inserito in Diritto&Diritti nel ottobre 2002

CIRCOLARE 38/2002
DEL 30/09/2002


Novità dal  23 al  30 settembre 2002

Sommario

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Svalutazione delle partecipazioni - disTribuzione di utili DALLA PARTECIPATA – IRRILEVANTE – svalUtazioni per importi superiori a 10 milioni di euro – interpello obbligatorio – disavanZi da annullamento – “sanatoria”

DECRETO-LEGGE 24 settembre 2002, n.209

Svalutazioni delle partecipazioni non quotate in mercati regolamentati –irrilevanza delle riduzioni patrimoniali conseguenti a distribuzione di utili  dalla partecipata ed a costi indeducibili - Articolo 1, lettere a)

Nel rapporto di svalutazione restano solamente le riduzioni conseguenti alle perdite di esercizio, deducibili in quinti se relative a immobilizzazioni finanziarie – Articolo 1, lett. b)

La svalutazione delle partecipazioni in CFC è determinata applicando le regole previste dall’articolo 127-bis del TUIR.

Abrogazione della c.d. super DIT e collegamento del tasso di remunerazione ordinaria del capitale investito al saggio legale di interessi – Articolo 1, lettara c)

Determinazione dell’acconto d’imposta per il 2002 – Articolo 1, comma 3.

Le minusvalenze emergenti dalla cessione di partecipazioni di importo superiore a 10 milioni di euro devono essere “ratificate” attraverso un’istanza di interpello ai sensi dell’articolo 37-bis del DPR 600/73 – Articolo 1, comma 4

Riconoscimento Ffiscale dei disavanzi di annullamento assoggettati ad imposta sostitutiva – Articolo 1, comma 5.

Sono stati salvaguardati i diritti acquisti prima dell’entrata in vigore del monitoraggio dei crediti d’imposta afferenti alle nuove assunzioni - Articolo 2

I termini per rideterminare il costo delle partecipazioni e dei terreni passa dal 30 settembre al 30 novembre 2002 – articolo 4, comma 3.

EMERSIONE DEL LAVORO SOMMERSO – EMERSIONE PROGRESSIVA ex ARTICOLO 1-bis della LEGGE N. 383/2001 – proroga al 15 maggio 2003 eD ulteriori incentivi

DECRETO-LEGGE 25 settembre 2002, n.210

IVA – OPERAZIONI SANITARIE SVOLTE DALLE SOCIETà – ESENZIONE – COMPETE -  SOMMINISTRAZIONE DI CURE IN LOCO A PERSONE FISICAMENTE O ECONOMICAMENTE NON AUTOSUFFICIENTI – ESENZIONE - COMPETE

CORTE DI GIUSTIZIA Sent. 10.09.2002, C-141/100

CONTRIBUTI EROGATI A “SOCIETà PER LA CONCESSIONE DI CONTRATTI DI LEASING AGEVOLATI” – ASSOGGETTABILITà AD IVA – NON SUSSISTE

RISOLUZIONE 25.09.2002, n. 309 /E

svalutazione delle partecipazioni - disTribuzione di utili DALLA PARTECIPATA – IRRILEVANTE – svalUtazioni per importi superiori a 10 milioni di euro – interpello obbligatorio – disavanZi da annullamento – “sanatoria”

DECRETO-LEGGE 24 settembre 2002, n.209

 Disposizioni urgenti in materia di razionalizzazione della base imponibile, di contrasto all'elusione fiscale, di crediti di imposta per le assunzioni, di detassazione per l'autotrasporto, di adempimenti per i concessionari della riscossione e di imposta di bollo.

Sintesi

Svalutazioni delle partecipazioni non quotate in mercati regolamentati –irrilevanza delle riduzioni patrimoniali conseguenti a distribuzione di utili  dalla partecipata ed a costi indeducibili - Articolo 1, lettere a)

La deduzione fiscale delle perdite latenti sui titoli non negoziati in mercati regolamentati calcolata secondo gli articoli 61, comma 3 (partecipazioni che non costituiscono immobilizzazioni) e 66, comma 1-bis (immobilizzazioni finanziarie) del TUIR è determinata senza più considerare le riduzioni patrimoniali emergenti:

-         dalla distribuzione di utili;

-         da costi indeducibili fiscalmente per la società partecipata.

