, e mediante l’intervento dell’ufficio di esecuzione penale esterna, se l’istanza e’ proposta da soggetto in liberta’; b) se prima era previsto che il trattamento ed i benefici di cui agli articoli 47, 50, 52, 53, 54 potevano essere richiesti dal condannato, dall’internato e dai loro prossimi congiunti o proposti dal consiglio di disciplina, è invece adesso stabilito che le misure alternative e quelle di cui agli articoli 30, 30-ter, 52,53 e 54  nonche’ all’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, possono essere richieste dal condannato, dall’internato, dai loro prossimi congiunti, dal difensore, ovvero proposte dal gruppo di osservazione e trattamento.

Per quanto viceversa attiene le modifiche in tema di comunicazioni e attivita’ di controllo, l’art. 8 dispone quanto segue: “. All’articolo 58 della legge 26 luglio 1975, n. 354, dopo il primo comma sono aggiunti i seguenti: «Alle attivita’ di controllo partecipa, ove richiesta, la polizia penitenziaria, secondo le indicazioni del direttore dell’ufficio di esecuzione penale esterna e previo coordinamento con l’autorita’ di pubblica sicurezza. Tali attivita’ riguardano esclusivamente l’osservanza delle prescrizioni inerenti alla dimora, alla liberta’ di locomozione, ai divieti di frequentare determinati locali o persone e di detenere armi. Le attivita’ di controllo sono svolte con modalita’ tali da garantire il rispetto dei diritti dell’interessato e dei suoi familiari e conviventi, da recare il minor pregiudizio possibile al processo di reinserimento sociale e la minore interferenza con lo svolgimento di attivita’ lavorative”.

Pertanto, è adesso demandato alla polizia penitenziaria il compimento di operazioni volte a verificare l’osservanza delle prescrizioni inerenti alla dimora, alla liberta’ di locomozione, ai divieti di frequentare determinati locali o persone e di detenere armi che però devono avvenire nel rispetto dei diritti dell’interessato e dei suoi familiari (o conviventi) e non debbano vanificare il più possibile il processo di reinserimento sociale o interferire con lo svolgimento di attivita’ lavorative.

Uffici locali

Per quanto invece concerne le competenze degli uffici locali di esecuzione esterna, l’art. 9 dispone che all’“articolo 72 della legge 26 luglio 1975, n. 354, al comma 2, lettera b), dopo le parole: «indagini socio-familiari» sono inserite le seguenti: «e l’attivita’ di osservazione del comportamento»” e dunque, è ora sancito che gli uffici locali di esecuzione penale esterna, tra i compiti ad esso spettanti, devono svolgere anche attivita’ di osservazione del comportamento e non più solo indagini socio-familiari (come previsto prima) per l’applicazione delle misure alternative alla detenzione ai condannati.

Dal canto suo, l’art. 10 modifica l’articolo 5, comma 2, della legge 15 dicembre 1990, n. 395 aggiungendo, in fine, il seguente periodo: «Contribuisce a verificare il rispetto delle prescrizioni previste dai provvedimenti della magistratura di sorveglianza.».

E’ quindi adesso attribuito  al Corpo di polizia penitenziaria il compito di contribuire a verificare il rispetto delle prescrizioni previste dai provvedimenti della magistratura di sorveglianza.

