Nota
a sentenza in merito alle facoltà di riparto interno dei lavori
di Vittorio Miniero - vminiero@hotmail.com
Consiglio
di Stato, V sezione, sentenza n.1805, 4 novembre 1999 - Pres.Serio, Estr.Pinto
- Provincia di Roma c. Soc. R., E., C, ed altri- (Annulla TAR Lazio , II
sezione, 22/5/1990 n.1112)
In
materia di contratti d'appalto di opere pubbliche, per Associazioni di imprese
orizzontale si intende quella in cui ciascuna delle imprese riunite è
responsabile nei confronti dell'Amministrazione dell'esecuzione dell'intera
opera e la distribuzione del lavoro per ciascuna impresa non rileva
all'esterno, mentre per associazione verticale si intende quella in cui
un'impresa che sia capace per l'intera categoria prevalente, ha bisogno di
associarsi ad altra impresa che abbia la capacità di realizzare la categoria
delle opere scorporabili.
Nell'ipotesi
di appalti di opere pubbliche che preveda, oltre ai lavori della categoria
prevalente anche opere scorporabili dell'opera, è consentita la
partecipazione di associazioni temporanee sia in via orizzontale sia in linea
verticale.
La
massima permette di trarre spunto per definire una fattispecie, in precedenza
non del tutto pacifica e tuttavia molto rilevante, per la gestione
dell'appalto pubblico affidato ad Associazioni temporanee di imprese.
In
via preliminare il Consiglio di Stato si sofferma nel definire la differenza
tra ATI orizzontale e verticale, l'una basata sulla ripartizione quantitativa
dell'opera e l'altra sulla ripartizione qualitativa.
Nell'Associazione
orizzontale ciascuna impresa ha una responsabilità solidale verso
l'Amministrazione. In quella verticale invece le imprese mandanti hanno la
responsabilità delle sole opere scorporate, salva la responsabilità della
capogruppo per l'intera opera.
Al
contrario delle Ati verticali, ove la ripartizione delle opere è già
delineata per natura, in quelle orizzontali le modalità di ripartizione
interna sono state fonte di controversie sia dottrinarie che
giurisprudenziali.
Con
la sentenza citata il massimo organo giurisdizionale amministrativo, senza
lasciare alcun margine di dubbio, afferma (relativamente alle sole Ati
orizzontali) che "la distribuzione del lavoro per ciascuna
impresa non rileva all'esterno".
Tale
precisazione, in linea generale, non pone alcun problema interpretativo. Ben
più complesso appare invece definire fino a che punto la distribuzione
interna non rilevi per l'Amministrazione.
Una
recente posizione dottrinaria[1]
afferma in proposito:
"Soddisfatte
le condizioni minime poste dal citato articolo, la ripartizione interna dei
lavori tra le imprese riunite può avvenire con sostanziale libertà non
incidendo su di essa la concreta iscrizione posseduta dalle diverse imprese.
Ben potrà, pertanto, l'impresa in possesso dell'iscrizione inferiore eseguire
la maggior parte dei lavori (anche al di là evidentemente del dettato
articolo 5 della legge 57/1962 richiamato nel quesito).
Tale
libertà nella suddivisione del lavoro, non può spingersi fino ad escludere
dalla partecipazione un'impresa o fino a ridurne la partecipazione a una
presenza pressoché simbolica (si incorrerebbe, nel caso di specie,
nell'ipotesi citata anche dal lettore di negozio giuridico posto in frode alla
legge).
La
mancata partecipazione all'esecuzione di una o più imprese riunite ovvero la
partecipazione meramente simbolica di una di esse determina, infatti, difetto
funzionale sia della causa del mandato che dell'appalto".
Ritengo
questo spunto molto interessante, pur condividendone solo la prima parte.
E'
affermata innanzi tutto l'assoluta irrilevanza, ai fini della Pubblica
Amministrazione, della ripartizione interna del lavoro.
La
normativa non richiede una necessaria proporzione tra i requisiti di
qualificazione e i limiti di esecuzione delle opere da parte delle singole
imprese facenti parte dell'Ati.
Le
imprese riunite in associazione orizzontale, qualificatesi (ai fini della
partecipazione alla gara) per la categoria prevalente, potranno eseguire una
quota di appalto ben maggiore rispetto alla quota di qualificazione che
sarebbe stata loro concessa con i soli requisiti finanziari, tecnico
organizzativi posseduti dall'impresa singola.
L'amministrazione,
una volta ottenuta la garanzia delle responsabilità solidali da parte dell'Ati
orizzontale, ha pertanto tutto l'interesse a consentire la libertà interna di
suddivisione del lavoro, evitando di porre limiti di esecuzione alle imprese.
L'identificazione
dei requisiti delle imprese per la qualificazione alla partecipazione alla
gara ha ratio e disciplina ben differenti dalla identificazione dei requisiti
per la fase di realizzazione dei lavori.
La
differenza tra queste due fattispecie d'altra parte è stata confermata anche
dal D.P.R. 34/2000 che "istituzionalizza" l'esistenza delle due
fattispecie: da una parte la qualificazione delle imprese ai fini
dell'aggiudicazione della gara e dall'altra la qualificazione delle imprese ai
fini dell'esecuzione dell'opera.
Il
legislatore ha infatti disposto che l'aggiudicatario, in possesso della
qualificazione per la sola categoria prevalente, non può eseguire
direttamente le restanti opere cosiddette a "qualificazione
obbligatoria"[2].
Il
secondo approfondimento non appare invece condivisibile.