Pertanto le riduzioni  patrimoniali della società partecipata che legittimano la riduzione proporzionale del valore della partecipazione detenuta, sono solamente quelle emergenti da perdite prodotte nell’esercizio sociale in cui avviene l’acquisto della partecipazione e nei successivi, sempre che non siano riferite a costi non deducibili fiscalmente.

Commenti

di Claudio Carpentieri

La norma colpisce la valutazione delle partecipazioni detenute nell’ambito dell’impresa a prescindere dalla veste giuridica – impresa individuale, società di persone, società di capitali - adottata per esercitarla.

Queste partecipazioni, come ogni altro bene relativo all’impresa, di anno in anno subiscono della variazioni di valore dovute da molteplici fattori, i quali possono essere riassunte in due categorie principali:

-         variazione delle prospettive di reddito future (avviamento);

-         variazione del patrimonio netto in relazione alla realizzazione/distribuzione di utili ovvero alla sofferenza di perdite d’esercizio.

Tali riduzioni di valore qualora avvengono successivamente all’acquisto della partecipazione sono deducibili ai fini delle imposte sui redditi nei limiti di un importo calcolato attraverso la determinazione di un ammontare determinato in modo convenzionale.

E’ previsto, infatti, che le partecipazioni in società di capitali non quotate in mercati regolamentati Italiani ((articolo 61, comma 3, lett. b) e articolo 66, comma 1-bis del TUIR) sono svalutate alla fine di ogni anno nella stessa proporzione in cui si riduce il patrimonio netto emergente dall’ultimo bilancio approvato precedente all’acquisto. Così, ad esempio, se una partecipazione di una società che ha un patrimonio netto di € 500 è acquistata  ad € 1.000 e successivamente all’acquisto della partecipazione il patrimonio netto stesso si riduce a causa della distribuzione di riserve di utili di € 250, il valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione, sino all’entrata in vigore della disposizione in esame,  poteva essere svalutato del 50% (500/250), portandolo così a € 500.

L’assunto della norma poggiava sulla considerazione che il valore economico della società (valore dei singoli beni in cui è comporta più avviamento) fosse direttamente dipendente dai beni a disposizione della società per esercitare la produzione, beni che, in caso di distribuzione di riserve di utili, spesso devono essere ceduti per l’erogazione del denaro ai soci.

Premesso, ciò la norma in esame impedisce solamente che nella riduzione proporzionale del valore dei titoli possano essere tenuti in considerazione le riduzioni del patrimonio emergenti dalla distribuzione di riserve prodotte prima dell’acquisto lasciando, pertanto, ammessa solamente la considerazione le riduzioni patrimoniali direttamente dipendenti dalla formazione di perdite d’esercizio ovvero dalla riduzioni di capitale sociale per perdite prodotte prima ma deliberate dopo l’acquisto della partecipazioni.

Detto ciò è bene tuttavia sottolineare che il divieto sancito dalla norma di non considerare nella determinazione del rapporto di svalutazione le riduzioni di patrimonio netto emergenti dalla distribuzione di utili e dalla deduzione di costi indeducibili fiscalmente per la partecipata, non costituisce una effettivo incremento di imposizione, ma solamente il divieto fiscale di dedurre anticipatamente una perdita o una minusvalenza in latenza. Infatti quest’ultima resterà pienamente deducibile nel momento in cui la partecipazione verrà ceduta ad un prezzo inferiore a quello di acquisto.

Come detto nel breve riassunto della norma il secondo elemento che non può più essere preso in considerazione nella determinazione del rapporto di svalutazione previsto dai citati articolo 61 e 66 del TUIR è costituito dagli elementi di costo indeducibili fiscalmente per la partecipata. E’ evidente che l’obbiettivo della norma è quello di impedire che elementi di costo indeducibili “diventino” deducibili nello stesso esercizio in cui sono prodotti in capo alla società partecipante sottoforma di perdite su titoli. Anche qui, non si tratta di un divieto assoluto di deducibilità, ma solamente di un divieto di anticipazione di deduzione della perdita su titoli che, se resterà ancora attuale nel momento della cessione della partecipazioni, sarà pienamente deducibile salvo il disposto dell’articolo 1, comma 4 del decreto legge in esame.

