inserito in Diritto&Diritti nel maggio 2002

Edilizia - Quesiti

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D.: Ai soli fini I.C.I., una area fabbricabile residenziale sita su di un unico mappale: 1- In che misura costituisce pertinenza di un fabbricato ultimato e dichiarato A2 o A7 o A8 su di essa costruito? 2- Come va considerata e quindi calcolata la metratura residua che continua a conservare la sua edificabilità o che comunque è potenzialmente edificabile? 3- Si può considerare, indipendentemente dalla metratura e cubatura residua, tutta pertinenza del fabbricato visto che sorge sullo stesso mappale il quale non è stato ancora frazionato? 4- Se all'atto dell'accatastamento, indipendentemente dalla residua edificabilità di fatto, l'U.T.E. ha considerato tutta la superficie dell'unico mappale quale intera pertinenza del fabbricato, come va calcolata l'imposta sull'area fabbricabile comunque residua? 5- Un eventuale atto di asservimento dell'area al fabbricato, può esentare dal pagamento dell'ICI in quanto si rinuncia di fatto alla residua edificabilità? E potrebbe essere retroattiva? 

R.: E' da premettere quanto segue.
L'art.2 del D.Lgs. 30.12.1992 n.504 (istitutivo dell'ICI) all'art.2 lett. a), sotto la rubrica "Definizione di fabbricati e di aree" prevede che debba considerarsi parte integrante del fabbricato l'area occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza.
Per altro verso, alla successiva lettera b) è statuito che per area fabbricabile s'intende l'area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi, ovvero in base alle effettive possibilità edificatorie determinate secondo i criteri indennitari in materia d'espropriazione.
La normativa in parola non contempla alcuna disciplina per regolamentare le pertinenze in materia di ICI; ragion per cui, al fine dell'indagine che ci occupa, sarà necessario far riferimento, analogicamente, al principio di pertinenza urbanistica (da non confondere con le pertinenze disciplinate dagli art.817 e segg. C.C. di portata ben più ampia).
Il testé nominato principio afferma che i volumi edificatori rientrano nella piena disponibilità del proprietario del fondo, il quale può utilizzarli a favore del proprio fondo contermine o cederli a favore di proprietari di fondi contigui.
Più specificamente, si tratta dei c.d. "atti d'asservimento" a fini urbanistici che comportano l'asservimento di tutto o parte del potenziale edificatorio di un terreno al contiguo terreno che ospiterà od ospita una costruzione.
Tale eventualità è stata così concepita, prevalentemente, per consentire l'edificazione di un fabbricato delle dimensioni volute, allorquando il lotto sul quale esso andrebbe ad insistere non permetterebbe la volumetria desiderata.
Orbene, a tal punto è debito domandarsi se la facoltà di asservire la volumetria del proprio fondo possa prescindere dall'esigenza appena rappresentata ed aver luogo per una differente ragione, come nel caso in esame in cui la determinazione è quella di rendere pertinenziale, ad una preesistente costruzione, un fondo dotato di volumetria tale da consentire ulteriori edificazioni.
A nostro avviso la risposta non può che essere positiva, in primo luogo per la concreta affermazione del superiore diritto dominicale che, in caso contrario, si vedrebbe irragionevolmente compresso. 
In successiva istanza, la negazione di tale facoltà comporterebbe un indiscutibile ed incostituzionale disparità di trattamento rispetto a preesistenti costruzioni dotate di estese aree circostanti (es. ville con parco).
Tanto premesso, passiamo all'esame dei quesiti sottoposti, rispondendo selettivamente:
1),2) e 3) L'area in questione potrà interamente costituire pertinenza del fabbricato già edificato, previo rituale atto di asservimento posto in essere dal proprietario del fondo; conseguentemente, detta area perderà autonomia edificatoria; in altre parole sarà inedificabile in ragione del vincolo pertinenziale.
4) e 5) L'atto d'asservimento sarà idoneo ad esentare dal pagamento dell'ICI l'area residua, se questa risulta accatasta unitamente all'area di sedime della costruzione. Questo è un principio pacifico in materia di riduzioni o detrazioni ICI (cfr. Circ.Min. 14.12.1995 n.318/E prot. 2/1960). Ragion per cui, nel caso di specie, è sicuramente vantaggiosa la circostanza che l'area residua è stata accatasta come pertinenza del fabbricato.
L'atto di asservimento non potrà avere effetto retroattivo. In caso contrario, il regime fiscale del bene immobile sarebbe sempre incerto, mentre ogni accertamento effettuato a fini impositivi sarebbe sin troppo facilmente eludibile.
Per dovere di completezza è da avvertire che l'atto di asservimento in questione potrebbe determinare una diversa classificazione del fabbricato, con conseguente maggiorazione della rendita dominicale e della stessa ICI. 

