inserito in Diritto&Diritti nel settembre 2002

Il regolamento (CEE) n. 2092/91 e la produzione biologica nelle aziende

di Gabriele Focosi (AGRIBIOS.ORG)

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Il regolamento (CEE) n. 2092/91, relativo al metodo di produzione biologico
di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli
e sulle derrate alimentari, adottato il 24 giugno 1991, può essere visto nel
contempo come il risultato delle iniziative di riconoscimento ufficiale
dell'agricoltura biologica in taluni Stati membri e come l'affermazione
della volontà di chiarire, agli occhi dei consumatori, il concetto di
agricoltura biologica, lottando in particolare contro le numerose frodi fino
ad allora constatate.



Il regolamento in oggetto mira infatti a stabilire norme comuni applicabili
alla produzione comunitaria di prodotti biologici di origine vegetale. Tali
norme sono state contemplate in un primo tempo dal Consiglio nel 1992 e,
successivamente, nel 1995, prevedendo la possibilità di istituire un logo
specifico dell'agricoltura biologica e introducendo una serie di norme
tecniche relative, in particolare, all'etichettatura e al regime di
importazione. La Commissione ha in seguito adottato vari regolamenti al fine
di aggiornare o completare gli allegati tecnici del regolamento (CEE) n.
2092/91.



Nel 1999, il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 1804/99, del 19
luglio 1999, con il quale vengono fissate le norme comunitarie relative alla
produzione dei prodotti biologici di origine animale, completando così il
quadro normativo, dimodochè la legislazione comunitaria abbraccia ormai sia
la produzione vegetale che quella animale.

Il regolamento del Consiglio conferisce alla Commissione l'incarico di
adottarne le modalità di applicazione e, in particolare, di modificare, se
necessario, gli allegati tecnici del regolamento. Tale possibilità consente
di mantenere aggiornate le disposizioni del regolamento rispetto agli
sviluppi tecnici e scientifici e alle realtà del mercato dei prodotti
dell'agricoltura biologica.

Infine, la definizione di un logo comunitario specifico per l'agricoltura
biologica nel marzo 2000 ha consentito una maggiore valorizzazione dei
prodotti biologici e ne ha rafforzato la protezione contro le frodi, sia per
i prodotti vegetali che per i prodotti animali derivati dall'agricoltura
biologica.



L'agricoltura biologica, elemento della politica di qualità


Il quadro normativo sviluppato dalla Comunità europea per la produzione
biologica vegetale e animale si inserisce nel contesto più generale della
politica di qualità dei prodotti agricoli.

Tale politica è nata all'inizio degli anni '90 per rispondere alle sempre
più pressanti richieste dei consumatori europei di prodotti speciali di
fronte alla crescente standardizzazione dei prodotti convenzionali.

Pertanto, i produttori hanno ormai la possibilità, quando i loro prodotti
rispondono ai requisiti previsti dalla normativa europea, di impegnarsi in
un processo di qualità che consente una migliore valorizzazione dei loro
prodotti. I prodotti interessati possono infatti beneficiare, secondo il
legame che hanno con la zona geografica alla quale intendono riferirsi, di
due designazioni: denominazione d'origine protetta e indicazione geografica
protetta. Possono anche avvalersi dell'attestazione di specificità (con la
qualifica di "specialità tradizionale garantita"), che certifica che il
prodotto è stato elaborato secondo un metodo tradizionale. L'istituzione di
tali forme di tutela consente al tempo stesso di sviluppare un sistema
economicamente redditizio a favore di aziende generalmente penalizzate da
notevoli svantaggi strutturali e di offrire ai consumatori prodotti
realmente originali.

L'agricoltura biologica si inserisce anch'essa in questa nuova politica, pur
conservando la propria specificità, dato che il suo obiettivo principale
resta la salvaguardia dell'ambiente.



Campo di applicazione del regolamento


Il regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio si applica ai prodotti
vegetali e animali non trasformati, ai prodotti agricoli trasformati
destinati all'alimentazione umana e agli alimenti per animali, i quali
recano sulle etichette, nella pubblicità e nella documentazione commerciale
le indicazioni in uso a ciascuno Stato membro atte ad informare il
consumatore che il prodotto è stato ottenuto secondo il metodo di produzione
biologico definito dal regolamento.

Le norme sancite dal regolamento (per esempio, in materia di ispezione) si
applicano quindi soltanto nel caso in cui il produttore desideri apporre sul
proprio prodotto una simile dicitura.

In un primo tempo, il Consiglio ha definito, in ogni lingua, il termine
considerato il più caratteristico del metodo di produzione previsto dal
regolamento e che usufruisce in maniera particolare della tutela ivi
istituita.

Inoltre, con l'adozione del regolamento (CE) n. 1804/99 del Consiglio, tale
protezione viene estesa ai corrispondenti termini derivati (come "bio",
"eco", ecc.) o diminuitivi in uso, soli o combinati.



