inserito in Diritto&Diritti nel settembre 2003

L'impatto delle nuove tecnologie sull'originale archetipo "criminalita' organizzata".

di Leo Stilo

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1. PREMESSA.
Le tecnologie informatiche, influenzando la vita dei soggetti comuni che in esse trovano nuovi modi di comunicare e lavorare, hanno contribuito a mutare sostanzialmente i vecchi archetipi organizzativi delle strutture criminali.
Gli effetti di queste influenze si sono avvertiti, in modo immediato, sul piano della realizzazione e della messa in atto dell'intento criminoso e, in modo mediato, sulla stessa struttura organizzativa che si è dovuta adattare alle diverse "urgenze" create dall'esigenza di perseguire e ottenere nuovi e più incisivi risultati.
Per quanto riguarda il primo aspetto, si assiste ad una rivoluzione copernicana del classico rapporto che lega la criminalità organizzata al territorio, classico oggetto di dominio diretto e tangibile.
Per quanto riguarda il secondo punto, si assiste all'abbandono delle vecchie e monumentali strutture verticistiche non più idonee, in una società in cui tutto si muove ad estrema velocità e dove le stesse forze dell'ordine controllano in modo efficace le principali autostrade dell'informazione, a garantire la sopravvivenza del gruppo criminale.
La criminalità organizzata, nelle sue varie e mutevoli forme, si è, necessariamente, adattata ad un nuovo tessuto sociale ed economico che pone al centro dei propri interessi una nuova fonte di ricchezza, simbolo essa stessa di nuova era: l'informazione.

2. L'EVOLUZIONE DI UN PREDATORE.
La prima considerazione da fare è quella di prendere coscienza del fatto che in tema di criminalità organizzata il ruolo del ragionamento deduttivo è marginale ed attiene solo alla prima fase dell'indagine speculativa.
Parlando di fenomeni strettamente connessi alla realtà ed allo sviluppo del territorio in cui si manifestano, ogni dissertazione che pretenda di articolare un ragionamento analizzando singoli e generali archetipi da cui dedurre probabili regole applicabili al caso concreto, non riesce a dipingere un quadro veritiero di una situazione che per sua natura è fisiologicamente particolare.
Non è una novità, ad esempio, considerare la criminalità organizzata che si è sviluppata in una data regione diversa, nei suoi aspetti cognitivi ed operativi, da quella nata e sviluppata in altre realtà geografiche e sociali.
Ciascuna di tali entità non può essere considerata come una monade (sola, irrelata, chiusa nella contemplazione di se stessa) poiché vive di flussi di informazioni e di risorse provenienti in gran parte da fonti ad essa esterne, riuscendo, tuttavia, a mantenere la propria identità caratteriale.
Nel passato, un sicuro indice della vitalità delle grosse organizzazioni criminali poteva essere intravisto nel controllo del territorio ottenuto tramite la "silente e terribile autorità mafiosa" (quest'ultimo attributo da intendersi in senso ampio come espressione di un capillare controllo esercitato in modo rigido e costante su un territorio e/o su un gruppo di individui). La persistente e duratura presenza fisica sul suolo del "paese" da assoggettare era considerata di fondamentale importanza. Per comprendere l'importanza di questo fattore si pensi, ad esempio: alla necessità di avere basi logistiche ed amicizie influenti nei luoghi oggetto di interesse, al fine di ottenere una rapida ed efficace penetrazione criminale; alle classiche figure di personalità ben definite incaricate di presidiare, con la loro "semplice" sagoma, gli uffici pubblici durante una decisione importante o il seggio elettorale prima, durante e dopo le operazioni di voto; alle cessioni obbligate di attività ben avviate o alle chiusure improvvise di esercizi commerciali altamente concorrenziali.
Questa triste "fauna predatoria" è realmente estinta?
Purtroppo, non potendosi scorgere nella recente storia della nostra "giustizia penale" nessun catastrofico evento simile ad una glaciazione o alla caduta di un meteorite di grosse dimensioni, dobbiamo necessariamente pensare che i predetti potenti "dinosauri" non si siano estinti, ma semplicemente evoluti.