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D.: Sono proprietaria di un locale sottostante un marciapiede di una strada privata a transito ad uso pubblico, precisando che una parte del solaio di questo locale è in vetrocemento e costituisce una parte della superficie del marciapiede stesso. La domanda è: dato che il calpestio pubblico ha rovinato la superficie del vetrocemento, chiedo se le spese per la manutenzione del marciapiede (compreso il vetrocemento )sono anch'esse a carico del Comune,e se così fosse, in quale quota?

R.: Traducendosi l'uso pubblico di una strada privata in una sorta di servitù di passaggio a favore della P.A. dovrebbe essere applicabile l'art.1069 c.c. in virtù del quale sono a carico del fondo dominante le opere necessarie per l'esercizio e la conservazione della servitù. Se tali opere giovano anche al fondo servente, le spese sono sostenute in misura variabile in proporzione dei rispettivi vantaggi.

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D.: L'adozione di un piano particolareggiato avviene prima della sua approvazione e quindi quando il privato cittadino viene a conoscenza tramite comunicazione scritta dell'avvenuta approvazione del piano forse è troppo tardi per presentare opposizioni come nel periodo di deposito dopo la sua adozione.
P.S. Desidererei sapere l'art. di legge che non contempla la presentazione di un piano particolareggiato di iniziativa privata fatto da alcuni proprietari delle aree ricadenti nell'ambito di tale piano.


R.: Il sistema d'impugnazione del piano particolareggiato è quello tratteggiato in precedenza. Sin ad oggi i soggetti interessati a contestare lo strumento attuativo in parola hanno positivamente sperimentato detto sistema di censura. Se l'utente trova impedimento ad avvalersi di tale sistema il problema è tutto e soltanto suo. Difficilmente il legislatore concepirà uno strumento tagliato "su misura" per lui. Se nel nostro Ordinamento le leggi dovessero sempre specificare cosa non è possibile fare saremmo sopraffatti da una congerie normativa a dir poco "disumana". Il principio elementare da applicare qui è sempre lo stesso, vale a dire che il legislatore "ubi voluit dixit, ubi noluit tacuit".

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D.: Desidererei un chiarimento a proposito dei piani particolareggiati. In quale maniera un privato cittadino proprietario di un appezzamento di terreno all'interno di un piano particolareggiato di iniziativa privata può far valere i suoi diritti, qualora venuto a conoscenza solamente dell'APPROVAZIONE del piano, e non della sua ADOZIONE, tramite una comunicazione dell'ufficio tecnico, ha riscontrato in esso una assegnazione di cubatura dimezzata rispetto a quella spettante e soprattutto rispetto al criterio con cui tale cubatura è stata assegnata all'interno dello stesso piano particolareggiato agli altri proprietari. Si rammenta che tale piano particolareggiato è stato di iniziativa privata, non tutti i proprietari ricadenti all'interno del piano hanno firmato per la sua presentazione, e la comunicazione al privato cittadino proprietario è stata fatta solamente dopo l'approvazione di tale piano particolareggiato 

R.: Se il piano particolareggiato non è stato ancora adottato ciò significa che lo stesso non è stato depositato; ragion per cui sarà possibile proporre opposizione nel termine di giorni 30 decorrenti dalla scadenza del periodo di deposito (che a sua volta è di 30 giorni dal giorno del deposito).
P.S. E' proprio sicuro che i piani particolareggiati in questione siano di iniziativa privata? Non risulta che ciò sia giuridicamente ipotizzabile, non contemplando la legge tale possibilità, ma esclusivamente quella di strumenti d'attuazione predisposti a cura dell'ente civico.