Infine, l’art. 11 apporta molteplici emende per quel che riguarda l’ordinamento penitenziario in tema di trattamento penitenziario provvedendo in tal modo: 1. Alla legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni: a) l’articolo 1 e’ sostituito dal seguente: «Art. 1 (Trattamento e rieducazione). – 1. Il trattamento penitenziario deve essere conforme a umanita’ e deve assicurare il rispetto della dignita’ della persona. Esso e’ improntato ad assoluta imparzialita’, senza discriminazioni in ordine a sesso, identita’ di genere, orientamento sessuale, razza, nazionalita’, condizioni economiche e sociali, opinioni politiche e credenze religiose, e si conforma a modelli che favoriscono l’autonomia, la responsabilita’, la socializzazione e l’integrazione. 2. Il trattamento tende, anche attraverso i contatti con l’ambiente esterno, al reinserimento sociale ed e’ attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni degli interessati. 3. Ad ogni persona privata della liberta’ sono garantiti i diritti fondamentali; e’ vietata ogni violenza fisica e morale in suo danno. 4. Negli istituti l’ordine e la disciplina sono mantenuti nel rispetto dei diritti delle persone private della liberta’. 5. Non possono essere adottate restrizioni non giustificabili con l’esigenza di mantenimento dell’ordine e della disciplina e, nei confronti degli imputati, non indispensabili a fini giudiziari. 6. I detenuti e gli internati sono chiamati o indicati con il loro nome. 7. Il trattamento degli imputati deve essere rigorosamente informato al principio per cui essi non sono considerati colpevoli sino alla condanna definitiva.»; b) all’articolo 9 il primo comma e’ sostituito dal seguente: «Ai detenuti e agli internati e’ assicurata un’alimentazione sana e sufficiente, adeguata all’eta’, al sesso, allo stato di salute, al lavoro, alla stagione, al clima. Ai detenuti che ne fanno richiesta e’ garantita, ove possibile, un’alimentazione rispettosa del loro credo religioso.»; c) all’articolo 10 il primo comma e’ sostituito dai seguenti: «Ai soggetti che non prestano lavoro all’aperto e’ consentito di permanere all’aria aperta per un tempo non inferiore alle quattro ore al giorno. Per giustificati motivi la permanenza all’aperto puo’ essere ridotta fino a due ore al giorno con provvedimento del direttore dell’istituto. Il provvedimento e’ comunicato al provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria e al magistrato di sorveglianza. Gli spazi destinati alla permanenza all’aperto devono offrire possibilita’ di protezione dagli agenti atmosferici.»; d) all’articolo 13 il primo, secondo, terzo e quarto comma sono sostituiti dai seguenti: «Il trattamento penitenziario deve rispondere ai particolari bisogni della personalita’ di ciascun soggetto, incoraggiare le attitudini e valorizzare le competenze che possono essere di sostegno per il reinserimento sociale. Nei confronti dei condannati e degli internati e’ predisposta l’osservazione scientifica della personalita’ per rilevare le carenze psicofisiche o le altre cause che hanno condotto al reato e per proporre un idoneo programma di reinserimento. Nell’ambito dell’osservazione e’ offerta all’interessato l’opportunita’ di una riflessione sul fatto criminoso commesso, sulle motivazioni e sulle conseguenze prodotte, in particolare per la vittima, nonche’ sulle possibili azioni di riparazione. L’osservazione e’ compiuta all’inizio dell’esecuzione e proseguita nel corso di essa. Per ciascun condannato e internato, in base ai risultati dell’osservazione, sono formulate indicazioni in merito al trattamento rieducativo ed e’ compilato il relativo programma, che e’ integrato o modificato secondo le esigenze che si prospettano nel corso dell’esecuzione. La prima formulazione e’ redatta entro sei mesi dall’inizio dall’esecuzione. Le indicazioni generali e particolari del trattamento sono inserite, unitamente ai dati giudiziari, biografici e sanitari, nella cartella personale che segue l’interessato nei suoi trasferimenti e nella quale sono successivamente annotati gli sviluppi del trattamento praticato e i suoi risultati.»; e) all’articolo 14: 1) al primo comma e’ premesso il seguente: «I detenuti e gli internati hanno diritto di essere assegnati a un istituto quanto piu’ vicino possibile alla stabile dimora della famiglia o, se individuabile, al proprio centro di riferimento sociale, salvi specifici motivi contrari.»; 2) il secondo comma e’ sostituito dal seguente: «L’assegnazione dei condannati e degli internati ai singoli istituti e il raggruppamento nelle sezioni di ciascun istituto sono disposti con particolare riguardo alla possibilita’ di procedere a trattamento rieducativo comune e all’esigenza di evitare influenze nocive reciproche.»; 3) il quinto comma e’ sostituito dai seguenti: «Le donne sono ospitate in istituti separati da quelli maschili o in apposite sezioni in numero tale da non compromettere le attivita’ trattamentali. Alle madri e’ consentito di tenere presso di se’ i figli fino all’eta’ di tre anni. Per la cura e l’assistenza dei bambini sono organizzati appositi asili nido. L’assegnazione dei detenuti e degli internati, per i quali si possano temere aggressioni o sopraffazioni da parte della restante popolazione detenuta, in ragione solo dell’identita’ di genere o dell’orientamento sessuale, deve avvenire, per categorie omogenee, in sezioni distribuite in modo uniforme sul territorio nazionale previo consenso degli interessati i quali, in caso contrario, saranno assegnati a sezioni ordinarie. E’ in ogni caso garantita la partecipazione ad attivita’ trattamentali, eventualmente anche insieme alla restante popolazione detenuta.»; f) all’articolo 15 il primo comma e’ sostituito dal seguente: «Il trattamento del condannato e dell’internato e’ svolto avvalendosi principalmente dell’istruzione, della formazione professionale, del lavoro, della partecipazione a progetti di pubblica utilita’, della religione, delle attivita’ culturali, ricreative e sportive e agevolando opportuni contatti con il mondo esterno e i rapporti con la famiglia.»; g) all’articolo 