Applicabilità delle norme relative ai prodotti convenzionali


Le norme relative ai prodotti convenzionali si applicano comunque, a
prescindere dalle disposizioni sancite dal regolamento (CEE) n. 2092/91. Di
conseguenza, tale regolamento può prescrivere norme più rigide, ma in nessun
caso meno rigorose di quelle previste dalla normativa comunitaria generale
sull'agricoltura convenzionale e sui prodotti destinati all'alimentazione
umana. Trovano in tal modo applicazione le disposizioni generali in materia
di produzione, preparazione, commercializzazione, etichettatura e controllo
dei prodotti agricoli e delle derrate alimentari convenzionali. Si tratta,
in particolare, di tutte le norme relative alla sicurezza di tali prodotti
per la salute umana.



Produzione vegetale


Le regole di base del metodo di produzione biologico applicabile ai prodotti
vegetali sono descritte dettagliatamente nell'allegato I, parte A del
regolamento.

Il ripristino e il mantenimento della fertilità e dell'attività biologica
del suolo devono essere garantiti mediante la coltivazione di leguminose, di
concimi verdi o di vegetali aventi un apparato radicale profondo nell'ambito
di un adeguato programma di rotazione annuale. Tale misura può essere
completata mediante l'incorporazione di deiezioni zootecniche provenienti da
produzione animale biologica, nei limiti fissati dall'allegato I, parte B
(170 kg di azoto per ettaro e all'anno) e di materiale organico, compostato
o meno, prodotto da aziende che operano nel rispetto delle norme previste
dal metodo di produzione biologico.

Qualora i suddetti mezzi risultino insufficienti ad assicurare un'adeguata
nutrizione dei vegetali o il trattamento del terreno, occorre procedere
all'integrazione con altri mezzi. Tuttavia, i concimi organici o minerali
possono essere utilizzati soltanto quando sono elencati nell'allegato II,
parte A del regolamento, che prevede essenzialmente minerali naturali poco
solubili e non ottenuti mediante sintesi chimica.

Infine, per migliorare lo stato generale del suolo o la disponibilità di
elementi nutritivi nel suolo o le colture, possono essere altresì utilizzate
preparazioni a base di microrganismi, non geneticamente modificati, a patto
che tale esigenza sia stata riconosciuta dallo Stato membro interessato.

La protezione delle piante dai parassiti e dalle malattie, nonchè
l'eliminazione delle piante infestanti devono essere assicurate evitando per
quanto possibile l'impiego di prodotti fitosanitari. La protezione dei
vegetali deve essere assicurata in primo luogo mediante il seguente
complesso di misure: scelta di specie e varietà naturalmente resistenti,
programmi di rotazione delle colture, coltivazione meccanica, eliminazione
delle malerbe mediante bruciatura e protezione dei nemici naturali dei
parassiti (mediante la manutenzione di siepi, posti per nidificare, ecc.).

E' tuttavia previsto che, in caso di pericolo immediato che minacci le
colture, possono essere utilizzati, a determinate condizioni, i prodotti
fitosanitari di cui all'allegato II, parte B del regolamento. In tale elenco
figurano quattro categorie di prodotti autorizzati: taluni prodotti di
origine animale o vegetale, i prodotti a base di microrganismim, talune
sostanze obbligatoriamente utilizzate nelle trappole o negli spandiconcime
e, infine, talune altre sostanze tradizionalmente impiegate nell'agricoltura
biologica, già prima dell'adozione del regolamento (CEE) n. 2092/91.

Durante il passaggio da un'agricoltura convenzionale a un'agricoltura
biologica, la durata minima del periodo di conversione è di due anni (prima
della semina) per le colture annuali e di tre anni (prima del primo
raccolto) per le colture perenni diverse dai prati. Tale periodo può essere
prolungato o ridotto in funzione degli antecedenti colturali. Le condizioni
per il prolungamento o la riduzione di tale periodo di conversione sono
stabilite dagli Stati membri.

Infine, l'allegato I del regolamento precisa che la raccolta dei vegetali
che crescono spontaneamente nelle zone naturali, nelle foreste e nelle zone
agricole è assimilata a un metodo di produzione biologico, a condizione che
le superfici in questione non siano state trattate, negli ultimi tre anni,
con prodotti vietati nell'agricoltura biologica e che la raccolta non
influisca sulla stabilità dell'habitat naturale e sulla sopravvivenza delle
specie.



Produzione animale



L'allegato I, parte B del regolamento (CEE) n. 2092/91, modificato nel
luglio 1999 dal regolamento (CE) n. 1804/99, fissa alcune regole minime in
materia di produzione biologica animale. Gli Stati membri possono adottare,
a norma dell'articolo 12 del regolamento (CEE) n. 2092/91, regole più severe
riguardo agli animali d'allevamento e ai prodotti animali provenienti dal
loro territorio.