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D.: Desidererei un chiarimento a proposito dei piani particolareggiati. > > In quale maniera un privato cittadino proprietario di un appezzamento di > terreno all'interno di un piano particolareggiato di iniziativa privata può > far valere i suoi diritti, qualora venuto a conoscenza solamente > dell'APPROVAZIONE del piano, e non della sua ADOZIONE, tramite una > comunicazione dell'ufficio tecnico, ha riscontrato in esso una assegnazione > di cubatura dimezzata rispetto a quella spettante e soprattutto rispetto al > criterio con cui tale cubatura è stata assegnata all'interno dello stesso > piano particolareggiato agli altri proprietari. > Si rammenta che tale piano particolareggiato è stato di iniziativa privata, > non tutti i proprietari ricadenti all'interno del piano hanno firmato per la > sua presentazione, e la comunicazione al privato cittadino proprietario è > stata fatta solamente dopo l'approvazione di tale piano particolareggiato

R.: Se il piano particolareggiato non è stato ancora adottato ciò significa che lo stesso non è stato depositato; ragion per cui sarà possibile proporre opposizione nel termine di giorni 30 decorrenti dalla scadenza del periodo di deposito (che a sua volta è di 30 giorni dal giorno del deposito).
P.S. E' proprio sicuro che i piani particolareggiati in questione siano di iniziativa privata? Non risulta che ciò sia giuridicamente ipotizzabile, non contemplando la legge tale possibilità, ma esclusivamente quella di strumenti d'attuazione predisposti a cura dell'ente civico

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D.: Sono l'amministratore di una impresa edile, e da più di un anno ho un cantiere sospeso dalla D.L. in modo da poter redigere la perizia di variante, necessaria per il proseguimento dei lavori. Ho visto in maniera informale tale perizia, ed ho notato che le somme a disposizione per ultimare i lavori sono inferiori a quelle previste da tale perizia, percui è intenzione della D.L. farsi restituire alcune somme già da me incassate nei S.A.L. precedenti, regolarmente emessi ed approvati, per poter ultimare i lavori. Vorrei sapere se ho la facoltà di non approvare tale perizia, e come dovrei comportarmi se non si arrivasse ad un accordo con la D.L., potrei rescindere il contratto? In oltre, è bene scrivere qualcosa all'Ente appaltante ed alla D.L. riguardo tale situazione? 

R.: E' da escludere la possibilità, per il committente, di ripetere somme già corrisposte all'appaltatore in forza di s.a.l. emessi ed approvati.
L'approvazione della perizia suppletiva e di variante non è atto che compete all'appaltatore.
Il contratto è rescindibile da parte dell'appaltatore (che avrà anche diritto all'indennizzo) solo in ipotesi che la variazione in diminuzione ecceda il quinto del valore del contratto.

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D.: Abito nel comune di Malè in provincia di Trento. Sono proprietaria di un Albergo e desidero costruire un garage sotterraneo ad uso dei clienti dell'albergo stesso. Verrebbe costruito nel sottosuolo di un terreno di pertineneza dell'Albergo ma diviso da esso da una strada comunale. Il progetto prevede la costruzione del nuovo garage in aderenza al confine con la strada e l'attraversamento sotterraneo della strada per il collegamento con il garage esistente sotto l'albergo stesso. A prescindere dalla concessione a passare sotto la strada comunale che è a discrezione del Comune, la realizzazione del garage può essere effettuata in base alla legge Tognoli, senza bisogno di deroghe? 

R.: E' principio consolidato in dottrina e giurisprudenza che tra il bene pertinenziale e la cosa principale non debba necessariamente sussistere un rapporto di continuità fisica, potendo il primo essere separato dalla seconda purchè destinato - secondo quanto prevede l'art.817 c.c. - a servizio o ad ornamento della cosa principale ed obbiettivamente idoneo a soddisfare tale finalità. Alla luce di tale premessa, esaminando quanto dispone l'art. 9 della Legge 24 marzo 1989 n.122,possiamo ritenere che non sussistano ostacoli alla costruzione dell'autorimessa, purché realizzata nel sottosuolo (come, ci sembra di aver capito, sia intenzionata a fare l'istante). Ed invero, la richiamata norma prevede esplicitamente che < ...Tali parcheggi possono essere realizzati ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purchè non in contrasto con i piani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici...>

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D.: Ho acquistato un appartamento di nuova costruzione adibito ad uso residenziale. Intendo utilizzarlo come studio professionale medico convenzionato con SSN. Sono obbligato a modificare la destinazione d'uso e a pagare i relativi  oneri?

