*** Elton Mayo nacque in Australia nel
1880 ed è considerato il fondatore della sociologia industriale, in
particolare del “Human Relations Movement”, conseguenza naturale dei
risultati provenienti dagli esperimenti di Hawthorne del 1927-32, su ciò
che effettivamente spinge i lavoratori a una più elevata performance.
Laureatosi all’Università di
Adelaide, studiò medicina a Londra e Edimburgo, insegnando filosofia dal
1911 al 1919 all’ Università di Queensland.
Nel 1923 si trasferì negli Usa e dal
1926 è associate professor di Ricerche Industriali ad Harvard.
Mayo svolse la maggior parte del
lavoro ad Harvard e terminò la sua carriera come docente di ricerche
industriali alla Graduate School of Business Administration. Morì nel
1949, dopo essere anche stato consulente di problematiche industriali per
il governo laburista del dopoguerra, presieduto da Clement Attlee.
La lezione più importante di Mayo è
quella nella quale egli ha dimostrato che la base della soddisfazione nel
lavoro è di natura non economica e di averla collegata più
all’interesse per la performance del lavoratore che alla ricompensa
finanziaria.
In tal senso, viene capovolta la
prospettiva tayloristica, che basava i suoi assunti sugli incentivi
economici: “ i lavoratori respingono il taylorismo perché, malgrado i
suoi contributi all’efficienza, fondamentalmente è un sistema imposto e
non tiene conto del parere dei lavoratori” (Mayo, 1949; Smiraglia, 1993;
Dahrendorf, 1977).
La grande importanza che riveste la
comunicazione fra management e lavoratori, un punto chiave nella teoria di
Mayo, ha gettato le basi per i lavori di molti altri teorici di
management, fra i quali ricordiamo Peters e Waterman (In Search of
Excellence) e la scuola dei sociologi degli anni Cinquanta, nella quale
spiccano i nomi di Chris Argyris, Frederick Herzberg e Abraham Maslow.
Gli esperimenti di Hawthorne, ai quali
Mayo resterà per sempre legato, devono il loro nome ai Western
Electric’s Hawthorne Works di Chicago (Mayo, 1969; Martelli, 1979).
Furono condotti sotto la supervisione
di Mayo, dal 1927 al 1932 (e proseguirono per altri cinque anni), da un
gruppo di studiosi di Harvard e da un gruppo composto da 75-100
ricercatori che lavoravano con ventimila dipendenti della Western Electric.
Gli esperimenti sono il risultato di
una serie di test che la Western Electric aveva precedentemente effettuato
e che avevano comportato cambiamenti nelle condizioni di lavoro e fornito
risultati inaspettati riguardo alla performance dei dipendenti. Due gruppi
di lavoratori parteciparono ai test, durante i quali venne aumentata
l’intensità dell’illuminazione solo per una delle due squadre.
Il risulato fu che in quel gruppo ci
fu un netto aumento di produttività, ma lo stesso risultato fu ottenuto
anche dal gruppo per il quale l’illuminazione non aveva subito alcun
cambiamento.
Mayo si spinse oltre, fino ad
apportare ben dieci modifiche alle condizioni di lavoro, fra cui riduzione
dell’orario di lavoro, varie pause, nonché una serie di incentivi.
L’èquipe di ricercatori di Mayo
trascorreva parecchio tempo con i gruppi di lavoro, ognuno dei quali era
formato da sei donne, discutendo delle modifiche prima che queste
venissero apportate. Tutte le volte che subentrava un cambiamento, si
registrava un cambiamento si registrava un aumento di produttività.
Tuttavia, quando fu chiesto ai gruppi
di ritornare alle condizioni di lavoro iniziali, cioè quarantotto ore di
lavoro la settimana senza incentivi né pause, la produttività aumentò
di nuovo. Inoltre, in generale, vi fu una diminuzione dell’assenteismo
dell’ 80%.
L’unica spiegazione, concluse Mayo,
era che i dipendenti si sentivano molto più soddisfatti del lavoro perché
avevano la sensazione di essere individui e non ingranaggi di una macchina
e perché grazie alla comunicazione con i ricercatori, i lavoratori si
sentivano maggiormente investiti della responsabilità della propria
performance e di quella dell’intero gruppo. Ai fini della performance,
la sensazione di coesione e la stima di sé erano più importanti di
qualsiasi miglioramento nell’ambiente di lavoro.
Una serie di interviste condotte nello
stesso periodo nelle fabbriche di Chicago evidenziò che il conflitto
management-lavoratori spesso è dovuto non tanto a palesi motivi di
scontro, quanto piuttosto ad atteggiamenti emotivi di base.
Secondo Mayo, nei lavoratori prevaleva
la “logica dei sentimenti”, mentre i manager si ispiravano alla
“logica dei costi e dell’efficienza”.
Il dato più importante emerso da
questa sperimentazione, fu la confutazione della teoria taylorista
dell’interesse personale.