Nel rapporto di svalutazione restano solamente le riduzioni conseguenti alle perdite di esercizio, deducibili in quinti se relative a immobilizzazioni finanziarie – Articolo 1, lett. b)

Qualora una partecipazione sia scritta nel bilancio d’esercizio quale immobilizzazione finanziaria le “minusvalenze non realizzate” sono deducibili in quote costanti nell’esercizio in cui determina la perdita e nei quattro successivi.

Commenti

Di Claudio Carpentieri

La disposizione si presenta come parziale deroga all’ormai regola generale che limita la rilevanza fiscale delle svalutazioni delle partecipazioni alle riduzioni patrimoniali direttamente afferenti a perdite d’esercizio realizzate dopo l’acquisto. Infatti come indicato anche nel commento precedente le riduzioni di valore di patrimonio netto di una società possono emergere sia dalla distribuzione di utili sia dalla realizzazione di perdite d’esercizio. Pertanto, dal momento che i divieti indicati dall’articolo 1, lettera a) del decreto in esame si riferiscono espressamente solamente alle riduzioni emergenti dalla distribuzione di utili (nella fattispecie riserve) o dalla presenza di costi indeducibili della determinazione dell’utile della società partecipata, come già indicato, continua ad essere ammessa la svalutazione proporzionale del costo delle partecipazioni in conseguenza delle riduzioni di patrimonio netto conseguenti alla realizzazione di perdite d’esercizio.

Tale svalutazione avrà rilevanza fiscale tutta nell’esercizio in cui si verifica nel caso di partecipazioni che non costituiscono immobilizzazioni mentre potrà essere dedotta in quinti qualora si riferisca a partecipazioni iscritte quali immobilizzazioni nello stato patrimoniale.

In proposito è appena il caso di sottolineare che la norma fa riferimento al termine generico “minusvalenze non  realizzate”  dal momento che sebbene la svalutazione abbia origine da riduzioni di patrimonio netto non apporta una pari riduzione del valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione, bensì, come osservato nel paragrafo precedente, la determinazione del rapporto di svalutazione include in se anche la potenziale “perdita” di avviamento che si presume consegua dalla sofferenza della perdita d’esercizio.

La svalutazione delle partecipazioni in CFC è determinata applicando le regole previste dall’articolo 127-bis del TUIR.

In relazione alle perdite derivanti dalle partecipazioni in società non residenti, la svalutazione fiscalmente deducibile è calcolata sulla base del confronto tra i patrimoni netti (prima dell’acquisizione della partecipazione ed ultimo bilancio approvato), determinati applicando le disposizioni dell’art. 127 bis, comma 6 secondo periodo Tuir, concernenti la determinazione dei redditi delle CFC (Controlled foreghn company)

Commenti

di Claudio Carpentieri

Dalla disposizione sembra desumersi che la valutazione del patrimonio netto della società partecipata estera residente nel paese a fiscalità privilegiata prima e dopo l’acquisto della partecipazione debba essere effettuato applicando le regole di determinazione del reddito previste dall’articolo 127-bis del TUIR. Quindi rideterminando il reddito della società partecipata estera applicando le regole del TUIR salvo le deroghe espressamente indicate dallo stesso articolo 127-bis. Cosa, quest’ultima, che per la difficoltà dei calcoli significherebbe non ammettere alcuna svalutazione delle partecipazioni in CFC.