R.: Certamente è necessario dichiarare la diversa destinazione d'uso che s'intende attribuire all'appartamento. Tuttavia, se tale mutamento non è accompagnato da opere edilizie che valgano a mutare il carico urbanistico della zona in cui l'immobile è ubicato, non dovrebbe essere necessario corrispondere alcunchè a titolo di oneri d'urbanizzazione

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D.: Mi occupo della gestione giuridica ed economica del personale cantieristico. Il responsabile dei servizi tecnici calcola ripartisce e liquida il compenso incentivante previsto dalla legge sui lavori pubblici. I destinatari del compenso sono, ai sensi dell'art. 2 del Regolamento recante le norme per la ripartizione del fondo progettazione a favore dell'Ufficio tecnico comunale di cui all'art. 18 della legge 109/94 così come modificata dalla legge 415/98 e di cui al decreto ministeriale LL.PP. n. 320/98, regolamento approvato con delibera G.M. n. 261 del 09.12.1999  Il personale dell'Ufficio Tecnico Comunale che concorrerà e contribuirà alla formazionedegli elaborati progettuali al controllo sull'esecuzione dei lavori ovvero degli atti di pianificazione. Il compenso -prosegue il secondo comma- verrà suddiviso tra il Responsabile Unico del Pocedimento, il Progettista e il Progettista del Piano di Sicurezza e il Responsabile della Direzione dei Lavori, del Collaudo nonchè tra i collaboratori dell'Ufficio Tecnico Comunale.
La mia domanda è la seguente: hanno diritto a partecipare alla suddivisione dell'incentivo solo il personale dell'Ufficio tecnico il cui compito è limitato alla progettazione oppure l'incentivo si estende anche al personale che cura tutti gli adempimenti relativi alla gestione dei lavoratori così come nei cantieri di lavoro dove il costo lavoro è circa l'80% dell'importo complessivo dei lavori cantieristici? E per finire, la disciplina degli incentivi si applica anche nei riguardi dei cantieri di lavoro (Il secondo comma dell'art. 1 del citato Regolamento stabilisce testualmente la sua applicazione riferita ai soli lavori effettivamente appaltati)? Ho sollevato il problema sia al mio sindacato sia in sede di contrattazione decentrata. Da ambo le parti nessuna risposta certa e chiarificatrice in merito.

 

R.: L'articolo 18 della 109 si applica ai lavori pubblici che normalmente vengono poi inseriti nei piani triennali ed annuali delle opere pubbliche. La ripartizione dei compensi è rimessa unicamente alla regolamentazione interna dell'ente (se ha adottato il regolamento).
La disciplina degli incentivi può essere applicata anche ai cantieri di lavoro se i lavori stessi sono oggetto di apposito progetto inserito nei piani triennali ed annuali suddetti.  Da quanto da Lei riferito (secondo comma dell'art.1 del Reg.to), sembrerebbe però esclusa ogni possibilità salvo ad insistere sul significato di "appaltato" con riferimento al fatto che i lavori pubblici (conseguenti a valide progettazioni) possono essere eseguiti anche in economia (e quindi a mezzo cantieri di lavoro).

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D.: Sto costruendo casa e dal mio terreno devo spostare le tubazioni della luce e dell'acqua del mio vicino che transitano sul mio terreno. A chi compete la spesa?

