inserito in Diritto&Diritti nel marzo 2004

LEGISLAZIONE COMUNITARIA DEL LAVORO: Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori.

 

***

LEGISLAZIONE COMUNITARIA DEL LAVORO

NORMATIVA SELEZIONATA

CARTA COMUNITARIA DEI DIRITTI SOCIALI FONDAMENTALI DEI LAVORATORI

(STRASBURGO 9/12/1989)

(Articoli estratti)

TITOLO I

DIRITTI SOCIALI FONDAMENTALI DEI LAVORATORI

Libera circolazione

Art. 1. Fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza

e sanità pubblica, ogni lavoratore comunitario ha diritto di circolare liberamente sull’intero territorio

della Comunità europea.

Art. 2. Il diritto alla libera circolazione consente a qualsiasi lavoratore di esercitare qualsiasi

professione o mestiere all’interno della comunità, secondo i principi della parità di trattamento,

per quanto riguarda l’accesso all’occupazione, le condizioni di lavoro e la protezione sociale del

paese ospitante.

Occupazione e retribuzione

Art. 4. Ogni persona ha diritto alla libertà di scelta e di esercizio di una professione, secondo

le norme che disciplinano ciascuna professione.

Art. 5. Ogni lavoro deve essere retribuito in modo equo.

A tal fine è necessario che, in base alle modalità proprie di ciascun paese:

– sia assicurata ai lavoratori una retribuzione sufficiente equa, cioè una retribuzione sufficiente

per consentire loro un decoroso tenore di vita;

– i lavoratori soggetti ad una regolamentazione del lavoro diversa dal contratto a tempo

pieno e di durata indeterminata beneficino di un’equa retribuzione di riferimento;

– le retribuzioni non possono formare oggetto di trattenuta, pignoramento o cessione se non

conformemente alle disposizioni nazionali; queste ultime dovrebbero prevedere le misure atte

a garantire al lavoratore i mezzi necessari per il proprio sostentamento e per quello della

famiglia.

Disciplina Europea ed Internazionale del lavoro

CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA

(Articoli estratti)

Art. 5. (Proibizione della schiavitù e del lavoro forzato). Nessuno può essere tenuto in

condizioni di schiavitù o di servitù.

Nessuno può essere costretto a compiere un lavoro forzato o obbligatorio.

E’ proibita la tratta degli esseri umani.

Art. 15. (Libertà professionale e diritto di lavorare). Ogni individuo ha il diritto di lavorare

d di esercitare una professione liberamente scelta o accettata.

Ogni cittadino dell’Unione ha la libertà di cercare un lavoro, di lavorare, di stabilirsi o di

prestare servizi in qualunque Stato membro.

I cittadini dei paesi terzi che sono autorizzati a lavorare nel territorio degli Stati membri

hanno diritto a condizioni di lavoro equivalenti a quelle di cui godono i cittadini dell’unione.

Art. 23. (Parità tra uomini e donne). La parità tra uomini e donne deve essere assicurata

in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione.

Il principio della parità non osta al mantenimento o all’adozione di misure che prevedano

vantaggi specifici a favore del sesso sotto rappresentato.

Art. 27. (Diritto dei lavoratori all’informazione ed alla consultazione nell’ambito dell’impresa)

Ai lavoratori o ai loro rappresentanti devono essere garantite, ai livelli appropriati, l’informazione

è la consultazione in tempo utile nei casi e alle condizioni pevisti dal diritto comunitario

e dalle legislazioni e prassi nazionali.

Art. 31. (Condizioni di lavoro giuste ed eque). Ogni lavoratore ha diritto a condizioni di

lavoro sane, sicure e dignitose.

Ogni lavoratore ha diritto ad una limitazione della durata massima del lavoro ed ai periodi

di riposo giornalieri e settimanali ed a ferie annuali retribuite.

L. 3 febbraio 2003, n. 14.

CAPO I

Disposizioni generali sui procedimenti

per l’adempimento degli obblighi comunitari

Art. 1. (Delega al Governo per l’attuazione di direttive comunitarie).

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore

della presente legge, i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle

direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati A e B.