18: 1) al primo comma le parole: «nonche’ con il garante dei diritti dei detenuti,» sono soppresse; 2) dopo il primo comma e’ inserito il seguente: «I detenuti e gli internati hanno diritto di conferire con il difensore, fermo quanto previsto dall’articolo 104 del codice di procedura penale, sin dall’inizio dell’esecuzione della misura o della pena. Hanno altresi’ diritto di avere colloqui e corrispondenza con i garanti dei diritti dei detenuti.»; 3) al secondo comma, dopo il primo periodo, sono aggiunti i seguenti: «I locali destinati ai colloqui con i familiari favoriscono, ove possibile, una dimensione riservata del colloquio e sono collocati preferibilmente in prossimita’ dell’ingresso dell’istituto. Particolare cura e’ dedicata ai colloqui con i minori di anni quattordici.»; 4) dopo il sesto comma sono aggiunti i seguenti: «Ogni detenuto ha diritto a una libera informazione e di esprimere le proprie opinioni, anche usando gli strumenti di comunicazione disponibili e previsti dal regolamento. L’informazione e’ garantita per mezzo dell’accesso a quotidiani e siti informativi con le cautele previste dal regolamento.»; 5) l’ultimo comma e’ sostituito dal seguente: «Salvo quanto disposto dall’articolo 18-bis[5], per gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, i permessi di colloquio, le autorizzazioni alla corrispondenza telefonica e agli altri tipi di comunicazione sono di competenza dell’autorita’ giudiziaria che procede individuata ai sensi dell’articolo 11, comma 4. Dopo la pronuncia della sentenza di primo grado provvede il direttore dell’istituto.»; h) all’articolo 19: 1) dopo il secondo comma sono inseriti i seguenti: «Tramite la programmazione di iniziative specifiche, e’ assicurata parita’ di accesso delle donne detenute e internate alla formazione culturale e professionale. Speciale attenzione e’ dedicata all’integrazione dei detenuti stranieri anche attraverso l’insegnamento della lingua italiana e la conoscenza dei principi costituzionali.»; 2) il quarto comma e’ sostituito dai seguenti: «Sono agevolati la frequenza e il compimento degli studi universitari e tecnici superiori, anche attraverso convenzioni e protocolli d’intesa con istituzioni universitarie e con istituti di formazione tecnica superiore, nonche’ l’ammissione di detenuti e internati ai tirocini di cui alla legge 28 giugno 2012, n. 92[6].»; i) all’articolo 27, secondo comma, le parole: «e dagli assistenti sociali» sono sostituite dalle seguenti: «, dagli assistenti sociali, dai mediatori culturali che operano nell’istituto ai sensi dell’articolo 80, quarto comma,»; l) l’articolo 31 e’ sostituito dal seguente: «Art. 31 (Costituzione delle rappresentanze dei detenuti e degli internati). – 1. Le rappresentanze dei detenuti e degli internati previste dagli articoli 9[7], 12[8], 20[9] e 27[10] sono nominate per sorteggio secondo le modalita’ indicate dal regolamento interno dell’istituto. 2. Negli istituti penitenziari che ospitano sezioni femminili la rappresentanza comprende anche una detenuta o internata.»; m) l’articolo 33 e’ sostituito dal seguente: «Art. 33 (Isolamento). – 1. Negli istituti penitenziari l’isolamento continuo e’ ammesso: a) quando e’ prescritto per ragioni sanitarie; b) durante l’esecuzione della sanzione della esclusione dalle attivita’ in comune; c) per gli indagati e imputati se vi sono ragioni di cautela processuale; il provvedimento dell’autorita’ giudiziaria competente indica la durata e le ragioni dell’isolamento. 2. Il regolamento specifica le modalita’ di esecuzione dell’isolamento. 3. Durante la sottoposizione all’isolamento non sono ammesse limitazioni alle normali condizioni di vita, ad eccezione di quelle funzionali alle ragioni che lo hanno determinato. 4. L’isolamento non preclude l’esercizio del diritto di effettuare colloqui visivi con i soggetti autorizzati.»; n) all’articolo 36, dopo il primo comma, e’ aggiunto il seguente: «Nell’applicazione della sanzione si tiene conto del programma di trattamento in corso.»; o) all’articolo 40 il secondo comma e’ sostituito dal seguente: «Le altre sanzioni sono deliberate dal consiglio di disciplina, composto dal direttore o, in caso di suo legittimo impedimento, dall’impiegato piu’ elevato in grado con funzioni di presidente, dall’educatore e da un professionista esperto nominato ai sensi dell’articolo 80[11].»; p) all’articolo 42 il secondo comma e’ sostituito dai seguenti: «Nel disporre i trasferimenti i soggetti sono comunque destinati agli istituti piu’ vicini alla loro dimora o a quella della loro famiglia ovvero al loro centro di riferimento sociale, da individuarsi tenuto conto delle ragioni di studio, di formazione, di lavoro o salute. L’amministrazione penitenziaria da’ conto delle ragioni che ne giustificano la deroga. Sulla richiesta di trasferimento da parte dei detenuti e degli internati per ragioni di studio, di formazione, di lavoro, di salute o familiari l’amministrazione penitenziaria provvede, con atto motivato, entro sessanta giorni.»; q) all’articolo 43 e’ aggiunto, in fine, il seguente: «I detenuti e gli internati sono dimessi con documenti di identita’ validi, ove sussistano i presupposti per il rilascio. L’amministrazione penitenziaria a tal fine si avvale della collaborazione degli enti locali.»; r) all’articolo 45: 1) alla rubrica sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e aiuti economico-sociali»; 2) dopo il terzo comma e’ aggiunto il seguente: «Ai fini della realizzazione degli obiettivi indicati dall’articolo 3, commi 2 e 3, della legge 8 novembre 2000, n. 328[12], il detenuto o l’internato privo di residenza anagrafica e’ iscritto, su segnalazione del direttore, nei registri della popolazione residente del comune dove e’ ubicata la struttura. Al condannato e’ richiesto di optare tra il mantenimento della precedente residenza anagrafica e quella presso la struttura ove e’ detenuto o internato. L’opzione puo’ essere in ogni tempo modificata.»; s) all’articolo 80, quarto comma, dopo le parole: «criminologia clinica,» sono inserite le seguenti: «nonche’ di mediatori culturali e interpreti,»[13].