R.: L'art. 122 comma 4 T.U. 11.12.1933 n. 1775, in materia di servitù coattiva di acquedotto ed elettrodotto, in presenza di determinate condizioni (tra le quali dovrebbe rientrare quella illustrata nel quesito) attribuisce al proprietario del fondo servente un diritto soggettivo allo spostamento della servitù a spese dell'esercente. Ragion per cui le sese per lo spostamento degli impianti sono a carico del vicino

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D.: Vorrei conoscere il Vs. parere riguardo i termini per la prescrizione per il pagamento degli oneri di urbanizzazzione e costo di costruzione

R.: Nella disciplina introdotta dalla L. 28.01.1977 n. 10, la determinazione degli oneri relativi alla concessione edilizia è da riferire alla data del rilascio della concessione medesima, che è anche il momento in cui sorge l'obbligazione contributiva avente natura tributaria; del pari il credito del Comune per detti oneri è soggetto a prescrizione decennale, che decorre dalla data del rilascio della concessione

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D.: Il comune ha cambiato la numerazione delle abitazioni. Come comunicazione è sufficiente l'affissione di manifesti o deve informare personalmente ogni famiglia interessata al cambiamento del numero civico?  

R.: Deve essere informato ciascun cittadino in quanto la variazione del numero civico è rilevante ai fini del servizio elettorale. Equivale infatti ad un cambio di residenza. Per il resto occorrerebbe conoscere come e perché l'Amministrazione si è determinata a cambiare numerazione civica.

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D: Entrambi abbiamo un passo carrabile su strada statale, ed entrambi confiniamo con una strada privata (chiamiamola per convenienza via XXX). Ognuno di noi ha acquistato dal dirimpettaio, con regolare atto notarile, un pezzo di terra largo 6 metri e lungo 4 (che coincide con la linea di mezzeria di via XXX, che è una strada chiusa e "privata" lunga 200 metri e larga 4, non asfaltata, laterale di una strada provinciale )per poter avere un altro accesso, meno caotico del traffico della statale (in entrambe le famiglie ci sono due ragazzi disabili e si è pensato di fare cosa buona nell'acquistare un accesso alla piccola e tranquilla via XXX per poter fare qualche passeggiata senza l'ansia dei camion o per far fermare il pulmino dei disabili, senza il timore che succedano incidenti con bici o motorini che escono da ogni angolo). Via XXX è una strada cieca (per ora, ma fra qualche mese sarà inserita nel nuovo PRG comunale e dovrebbe diventare strada di collegamento tra due strade pubbliche), ma fornita già da tanti anni di molti servizi comunali, quali l'illuminazione pubblica, il servizio asporto rifiuti porta a porta, le fognature... I residenti di via XXX non hanno mai manifestato la "proprietà" della strada, tanto che da molti anni il comune stesso la considerava strada privata ad uso pubblico. Il nuovo sindaco, residente proprio in via XXX, da un anno (da appena eletto) ostinatamente ribadisce la natura esclusivamente privata della strada (se fosse, invece, ad uso pubblico dovrebbe pagare una multa di quasi 20 milioni...), ha costituito addirittura uno pseudo "comitato stradella" e ribadisce che per aprire nuovi accessi si deve chiedere il benestare di tutti i residenti. L'arrivo dei carabinieri è ormai con cadenza settimanale, chiamati dal sindaco stesso. E' vero che via XXX non è mai stata acquistata dal comune, ma ci sono molte strade private che sono diventate ad uso pubblico. L'unica particolarità, ripeto, è di essere per ora cieca. Mi chiedo come possa una strada diventare improvvisamente da "uso pubblico" a privata a tutti i costi, se io posso far valere il mio atto notarile o se abbiamo bisogno del nulla osta di tutti  residenti per poter usufruire di via Roma. Nell'acquistare un accesso, che differenza c'è tra una strada privata ed una privata ad uso pubblico (cioè, se è privata-per es.-necessito del parere dei residenti, mentre se è ad uso pubblico basta l'atto notarile?). Mi permetto anche di chiederle: potrei recintare tutta la mia proprietà fino alla riga di mezzeria invadendo ed ostruendo il passaggio (uso il condizionale perchè è una semplice curiosità).