2. I decreti legislativi sono adottati, nel rispetto dell’articolo 14 della legge 23 agosto 1988,

n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche

comunitarie e del Ministro con competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto

236

Disciplina Europea ed Internazionale del lavoro

Legislazione Comunitaria del Lavoro

con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell’economia e delle finanze e con gli altri Ministri

interessati in relazione all’oggetto della direttiva.

3. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive comprese nell’elenco di

cui all’allegato B nonché, qualora sia previsto il ricorso a sanzioni penali, quelli relativi all’attuazione

delle direttive elencate nell’allegato A, sono trasmessi, dopo l’acquisizione degli altri pareri

previsti dalla legge, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica perché su di essi sia

espresso, entro quaranta giorni dalla data di trasmissione, il parere dei competenti organi

parlamentari. Decorso tale termine, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere.

Qualora il termine previsto per il parere dei competenti organi parlamentari scada nei trenta

giorni che precedono la scadenza dei termini previsti ai commi 1 e 4 o successivamente, questi

ultimi sono prorogati di novanta giorni.

4. Entro un anno dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al

comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dalla presente legge, il Governo può

emanare, con la procedura indicata nei commi 2 e 3, disposizioni integrative e correttive dei

decreti legislativi emanati ai sensi del comma 1.

5. In relazione a quanto disposto dall’articolo 117, quinto comma, della Costituzione, i decreti

legislativi eventualmente adottati nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle

province autonome di Trento e di Bolzano, entrano in vigore, per le regioni e le province

autonome nelle quali non sia ancora in vigore la propria normativa di attuazione, alla data di

scadenza del termine stabilito per l’attuazione della normativa comunitaria e perdono comunque

efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione adottata da

ciascuna regione e provincia autonoma nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario

e, nelle materie di competenza concorrente, dei princìpi fondamentali stabiliti dalla legislazione

dello Stato. A tale fine i decreti legislativi recano l’esplicita indicazione della natura

sostitutiva e cedevole delle disposizioni in essi contenute.

Art. 2. (Princìpi e criteri direttivi generali della delega legislativa).

1. Salvi gli specifici princìpi e criteri direttivi stabiliti dalle disposizioni di cui al capo II ed in

aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare nonché a quelli, per quanto compatibili,

contenuti nell’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, i decreti

legislativi di cui all’articolo 1 sono informati ai seguenti princìpi e criteri direttivi generali:

a) le amministrazioni direttamente interessate provvedono all’attuazione dei decreti legislativi

con le ordinarie strutture amministrative;

b) per evitare disarmonie con le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa

da attuare, sono introdotte le occorrenti modifiche o integrazioni alle discipline stesse,

fatte salve le materie oggetto di delegificazione ovvero i procedimenti oggetto di semplificazione

amministrativa;

c) salva l’applicazione delle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l’osservanza

delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali

per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente,

dell’ammenda fino a 103.291 euro e dell’arresto fino a tre anni, sono previste, in via alternativa

o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente

protetti. In tali casi sono previste: la pena dell’ammenda alternativa all’arresto per

le infrazioni che espongano a pericolo o danneggino l’interesse protetto; la pena dell’arresto

congiunta a quella dell’ammenda per le infrazioni che rechino un danno di particolare gravità.

La sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a 103 euro e non

superiore a 103.291 euro è prevista per le infrazioni che ledano o espongano a pericolo interessi

diversi da quelli sopra indicati. Nell’ambito dei limiti minimi e massimi previsti, le sanzioni sopra

indicate sono determinate nella loro entità, tenendo conto della diversa potenzialità lesiva dell’interesse

protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di specifiche qualità personali

del colpevole, comprese quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o

Parte I – Tit. II – Par. 2

237

Disciplina Europea ed Internazionale del lavoro

vigilanza, nonché del vantaggio patrimoniale che l’infrazione può recare al colpevole o alla

persona o ente nel cui interesse egli agisce. In ogni caso sono previste sanzioni identiche a

quelle eventualmente già comminate dalle leggi vigenti per le violazioni omogenee e di pari