Una palese dimostrazione di questa "evoluzione della specie" è rinvenibile nel mutato rapporto che le organizzazioni stesse sembrano, oggi, avere con il territorio e con le modalità di apposizione dei segni atavici attraverso cui si rendono noti all'esterno, attraverso una marcatura indelebile, i confini della propria autorità. Grazie alle nuove tecnologie informatiche il controllo e la gestione del territorio (punto chiave di ogni organizzazione criminale piccola o grande) si possono ottenere efficacemente senza una reale presenza fisica: basta una presa del telefono e le giuste coordinate per venire a conoscenza di dati ed informazioni utili.
Il ragionamento è semplicemente basato su un dato economico: costa meno, da un punto di vista delle risorse impiegate e dei probabili rischi, corrompere le persone giuste per avere le parole d'ordine (codici segreti) di accesso a banche dati riservate, piuttosto che impiegare a tempo pieno uomini e mezzi per controllare porzioni di territorio o semplicemente per reperire informazioni strategiche su luoghi o persone oggetto d'interesse illecito.
Quale significato aveva il territorio? Perché era così importante per l'organizzazione criminale ?
Il territorio, probabilmente, costituiva lo sfondo, scenario fisico necessario, di qualunque operazione economica: gli interessi finanziari, politici e gli stessi operatori si muovevano da un luogo all'altro (ad esempio, per rimanere alle operazioni "d'ordinaria amministrazione": per minacciare una persona era necessario imbucare e consegnare una lettera (o un feticcio...), parlargli direttamente o indirettamente; per rubare qualcosa o per progettare un omicidio bisognava fare un sopralluogo nella zona interessata in modo da rendersi conto delle reali distanze e calcolare tempi di reazione della polizia...).
In questo ragionamento può essere così trovata una delle numerose e complesse verità che appaiono idonee a spiegare i motivi dell'arretratezza del sud d'Italia, oggi estremo sud d'Europa. Lo scarso sviluppo, in questa particolare ottica, appare legato indissolubilmente alle esigenze di controllo e di repressione delle più importanti organizzazioni criminali; quest'ultime, infatti, preferirono sacrificare l'incremento economico - proveniente da un improbabile turismo di massa o da inverosimili investimenti imprenditoriali - sull'altare dell'isolamento, piuttosto che non disporre di un costante monopolio delle attività economiche e politiche sui luoghi ritenuti di propria "influenza".
La stasi e l'immobilismo facilitavano il compito e favorivano i traffici.
Non si trattava, per questo motivo, come molti pensano di accontentarsi e di contendersi solo un "osso già spolpato", le poche e povere risorse di un territorio economicamente morente, ma di garantirsi un luogo di sicurezza, una roccaforte feudale, dove poter vivere tranquilli e da cui partire per gestire i propri "affari".
Oggi questa esigenza non esiste più. A che serve sprecare energie al fine di garantire il perpetuarsi dello status quo?
Oggi serve la dinamicità di tutti e di ogni cosa, perché a differenza del passato si può controllare meglio e in profondità le cose che si "muovono" di più. Un soggetto, o un oggetto, lascia un numero di tracce che aumenta in modo esponenziale con il suo movimento fisico o virtuale: più segni del proprio passaggio si lasciano e maggiore diventa la probabilità di essere soggetto ad un controllo da parte di qualcuno.
Stranamente il rapporto tra la velocità di movimento degli "oggetti d'interesse" ed il loro controllo potrebbe diventare la nuova terra di frontiera dove ingaggiare una rinnovata lotta, nuova nei mezzi e vecchia nei fini, tra l'ordinamento giuridico, sia esso statale, comunitario o internazionale, e le organizzazioni criminali. Le tracce che tutti noi lasciamo movendoci ed operando fisicamente (percorrendo l'autostrada, utilizzando la carta di credito, il bancomat o semplicemente il telefono cellulare...) o "virtualmente" nella rete (dando e ricevendo informazioni in modo volontario o involontario; richiedendo e concedendo l'utilizzo di una serie di dati personali oppure semplicemente consultando determinate notizie piuttosto che altre...) potrebbero rappresentare, per le organizzazioni criminali, il nuovo territorio "virtuale e reale" da sottoporre ad un rigido controllo e da cui trarre illeciti guadagni.
Una breve riflessione, inoltre, deve essere compiuta anche sul fatto che non serve più creare e coltivare un ambiente sociale degradato da cui poter attingere a piene mani la manovalanza necessaria per mantenere vitale ed economicamente produttiva la struttura criminale.