Molto probabilmente la norma voleva indicare che al fine di stabilire le riduzioni di patrimonio netto effettuate successivamente all’acquisto si deve tenere in considerazione gli utili e le perdite realizzate secondo le regole delle CFC. In sostanza secondo questa lettura della disposizione qualora, ad esempio, successivamente all’acquisto delle partecipazioni la CFC abbia determinato un utile tassato per trasparenza in Italia di € 100 secondo le regole delle CFC e nell’esercizio successivo abbia determinato una perdita d’esercizio di € 120 determinata sempre secondo le regole stabilite dall’articolo 127-bis del TUIR, la svalutazione delle partecipazioni è ammessa in relazione ad una riduzione di patrimonio pari al 20% (€ 20/100) a prescindere dalle variazioni patrimoniali emergenti dal bilancio della CFC.

In sostanza secondo questa lettura, le riduzioni patrimoniali emergenti da perdite d’esercizio che  legittimano la svalutazione proporzionale delle partecipazioni secondo l’articolo 66 del TUIR si determinano quale “delta” negativo di patrimonio determinato dalla somma algebrica dei redditi realizzati dopo l’acquisto delle partecipazioni, tutti determinati obbligatoriamente secondo le regole proprie dell’articolo 127-bis del TUIR. In tal caso si mantiene il principio della  norma senza appesantire i calcoli. Infatti secondo tale lettura al fine di osservare le riduzioni patrimoniali conseguenti a perdite realizzate dopo l’acquisto è sufficiente effettuare la somma algebrica dei redditi positivi e negativi che via via devono essere determinati secondo le regole delle CFC.

Abrogazione della c.d. super DIT e collegamento del tasso di remunerazione ordinaria del capitale investito al saggio legale di interessi – Articolo 1, lettara c)

Sono apportate due importanti modifiche al sistema duale di imposizione del reddito d’impresa noto come DIT, tutte orientate ad un ridimensionamento del suo ambito di applicazione. Le riduzioni interessano sia la base di determinazione sia il tasso di remunerazione ordinaria del capitale investito. E’ previsto, infatti, che non sia più applicabile l’incremento percentuale del 40% degli incrementi di patrimonio  netto rispetto a quello esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 30 settembre 1996 per la determinazione della base di calcolo del reddito d’impresa che soggiace all’aliquota del 19% delle società di capitali.

Oltre a ciò è stabilito, inoltre che, il saggio di remunerazione ordinaria non sia più stabilito annualmente sulla base di un apposito decreto, ma che sia agganciato al saggio legale di interesse, attualmente fissato nella misura del 3% dal D.M. 11.12.2001.

Commenti

di Claudio Carpentieri

E’ appena il caso di ricordare che l’ultimo decreto che ha stabilito il saggio di remunerazione ordinaria del capitale investito valevole per il periodo d’imposta in corso al 30 settembre 2001 (D.M. 29 marzo 2002) prevedeva un saggio del 6%. Pertanto il decreto in esame, a parità di tulle le altre condizioni, ha previsto il dimezzamento del reddito soggetto ad aliquota DIT del 19%.

Determinazione dell’acconto d’imposta per il 2002 – Articolo 1, comma 3.

Le modifiche operate in materia di svalutazioni delle partecipazioni e le modifiche in materia di DIT commendate nelle righe che precedono devono essere prese in considerazione anche con riferimento alla determinazione dell’acconto d’imposta per il 2002 ai sensi della legge n. 97/1977.

Commenti

di Claudio Carpentieri

Interessando anche l’acconto per il 2002, la disposizione obbliga i soggetti a rideterminare il reddito per il 2001 qualora lo stesso sia stato interessato da una delle modifiche i materia di deducibilità delle svalutazioni delle partecipazioni ed in materia di DIT.

In sostanza la disposizione prevede quindi:

-         che i soggetti che hanno determinato l’acconto d’imposta per il 2002 sulla base del c.d. metodo storico di determinazione, devono rideterminare l’imposta da versare per il 2001 (base di calcolo per l’acconto 2002) applicando le modifiche in materia di svalutazione delle partecipazioni e le riduzioni della parte di reddito d’impresa  soggetto all’aliquota agevola DIT;

-         i soggetti che hanno determinato l’acconto dovuto secondo il c.d. metodo “previsionale” dovranno determinare l’ammontare di imposta che si desume dovuta per il 2002 considerando anche le modifiche apportate dal decreto in esame;

Ovviamente, considerando che la prima rata di acconto è già stata versata in  sede di versamento del saldo delle imposte sui redditi per il 2001, il versamento dell’acconto potrà essere “corretto” solamente in sede di versamento della seconda rata di acconto.