offensività rispetto alle infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi;

d) eventuali spese non contemplate da leggi vigenti e che non riguardano l’attività ordinaria

delle amministrazioni statali o regionali possono essere previste nei soli limiti occorrenti per

l’adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive; alla relativa copertura, nonché alla

copertura delle minori entrate eventualmente derivanti dall’attuazione delle direttive, in quanto

non sia possibile fare fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, si provvede

a carico del fondo di rotazione di cui all’articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, per

un ammontare non superiore a 50 milioni di euro;

e) all’attuazione di direttive che modificano precedenti direttive già attuate con legge o

decreto legislativo si procede, se la modificazione non comporta ampliamento della materia

regolata, apportando le corrispondenti modifiche alla legge o al decreto legislativo di attuazione

della direttiva modificata;

f) i decreti legislativi assicurano in ogni caso che, nelle materie oggetto delle direttive da

attuare, la disciplina sia pienamente conforme alle prescrizioni delle direttive medesime, tenuto

anche conto delle eventuali modificazioni comunque intervenute fino al momento dell’esercizio

della delega;

g) quando si verifichino sovrapposizioni di competenze fra amministrazioni diverse o comunque

siano coinvolte le competenze di più amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano,

attraverso le più opportune forme di coordinamento, rispettando i princìpi di sussidiarietà, differenziazione

e adeguatezza e le competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, le procedure

per salvaguardare l’unitarietà dei processi decisionali, la trasparenza, la celerità, l’efficacia

e l’economicità nell’azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili.

Art. 3. (Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di disposizioni

comunitarie).

1. Al fine di assicurare la piena integrazione delle norme comunitarie nell’ordinamento

nazionale, il Governo, fatte salve le norme penali vigenti, è delegato ad adottare, entro due anni

dalla data di entrata in vigore della presente legge, disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative

per le violazioni di direttive comunitarie attuate in via regolamentare o amministrativa

ai sensi della legge 22 febbraio 1994, n. 146, della legge 24 aprile 1998, n. 128, e della presente

legge, e di regolamenti comunitari vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, per

i quali non siano già previste sanzioni penali o amministrative.

2. La delega di cui al comma 1 è esercitata con decreti legislativi adottati a norma dell’articolo

14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri

o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri

competenti per materia. I decreti legislativi si informeranno ai princìpi e criteri direttivi di cui

all’articolo 2, comma 1, lettera c).

3. Sugli schemi di decreto legislativo di cui al presente articolo, il Governo acquisisce i pareri

dei competenti organi parlamentari che devono essere espressi entro sessanta giorni dalla

ricezione degli schemi. Decorso inutilmente il termine predetto, i decreti legislativi possono

essere comunque emanati.

Art. 4. (Oneri relativi a prestazioni e controlli).

1. Nell’attuazione delle normative comunitarie, gli oneri derivanti da prestazioni e controlli

a carico degli uffici pubblici ricadono sui soggetti interessati in relazione al costo effettivo del

servizio, ove ciò non risulti in contrasto con la disciplina comunitaria. Le suddette tariffe sono

predeterminate e pubbliche.

Legislazione Comunitaria del Lavoro Parte I – Tit. II – Par. 2

238

Disciplina Europea ed Internazionale del lavoro

Art. 5. (Riordinamento normativo nelle materie interessate dalle direttive comunitarie).

1. Il Governo è delegato ad adottare, con le modalità di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 1,

entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, testi unici delle disposizioni

dettate in attuazione delle deleghe conferite per il recepimento di direttive comunitarie,

al fine di coordinare le medesime con le norme legislative vigenti nelle stesse materie, apportando

le sole integrazioni e modificazioni necessarie a garantire la semplificazione e la coerenza

logica, sistematica e lessicale della normativa, applicando, per quanto compatibili, i princìpi ed

i criteri direttivi contenuti nell’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni.

2. I testi unici di cui al comma 1 riguardano materie o settori omogenei. Fermo restando

quanto disposto al comma 3, le disposizioni contenute nei testi unici non possono essere

abrogate, derogate, sospese o comunque modificate se non in modo esplicito, mediante l’indicazione

puntuale delle disposizioni da abrogare, derogare, sospendere o modificare.