L'autore
sostiene che la libertà nella suddivisione del lavoro non possa sospingersi
fino ad "escludere un'impresa o fino a ridurne la partecipazione a una
presenza pressoché simbolica", perché in tal caso si incorrerebbe nel
difetto funzionale della causa del contratto di mandato e di appalto.
Al
contrario ritengo sia opportuno e legittimo non porre limiti alla flessibilità
imprenditoriale.
L'amministrazione
richiede per la partecipazione alla gara determinati requisiti minimi
finanziari, tecnici e organizzativi, che devono essere posseduti dall'impresa
singola o dalla somma dei requisiti delle imprese riunite.
Una
volta qualificate le imprese, nell'eventualità di un'aggiudicazione ad un Ati
orizzontale, l'Amministrazione richiede a questa un mandato collettivo
speciale al fine di garantirsi la responsabilità solidale nei suoi confronti
da parte di tutte le imprese riunite.
Viene
così sostanzialmente garantita la buona esecuzione dell'opera con il
"patrimonio" (non solo economico, ma anche tecnico ed organizzativo)
di tutte le imprese riunite.
La
causa del contratto di mandato si rileva pertanto proprio in questa garanzia
di responsabilità solidale delle imprese verso l'Amministrazione.
Il
riparto interno dell'esecuzione dell'opera rimane un fattore completamente
esterno.
Ed
infatti, come si è in precedenza affermato, non esistono limiti di necessaria
proporzione tra i requisiti di qualificazione di un'impresa e le
"parti" di opera che essa può direttamente eseguire.
Ugualmente
non condivisibile a mio parere è che, il riparto dell'opera da parte dell'Ati,
possa causare un difetto funzionale di causa al contratto di appalto, il quale
ha una propria causa economico-sociale nell'esecuzione di una determinata
opera e per il quale i limiti di modificabilità soggettiva sono espressamente
determinati dalla legge.
Di
questo avviso appare peraltro essere anche il Consiglio di Giustizia
Amministrativa della Regione Sicilia che, con sentenza n.618 del 13/10/1998[3],
ha affermato che "nessuna disposizione di legge vieta la riunione di
imprese per quote di lavori quantitativamente limitati, né dallo spirito
della normativa in tema di associazioni tra imprese può desumersi alcun
limite alla libertà di organizzazione lato sensu imprenditoriale; pertanto
non è nullo il negozio giuridico con il quale tre imprese decidano di
associarsi temporaneamente, creando un organismo di tipo orizzontale, nel
quale una delle tre detenga la quota societaria in ragione del 98% del
totale."
Ritengo
pertanto che una volta che imprese riunite possiedano requisiti finanziari,
tecnici ed organizzativi sufficienti per partecipare alla gara d'appalto ben
legittimamente potranno poi dividersi le quote di esecuzione in forza del
proprio principio di libertà imprenditoriale.
In
materia è intervenuto di recente anche il legislatore con una nuova
prescrizione che non pare però sovvertire quanto fino ad ora affermato.
L'art.
93 del Regolamento di attuazione della Legge Merloni ter, D.P.R. 554/99,
richiede che le imprese riunite in associazione temporanea debbano eseguire i
lavori nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al
raggruppamento.
Ciò
comporterà inevitabilmente che le Amministrazioni dovranno in qualche modo
ottenere, prima dell'inizio dei lavori, indicazioni dalle imprese circa
l'effettivo riparto dell'opera.
Non
è indicato però come tale dichiarazione debba avvenire, né tantomeno se ,
in corso d'opera, possa essere modificata.
Nel
silenzio legislativo pertanto ritengo debba prevalere la salvaguardia del
principio di flessibilità imprenditoriale, quale caratteristica essenziale
per imprese riunite.
Pertanto
opportunamente l'Amministrazione potrà utilizzare forme semplificate per la
richiesta della dichiarazione attraverso la quale l'Ati esplicita le quote di
partecipazione delle imprese e la contestuale ripartizione interna dell'opera.
Durante
la realizzazione dei lavori, nell'eventualità di fattori che alterino le
originarie decisioni gestionali delle imprese, la P.A. potrà consentire la
modificazione della dichiarazione incidendo sia sulla quota di partecipazione
di ogni impresa al raggruppamento sia sulla quota parte di opera spettante ad
ognuna di esse.
Quest'impostazione
appare la più vantaggiosa per l'amministrazione. Infatti l'associazione
orizzontale di imprese, nel corso dell'esecuzione dell'opera, rimarrebbe
libera di determinare quale delle imprese debba, di volta in volta eseguire i
lavori, con l'unico limite di dover anticipatamente comunicare
all'Amministrazione le eventuali modifiche alle originarie pattuizioni
interne.
[1] Il parere è tratto dalla rivista Edilizia e Territorio n.19 del Maggio 2000, pag.18 e 19. L'autore firmatosi (g.c.) coglie l'occasione di intervenire in proposito rispondendo ad un quesito posto alla rivista nella sezione "et risponde / qualificazione" [2] In quest'occasione è possibile solo accennare alla parziale divergenza tra il citato D.P.R. e il Regolamento di attuazione della Merloni ter D.P.R. 554/99. Infatti mentre il primo prevedeva un numero ben maggiore di categorie a qualificazione obbligatoria , il secondo ha sostanzialmente ridotto tale ambito alle sole categorie espressamente citate dall'art.72 commi 2 e 4. [3] Nella rivista Consiglio di Stato, parte I, pag. 1668 ss, Novembre 1998 |
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