Non serve più, infatti, un numero elevato di uomini sacrificabili da lanciare contro il nemico di turno o da utilizzare come corrieri per il trasporto di materiale illegale; oggi servono pochi e specializzati individui che da una comoda scrivania, collocata in una qualunque parte del mondo, riescano a controllare e gestire enormi flussi di informazioni (si ricorda, ad esempio, che anche il denaro è un'informazione che migra da un circuito bancario all'altro).
Per questo motivo bisogna prestare la massima attenzione durante le diverse fasi di sviluppo del processo di modernizzazione in atto; il timore è quello di creare, assieme ad una augurabile crescita ed occupazione, un concorrente aumento di potere di alcune organizzazioni criminali che potrebbero utilizzare le risorse impiegate dallo Stato, per creare infrastrutture (strade e ponti per muoversi fisicamente e tecnologia informatica per incrementare l'invio, la ricezione e l'elaborazione delle informazioni reperibili) al fine di precostituirsi potenti mezzi da utilizzare per scopi illeciti.
Le notizie relative alle diverse organizzazioni criminali che si sono alternate sulle prime pagine della cronaca di questi anni hanno avuto un ruolo determinante nella storia d'Italia e d'Europa, segnando con vistose cicatrici la nostra stessa cultura. La sopravvivenza nel tempo è stata loro garantita dalla grande capacità di rinnovamento.
Ogni elemento, più o meno importante, arrestato o in qualche modo "bruciato" non ha determinato la morte del nucleo organizzativo, ma ha rappresentato un fisiologico momento rigenerativo in cui si impiantava al posto dell'arto amputato un nuovo tessuto più efficiente, attento a non ripetere gli errori del suo predecessore.
L'invito che si può muovere alle Autorità governanti è quello di andare alle radici dei fenomeni economici e di fronte alle richieste improvvise di modernità ed infrastrutture, prima di concedere acriticamente qualcosa, vagliare attentamente tale richiesta utilizzando, per orientare le proprie decisioni, l'eterna bussola delle miserie umane, costituita dalla domanda: cui prodest?

2. DALLA PIRAMIDE ALL'ARCIPELAGO.
Osservando con attenzione i diversi e numerosi fenomeni criminali di tipo associativo, quotidiani catalizzatori dell'opinione pubblica nazionale ed internazionale, si riesce a scorgere in tutti loro la fiera presenza di un nuovo e comune elemento: un particolare tipo di decentramento organizzativo.
La ragione di tale novità è ancora una volta di tipo evolutivo.
Non appaiono più enormi strutture associative organizzate in modo patriarcale e rigidamente gerarchico. Il c.d. modello a piramide, estremamente efficiente nella sua verticistica autorità, si presenta allo stesso tempo macchinoso e poco duttile in rapporto alle esigenze della moderna e camaleontica pratica quotidiana.
Nelle organizzazioni così costituite la pianificazione delle attività criminali viene calata dall'alto senza una partecipazione diretta della base, se non in termini esecutivi e di verifica. I legami rilevanti e vitali sono quelli che mettono in comunicazione il vertice con i diversi livelli inferiori e con la base stessa dell'organizzazione. Quest'ultima, infatti, vive finché permangono vitali i legami vertice / livelli intermedi / base e base / livelli intermedi / vertice.
E' proprio attraverso questi legami che scorre, in ambo i sensi di marcia, un flusso costante di informazioni e di denaro (o di qualsiasi altro suo succedaneo. Il black-out comunicativo determinerebbe un'interruzione di tali flussi causando la cancrena dei livelli inferiori scollegati e la necessità di un considerevole periodo di tempo per la rigenerazione di nuovi tessuti attraverso complessi e onerosi processi di neovascolarizzazione. La fine dell'organizzazione, quindi, non potrebbe essere determinata dall'amputazione di una parte periferica della struttura, per sua intima essenza autorigenerante, ma dalla decapitazione definitiva del vertice. Nel momento in cui la "testa" dell'organizzazione cade è la stessa comunicazione con le parti e tra le parti a cessare o compromettersi.
I legami con le zone periferiche sono, nel modello di organizzazione criminale piramidale, generalmente accentrati nelle mani di poche entità; poiché, sono le stesse conoscenze e possibilità comunicative a determinare il ruolo più o meno elevato che ciascuno riveste all'interno della stessa struttura. Quando il detentore dei contatti cade, si apre un periodo di dubbioso silenzio tra gli "orfani" dell'organizzazione sopravvissuti che porta con sé sospetti e dispendiose lotte per la successione.