E’ appena il caso di sottolineare che qualora si sia adoperato il metodo storico di determinazione dell’acconto, l’eventuale “minore”  versamento della prima rata di acconto, per le società di persone e persone fisiche avvenuta nel mese di giugno/luglio 2002, non potrà essere sanzionato, dal momento che la violazione emerge da una legge entrata in vigore successivamente alla sua commissione (articolo 3, comma 1 del D.Lgs n. 472/1997). Infatti anche se il principio di legalità ha, evidentemente, stretta relazione con le nuove disposizioni sanzionatorie, si ritiene sia applicabile anche alle ipotesi in cui la violazione relativa ad una sanzioni già in vigore viene determinata da una norma retroattiva, come nel caso in esame.

Le minusvalenze emergenti dalla cessione di partecipazioni di importo superiore a 10 milioni di euro devono essere “ratificate” attraverso un’istanza di interpello ai sensi dell’articolo 37-bis del DPR 600/73 – Articolo 1, comma 4

Al fine di tenere sotto controllo più da vicino possibili manovre elusive connesse con la compravendita di partecipazioni è stato previsto che le imprese o società che realizzano delle minusvalenze su partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni di ammontare superiore a € 10 milioni  (pari a circa 20 miliardi delle vecchie lire), sono obbligate a presentare istanza di interpello all’Agenzia delle entrate al fine di dimostrare l’assenza di intenti elusivi ai sensi dell’articolo 37-bis del DPR n. 600/73 ed avere, quindi, il riconoscimento della deducibilità della minusvalenza. I dati e le notizie oggetto della comunicazione nonché le modalità ed i termini di presentazione della istanza saranno stabiliti con apposito provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame (25 settembre 2002).

Riconoscimento Ffiscale dei disavanzi di annullamento assoggettati ad imposta sostitutiva – Articolo 1, comma 5.

E’ preclusa l’attività di accertamento dei maggiori valori iscritti in bilancio a seguito del riconoscimenti del disavanzo di annullamento in ragione delle disposizioni sopra richiamate attraverso il versamento di una somma pari al 4% di tali maggiori valori entro il 30 novembre 2002. All’amministrazione finanziaria è, tuttavia concesso, verificare la sussistenza delle “condizioni” previste per il riconoscimento fiscale di tali valori e che siano rispettate le “limitazioni” rappresentate dallo stesso articolo 6. comma 2.

Commenti

di Claudio Carpentieri

Com’è noto l’articolo 6, comma 2 del D.Lgs n. 358/1997 stabilisce che i disavanzi di annullamento delle azioni emergenti da operazioni di fusione e di scissione possono essere riconosciuti fiscalmente per la parte corrispondente fino a concorrenza dell'importo complessivo netto delle plusvalenze diminuite delle minusvalenze già assoggettate ad imposizione:

-         ai sensi all'imposta sostitutiva applicata in modo analitico ai sensi dell'articolo 2 del DL 28 gennaio 1991, n. 27, convertito con modificazioni dalla legge 2 marzo 1991, n. 102 (per le cessioni effettuate entro il 30 giugno 1998);

-         all'imposta sostitutiva del 27% ai sensi dell'articolo 5 del D.Lgs n. 461/1997;

-         assoggettate ad imposta sostitutiva prevista dall’articolo 1 dello stesso D.Lgs 358/1997;

-         dei maggiori e dei minori valori, rispetto ai relativi valori di acquisizione, derivanti dalla cessione delle azioni o quote, che hanno concorso a formare il reddito di un'impresa residente;

-         delle svalutazioni nonché delle rivalutazioni delle azioni o quote che hanno concorso a formare il reddito di un'impresa residente o che per disposizione di legge non concorrono a formarlo, nemmeno in caso di successivo realizzo.