3. Per le disposizioni adottate ai sensi del presente articolo si applica quanto previsto al

comma 5 dell’articolo 1.

4. Il presente articolo non si applica alla materia della sicurezza e igiene del lavoro.

CAPO II

Disposizioni particolari di adempimento,

criteri specifici di delega legislativa

Art. 6. (Modifica all’articolo 1469-sexies del codice civile, in esecuzione della sentenza

della Corte di giustizia delle Comunità europee del 24 gennaio 2002, nella causa C-372/

99).

1. All’articolo 1469- sexies, primo comma, del codice civile, dopo le parole: “che utilizzano”

sono inserite le seguenti: “o che raccomandano l’utilizzo di”.

Art. 7. (Modifica all’articolo 55 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626).

1. Il comma 5 dell’articolo 55 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, è sostituito

dal seguente:

5. Il datore di lavoro fornisce, a sue spese, ai lavoratori i dispositivi speciali di correzione,

in funzione dell’attività svolta, qualora i risultati degli esami di cui ai commi 1, 3- ter e 4 ne

evidenzino la necessità e non sia possibile utilizzare i dispositivi normali di correzione”.

Art. 13. (Modifiche alla legge 24 luglio 1985, n. 409, in esecuzione della sentenza della

Corte di giustizia delle Comunità europee del 29__no vembre 2001, nella causa C-202/99).

1. All’articolo 1 della legge 24 luglio 1985, n. 409, dopo la parola: “Stato” sono soppresse

le seguenti parole: “nonché dai laureati in medicina e chirurgia che siano in possesso della relativa

abilitazione all’esercizio professionale e di un diploma di specializzazione in campo odontoiatrico”.

2. All’articolo 4, secondo comma, della legge 24 luglio 1985, n. 409, dopo la parola: “iscrizione”

sono soppresse le seguenti: “i laureati in medicina e chirurgia abilitati all’esercizio professionale

in possesso di un diploma di specializzazione in campo odontoiatrico, nonché”.

3. L’articolo 5 della legge 24 luglio 1985, n. 409, è abrogato.

Art. 16. (Modifica al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 129, recante attuazione

delle direttive 85/384/CEE, 85/614/CEE e 86/17/CEE, in materia di riconoscimento di diplomi,

certificati e altri titoli nel settore dell’architettura).

1. L’articolo 1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 129, è sostituito dal seguente:

“Art. 1. - (Ambito di applicazione) – 1. Il presente decreto disciplina il riconoscimento dei

diplomi, certificati e altri titoli rilasciati a cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea o di

Legislazione Comunitaria del Lavoro Parte I – Tit. I – Par. 1

239

Disciplina Europea ed Internazionale del lavoro

uno degli altri Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo per l’accesso o l’esercizio

in Italia dell’attività di architetto a titolo permanente o con carattere di temporaneità”.

2. All’articolo 2 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 129, sono aggiunti, in fine, i

seguenti commi:

“2-bis. I diplomi, certificati e altri titoli, di cui ai commi 1 e 2, rilasciati dagli altri Stati membri

dell’Unione europea, sono elencati nella comunicazione della Commissione europea 2001/

C333/02 del 28 novembre 2001, e successive modificazioni, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale

delle Comunità europee, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 85/384/CEE.

2-ter. In deroga a quanto previsto ai commi 1 e 2, è riconosciuta la formazione delle

“ Fachhochschulen” nella Repubblica Federale di Germania, purché sia impartita in tre anni,

esista al 10 maggio 1985, corrisponda ai requisiti definiti all’articolo 4 e dia nella Repubblica

Federale di Germania accesso all’attività di architetto con il titolo professionale di architetto e

purché detta formazione sia completata da un periodo di esperienza professionale nella Repubblica

Federale di Germania della durata di quattro anni, comprovato da un apposito certificato

rilasciato dall’ordine professionale cui è iscritto l’architetto.