 
R: Lei non ha necessità del nulla-osta da parte di alcuno per aprire un accesso sulla strada denominata Via XXX, per il semplice motivo che l'area sulla quale detto accesso si apre è di Sua proprietà esclusiva. In ogni caso, tale accesso potrebbe avere l'unica finalità di consentirLe di raggiungere ed utilizzare la Sua proprietà (mi riferisco all'area di mt. 6x4 successivamente acquistata), non anche per legittimarla a transitare sulla stradella (nella parte in cui questa non è di sua proprietà) se, a Suo favore ed in qualsiasi modo, non è costituita una servitù di passaggio. Posto, infatti, che Via XXX sia una "strada privata a servitù d'uso pubblico" (ma ciò dovrebbe trovar titolo in una convenzione tra i proprietari della strada e la pubblica amministrazione, ovvero nella intervenuta usucapione per l'uso protrattosi per oltre vent'anni), ciò non implica la facoltà dei frontisti di aprire accessi diretti dai loro fondi su detta strada privata, comportando ciò un'utilizzazione più intensa e diversa, tale da rendere più gravoso il contenuto di detta servitù. Il discorso non cambierebbe considerevolmente se la strada fosse  semplicemente privata; anche in tal caso sarebbe necessario essere titolari di una servitù di passaggio. Infine è da escludere la facoltà di recintare l'area di strada di Sua proprietà, poichè ciò, limitando in maniera significativa il diritto dei frontisti che già utilizzano la strada, si sostanzierebbe in uno spoglio in loro danno.

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D.: sono proprietario di un immobile sito nel comune di quartu s.elena lasciatomi in eredita' dai miei genitori. ho fatto richiesta al comune di frazionamento in tre unita' abitative con regolare progetto e richiesta di concessione edilizia. premetto che detto immobile e' stato costruito nel 1969 con regolare progetto e certificato di agibilita' e abitabilita'. la mia richiesta e' stata respinta perche' lo stabile in una parte presenta un fuori quota di 50 cm rispetto al progetto. possono oggi non autorizzarmi al frazionamento per un presunto abuso edilizio fatto 30 anni fa e oltretutto descritto nella relazione di agibilita' come conforme al progetto originale?

R.: E' da premettere quanto segue. Il potere sanzionatorio dell'autorità comunale nei confronti di abusi non è soggetta ad alcun termine di prescrizione o di decadenza. Pertanto, se l'abuso è obiettivamente esistente, legittimamente l'amministrazione esprime il proprio diniego ad accordare la concessione richiesta. E' debito comunque osservare che l'irregolarità edilizia, così come descritta, si traduce in una variante al progetto approvato di scarsa rilevanza. Conseguentemente dovrebbe essere possibile procedere ad una sua sanatoria e, successivamente, riproporre l'istanza di concessione

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D.: La scrivente Ammministrazione è nella necessità di conoscere la classificazione, all'interno dell'elenco di cui all'art. 2 del D.Lgs. 30/04/92 n. 285, di alcune strade attraversanti il territorio comunale, alcune comunali e altre provinciali le quali collegano il comune con i comuni confinanti. Dette strade hanno una larghezza della carreggiata variabile da 3.5 a 5.0 m e sono dotate ai lati di banchine aventi larghezza variabile da 0.5 a 1m; il traffico si svolge nella carreggiata, priva di segnaletica verticale, nei due sensi di marcia. La scrivente Amministrazione, valutato che le strade debbano essere considerate, stante il loro tracciato, extraurbane è nel dubbio se possono essere classificate tipo "C" o di tipo "F". 
Detta classificazione riveste particolare importanza per la determinazione delle fasce di rispetto delle strade medesime che, ai sensi del 2° comma dell'art. 26 del D.P.R. 16/12/1992 n. 495 e successive modificazioni, è di 30 m per le strade di tipo "C" e di 20 m per le strade di tipo "F".


R.: In ragione della descrizione fornita le strade in questione dovrebbero essere classificate come extraurbane secondarie di tipo "C" (unica carreggiata con due corsie - una per ogni senso di marcia - ed esistenza di banchine). Le strade appartenenti al tipo "F" sono di categoria residuale, vale a dire qualificabili come tali in quanto non sussumibili sotto le precedenti categorie. Il che, nel caso in analisi, è da escludere, considerando, come osservato, che le strade in parola presentano le caratteristiche di cui sub "C".

Notizie del 07/12/2001:

D.: Qual è l'esatta definizione di sagoma dal punto di vista urbanistico? Sono consentite variazioni minime in corso di costruzione con la procedura di cui all'art.15 ex L.47/85?