La sostituzione del vertice apre una crisi che difficilmente si concluderà con la nascita di un'entità che presenta le stesse caratteristiche, quantitative e qualitative, della precedente. In qualche modo la personalità del vertice influenza, dando una propria impronta, l'intera organizzazione criminale che nasce, vive e muore seguendo i punti della parabola vitale del gruppo di comando.
L'importanza del vertice per l'esistenza dell'organizzazione criminale, sua espressione tentacolare, è testimoniata dalla necessità di stabilire, nel caso in cui vengano assicurati alla giustizia personalità rilevanti, dei contatti continui per preservare, funzionale, il legame informativo ed economico: linfa vitale dell'intera struttura. La "testa", anche se rinchiusa in un istituto penitenziario, continua a ricevere, archiviare e digerire informazioni consegnando le direttive per lo svolgimento dell'attività criminale o semplicemente creando le condizioni necessarie per una successione "soft". La guerra alle organizzazioni criminali piramidali si combatte principalmente puntando ai vertici, cercando di isolarli poiché il resto della struttura crolla, polverizzandosi, senza un continuo contatto con la fonte della forza di coesione del gruppo.
Lo Stato ha ottenuto, ad esempio nel caso della lotta alla criminalità mafiosa, numerose vittorie scegliendo di investire ingenti risorse umane ed economiche nell'attuazione della strategia in precedenza, a larghe linee, descritta.
Le investigazioni classiche, quelle con la lente d'ingrandimento per utilizzare una metafora, se da un lato erano utili al fine di trovare gli autori materiali dei singoli delitti non si presentavano, però, sufficientemente idonee ad individuare i mandanti degli stessi.
In altre parole, la difficoltà d'individuazione dei soggetti responsabili aumenta in rapporto alla posizione rivestita dal mandante nella scala gerarchica. Per questo motivo, nel momento in cui lo Stato ha compreso la struttura e il relativo funzionamento delle organizzazioni mafiose ha cercato nuove vie per arrivare al vertice, alla testa, alla mente dell'organizzazione rischiando, in alcuni casi, di trascurarne il tentacolo amputato che poteva:
1) continuare ad operare prima di spegnersi in modo convulso;
2) se sufficientemente forte: 2.1) sopravvivere in uno stato di quiescenza prima di essere fagocitato e metabolizzato da altre organizzazioni, 2.2) assumere esso stesso, tramite una "mutazione genetica", la forma di una nuova testa alla ricerca di altri tentacoli.
Lo strumento investigativo classico viene così gradualmente sostituito dallo strumento "pentiti", cioè da persone appartenenti alle organizzazioni criminali che decidono, per vari motivi (morali, religiosi, economici...), di tradire l'organizzazione mettendone a nudo la struttura ed indicandone, in modo puntuale, i vertici. In questa sinfonia di dati ed informazioni il pentito diviene il protagonista principale di scene processuali sempre più vaste e complesse assumendo, sempre più, il ruolo di un procacciatore di notizie ed informazioni utili ai fini delle indagini, provocando quello che può essere definito il processo di "rilassamento investigativo" delle strutture ufficiali delle forze dell'ordine.
Se il modello piramidale, sino a qualche anno addietro, si presentava come dominante e il più diffuso su scala nazionale e internazionale (si pensi alla rigida struttura gerarchica presente nelle organizzazioni criminali che rientrano in quelle che comunemente vengono definite "mafia cinese", "mafia albanese", "mafia russa"; dove il termine mafia indica l'esistenza di una struttura di tipo piramidale e tentacolare) oggi sembra aver perso terreno, sino quasi a scomparire, sostituito da quello che si può metaforicamente definire: organizzazione ad "arcipelago".
L'organizzazione criminale, di qualunque natura, sembra tendere inevitabilmente verso una graduale frammentazione della propria struttura.
Non si scorgono più tentacoli saldamente legati ad un unico corpo, ma l'organismo, mutando ed adattandosi alla realtà di un'economia e ad una politica di sicurezza sempre più globale e tecnologica, trova la sua "nicchia biologica", dove poter sopravvivere e riprodursi, nell'indipendenza e nelle ridotte dimensioni di particolari forme di esistenza: le "cellule" criminali.