Tal che, a fronte di queste numerose novità normative, queste si possono sintetizzare nel seguente modo: 1) è ora previsto che il trattamento penitenziario deve essere improntato ad assoluta imparzialita’, senza discriminazioni in ordine a sesso, identita’ di genere, orientamento sessuale, razza, e credenze religiose, e si conforma a modelli che favoriscono l’autonomia, la responsabilita’, la socializzazione e l’integrazione; 2) è adesso disposto che il trattamento tende, anche attraverso i contatti con l’ambiente esterno, al reinserimento sociale ed e’ attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni degli interessati; 3) è ora previsto che a ogni persona privata della liberta’ sono garantiti i diritti fondamentali ed e’ vietata ogni violenza fisica e morale in suo danno; 4) se prima era disposto che negli istituti dovevano essere mantenuti l’ordine e la disciplina e adesso è invece previsto che negli istituti l’ordine e la disciplina sono mantenuti nel rispetto dei diritti delle persone private della liberta’; 5) se prima era solo previsto che ai detenuti e agli internati fosse assicurata un’alimentazione sana e sufficiente, adeguata all’età, al sesso, allo stato di salute, al lavoro, alla stagione, al clima, adesso è invece stabilito che ai detenuti e agli internati e’ assicurata un’alimentazione sana e sufficiente, adeguata all’eta’, al sesso, allo stato di salute, al lavoro, alla stagione, al clima stabilendosi al contempo che ai detenuti, che ne fanno richiesta, e’ garantita, ove possibile, un’alimentazione rispettosa del loro credo religioso; 6) se prima era disposto, per un verso, che ai soggetti che non prestavano lavoro all’aperto fosse consentito di permanere almeno per due ore al giorno all’aria aperta e tale periodo di tempo poteva essere ridotto a non meno di un’ora al giorno soltanto per motivi eccezionali, per altro verso, la permanenza all’aria aperta era effettuata in gruppi a meno che non ricorresssero i casi indicati nell’art. 33 e nei numeri 4) e 5) dell’art. 39 ed era dedicata, se possibile, ad esercizi fisici, è ora sancito che ai soggetti che non prestano lavoro all’aperto e’ consentito di permanere all’aria aperta per un tempo non inferiore alle quattro ore al giorno e, per giustificati motivi la permanenza all’aperto puo’ essere ridotta fino a due ore al giorno con provvedimento del direttore dell’istituto fermo restando che, da un lato, il provvedimento e’ comunicato al provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria e al magistrato di sorveglianza, dall’altro, gli spazi destinati alla permanenza all’aperto devono offrire possibilita’ di protezione dagli agenti atmosferici; 7) è ora previsto che il trattamento penitenziario deve incoraggiare le attitudini e valorizzare le competenze che possono essere di sostegno per il reinserimento sociale; 8) l’osservazione scientifica della personalita’ deve essere predisposta anche per rilevare le altre cause che hanno condotto al reato e per proporre un idoneo programma di reinserimento (prima ciò non era richiesto); 9) è adesso disposto che nell’ambito dell’osservazione e’ offerta all’interessato l’opportunita’ di una riflessione sul fatto criminoso commesso, sulle motivazioni e sulle conseguenze prodotte, in particolare per la vittima, nonche’ sulle possibili azioni di riparazione nonché previsto che per ciascun condannato e internato, in base ai risultati dell’osservazione, sono formulate indicazioni in merito al trattamento rieducativo ed e’ compilato il relativo programma, che e’ integrato o modificato secondo le esigenze che si prospettano nel corso dell’esecuzione e la prima formulazione e’ redatta entro sei mesi dall’inizio dall’esecuzione; 10) è ora disposto che la cartella personale, in cui sono inserite, unitamente ai dati giudiziari, le indicazioni generali e particolari del trattamento, segue l’interessato nei suoi trasferimenti; 11) è ora consentito che i detenuti e gli interna abbiano il diritto di essere assegnati a un istituto quanto piu’ vicino possibile alla stabile dimora della famiglia o, se individuabile, al proprio centro di riferimento sociale, salvi specifici motivi contrari; 12) non è più previsto che, per l’assegnazione dei condannati e degli internati ai singoli istituti, vengano applicati di norma i criteri di cui al primo ed al secondo comma dell’art. 42; 13) è previsto ora che le donne sono ospitate in istituti separati da quelli maschili o in apposite sezioni in numero tale da non compromettere le attivita’ tratta mentali; 14) è stabilito adesso che alle madri e’ consentito di tenere presso di se’ i figli fino all’eta’ di tre anni e, per la cura e l’assistenza dei bambini, sono organizzati appositi asili nido; 15) è ora contemplato che l’assegnazione dei detenuti e degli internati, per i quali si possano temere aggressioni o sopraffazioni da parte della restante popolazione detenuta, in ragione solo dell’identita’ di genere o dell’orientamento sessuale, deve avvenire, per categorie omogenee, in sezioni distribuite in modo uniforme sul territorio nazionale previo consenso degli interessati i quali, in caso contrario, saranno assegnati a sezioni ordinarie fermo restando che è in ogni caso garantita la partecipazione ad attivita’ trattamentali, eventualmente anche insieme alla restante popolazione detenuta; 16) è ora previsto che il trattamento del condannato e dell’internato e’ svolto avvalendosi principalmente anche della partecipazione a progetti di pubblica utilita’; 17) è ora disposto che i detenuti e gli internati hanno diritto di conferire con il difensore, fermo quanto previsto dall’articolo 104 del codice di procedura penale[14], sin dall’inizio dell’esecuzione della misura o della pena così come costoro hanno altresi’ il diritto di avere colloqui e corrispondenza con i garanti dei diritti dei detenuti; 18) è ora sancito che i locali destinati ai colloqui con i familiari favoriscono, ove possibile, una dimensione riservata del colloquio e sono collocati preferibilmente in prossimita’ dell’ingresso dell’istituto stabilendosi al contempo che particolare cura e’ dedicata ai colloqui con i minori di anni quattordici; 19) è ora riconosciuto al detenuto il diritto a una libera informazione e di esprimere le proprie opinioni, anche usando gli strumenti di comunicazione disponibili e previsti dal regolamento prevedendosi al riguardo che l’informazione e’ garantita per mezzo dell’accesso a quotidiani e siti informativi con le cautele previste dal regolamento; 20) salvo quanto disposto dall’articolo 18-bis, per gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, adesso pure gli altri tipi di comunicazione sono di competenza dell’autorita’ giudiziaria che procede individuata ai sensi dell’articolo 11, comma 4; 21) è ora stabilito che tramite la programmazione di iniziative specifiche, e’ assicurata parita’ di accesso delle donne detenute e internate alla formazione culturale e professionale e speciale attenzione e’ dedicata all’integrazione dei detenuti stranieri anche attraverso l’insegnamento della lingua italiana e la conoscenza dei principi costituzionali; 22) se prima era soltanto previsto che fosse agevolato il compimento degli studi dei corsi universitari ed equiparati e fosse favorita la frequenza a corsi scolastici per corrispondenza, per radio e per televisione, adesso è invece stabilito che sono agevolati la frequenza e il compimento degli studi universitari e tecnici superiori, anche attraverso convenzioni e protocolli d’intesa con istituzioni universitarie e con istituti di formazione tecnica superiore, nonche’ l’ammissione di detenuti e internati ai tirocini di cui alla legge 28 giugno 2012, n. 92; 23) la commissione, che ha la cura di organizzare le attività culturali, sportive e ricreative e ogni altra attività volta alla realizzazione della personalità dei detenuti e degli internati, anche nel quadro del trattamento rieducativo, è composta adesso anche dai mediatori culturali che operano nell’istituto ai sensi dell’articolo 80, quarto comma; 24) se prima era previsto che le rappresentanze dei detenuti e degli internati previste dagli articoli 12 e 27 erano nominate per sorteggio secondo le modalità indicate dal regolamento interno dell’istituto, è adesso stabilito, per un verso, che le rappresentanze dei detenuti e degli internati previste dagli articoli 9, 12, 20 e 27 sono nominate per sorteggio secondo le modalita’ indicate dal regolamento interno dell’istituto, per altro verso, che negli istituti penitenziari, che ospitano sezioni femminili, la rappresentanza comprende anche una detenuta o internata; 25) è ora disposto che negli istituti penitenziari l’isolamento continuo e’ ammesso anche per gli indagati e imputati se vi sono ragioni di cautela processuale fermo restando che il provvedimento dell’autorita’ giudiziaria competente indica la durata e le ragioni dell’isolamento, e non più, come previsto prima, per gli arrestati nel procedimento di prevenzione, se e fino a quando ciò sia ritenuto necessario dall’autorità giudiziaria; 26) sempre per quanto attiene l’isolamento continuo, è ora previsto, per un verso, che il regolamento specifica le modalita’ di esecuzione dell’isolamento, per altro verso, che, durante la sottoposizione all’isolamento, non sono ammesse limitazioni alle normali condizioni di vita, ad eccezione di quelle funzionali alle ragioni che lo hanno determinato, per altro verso ancora, che l’isolamento non preclude l’esercizio del diritto di effettuare colloqui visivi con i soggetti autorizzati; 27) in materia di regime disciplinare, è ora disposto che, nell’applicazione della sanzione, si tiene conto del programma di trattamento in corso; 28) fanno ora parte del consiglio di disciplina anche l’educatore e il professionista esperto nominato ai sensi dell’articolo 8; 29) se prima era disposto che i trasferimenti erano disposti per gravi e comprovati motivi di sicurezza, per esigenze dell’istituto, per motivi di giustizia, di salute, di studio e familiari e, nel disporre i trasferimenti, doveva essere favorito il criterio di destinare i soggetti in istituti prossimi alla residenza delle famiglie fermo restando che i detenuti e gli internati dovevano essere trasferiti con il bagaglio personale e con almeno parte del loro peculio, adesso è invece previsto che, da un lato, nel disporre i trasferimenti, i soggetti sono comunque destinati agli istituti piu’ vicini alla loro dimora o a quella della loro famiglia ovvero al loro centro di riferimento sociale, da individuarsi tenuto conto delle ragioni di studio, di formazione, di lavoro o salute e l’amministrazione penitenziaria da’ conto delle ragioni che ne giustificano la deroga, dall’altro, sulla richiesta di trasferimento da parte dei detenuti e degli internati per ragioni di studio, di formazione, di lavoro, di salute o familiari, l’amministrazione penitenziaria provvede, con atto motivato, entro sessanta giorni; 30) è ora previsto che i detenuti e gli internati sono dimessi con documenti di identita’ validi, ove sussistano i presupposti per il rilascio e l’amministrazione penitenziaria a tal fine si avvale della collaborazione degli enti locali; 31) è adesso disposto che, ai fini della realizzazione degli obiettivi indicati dall’articolo 3, commi 2[15] e 3[16], della legge 8 novembre 2000, n. 328, il detenuto o l’internato privo di residenza anagrafica e’ iscritto, su segnalazione del direttore, nei registri della popolazione residente del comune dove e’ ubicata la struttura, e al condannato e’ richiesto di optare tra il mantenimento della precedente residenza anagrafica e quella presso la struttura ove e’ detenuto o internato fermo restando che l’opzione puo’ essere in ogni tempo modificata; 32) per lo svolgimento delle attività di osservazione e di trattamento, l’amministrazione penitenziaria può ora avvalersi di mediatori culturali e interpreti.