2-quater. Sono, altresì, ammessi alla procedura di riconoscimento di cui all’articolo 4, i

diplomi, certificati e altri titoli acquisiti in Paesi terzi da cittadini di cui all’articolo 1, qualora tali

diplomi, certificati e altri titoli siano stati riconosciuti in un altro Stato membro dell’Unione europea

e corrispondano ai diplomi, certificati e titoli elencati nella comunicazione della Commissione

europea di cui al comma 2- bis o nell’allegato A.

2-quinquies. Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca comunica alla Commissione

europea e contemporaneamente a tutti gli altri Stati membri dell’Unione europea e agli

altri Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo, i diplomi, i certificati e gli altri

titoli rilasciati in Italia e che rispondono ai requisiti di cui ai commi 1 e 2, con l’indicazione delle

Università che li rilasciano”.

3. L’articolo 4 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 129, è sostituito dal seguente:

“Art. 4. - (Competenze e procedimento) – 1. I soggetti di cui all’articolo 1 devono presentare

al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca domanda per il riconoscimento del

proprio titolo ai fini dell’ammissione all’esercizio dell’attività di architetto nel territorio della

Repubblica italiana.

2. La domanda, redatta in lingua italiana ed in carta da bollo, deve indicare la provincia nella

quale l’interessato ha intenzione di stabilirsi o di operare, ed essere corredata dei seguenti

documenti:

a) il diploma, certificato, o titolo o insieme di titoli di cui si chiede il riconoscimento, in copia

autenticata, o un attestato rilasciato dalla stessa autorità che ha conferito il diploma, certificato

o altri titoli, che, riportando gli stessi dati, ne conferma la veridicità;

b) un certificato rilasciato da un’autorità competente dello Stato membro d’origine o di

provenienza, che dichiari soddisfatti i requisiti di moralità o di onorabilità in esso richiesti per

l’accesso all’attività di architetto.

Se lo Stato membro d’origine o di provenienza non richiede tale attestato, in sostituzione

deve essere presentato un estratto del casellario giudiziario o, in mancanza, un documento

equipollente rilasciato dalla competente autorità di quello Stato. Se nessuno dei predetti documenti

viene rilasciato nello Stato membro d’origine o di provenienza, deve essere presentato

un attestato che faccia fede che l’interessato ha reso una dichiarazione giurata o, negli Stati in

cui tale giuramento non esista, una dichiarazione solenne davanti ad una competente autorità

giudiziaria o amministrativa, ad un notaio o ad un organismo professionale qualificato dello Stato

membro d’origine o di provenienza. Dai documenti sopra indicati deve altresì risultare che

l’interessato non è stato in precedenza dichiarato fallito o, se lo è stato, che sono decorsi almeno

cinque anni dalla pronunzia della dichiarazione di fallimento o, se è decorso un termine più

breve, che nei confronti dell’interessato è stato adottato provvedimento con effetti di riabilitazione

civile;

Legislazione Comunitaria del Lavoro Parte I – Tit. II – Par. 2

240

Disciplina Europea ed Internazionale del lavoro

c) un certificato di cittadinanza o copia di altro documento dalla quale si evinca la cittadinanza

dell’interessato.

3. Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca può richiedere che i documenti,

se redatti in lingua diversa dall’italiano, siano accompagnati da una traduzione ufficiale in lingua

italiana del testo originale qualora sia impossibile acquisire, attraverso altri canali, le necessarie

informazioni dai documenti prodotti.

4. Al momento della loro presentazione i documenti di cui alle lettere b) e c) del comma 2

non devono essere di data anteriore a tre mesi.

5. Entro trenta giorni dalla data di presentazione della documentazione, il Ministero dell’istruzione,

dell’università e della ricerca accerta la completezza e la regolarità della domanda e della

relativa documentazione, richiedendo all’interessato le eventuali integrazioni.

6. Per la valutazione dei titoli di cui al comma 2, il Ministero dell’istruzione, dell’università

e della ricerca indìce, previa consultazione del Consiglio universitario nazionale, una conferenza

di servizi ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, alla quale partecipano:

a) il Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie;

b) il Ministero degli affari esteri;

c) il Ministero della giustizia;

d) il Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori.