In sostanza la disposizione mira ad evitare che si verifichino delle ipotesi di doppia imposizione su di un medesimo presupposto di imposizione qualora il plusvalore della società sia già stato assoggettato ad imposizione quale plusvalenza sui relativi titoli partecipativi. Infatti è bene sottolineare che  il disavanzo da annullamento emergere dalla differenza tra il valore delle azioni della società incorporata iscritto nell'attivo della società incorporante (più alto) ed il patrimonio netto della società incorporata (più basso) inserito nel bilancio della società incorporante  E' possibile, quindi, che il plusvalore della società (avviamento) incorporato nelle azioni o quote, sia già stato assoggettato ad imposizione in capo ai soci precedenti della società incorporata ovvero siano già stati assoggettati ad imposizione nei precedenti passaggi.

Oltre all’assoggettamento ad imposizione del plusvalore della società, al fine di ottenere il riconoscimento fiscale del disavanzo di annullamento è necessario, inoltre, avere dei risconti documentali del trattamento reddituale dei vari passaggi delle azioni prima del loro annullamento a causa della fusione per incorporazione ed inoltre è necessario richiedere tale facoltà in sede di presentazione della dichiarazione relativa al periodo i cui ha effetto la fusione o la scissione.

Premesso ciò appare quantomeno singolare che la disposizione per un verso limiti l’attività di accertamento facendola salva oltre che per gli adempimenti documentali anche per le limitazioni previste dallo stesso articolo 6, comma 2 del D.Lgs. 358/97. Infatti se il riferimenti alle limitazioni fosse direttamente afferente all’effettivo assoggettamento ad imposizione del plusvalore della società incorporato nei titoli secondo le disposizioni precisamente elencate nel comma 2 dell’articolo 6, come sembra desumersi dalla relazione di accompagnamento (Relazione al ddl di conversione del D.L. 209/2002) non ci sarebbe alcuna convenienza nel versamento della somma del 4% stabilita dalla disposizione in esame. Il disavanzo di annullamento sarebbe di per se riconosciuto fiscalmente per espressa previsione normativa.

Molto probabilmente il riferimento generico alle “limitazioni” previste dall’articolo 6 debba essere inteso nella più ampia accezione del termine, comprendendo, quindi, in modo generico il fatto che i plusvalori siano stati assoggettati ad imposizione anche se fuori dagli ambiti propri delle lettere del citato comma 2 dell’articolo 6. Ad esempio se le partecipazioni sono state acquistate da una persona fisica residente nel regime del risparmio amministrato ovvero, siano comunque riferite a partecipazioni non qualificate alle quale si applica l’imposta sostitutiva del 12,5% ovvero ancora abbiano scontato l’imposta per ottenere il diritto alla rideterminazione del costo di acquisto ai sensi dell’articolo 5 della legge n. 448/2001.

 

Sono stati salvaguardati i diritti acquisti prima dell’entrata in vigore del monitoraggio dei crediti d’imposta afferenti alle nuove assunzioni - Articolo 2

Il c.d. bonus assunzioni  relativamente al 2° semestre del 2002 viene parzialmente ripristinato, salvaguardando i diritti acquisiti alla data del 7 luglio 2002.  In particolare è stato previsto che ai fini dell’applicazione dell’articolo 7 della legge 388.2000 l’incremento del numero dei lavoratori dipendenti realizzato alla data del 7 luglio 2002 rilevi ai fini della maturazione del beneficio per tutto il 2002, anche dopo l’emanazione del provvedimento che stabilisce il monitoraggio dei crediti d’imposta (vedi D.M. 01.08.2002 commentato con la Circolare n. 32 del 12.08.2002). L’incremento di nuovi assunti è da intendere quale  misura massima entro la quale può maturare il diritto al credito di imposta. Pertanto per ogni  mese successivo compreso lo stesso mese di luglio, permanendo l’incremento rispetto all’ammontare dei lavoratori dipendenti rilevato al 30.9.2000, maturerà l’usuale  bonus  di lire 800.000 (incrementato  di lire 400.000 per i territori svantaggiati ) .  Il bonus così maturato, tuttavia, non potrà essere immediatamente usato in compensazione bensì occorrerà  attendere l’inizio dell’anno 2003. Inoltre tali crediti non potranno essere utilizzati in unica soluzione, bensì il loro utilizzo potrà avvenire in quote costanti non superiori a un terzo del totale.