Queste sono dunque le novità introdotte da questo decreto legislativo.

Non resta dunque che vedere come questo provvedimento verrà applicato, e quindi interpretato in sede giudiziale.

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Psicologia giuridica nel processo penale, minorile e penitenziario

L’opera è un’analisi dei rapporti tra scienze psicologiche e diritto il testo chiarisce gli ambiti di competenza dell’esperto (psicologo, psichiatra, neuropsichiatra infantile) quando deve rispondere ad un quesito posto dal magistrato nell’ambito del PROCESSO PENALE e MINORILE e del TRATTAMENTO PENITENZIARIO.Il volume è articolato in sei parti:1. PERIZIAE CONSULENZA TECNICA DEL MINORE. Qui si analizzano le indagini preliminari, l’incidente probatorio e l’udienza preliminare;2. ANALISI DELLA PERSONALITÀ DEL MINORE AUTORE DI REATO (capacità di intendere e di volere, immaturità psicologica e accertamento dell’imputabilità del minore, valutazione della capacità a delinquere e del minore deviante);3. PERIZIA E CONSULENZA TECNICA SUL TESTIMONE, in cui si analizza l’incarico peritale del giudice, la consulenza tecnica del pubblico ministero, l’intervista al bambino;4. PERIZIA SULLA PERSONA OFFESA nei casi di sexual abu- se, abuso collettivo, circonvenzione di incapace;5. ACCERTAMENTO DEL DANNO PSICHICO NEI CASI DI COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE. In questa sede si de- scrivono i parametri per la valutazione del danno psicolo- gico da stalking, abuso sessuale, disturbo post-traumatico da stress, psicosi reattive, depressioni reattive e disturbi d’ansia. Sono enucleate le differenze tra danno biologico, morale ed esistenziale, da morte, con relativa evoluzione giurisprudenziale;6. LO PSICOLOGO FORENSE IN AMBITO PENITENZIARIO. Sono approfonditi gli istituti tipici del procedimento penale minorile, la valutazione dello stato di salute in relazione a incompatibilità con le misure cautelari, la psicologia giudi- ziaria dell’ascolto del minorenne durante le fasi del  processo e del trattamento penitenziario. L’opera risulta di sicuro interesse per tutti i professionisti  attivi in ambito forense: psichiatri, psicologi, medici-legali, ma- gistrati, avvocati, operatori di giustizia, forze dell’ordine, cri- minologi, educatori, assistenti sociali e sociologi.Anna Maria Casale Psicologa e psicoterapeuta, specialista in Sessuologia e Criminologia. Professore a.c. in Criminologia presso SSML Molise. Consulente Tecnico in ambito penale, civile e minorile. Già Giudice Onorario Tribunale di Sorveglianza di Napoli. Ha fondato gli Studi di Psicologia Clinica e Forense di Roma e Napoli. Ospite frequente di trasmissioni televisive e radiofoniche italiane. Maria Sabina Lembo Avvocato penalista e giornalista pubblicista. Fondatore e responsabile del portale giuridico www.giuristiediritto.it. Ha pubblicato diverse opere con prestigiosi editori (Giuffrè, Franco Angeli, Kappa). Direttore Dipartimento di Scienze Processual-Penalistiche e dell’esecuzione penale Università Popolare Internazionale di Reggio Emilia (UN.I.RE.).Paolo De Pasquali Medico psichiatra, psicoterapeuta e criminologo. Professore a contratto di Psicopatologia  forense  presso  l’Università di Firenze. Componente esperto della Commissione di Studi per le Scienze forensi del Foro di Cosenza. Responsabile del Laboratorio di Scienze Psico-Forensi e Criminologiche dell’ASP Cosenza.