7. In relazione a casi specifici, la conferenza di servizi di cui al comma 6 può essere integrata

da un rappresentante del Consiglio nazionale degli ingegneri.

8. Il procedimento si conclude con l’adozione, da parte del Ministero dell’istruzione, dell’università

e della ricerca, del decreto di riconoscimento o del provvedimento di rifiuto entro tre mesi

dalla presentazione della domanda o della sua integrazione.

9. Il decreto di riconoscimento o il provvedimento di rifiuto sono comunicati all’interessato.

Il decreto è altresì trasmesso al Consiglio degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori

territorialmente competente per l’iscrizione nell’albo ai sensi dell’articolo 5.

10. Se i titoli di cui all’articolo 2, comma 2- quater, attestano una formazione non conforme

ai requisiti di cui al medesimo articolo, commi 1 e 2, il riconoscimento può essere condizionato

al superamento di una prova attitudinale ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 27 gennaio

1992, n. 115, tenuto conto anche dell’esperienza professionale acquisita nello Stato membro che

ha riconosciuto detto titolo”.

4. L’articolo 9 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 129, è sostituito dal seguente:

“Art. 9 - (Ammissione alla prestazione di servizi) – 1. Sono ammessi all’esercizio dell’attività

disciplinata dal presente decreto, con carattere di temporaneità, previa dichiarazione al Consiglio

nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, i cittadini di cui all’articolo 1 che:

a) sono in possesso di uno dei titoli di cui all’allegato A o contenuti nella comunicazione della

Commissione europea di cui all’articolo 2, comma 2-bis, o si trovano nella situazione prevista

dall’articolo 6;

b) esercitano legalmente l’attività relativa al settore dell’architettura nello Stato membro in

cui sono stabiliti.

2. La prestazione di servizi, di cui al comma 1, comporta l’iscrizione in appositi registri,

istituiti e tenuti presso i Consigli provinciali ed il Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori,

paesaggisti e conservatori, con oneri a carico degli ordini.

3. Ai cittadini di cui all’articolo 1, iscritti nel registro, si applicano le disposizioni relative al

godimento dei diritti ed alla osservanza degli obblighi previsti dall’ordinamento professionale in

quanto compatibili”.

5. Dopo l’articolo 9 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 129, è inserito il seguente:

“Art. 9-bis. - (Esercizio della professione di architetto in altri Stati membri) – 1. Ai fini del

riconoscimento in altri Stati dell’Unione europea o negli altri Stati aderenti all’Accordo sullo

spazio economico europeo, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca certifica il

valore abilitante all’esercizio della professione dei titoli conseguiti in Italia”.

Legislazione Comunitaria del Lavoro Parte I – Tit.o II – Par. 2

241

Disciplina Europea ed Internazionale del lavoro

6. L’articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 129, è sostituito dal seguente:

“Art. 11. - (Norme transitorie) – 1. Sono riconosciuti, ai fini dell’accesso alle attività disciplinate

dal presente decreto e del loro esercizio:

a) i diplomi, certificati e altri titoli rilasciati dagli altri Stati membri dell’Unione europea fino

al 5 agosto 1985 ed elencati nell’allegato A;

b) i diplomi, i certificati e gli altri titoli elencati nell’allegato A e rilasciati dai rispettivi Stati

membri dell’Unione europea a coloro che abbiano iniziato la relativa formazione al massimo

durante il terzo anno accademico successivo al 5 agosto 1985;

c) gli attestati, rilasciati negli altri Stati membri dell’Unione europea, sulla base di disposizioni

anteriori al 5 agosto 1985, da cui risulti che il titolare è stato autorizzato, prima del 5 agosto

1987, a far uso del titolo di architetto ed ha effettivamente svolto, per almeno tre anni consecutivi,

nel corso dei cinque anni precedenti il rilascio dell’attestato, le attività relative;

d) gli attestati, rilasciati negli altri Stati membri dell’Unione europea, sulla base di disposizioni

emanate nel periodo tra il 5 agosto 1985 e il 5 agosto 1987, da cui risulti che il titolare è stato

autorizzato, entro tale ultima data, a far uso del titolo di architetto ed ha effettivamente svolto,

per almeno tre anni consecutivi, nel corso dei cinque anni precedenti il rilascio dell’attestato, le

attività relative;

e) gli attestati rilasciati dalle autorità competenti della Repubblica Federale di Germania che

sanzionano la relativa equivalenza dei titoli di formazione rilasciati, a decorrere dall’8 maggio

1945, dalle autorità competenti della Repubblica democratica tedesca, con i titoli elencati all’allegato

A”.