Conformemente ai principi generali applicabili alla produzione biologica
animale, è necessario che venga rispettato il principio di complementarietà
tra suolo e animali. E' quindi esclusa la produzione senza terra. Tale
produzione legata alla terra implica altresì che gli animali dispongano di
un'area di pascolo e che il numero di capi per unità di superficie sia
limitato.

Inoltre, a seguito del riconoscimento di un principio di separazione, tutti
gli animali appartenenti ad una stessa unità di produzione devono essere
allevati nel rispetto delle norme di produzione biologica. Sono ammesse
deroghe soltanto se vengono offerte adeguate garanzie a scanso di qualsiasi
confusione tra produzione biologica e produzione convenzionale.

L'allegato I, parte B del regolamento (CEE) n. 2092/91 fissa inoltre una
serie di norme relative al periodo di conversione e all'origine degli
allevamenti. I periodo di conversione sono quindi di due tipi. La
conversione interessa sia le superifici agricole destinate alla produzione
animale sia gli animali stessi.

Durante la costituzione del patrimonio, dovrà essere dedicata particolare
attenzione alla scelta di razze in grado di adattarsi nel migliore dei modi
al loro ambiente e caratterizzate da una resistenza certa alle malattie. Gli
animali, infine, devono provenire da un'azienda che rispetti le regole
dell'agricoltura biologica e devono essere successivamente allevati, durante
l'intera durata della loro vita, in conformità di tali regole.

Sono state altresì adottate disposizioni relative all'alimentazione degli
animali. I mangimi destinati agli animali devono provenire non solo dal
metodo di produzione biologica ma anche, e preferibilmente, dall'azienda
stessa. Particolare attenzione deve essere riservata all'alimentazione
naturale. Tutti i mammiferi dovranno essere nutriti a latte naturale durante
un periodo minimo stabilito dall'allegato I del regolamento. Sono stati
definiti criteri precisi riguardo alla composizione della razione
giornaliera, alle materie prime e alle altre sostanze utilizzate.

Per quanto riguarda i principi applicabili alla profilassi e alle cure
veterinarie, l'accento deve essere posto, in primo luogo, sulla prevenzione.
I principi da rispettare, oltre alla scelta delle razze appropriate di
animali, riguardano l'applicazione di pratiche di allevamento in grado di
stimolare la resistenza degli animali, l'uso di alimenti di qualità e il
mantenimento di un'adeguata densità degli animali.

Tuttavia, se tali misure risultano insufficienti e un animale si ammala,
devono essere privilegiati alcuni trattamenti più naturali (ad esempio, i
prodotti fitoterapici e omeopatici) rispetto agli antibiotici o ai
medicinali veterinari allopatici, che possono lasciare residui nei prodotti.
Questi ultimi di prodotti possono tuttavia essere prescritti, a determinate
condizioni, qualora si rivelino indispensabili per la guarigione
dell'animale. Infine, è severamente vietato l'impiego di sostanze destinate
a stimolare la crescita (quali gli ormoni) o a controllare la riproduzione.

Sono inoltre previste alcune disposizioni relative al benessere degli
animali: talune operazioni, quali la recisione della coda o dei donti, la
spuntatura del becco o la decornazione necessitano di un'autorizzazione che
viene concessa soltanto per motivi di sicurezza o al fine di migliorare la
salute, il benessere o l'igiene delgi animali. In linea di massima è vietata
la contenzione e le condizioni di stabulazione degli animali devono
rispondere alle loro esigenze biologiche ed etologiche. A tal fine, sono
state elaborate norme estremamente precise sulle caratteristiche
obbligatorie degli edifici zootecnici. Infine, il trasporto degli animali
deve effettuarsi in modo da affaticare il meno possibile gli animali e da
garantire il rispetto del loro benessere.


Il caso specifico dell'apicoltura


Il regolamento (CEE) n. 2092/91 si applica altresì all'apicoltura. Tuttavia,
trattandosi di un settore estremamente specifico, le norme di produzione
sono state enunciate separatamente, nell'allegato I, parte C.

Emergono, in particolare, due principi:



· il periodo di conversione, per la produzione apicola, è ridotto ad
un anno;

· inoltre, vengono introdotte precise disposizioni in materia di
ubicazione degli apiari. Questi ultimi devono essere ubicati in maniera tale
che nel raggio di 3 km a far centro dalla postazione dell'apiario le fonti
di bottinaggio siano costituite essenzialmente da coltivazioni con metodo di
produzione biologico o da coltivazioni sottoposte a cure colturali di basso
impatto ambientale. Gli apiari devono altresì mantenere una distanza
sufficiente da qualsiasi fonte di produzione non agricola potenzialmente
contaminante (quali centri urbani, discariche, inceneritori di rifiuti,
ecc.). Correlativamente, viene offerta la possibilità agli Stati membri di
vietare la produzione di miele biologico nelle regioni o nelle zone che non
rispettino le suddette condizioni.