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NOTE

[1]Al riguardo l’art. 1, c. 3, decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230 prevede quanto segue: “Ogni Azienda unità sanitaria locale, nel cui ambito è ubicato un istituto penitenziario, adotta un’apposita Carta dei servizi sanitari per i detenuti e gli internati. Ai fini della predisposizione della Carta dei servizi sanitari le Aziende unità sanitarie locali e l’amministrazione penitenziaria promuovono consultazioni con rappresentanze di detenuti ed internati e con gli organismi di volontariato per la tutela dei diritti dei cittadini”.

[2]Secondo cui: “Chiunque, essendo legalmente arrestato o detenuto per un reato, evade è punito con la reclusione da uno a tre anni ”.

[3]Vale a dire il decreto legislativo emanato in attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

[4]Cioè le norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso.

[5]Ai sensi del quale: “1. Il personale della Direzione investigativa antimafia di cui all’articolo 3 del D.L. 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 1991, n. 410, e dei servizi centrali e interprovinciali di cui all’art. 12 del D.L. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 1991, n. 203, nonché gli ufficiali di polizia giudiziaria designati dai responsabili, a livello centrale, della predetta Direzione e dei predetti servizi, hanno facoltà di visitare gli istituti penitenziari e possono essere autorizzati, a norma del comma 2 del presente articolo, ad avere colloqui personali con detenuti e internati, al fine di acquisire informazioni utili per la prevenzione e repressione dei delitti di criminalità organizzata. 1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai responsabili di livello almeno provinciale degli uffici o reparti della Polizia di Stato o dell’Arma dei carabinieri competenti per lo svolgimento di indagini in materia di terrorismo, nonche’ agli ufficiali di polizia giudiziaria designati dai responsabili di livello centrale e, limitatamente agli aspetti connessi al finanziamento del terrorismo, a quelli del Corpo della guardia di finanza, designati dal responsabile di livello centrale, al fine di acquisire dai detenuti o dagli internati informazioni utili per la prevenzione e repressione dei delitti commessi per finalita’ di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico. 2. Al personale di polizia indicato nei commi 1 e 1-bis, l’autorizzazione ai colloqui è rilasciata: a) quando si tratta di internati, di condannati o di imputati, dal Ministro della giustizia o da un suo delegato; b) quando si tratta di persone sottoposte ad indagini, dal pubblico ministero. 3. Le autorizzazioni ai colloqui indicate nel comma 2 sono annotate in apposito registro riservato tenuto presso l’autorità competente al rilascio. 4. In casi di particolare urgenza, attestati con provvedimento del Ministro dell’interno o, per sua delega, dal Capo della Polizia, l’autorizzazione prevista nel comma 2, lettera a), non è richiesta, e del colloquio è data immediata comunicazione all’autorità ivi indicata, che provvede all’annotazione nel registro riservato di cui al comma 3.

  1. La facoltà di procedere a colloqui personali con detenuti e internati è attribuita, senza necessità di autorizzazione, altresì al Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ai fini dell’esercizio delle funzioni di impulso e di coordinamento previste dall’art. 371-bis del codice di procedura penale; al medesimo Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo sono comunicati i provvedimenti di cui ai commi 2 e 4, qualora concernenti colloqui con persone sottoposte ad indagini, imputate o condannate per taluno dei delitti indicati nell’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater del codice di procedura penale”.

[6]Cioè la normativa contenente le disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita.

[7]Secondo cui: “Ai detenuti e agli internati e’ assicurata un’alimentazione sana e sufficiente, adeguata all’eta’, al sesso, allo stato di salute, al lavoro, alla stagione, al clima. Ai detenuti che ne fanno richiesta e’ garantita, ove possibile, un’alimentazione rispettosa del loro credo religioso. Il vitto è somministrato, di regola, in locali all’uopo destinati. I detenuti e gli internati devono avere sempre a disposizione acqua potabile. La quantità e la qualità del vitto giornaliero sono determinate da apposite tabelle approvate con decreto ministeriale. Il servizio di vettovagliamento è di regola gestito direttamente dall’amministrazione penitenziaria. Una rappresentanza dei detenuti o degli internati, designata mensilmente per sorteggio, controlla l’applicazione delle tabelle e la preparazione del vitto. Ai detenuti e agli internati è consentito l’acquisto, a proprie spese, di generi alimentari e di conforto, entro i limiti fissati dal regolamento. La vendita dei generi alimentari o di conforto deve essere affidata di regola a spacci gestiti direttamente dall’amministrazione carceraria o da imprese che esercitano la vendita a prezzi controllati dall’autorità comunale. I prezzi non possono essere superiori a quelli comunemente praticati nel luogo in cui è sito l’istituto. La rappresentanza indicata nel precedente comma, integrata da un delegato del direttore, scelto tra il personale civile dell’istituto, controlla qualità e prezzi dei generi venduti nell’istituto”.