7. Sono abrogati gli articoli 8 e 11 del regolamento contenente norme ed integrazione della

disciplina dei procedimenti di riconoscimento ed iscrizione all’albo degli architetti di cui al decreto

del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 10 giugno 1994, n. 776.

Art. 17. (Modifica all’articolo 2 della legge 24 giugno 1997, n. 196, recante norme in

materia di promozione dell’occupazione, in esecuzione della sentenza della Corte di

giustizia delle Comunità europee del 7 febbraio 2002, nella causa C-279/00).

1. All’articolo 2, comma 2, della legge 24 giugno 1997, n. 196, e successive modificazioni,

alla lettera c) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “Sono esonerate dalla prestazione delle

garanzie di cui alla presente lettera le società che abbiano assolto ad obblighi analoghi fissati

per le stesse finalità dalla legislazione di altro Stato membro dell’Unione europea”.

Art. 18. (Esecuzione della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del

7 marzo 2002, nella causa C-145/99).

1. L’articolo 2, secondo comma, della legge 9 febbraio 1982, n. 31, in materia di libera

prestazione di servizi da parte di avvocati cittadini degli Stati membri delle Comunità europee,

è abrogato.

2. All’articolo 17, primo comma, numero 7, del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n.

1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive modificazioni,

dopo la parola: “residenza” sono inserite le seguenti: “o il proprio domicilio professionale”.

Art. 20. (Delega al Governo per la modifica della legge 23 luglio 1991, n. 223, recante

norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione

di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in

materia di mercato del lavoro, in relazione alla causa C-32/02).

1. Il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro per le politiche comunitarie

e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore

della presente legge, un decreto legislativo per la completa attuazione della direttiva 98/59/CE

del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati

membri in materia di licenziamenti collettivi, apportando alla legge 23 luglio 1991, n. 223, le

Legislazione Comunitaria del Lavoro Parte I – Tit. II – Par. 2

242

Disciplina Europea ed Internazionale del lavoro

Legislazione Comunitaria del Lavoro

modifiche necessarie per adeguarne l’ambito soggettivo di applicazione ai vincoli comunitari.

2. Il decreto legislativo di cui al comma 1 è emanato con le modalità di cui ai commi 2 e

3 dell’articolo 1 e nel rispetto dei princìpi e criteri generali stabiliti nell’articolo 2.

Art. 21. (Modifiche al decreto legislativo 26 novembre 1999, n. 532, e alla legge 19

gennaio 1955, n. 25, in materia di lavoro notturno).

1. All’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 26 novembre 1999, n. 532, è aggiunto, in

fine, il seguente periodo: “È fatto salvo quanto previsto dall’articolo 10 della legge 19 gennaio

1955, n. 25”.

2. Il quarto comma dell’articolo 10 della legge 19 gennaio 1955, n. 25, è sostituito dal

seguente:

“È in ogni caso vietato il lavoro fra le ore 22 e le ore 6 ad eccezione di quello svolto dagli

apprendisti di età superiore ai 18 anni nell’ambito delle aziende artigianali di panificazione e di

pasticceria, delle aziende del comparto turistico e dei pubblici esercizi”.

Art. 26. (Modifica all’articolo 1 della legge 24 marzo 2001, n. 127).

1. All’articolo 1, comma 4, della legge 24 marzo 2001, n. 127, le parole: “Il Governo emana

entro dodici mesi” sono sostituite dalle seguenti: “Il Governo, al fine di consentire il previo

recepimento della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio

2002, relativa al trattamento dei dati personali, emana, entro diciotto mesi”.

Parte I – Tit. II – Par. 2