In ultimo è stato disposto che le assunzioni operate dall’ 8 luglio 2002 sino al 31 dicembre 2002 rilevino unicamente entro i limiti determinati dalla misura massima sopra indicata, ai fini del “rimpiazzo” di eventuali dismissioni  di lavoratori  assunti in data anteriore all’8 luglio e rilevanti, avendone le caratteristiche , ai fini della  fruizione del bonus .

I termini per rideterminare il costo delle partecipazioni e dei terreni passa dal 30 settembre al 30 novembre 2002 – articolo 4, comma 3.

Sono stati prorogati dal 30 settembre 2002 al 30 novembre 2002 i termini previsti dagli articoli 5 e 7 della legge n. 448/2001 per la rideterminazione del valore delle partecipazioni in società non quotate in mercati regolamentati e dei terreni resi edificabili (per maggiori approfondimenti si rinvia alla Circolare 23 del 10 giugno 2002 dove è stato commentata la C.M n. 47E dell’Agenzia delle entrate).

Gazzetta Ufficiale N. 225 del 25 Settembre 2002

EMERSIONE DEL LAVORO SOMMERSO – EMERSIONE PROGRESSIVA ex ARTICOLO 1-bis della LEGGE N. 383/2001 – proroga al 15 maggio 2003 eD ulteriori incentivi

DECRETO-LEGGE 25 settembre 2002, n.210

“Disposizioni urgenti in materia di emersione del lavoro sommerso e di rapporti di lavoro a tempo parziale.”

Sintesi

E’ stato prorogato al 15 maggio 2003 il termine al per la presentazione della dichiarazione di emersione progressiva prevista dall’articolo 1-bis della legge n. 383/2001. E’ appena il caso di ricordare che prima della modifica operata dal decreto in parola  il termine scadeva il 30 novembre 2002 per effetto del D.L. n. 12/2002 (vedi CIRCOLARE 25/02/2002, n. 8)

Inoltre, sono state introdotte delle modifiche ed integrazioni alla specifica disciplina dell’emersione progressiva di cui all’articolo 1-bis della legge 18 ottobre 2001, n. 383, come inserito dal  tutte orientate ad incentivare l'emersione del lavoro sommerso (per maggiori approfondimenti sulla disciplina del lavoro sommerso si rinvia alla Circolare 29.10.2001, n. 44),.

Gazzetta Ufficiale N. 225 del 25 Settembre 2002

CONTRIBUTI EROGATI A “SOCIETà PER LA CONCESSIONE DI CONTRATTI DI LEASING AGEVOLATI” – ASSOGGETTABILITà AD IVA – NON SUSSISTE

RISOLUZIONE 25.09.2002, n. 309 /E

“Trattamento fiscale applicabile ai contributi ricevuti dalle società di leasing ai sensi dell’articolo 83 del Testo Unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218.”

Sintesi

I contributi erogati alle società di leasing appositamente costituite per la concessione di contratti a canoni inferiori a quelli di mercato ai sensi dell’articolo 83 D.P.R. n. 218 del 1978, sono qualificabili quali contributi in conto capitale a fondo perduto non rientranti nel campo di applicazione dell’Iva. Ciò i quanto mancherebbe il sinallagma contrattuale rappresentato dalla prestazione di un servizio o dalla cessione di un bene.

Infatti, anche se indirettamente la concessione del contributo alle precedette società comporta una pari riduzione del canone di leasing versato dall’impresa locatrice, esso non può essere definito quale corrispettivo della cessione del bene in leasing non versato dalla società utilizzatrice. Il contributo in conto capitale va sempre a coprire parzialmente il costo dell’investimento realizzato dalla società di leasing, la quale, in tal modo, provvederà solamente di riflesso a ridurre l’entità della prestazione di servizi di finanziamento fornita con il conseguente decremento dei canoni periodici ai sensi del comma 6 dell’articolo 83 del T.U. citato.