[8]Alla stregua del quale: “Negli istituti penitenziari, secondo le esigenze del trattamento, sono approntate attrezzature per lo svolgimento di attività lavorative, d’istruzione scolastica e professionale, ricreative, culturali e di ogni altra attività in comune. Gli istituti devono inoltre essere forniti di una biblioteca costituita da libri e periodici, scelti dalla commissione prevista dal secondo comma dell’art. 16. Alla gestione del servizio di biblioteca partecipano rappresentanti dei detenuti e degli internati”.

[9]Per cui: “1. Negli istituti penitenziari e nelle strutture ove siano eseguite misure privative della liberta’ devono essere favorite in ogni modo la destinazione dei detenuti e degli internati al lavoro e la loro partecipazione a corsi di formazione professionale. A tal fine, possono essere organizzati e gestiti, all’interno e all’esterno dell’istituto, lavorazioni e servizi attraverso l’impiego di prestazioni lavorative dei detenuti e degli internati. Possono, altresi’, essere istituite lavorazioni organizzate e gestite direttamente da enti pubblici o privati e corsi di formazione professionale organizzati e svolti da enti pubblici o privati. 2. Il lavoro penitenziario non ha carattere afflittivo ed e’ remunerato. 3. L’organizzazione e i metodi del lavoro penitenziario devono riflettere quelli del lavoro nella societa’ libera al fine di far acquisire ai soggetti una preparazione professionale adeguata alle normali condizioni lavorative per agevolarne il reinserimento sociale. 4. Presso ogni istituto penitenziario e’ istituita una commissione composta dal direttore o altro dirigente penitenziario delegato, dai responsabili dell’area sicurezza e dell’area giuridico-pedagogica, dal dirigente sanitario della struttura penitenziaria, da un funzionario dell’ufficio per l’esecuzione penale esterna, dal direttore del centro per l’impiego o da un suo delegato, da un rappresentante sindacale unitariamente designato dalle organizzazioni sindacali comparativamente piu’ rappresentative a livello nazionale e un rappresentante unitariamente designato dalle organizzazioni sindacali comparativamente piu’ rappresentative a livello territoriale. Per ogni componente viene indicato un supplente. La commissione delibera a maggioranza dei presenti. Ai componenti della commissione non spetta la corresponsione di alcun compenso, gettoni di presenza, indennita’, rimborsi spese e altri emolumenti comunque denominati. 5. La commissione di cui al comma 4, dandone adeguata pubblicita’, provvede a: a) formare due elenchi, uno generico e l’altro per qualifica, per l’assegnazione al lavoro dei detenuti e degli internati, tenendo conto esclusivamente dell’anzianita’ di disoccupazione maturata durante lo stato di detenzione e di internamento, dei carichi familiari e delle abilita’ lavorative possedute, e privilegiando, a parita’ di condizioni, i condannati, con esclusione dei detenuti e degli internati sottoposti al regime di sorveglianza particolare di cui all’articolo 14-bis; b) individuare le attivita’ lavorative o i posti di lavoro ai quali, per motivi di sicurezza, sono assegnati detenuti o internati, in deroga agli elenchi di cui alla lettera a); c) stabilire criteri per l’avvicendamento nei posti di lavoro alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, nel rispetto delle direttive emanate dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. 6. Alle riunioni della commissione partecipa, senza potere deliberativo, un rappresentante dei detenuti e degli internati. 7. Resta salvo il potere del direttore di derogare, per specifiche ragioni di sicurezza, ai criteri di assegnazione al lavoro di cui al comma 5, lettera a). 8. Gli organi centrali e territoriali dell’amministrazione penitenziaria stipulano apposite convenzioni di inserimento lavorativo con soggetti pubblici o privati o cooperative sociali interessati a fornire opportunita’ di lavoro a detenuti o internati. Le convenzioni disciplinano l’oggetto e le condizioni di svolgimento dell’attivita’ lavorativa, la formazione e il trattamento retributivo, senza oneri a carico della finanza pubblica. Le proposte di convenzione sono pubblicate a cura del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria sul proprio sito istituzionale. I soggetti privati disponibili ad accettare le proposte di convenzione trasmettono al Dipartimento i relativi progetti di intervento unitamente al curriculum dell’ente. I progetti e i curriculum sono pubblicati a cura del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria sul proprio sito istituzionale. Della convenzione stipulata e’ data adeguata pubblicita’ con le forme previste dal presente comma. Agli operatori privati, che agiscono per conto degli enti menzionati al primo periodo, si applica l’articolo 78. 9. Le direzioni degli istituti penitenziari, in deroga alle norme di contabilita’ generale dello Stato e di quelle di contabilita’ speciale e previa autorizzazione del Ministro della giustizia, possono vendere prodotti delle lavorazioni penitenziarie o rendere servizi attraverso l’impiego di prestazioni lavorative dei detenuti e degli internati a prezzo pari o anche inferiore al loro costo, tenuto conto, per quanto possibile, dei prezzi praticati per prodotti o servizi corrispondenti nella zona in cui e’ situato l’istituto. 10. I proventi delle manifatture carcerarie e il corrispettivo dei servizi, prodotti o forniti dall’amministrazione penitenziaria impiegando l’attivita’ lavorativa dei detenuti e degli internati, sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere annualmente riassegnati, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, all’apposito capitolo del Ministero della giustizia, allo scopo di promozione e sviluppo della formazione professionale e del lavoro dei detenuti e degli internati. 11. I detenuti e gli internati, in considerazione delle loro attitudini, possono essere ammessi a esercitare, per proprio conto, attivita’ artigianali, intellettuali o artistiche, nell’ambito del programma di trattamento. 12. I detenuti e gli internati possono essere ammessi a esercitare attivita’ di produzione di beni da destinare all’autoconsumo, anche in alternativa alla normale attivita’ lavorativa. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabilite le modalita’ di svolgimento dell’attivita’ in autoconsumo, anche mediante l’uso di beni e servizi dell’amministrazione penitenziaria. 13. La durata delle prestazioni lavorative non puo’ superare i limiti stabiliti dalle leggi vigenti in materia di lavoro e sono garantiti il riposo festivo, il riposo annuale retribuito e la tutela assicurativa e previdenziale. Ai detenuti e agli internati che frequentano i corsi di formazione professionale e svolgono i tirocini e’ garantita, nei limiti degli stanziamenti regionali, la tutela assicurativa e ogni altra tutela prevista dalle disposizioni vigenti. 14. Agli effetti della presente legge, per la costituzione e lo svolgimento di rapporti di lavoro nonche’ per l’assunzione della qualita’ di socio nelle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, non si applicano le incapacita’ derivanti da condanne penali o civili. 15. Entro il 31 marzo di ogni anno il Ministro della giustizia trasmette al Parlamento una analitica relazione circa lo stato di attuazione delle disposizioni di legge relative al lavoro dei detenuti nell’anno precedente”.