La forma a "cellula" se da un lato non garantisce un puntuale e continuo coordinamento rispetto al fine da perseguire, dall'altro consente la sopravvivenza dell'organizzazione indipendentemente da quale parte, importante o meno, venga colpita o assicurata alla giustizia.
Non ci sono veri e propri vertici comuni, ma semplicemente dei fini comuni da perseguire in modo autonomo, salvo alcuni momenti di occasionali sinergie.
Ogni cellula nasce, vive, si scinde, viene fagocitata e muore indipendentemente dalle altre, ma con le altre ha in comune il perseguimento del fine ultimo dell'organizzazione.
Il perseguimento dell'obiettivo sembra impresso nel DNA di queste cellule che si dimostrano fisiologicamente orientate a raggiungerlo utilizzando i metodi che appaiono a ciascuna più idonei.
Non bisogna pensare, però, che le singole entità siano irrelate, perché le stesse vivono di flussi di informazioni e denaro che pervengono dal collegamento con le altre autonome entità cellulari.
La differenza rispetto all'organizzazione piramidale risiede, però, nel tipo di struttura che caratterizza il collegamento, non più "a radice" ( dal tronco principale alla periferia ) ma "a rete" ( costituita da nodi orizzontalmente dislocati).
L'immagine della rete è utile per comprendere che la stessa comunicazione tra tali entità non viene mai meno per l'estinzione di una di loro (nodo) perché nessuna è gerarchicamente superiore all'altra e nessuna è collegata in modo univoco alle altre. Il black-out, in questo modello organizzativo, non si può provocare semplicemente eliminando uno o più elementi. E' necessario mandare in "corto" l'intero sistema su cui tali strutture poggiano tramite l'utilizzo di meccanismi idonei a riprodursi ed infettare esponenzialmente ogni cellula che venga a contatto con quella ormai malata, ma ancora non morta.
Ogni organizzazione, essendo costituita essenzialmente da persone, nasce perseguendo un fine ben determinato e finché non sia conquistato le singole cellule, in modo autonomo, si indirizzeranno verso di esso cercando di raggiungerlo con ogni mezzo.
E' sul fine, quindi, che bisogna concentrare l'attenzione.
Due appaiono le soluzioni astrattamente percorribili:
1) agire sui motivi di fondo che spingono i soggetti membri delle cellule dell'organizzazione criminale a voler raggiungere quei fini;
2) rendere poco appetibile il fine stesso.
E' opportuno precisare che queste soluzioni, come chiaramente si evince dal tenore dello scritto, hanno un valore meramente teorico ed astratto e per rilevare devono essere adattate alle diverse realtà che caso per caso verranno concretamente prese in considerazione.
Sono necessari nuovi strumenti e nuove professionalità investigative per far fronte a queste organizzazioni che traggono la loro forza dal numero e dall'autonomia dei singoli elementi che le compongono.
I c.d."pentiti", non appaiono più come un formidabile grimaldello con cui scardinare e scassinare complesse strutture criminali, perché la cattura di uno o più capi, oggi, non rappresenta che un piccolo colpo inferto ad un elemento strutturale di una organizzazione che per sua intima essenza non ha struttura.
Le varie organizzazioni criminali "mafiose"(locali, nazionali ed internazionali) e terroristiche (da quelle a sfondo politico a quelle motivate da particolari fondamentalismi religiosi) dimostrano pienamente come ciò che conta è il fine, l'idea .
La lotta fisica alle strutture organizzative ad "arcipelago" è destinata a fallire se non sarà affiancata da una congrua operazione culturale e di informazione tesa ad eliminare, o almeno limitare, la nascita dei desideri, degli odi e degli oggetti (scopi) che rappresentano il fertile terreno di coltura di ogni organizzazione criminale.
In questa situazione di forte instabilità dai tessuti isolati e dimenticati nell'oceano della società prendono forma e vita quelle cellule criminali che trovano negli scopi comuni, o semplicemente nei nemici comuni, il collante necessario per saldare la loro attività a quella delle altre nate per analoghi motivi costruendo così un'organizzazione ad "arcipelago" .
Paradossalmente, in un'epoca in cui si rileva la totale assenza di valori totalizzanti e totalitari il mondo si ritrova a combattere e morire a causa della presenza di gruppi di persone che si contrappongono, violentemente, le une alle altre innalzando ciascuno le proprie bandiere, i propri simboli, i propri simulacri.


LEO STILO