In pratica, i dipendenti apprezzavano
la collaborazione spontanea e i rapporti creativi con le persone colleghe
di lavoro e si sarebbero comportati di conseguenza: “ il desiderio di
essere stimolati dai propri simili, il cosiddetto istinto di associazione,
è decisamente preponderante rispetto al mero interesse personale e alla
logica delle argomentazioni sulle quali si fondano così tante teorie
fasulle di management” (Mayo, 1949).
Pur ritenendo valida
l’organizzazione scientifica del lavoro, Mayo (1949) stemperò le rigide
affermazioni di Taylor, sostenendo che “ osservazione, skill,
esperimento e logica, vanno considerati come le tre fasi di
avanzamento”.
Alcuni anni dopo, Miller e Form, nella
pubblicazione dal titolo Industrial Sociology (1964), mostrarono le
importanti conclusioni del lavoro sperimentale di Mayo ( Landsberger,
1972):
Il lavoro è una attività di gruppo.
La vita sociale degli adulti ruota
soprattutto intorno all’attività lavorativa.
Il bisogno di essere accettati, di
sicurezza e il senso di appartenenza sono più determinanti per il morale
di un lavoratore e per la produttività, di quanto non lo siano le
condizioni fisiche nelle quali si trova a lavorare.
Il lavoratore è una persona i cui
atteggiamenti e la cui efficienza sono condizionati da esigenze sociali
imposte sia dall’interno che dall’esterno della fabbrica.
Gruppi informali all’interno della
fabbrica esercitano un forte controllo sociale sulle abitudini lavorative
e sugli atteggiamenti del singolo lavoratore.
Il passaggio da una società stabile a
una società capace di adattamento, tende costantemente a scardinare
l’organizzazione sociale di una fabbrica e dell’azienda in generale.
La collaborazione di gruppo non è
frutto del caso: va programmata e sviluppata. Se si riesce a promuovere òa
collaborazione di gruppo, i rapporti di lavoro all’interno della
fabbrica possono raggiungere una coesione che consente di arginare gli
effetti disgreganti di una società in grado di adattarsi.
La scoperta di Mayo dell’importanza
dei gruppi di pari livello sul lavoro, lo portò a concludere che
all’interno di ogni organizzazione formale esistessero numerose
organizzazioni informali che avrebbero potuto essere incoraggiate a
realizzare una più elevata produttività, se fossero state spinte a farlo
da sole, grazie all’interesse e alla stima dei loro manager (Richardson,
Walker, 1978).
In tal senso, l’ Human Relations
Movement, scaturito dai lavori di Mayo, attraverso la ricerca scientifica,
cominciò a dedicarsi allo studio di come incanalare motivazioni e impegno
degli individui in direzione degli obiettivi aziendali.
Il suo contributo alla teoria del
management è stato importante per una serie di motivi.
In primo luogo, mettendo in luce
l’importanza delle emozioni, delle reazioni e del rispetto nei confronti
dell’attività di gestire gli altri.
In secondo luogo, egli fu il
precursore del concetto della giusta comunicazione fra management e
lavoratori.
Infine, egli dimostrò che il
management avrebbe potuto rivelarsi vincente solo se i lavoratori, nei
loro gruppi informali, avessero accettato quel tipo di leadership.
Nel principio delle relazioni umane,
bisognava organizzare gruppi di lavoro, promuovere e aiutare la
collaborazione, dovevano essere una priorità per il management.
In altri termini, la direzione doveva
attuare una modalità di comunicazione orientata a comprendere ciò che i
dipendenti volevano sapere e a che cosa sarebbero stati ricettivi.
Francesco
Giacca
Bibliografia
DAHRENDORF, R. (1977): Classi e
conflitto di classe nella società industriale, Laterza, Bari.
LANDSBERGER, H.A. (1972): Processo a
Hawthorne, Angeli, Milano.
MARTELLI, A. (1979) : Teorie e
ideologie del management. Profitto storico delle dottrine manageriali
(1770-1970), Etas Libri.
MAYO,
E. (1933): The human problems of an industrial civilization, MacMillan,
London.
MAYO,
E. (1949): The social problems of an industrial civilization, Routledge
and Kegan Paul, London (trad.it. I problemi umani e socio-politici della
civiltà industriale, Torino, 1969).
SMIRAGLIA, S. (1993): Psicologia
sociale della società industriale. Gerarchia e dominio, Patron Editore,
Bologna.
RICHARDSON, F.L., WALKER, C.L. (1978):
Struttura organizzativa e relazioni industriali, Angeli, Milano.
SENSALES, G. (1981): La nascita della
psicologia industriale: Hugo Munsterberg, in “Psicologia Italiana”,
5-6.
TAYLOR, F.W. (1976): I criteri
scientifici di direzione e organizzazione aziendale, Angeli, Milano.
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