[10]Secondo il quale: “Negli istituti devono essere favorite e organizzate attività culturali, sportive e ricreative e ogni altra attività volta alla realizzazione della personalità dei detenuti e degli internati, anche nel quadro del trattamento rieducativo. Una commissione composta dal direttore dell’istituto, dagli educatori , dagli assistenti sociali, dai mediatori culturali che operano nell’istituto ai sensi dell’articolo 80, quarto comma, e dai rappresentanti dei detenuti e degli internati cura la organizzazione delle attività di cui al precedente comma, anche mantenendo contatti con il mondo esterno utili al reinserimento sociale”.

[11]Per cui: “Presso gli istituti di prevenzione e di pena per adulti, oltre al personale previsto dalle leggi vigenti, operano gli educatori per adulti e gli assistenti sociali dipendenti dai centri di servizio sociale previsti dall’articolo 72. L’amministrazione penitenziaria può avvalersi, per lo svolgimento delle attività di osservazione e di trattamento, di personale incaricato giornaliero, entro limiti numerici da concordare annualmente, con il Ministero del tesoro. Al personale incaricato giornaliero è attribuito lo stesso trattamento ragguagliato a giornata previsto per il corrispondente personale incaricato. Per lo svolgimento delle attività di osservazione e di trattamento, l’amministrazione penitenziaria può avvalersi di professionisti esperti in psicologia, servizio sociale, pedagogia, psichiatria e criminologia clinica, nonche’ di mediatori culturali e interpreti, corrispondendo ad essi onorari proporzionati alle singole prestazioni effettuate. Il servizio infermieristico degli istituti penitenziari, previsti dall’art. 59, è assicurato mediante operai specializzati con la qualifica di infermieri. A tal fine la dotazione organica degli operai dell’amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1971, n. 275, emanato a norma dell’articolo 17 della legge 28 ottobre 1970, n. 775, è incrementata di 800 unità riservate alla suddetta categoria. Tali unità sono attribuite nella misura di 640 agli operai specializzati e di 160 ai capi operai. Le modalità relative all’assunzione di detto personale saranno stabilite dal regolamento di esecuzione”.

[12]Vale a dire la legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

[13]Al riguardo l’art. 12 di questo decreto legislativo prevede, al primo comma, che “le finalita’ di cui all’articolo 11, comma 1, lettere c) e s), e’ autorizzata, rispettivamente, la spesa di 1.050.000 euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e di 1.440.000 euro annui a decorrere dall’anno 2018”.

[14]Per cui: “1. L’imputato in stato di custodia cautelare ha diritto di conferire con il difensore fin dall’inizio dell’esecuzione della misura. 2. La persona arrestata in flagranza o fermata a norma dell’articolo 384 ha diritto di conferire con il difensore subito dopo l’arresto o il fermo. 3. Nel corso delle indagini preliminari per i delitti di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater , quando sussistono specifiche ed eccezionali ragioni di cautela, il giudice su richiesta del pubblico ministero può, con decreto motivato, dilazionare, per un tempo non superiore a cinque giorni, l’esercizio del diritto di conferire con il difensore. 4. Nell’ipotesi di arresto o di fermo, il potere previsto dal comma 3 è esercitato dal pubblico ministero fino al momento in cui l’arrestato o il fermato è posto a disposizione del giudice. 4-bis. L’imputato in stato di custodia cautelare, l’arrestato e il fermato, che non conoscono la lingua italiana, hanno diritto all’assistenza gratuita di un interprete per conferire con il difensore a norma dei commi precedenti. Per la nomina dell’interprete si applicano le disposizioni del titolo IV del libro II”.

[15]Ai sensi del quale: “I soggetti di cui all’art. 1, comma 3, provvedono, nell’ambito delle rispettive competenze, alla programmazione degli interventi e delle risorse del sistema integrato di interventi e servizi sociali secondo i seguenti princìpi: a) coordinamento ed integrazione con gli interventi sanitari e dell’istruzione nonchè con le politiche attive di formazione, di avviamento e di reinserimento al lavoro; b) concertazione e cooperazione tra i diversi livelli istituzionali, tra questi ed i soggetti di cui all’art. 1, comma 4, che partecipano con proprie risorse alla realizzazione della rete, le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale nonchè le aziende unità sanitarie locali per le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria comprese nei livelli essenziali del Servizio sanitario nazionale”.

[16]Secondo cui: “I soggetti di cui all’art. 1, comma 3, per le finalità della presente legge, possono avvalersi degli accordi previsti dall’art. 2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, anche al fine di garantire un’adeguata partecipazione alle iniziative ed ai finanziamenti dell’Unione europea”.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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