*** Una definizione di servizio universale
che possiamo presentare ad inizio del presente articolo è quella
elaborata dall’Ocse nello studio dedicato a Les
service universel et la restructuration des tarifs dans les tèlècommunication.
Essa recita: “il servizio universale, definito come l’accesso ad
un servizio di telecomunicazioni è considerato come un diritto
fondamentale di tutti i cittadini, essenziale per la piena appartenenza
alla collettività sociale, e come un elemento costitutivo del diritto
alla libertà d’espressione e di comunicazione, che, quindi, come il
servizio sanitario e l’istruzione, deve essere assicurato dal potere
centrale con le risorse fiscali. In questa ottica, l'obiettivo della
fornitura del servizio universale
prevale su considerazioni di pura efficienza economica e il problema che
si pone ai poteri pubblici, insieme alla definizione dell'area dei servizi
universali, è quello di stabilire se è preferibile attingere i fondi
necessari per il servizio con l'imposizione fiscale diretta o
indirettamente, tramite le strutture tariffarie delle
telecomunicazioni.”
Nella normativa comunitaria in materia
di servizio universale troviamo la direttiva 97/33/CE del Parlamento
Europeo e del Consiglio del 30 giugno 1997 “sull’interconnessione nel
settore delle telecomunicazioni e finalizzata a garantire il servizio
universale e l’interoperabilità attraverso l’applicazione dei
principi di fornitura di una rete aperta (ONP)”
che definisce il servizio
universale come “un insieme minimo
definito di servizi di determinata qualità disponibile a tutti gli utenti
a prescindere dalla loro ubicazione geografica e, tenuto conto delle
condizioni specifiche nazionali, ad un prezzo abbordabile”.
Il settore nel quale la definizione
riportata ha trovato maggiore applicazione è quello delle
telecomunicazioni. Infatti, tale settore a seguito dell’emergere della
Società dell’Informazione, ha subito un enorme sviluppo suscitando in
questo modo l’attenzione della Comunità Europea che si è prefissata
come obiettivo di garantire a tutti l’accesso a un bene, divenuto ormai
essenziale, qual è la possibilità di interagire con gli altri attraverso
telefoni, fax e soprattutto posta elettronica e internet. Il pericolo è,
che il fossato che separa chi è connesso e chi non lo è diventerà
sempre più profondo e condannerà all’emarginazione sociale, civile,
politica, coloro che non sono riusciti a conquistare la moderna ricchezza,
ovvero l’accesso, attraverso gli strumenti telematici, ai beni e
servizi. Se l’accesso alle informazioni è un bene inestimabile per il
futuro della democrazia in quanto rende possibile il coinvolgimento
diretto del cittadino nell’esercizio delle funzioni pubbliche e il suo
controllo sull’apparto pubblico, non può lasciarci indifferenti il
fatto che ancora in molti non possono considerarsi veri cittadini della
nuova società telematica. Siamo cioè di fronte al pericolo di un’ Information Apartheid (come sottolinea Rodotà nel suo libro “Tecnopolitica”).
Infatti, è senz’altro vero che gli strumenti della tecnopolitica
accrescono in maniera straordinaria le potenzialità della democrazia, ma
chi non è in grado di usarli rischia di essere completamente emarginato.
E' necessario garantire, quindi, a tutti il diritto di partecipare alle
scelte.
L’unico rimedio per tale situazione
è l’adozione di “strategie di alfabetizzazione telematica". Esse
mirano a garantire l’accesso all’informazione al maggior numero
possibile di cittadini attraverso una politica che veda l’informazione
come un servizio da erogare a tutti i cittadini senza distinzione alcuna..
A tale concetto si lega, infatti, quello dell’ open
access, attraverso cui si intende garantire l’accesso al servizio
universale in condizioni economiche tali da non svantaggiare i ceti meno
abbienti.
Per quanto riguarda, invece,
l’esperienza italiana, il legislatore ha usato, per la prima volta,
l’espressione “servizio universale”, nella legge 14 novembre 1995,
n. 481, intitolata: “Norme per la
concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione
delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità”.
Finalità di tale legge è di
garantire adeguati livelli di qualità dei servizi, in condizione di
economicità e di redditività assicurandone il godimento e la diffusione
in modo omogeneo sull’intero territorio nazionale. Se questi sono gli
obbiettivi della legge, il settore in cui essa ha trovato maggiore
applicazione è stato quello delle telecomunicazioni. Infatti, con la
legge 31 luglio 1997, n. 249, istitutiva dell’Autorità per le garanzie
nelle comunicazioni e con il D.P.R. 19 settembre 1997, n. 318, “Regolamento per l’attuazione delle direttive comunitarie nel settore
delle telecomunicazioni” è stata sancita
l’adozione della nozione di servizio universale da parte del nostro
ordinamento e si è identificato l’obiettivo dello stesso nella
condivisione del patrimonio informativo, attraverso il quale, esso si fa
strumento di governo della società dell’informazione e di garanzia
individuale per l’accesso alla democrazia telematica.
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