inserito in Diritto&Diritti nel novembre 2002

Il servizio universale nelle telecomunicazioni

di Ilaria Baldi

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Una definizione di servizio universale che possiamo presentare ad inizio del presente articolo è quella elaborata dall’Ocse nello studio dedicato a Les service universel et la restructuration des tarifs dans les tèlècommunication. Essa recita: “il servizio universale, definito come l’accesso ad un servizio di telecomunicazioni è considerato come un diritto fondamentale di tutti i cittadini, essenziale per la piena appartenenza alla collettività sociale, e come un elemento costitutivo del diritto alla libertà d’espressione e di comunicazione, che, quindi, come il servizio sanitario e l’istruzione, deve essere assicurato dal potere centrale con le risorse fiscali. In questa ottica, l'obiettivo della fornitura del servizio universale prevale su considerazioni di pura efficienza economica e il problema che si pone ai poteri pubblici, insieme alla definizione dell'area dei servizi universali, è quello di stabilire se è preferibile attingere i fondi necessari per il servizio con l'imposizione fiscale diretta o indirettamente, tramite le strutture tariffarie delle telecomunicazioni.”

Nella normativa comunitaria in materia di servizio universale troviamo la direttiva 97/33/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 giugno 1997 “sull’interconnessione nel settore delle telecomunicazioni e finalizzata a garantire il servizio universale e l’interoperabilità attraverso l’applicazione dei principi di fornitura di una rete aperta (ONP)” che definisce il servizio universale come “un insieme minimo definito di servizi di determinata qualità disponibile a tutti gli utenti a prescindere dalla loro ubicazione geografica e, tenuto conto delle condizioni specifiche nazionali, ad un prezzo abbordabile”.

Il settore nel quale la definizione riportata ha trovato maggiore applicazione è quello delle telecomunicazioni. Infatti, tale settore a seguito dell’emergere della Società dell’Informazione, ha subito un enorme sviluppo suscitando in questo modo l’attenzione della Comunità Europea che si è prefissata come obiettivo di garantire a tutti l’accesso a un bene, divenuto ormai essenziale, qual è la possibilità di interagire con gli altri attraverso telefoni, fax e soprattutto posta elettronica e internet. Il pericolo è, che il fossato che separa chi è connesso e chi non lo è diventerà sempre più profondo e condannerà all’emarginazione sociale, civile, politica, coloro che non sono riusciti a conquistare la moderna ricchezza, ovvero l’accesso, attraverso gli strumenti telematici, ai beni e servizi. Se l’accesso alle informazioni è un bene inestimabile per il futuro della democrazia in quanto rende possibile il coinvolgimento diretto del cittadino nell’esercizio delle funzioni pubbliche e il suo controllo sull’apparto pubblico, non può lasciarci indifferenti il fatto che ancora in molti non possono considerarsi veri cittadini della nuova società telematica. Siamo cioè di fronte al pericolo di un’ Information Apartheid (come sottolinea Rodotà nel suo libro “Tecnopolitica”). Infatti, è senz’altro vero che gli strumenti della tecnopolitica accrescono in maniera straordinaria le potenzialità della democrazia, ma chi non è in grado di usarli rischia di essere completamente emarginato. E' necessario garantire, quindi, a tutti il diritto di partecipare alle scelte.

L’unico rimedio per tale situazione è l’adozione di “strategie di alfabetizzazione telematica". Esse mirano a garantire l’accesso all’informazione al maggior numero possibile di cittadini attraverso una politica che veda l’informazione come un servizio da erogare a tutti i cittadini senza distinzione alcuna.. A tale concetto si lega, infatti, quello dell’ open access, attraverso cui si intende garantire l’accesso al servizio universale in condizioni economiche tali da non svantaggiare i ceti meno abbienti.

Per quanto riguarda, invece, l’esperienza italiana, il legislatore ha usato, per la prima volta, l’espressione “servizio universale”, nella legge 14 novembre 1995, n. 481, intitolata: “Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità”. Finalità di tale legge è  di garantire adeguati livelli di qualità dei servizi, in condizione di economicità e di redditività assicurandone il godimento e la diffusione in modo omogeneo sull’intero territorio nazionale. Se questi sono gli obbiettivi della legge, il settore in cui essa ha trovato maggiore applicazione è stato quello delle telecomunicazioni. Infatti, con la legge 31 luglio 1997, n. 249, istitutiva dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e con il D.P.R. 19 settembre 1997, n. 318, “Regolamento per l’attuazione delle direttive comunitarie nel settore delle telecomunicazioni” è stata sancita l’adozione della nozione di servizio universale da parte del nostro ordinamento e si è identificato l’obiettivo dello stesso nella condivisione del patrimonio informativo, attraverso il quale, esso si fa strumento di governo della società dell’informazione e di garanzia individuale per l’accesso alla democrazia telematica.