LA CONFERMA DEGLI ATTI DEGLI ENTI LOCALI SOTTOPOSTI A CONTROLLO SU INIZIATIVA DEI CONSIGLIERI ALLA LUCE DEL TESTO UNICO SULL'ORDINAMENTO DEGLI ENTI LOCALI.

Il secondo comma dell'articolo 127 del testo unico sull'ordinamento degli enti locali conserva la previsione secondo la quale l'organo di controllo, nelle ipotesi previste dal comma 1, non può annullare l'atto se ritiene che sia illegittimo, ma si limita a darne comunicazione all'ente entro 15 giorni dalla richiesta dei consiglieri, invitandolo ad eliminare i vizi riscontrati.

Ed è rimasta anche la controversa disposizione, secondo cui "se l'ente non ritiene di modificare la delibera, essa acquista efficacia se viene confermata con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti il consiglio". Anche in questo caso sarebbe stato opportuno che i redattori del testo unico fossero intervenuti su un testo che ha destato unanimi perplessità in dottrina, giacchè non si è potuto fare a meno di rilevare l'incongruenza di una conferma da parte del consiglio, di provvedimenti adottati dalla giunta.

In dottrina l'istituto della conferma si distingue dall'atto confermativo. La conferma vera e propria si ha quando l'amministrazione ripercorre l'iter istruttorio di un provvedimento già emanato, pondera nuovamente gli interessi in gioco valutando la legittimità e l'opportunità della decisione ed a seguito di questa nuova ponderazione, adotta un provvedimento che conferma la precedente decisione. Tale atto, pur riproducendo la medesima decisione del precedente, è un provvedimento autonomo e diverso dal primo ed autonomamente impugnabile, in quanto frutto di una nuova valutazione e decisione dell'amministrazione.

L'atto confermativo, invece, consiste nella manifestazione della volontà da parte dell'amministrazione di non procedere ad una nuova valutazione della fattispecie, considerando non necessario sottoporre a riesame il provvedimento precedente.

Altra fondamentale caratteristica dell'istituto della conferma è la sua provenienza da parte della medesima autorità che si è pronunciata in prima istanza.

Proprio quest'ultimo requisito della conferma rende estremamente problematica la norma di cui all'articolo 127, comma 2, del testo unico, che consente al consiglio di confermare un provvedimento adottato dalla giunta.

Ove la conferma di cui si tratta si configurasse come conferma vera e propria, tale disposizione non potrebbe considerarsi applicabile, poiché consentirebbe che la nuova ponderazione istruttoria fosse svolta da un organo diverso da quello che ha adottato il provvedimento sottoposto al controllo, quasi si trattasse di un procedimento di ricorso gerarchico. Allora, più che di fronte ad una conferma, ci si troverebbe al cospetto di una ratifica, ma anche questa conclusione non è possibile, giacchè è esclusa qualsiasi permeabilità delle competenze proprie di consiglio e di giunta (con la sola eccezione delle variazioni di bilancio in via d'urgenza).

Per dare un senso compiuto alla disposizione in argomento si potrebbe considerare il provvedimento consiliare come atto facente parte di un procedimento di controllo complesso, nel quale la verifica della legittimità dell'atto amministrativo è compiuta con la partecipazione obbligatoria di due soggetti: il comitato regionale di controllo o il difensore civico e, appunto, il consiglio comunale. Detto controllo si svolgerebbe in due fasi. La prima consisterebbe in una delibazione sull'ammissibilità e fondatezza dei rilievi di legittimità esposti dai consiglieri, nonché nell'evidenziazione dell'effettiva sussistenza di vizi del provvedimento. Detto giudizio di delibazione dovrebbe limitarsi alle sole fattispecie indicate dai consiglieri, per il principio dispositivo domanda che pare alla base di questa forma di controllo, che non si avvia ad iniziativa d'ufficio.

Riscontrata la fondatezza e la sussistenza di vizi di legittimità da parte del comitato di controllo o del difensore civico, il procedimento di controllo sarebbe concluso con la necessaria partecipazione del consiglio, che dovrebbe pronunciarsi con un atto che accolga i rilievi, modificando la delibera, oppure li rigetti, sicchè la delibera non viene modificata.

In questo secondo caso saremmo, allora, di fronte ad un atto confermativo e non in presenza di conferma vera e propria, giacchè il provvedimento del consiglio non si sostituirebbe a quello oggetto di controllo, ma si pronuncerebbe in merito alla non necessità di modificarlo. Questa conclusione appare la maggiormente in linea con l'istituto dell'atto confermativo: infatti non essendovi una nuova ponderazione istruttoria da parte del consiglio del provvedimento adottato dalla giunta – e quindi di competenza di quest'ultima - non vi sarebbe lo sfondamento del confine delle competenze tra i due organi collegiali. C'è, però, da sottolineare pur sempre l'atipicità di un atto confermativo adottato da un organo diverso da quello che ha approvato il provvedimento che ne è oggetto.

Maggiori problemi desta l'ipotesi in cui l'ente accolga i rilievi dell'organo di controllo, qualora si ritenga che anche in questo caso debba essere il consiglio l'organo competente ad eliminare i vizi del provvedimento. Questa operazione rientra nella fattispecie della convalida, anch'essa caratterizzata dalla riserva della competenza a sanare il provvedimento viziato all'organo che lo ha adottato.

Allora, per fare sì che il disposto del legislatore possa essere applicabile in modo razionale, occorre concludere che la modifica non possa essere apportata dal consiglio - che si limita esclusivamente a pronunciare l'atto confermativo -, bensì dalla giunta stessa. Infatti, la norma si riferisce al consiglio solo nel prevedere la sua competenza ad emanare l'atto confermativo, mentre parla di ente quando si riferisce alla possibilità di modificare la delibera: sarebbe, comunque, opportuno che lo statuto disponesse in merito nell'esercizio della sua funzione di specificare le attribuzioni degli organi, assegnando alla giunta l'espresso potere di modificare gli atti considerati viziati dal Co.Re.Co. o dal difensore civico.

Non si nega che questa ricostruzione pone a sua volta problemi di compatibilità con i principi generali in materia di atti di convalescenza dei provvedimenti amministrativi. Sarebbe, lo si ribadisce, stato opportuno che il testo unico razionalizzasse la disposizione in commento, chiarendone gli aspetti oscuri.

Luigi Oliveri