R.: Non esiste nei manuali di diritto urbanistico una definizione di "sagoma". Con tale termine si indica tecnicamente il profilo, la linea essenziale di un edificio in cui la forma ha importanza estetica o funzionale. Le variazioni "minime" (apertura di una porta interna, spostamento di un muro divisorio,ecc..)sono sicuramente consentite con la procedura dell'art.15 che però è finalizzato ad autorizzare quelle modifiche che non configurino un sostanziale e radicale mutamento del progetto originario (come accade nelle ipotesi di: sensibile spostamento della localizzazione del manufatto, aumento del numero dei piani, creazione di un piano seminterrrato, modifica del prospetto esterno, ecc..). Le varianti di cui all'art.15 devono cioè ricollegarsi a modificazione di non rilevante consistenza (le c.d. "varianti lievi" disciplinate dal 15° comma del vecchio articolo 15 della legge 10/77!), diversamente deve riconoscersi il carattere di nuova concessione ad un provvedimento che, nonostante la qualificazione formale di "variante", autorizzi invece la realizzazione di un manufatto completamente diverso da quello originario.

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D.: Desidererei sapere se frazionando un appartamento in due unità immobiliari bisogna ri-pagare gli oneri di costruzione e di urbanizzazione. E se si, seguendo quali calcoli e/o riferimenti legislativi? Se una delle due unità immobiliari subisce un ampliamento è sufficiente pagare gli oneri di urbanizzazione e costruzione della sola superficie ampliate?

R.: Il frazionamento di una costruzione in due unità immobiliari determina una variazione del carico urbanistico. Ciò comporta la corresponsione di nuovi oneri d'urbanizzazione. Diversamente dovrebbe argomentarsi con riguardo agli oneri di costruzione che, com'è noto, ha natura tributaria, per cui una volta assolto l'onere contributivo l'imposta non può essere nuovamente esigibile. Ad ogni buon conto bisognerebbe sapere se il predetto frazionamento ha richiesto la realizzazione di opere edilizie le quali hanno comportato aumento di volumi e se l'intervento in questione ha concretamente prodotto nuova ricchezza; nel qual caso anche il costo di costruzione sarebbe nuovamente esigibile. La determinazione del contributo d'urbanizzazione è di competenza del Consiglio Comunale che vi provvede con deliberazione in base a tabelle parametriche che la Regione deve definire. La determinazione del costo di costruzione è di competenza dello Stato ed in particolare del Ministro dei LL.PP. sulla base del costo dell'edilizia agevolata. La risposta all'ultimo quesito si ricava da quanto detto in precedenza: si tratta di valutare la variazione del carico urbanistico e l'incremento di valore che l'immobile riceve per effetto della trasformazione.

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D.: Ho costruito con regolare concessione una villetta bifamiliare a Roma ma, allo scadere della stessa (giugno 2000), esso non era stato terminato. Sono stati eseguiti : struttura in c.a., tetto, tamponature esterne ed interne, allaccio in fogna, recinzione. Mancano pavimenti e rivestimenti, intonaci int. ed esterni. infissi int. ed esterni. Impianti idrico sanitari, elettrico e riscaldamento il tutto per una spesa del 30% circa della spesa originariamente prevista. Il dubbio è se, per terminarlo, occorra presentare una DIA non onerosa o chiedere una nuova concessione onerosa per la parte non terminata. Si noti che il volume è stato totalmente acquisito e le finiture da fare (a parte gli intonaci e gli infissi esterni) sono esclusivamente interne. Il nuovo "Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia" , DPR 6/6/2001, n. 380, pubblicato sul Supplemento Ordinario n. 239 della G.U. 20/10/2001, n. 245, e che andrà in vigore dal 1/1/2002, salvo anticipo previsto dal cosiddetto "Decreto dei 100 gg", in approvazione al Senato, recita fra l'altro : Articolo 15 Efficacia temporale e decadenza del permesso di costruire 1. I lavori non ultimati nel termine stabilito, sono realizzati previo rilascio di nuovo permesso per la parte non ultimata, salvo che le opere da eseguire non rientrino tra quelle realizzabili mediante denuncia di inizio attività ai sensi dell'art. 22 [tutto ciò che NON è nuova costruzione]. Si procede altresì, ove necessario, al ricalcolo degli oneri del permesso. Da quanto precede sembra confermato che il completamento di un edificio regolarmente costruito, senza modifica della cubatura, rientri nei casi realizzabili con semplice DIA. Altrimenti quali sono i casi in cui si può completare con DIA quello che si è iniziato con regolare concessione o permesso di costruire? 


R.: Allo stato, l'interessato dovrebbe richiedere la proroga della concessione ai sensi dell'art.4 L.n.10/1977 per motivi estranei alla volontà del concessionario. Qualora tali motivi non sussistano sarà necessario chiedere una nuova concessione per la parte non ultimata, ovvero altro atto autorizzatorio (non oneroso) se le opere da realizzare sono tra quelle per le quali non è prevista la concessione. Non si ritiene si possa fare riferimento al D.P.R. 06.06.2001 n. 380 ancora non vigente

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D.: Ho costruito con regolare concessione una villetta bifamiliare a Roma ma, allo scadere della stessa (giugno 2000), esso non era stato terminato. Sono stati eseguiti : struttura in c.a., tetto, tamponature esterne ed interne, allaccio in fogna, recinzione. Mancano pavimenti e rivestimenti, intonaci int. ed esterni. infissi int. ed esterni. Impianti idrico sanitari, elettrico e riscaldamento il tutto per una spesa del 30% circa della spesa originariamente prevista. Il dubbio è se, per terminarlo, occorra presentare una DIA non onerosa o chiedere una nuova concessione onerosa per la parte non terminata. Si noti che il volume è stato totalmente acquisito e le finiture da fare (a parte gli intonaci e gli infissi esterni) sono esclusivamente interne. Il nuovo “Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia” , DPR 6/6/2001, n. 380, pubblicato sul Supplemento Ordinario n. 239 della G.U. 20/10/2001, n. 245, e che andrà in vigore dal 1/1/2002, salvo anticipo previsto dal cosiddetto “Decreto dei 100 gg”, in approvazione al Senato, recita fra l’altro : Articolo 15 Efficacia temporale e decadenza del permesso di costruire 1. I lavori non ultimati nel termine stabilito, sono realizzati previo rilascio di nuovo permesso per la parte non ultimata, salvo che le opere da eseguire non rientrino tra quelle realizzabili mediante denuncia di inizio attività ai sensi dell’art. 22 [tutto ciò che NON è nuova costruzione]. Si procede altresì, ove necessario, al ricalcolo degli oneri del permesso. Da quanto precede sembra confermato che il completamento di un edificio regolarmente costruito, senza modifica della cubatura, rientri nei casi realizzabili con semplice DIA. Altrimenti quali sono i casi in cui si può completare con DIA quello che si è iniziato con regolare concessione o permesso di costruire? 

R.: Allo stato, l'interessato dovrebbe richiedere la proroga della concessione ai sensi dell'art.4 L.n.10/1977 per motivi estranei alla volontà del concessionario. Qualora tali motivi non sussistano sarà necessario chiedere una nuova concessione per la parte non ultimata, ovvero altro atto autorizzatorio (non oneroso) se le opere da realizzare sono tra quelle per le quali non è prevista la concessione. Non si ritiene si possa fare riferimento al D.P.R. 06.06.2001 n. 380 ancora non vigente. 

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D: alla luce delL' ART. 158 DEL t. u. EE. LL. quali beni dei Comuni si possono sottoporre ad esecuzione forzata?


R: Innanzitutto l'articolo da Lei richiamato dovrebbe essere il 159 - e non il 158 - del D.LGS 267/2000 (T.U. degli EE.LL.).
La menzionata norma è abbastanza esplicita: <Non sono ammesse procedure di esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri.… Vale a dire che l'unica forma di esecuzione possibile è l'espropriazione mobiliare presso terzi disciplinata dal Libro Terzo, Sez. IV, Capo III -artt. 543 e segg. - del codice di procedura civile, da sperimentarsi presso l'istituto di credito delegato dall'ente alla gestione del servizio di tesoreria.

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